Earn-out
(clausola di)
Clausola
con la quale, nei contratti di acquisizione
di società operanti in settori ad elevato
contenuto tecnologico (la c.d. new economy),
il pagamento di una parte del prezzo (ovvero
di una somma aggiuntiva al prezzo) è
subordinato ad un determinato risultato economico
della società acquisita in un periodo
di tempo successivo al perfezionamento della
cessione (closing).
Nell’esperienza
statunitense si distinguono due tipi di clausole:
economic earn-out e performance
earn-out. Con il primo tipo di clausole
il prezzo è composto da una parte fissa
e da una variabile, quest’ultima da
corrispondersi al venditore per un certo periodo
di tempo successivo al closing e
commisurata all’andamento economico
della società acquisita (ad esempio,
il fatturato); ovvero la parte variabile è
corrisposta direttamente dalla società
acquisita al venditore a titolo di collaborazione
per le prestazioni professionali che il medesimo
si impegna ad effettuare per un certo periodo
di tempo a favore della stessa società,
al fine di assicurare la migliore transizione
tra la precedente e la nuova compagine sociale.
Con il secondo tipo di clausole, invece, la
parte variabile del prezzo è condizionata
al raggiungimento di determinati obiettivi
di sviluppo (aumento delle vendite, della
clientela, buon esito di un investimento,
ecc.) previsti per i successivi anni in un
business plan predisposto dal venditore.
Equity
Nel
linguaggio economico-finanziario il termine
è utilizzato per indicare i mezzi propri
di una azienda, ovvero il valore netto posseduto
dagli azionisti di una società, dopo
che sono stati soddisfatti tutti i debitori.
L’equity si calcola sottraendo
al totale delle attività l’ammontare
complessivo delle passività.
Nei rapporti
con gli intermediari in titoli, il termine
viene impiegato per definire il saldo del
valore dei titolo posseduti dal patrimonio
del cliente, che viene calcolato sottraendo
dal totale dei titoli presenti in portafoglio
il valore di quelli che sono stati acquistati
per mezzo di capitale, ottenuto dando in garanzia
gli stessi titoli.
Nella pratica
degli affari si parla anche di brand equity,
per indicare il patrimonio di marca.
In un diverso
ed originario significato (del quale quello
sopra indicato costituisce una accezione nell’ambito
delle partecipazioni sociali e degli investimenti)
nel linguaggio giuridico dei paesi di common
law l’equity indica il
complesso di regole giurisprudenziali che
costituiscono norme complementari ed integrative
della common law; la giurisdizione
dell’equity ha sempre riguardato
solo il diritto civile e non è mai
intervenuta in materia penale. Tale corpo
di regole si formarono in Inghilterra entro
le particolari corti di equity, che
rappresentavano, a suo tempo, giurisdizione
parallela e concorrente con quella delle corti
reali. Essa costituisce una fonte di diritto
particolare all’ordinamento inglese
ed ai sistemi che ad esso si ispirano, priva
di equivalenza nella civil law. La
differenza più importante tra i diritti
riconosciuti dalla common law e quelli
ammessi dall’equity riguarda
l’opponibilità ai terzi: mentre
i legal right sono opponibili a qualsiasi
terzo, gli equitable right sono limitati
ai rapporti con le parti e sono inopponibili
ai terzi in buona fede.