il diritto commerciale d’oggi
    N° 2.1 – gennaio 2003

ARGOMENTI

Patti parasociali artt. 2341-
bis-2341-ter
Assemblea della s.p.a. – artt. 2363-2379-ter
Modelli dualistico e monistico
artt. 2409-octies–
2409-noviesdecies
Patrimoni destinati artt. 2447-bis– 2447-decies
Fusione e scissione artt. 2501– 2506-quater
 

STUDÎ E COMMENTI

Commento al d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, recante la riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative,
in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366*

a cura di
CONCETTA BRESCIA-MORRA, GIOVANNI CABRAS, ALDO FERRARI,
PAOLO FERRO-LUZZI, ANTONIO GIOVANNONI, RITA GISMONDI,
GIULIANO LEMME, ALESSIA MONTONESE, BARBARA PANSADORO,
MARIA RAFFAELLA SANCILIO  

CODICE CIVILE

LIBRO V – DEL LAVORO

CAPO V
SOCIETÀ PER AZIONI

§ 5. – Del sistema dualistico

2409-octies. Sistema basato su un consiglio di gestione e un consiglio di sorveglianza
     Lo statuto può prevedere che l’amministrazione ed il controllo siano esercitati da un consiglio di gestione e da un consiglio di sorveglianza in conformità alle norme seguenti.

     Il sistema dualistico, disciplinato dagli articoli 2409-octies-2409-quinquiesdecies della novella, presenta un bipolarismo interno tra consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza: il primo è responsabile della gestione dell’impresa e compie tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; ad esso si applicano in quanto compatibili, quasi tutte le norme stabilite per il modello tradizionale del consiglio di amministrazione (art. 2409-undecies).

2409-novies. Consiglio di gestione
     Il consiglio di gestione ha l’esclusiva responsabilità della gestione dell’impresa e compie tutte le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale..
     È costituito da un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a due.
     Fatta eccezione per i primi componenti, che sono nominati nell’atto costitutivo e salvo quanto disposto dagli articoli 2351, 2449 e 2450, la nomina dei componenti il consiglio di gestione spetta al consiglio di sorveglianza, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto.
     I componenti del consiglio di gestione non possono essere nominati consiglieri di sorveglianza, e restano in carica per un periodo non superiore a tre esercizi, con scadenza alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo esercizio della loro carica.
     I componenti del consiglio di gestione sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dal consiglio di sorveglianza in qualunque tempo, anche se nominati nell’atto costitutivo, salvo il diritto al risarcimento dei danni se la revoca avviene senza giusta causa.
     Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di gestione, il consiglio di sorveglianza provvede senza indugio alla loro sostituzione.

     Il consiglio di sorveglianza ha il potere di nominare, per un periodo non superiore a tre esercizi, i membri del consiglio di gestione (vi sono due eccezioni a tale disposizione: la prima riguarda i primi componenti dello stesso consiglio di gestione che sono nominati nell’atto costitutivo; la seconda concerne le ipotesi particolari previste dagli artt. 2351, 2449 e 2450) e di revocarli; la revoca può avvenire in qualsiasi momento, salvo il diritto al risarcimento dei danni se questa avviene senza giusta causa. Si noti che a livello di diritto comparato, alcuni ordinamenti europei, quali tra gli altri quello olandese e quello lussemburghese, consentono all’assemblea di nominare gli amministratori per lunghi periodi (addirittura per un tempo indeterminato in Olanda) e di revocarli in qualunque momento anche senza giusta causa.
     Il numero di tali membri del consiglio di gestione, non inferiore a due, è fissato dallo stesso consiglio di sorveglianza nei limiti stabiliti dallo statuto (art. 2409-novies).

2409-decies. Azione sociale di responsabilità
     L’azione di responsabilità contro i consiglieri di gestione è promossa dalla società o dai soci, ai sensi degli articoli 2393 e 2393-bis.
     L’azione sociale di responsabilità può anche essere proposta a seguito di deliberazione del consiglio di sorveglianza. La deliberazione è assunta dalla maggioranza dei componenti del consiglio di sorveglianza e, se è presa a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, importa la revoca dall’ufficio dei consiglieri di gestione contro cui è proposta, alla cui sostituzione provvede contestualmente lo stesso consiglio di sorveglianza.
     L’azione può essere esercitata dal consiglio di sorveglianza entro cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica.
     Il consiglio di sorveglianza può rinunziare all’esercizio dell’azione di responsabilità e può transigerla, purché la rinunzia e la transazione siano approvate dalla maggioranza assoluta dei componenti del consiglio di sorveglianza.
     La rinuncia all’azione da parte della società o del consiglio di sorveglianza non impedisce l’esercizio delle azioni previste dagli articoli 2393-bis, 2394 e 2394-bis.

     L’azione di responsabilità ex artt. 2393 e 2393-bis può promossa contro i consiglieri di gestione non solo dalla società o dai soci ma anche con deliberazione assunta dalla maggioranza dei componenti del consiglio di sorveglianza; qualora quest’ultima delibera è presa con la maggioranza dei due terzi dei componenti, comporta la revoca d’ufficio dei consiglieri di gestione contro cui è promossa (art. 2409-decies).
     Con riferimento all’azione di responsabilità promossa dai membri del consiglio di sorveglianza, parte della dottrina (Cfr. E. GRANATA, Il collegio sindacale delle società per azioni non quotate, Relazione al Convegno “Efficienza dei controlli sulle imprese e crisi dei mercati finanziari: il ruolo del collegio sindacale italiano”, Roma 11 ottobre 2002; S. FORTUNATO, I controlli, Relazione al Convegno su “Diritto societario: dai progetti alla riforma”, Forum di Courmayeur, 27-28 settembre 2002) ha rilevato come appaia difficile immaginare che i membri dell’organo di vigilanza procedano ad azioni di responsabilità contro gli stessi soggetti che li hanno nominati; si è osservato, infatti, che “la dipendenza organica” tra consiglio di sorveglianza e consiglio di gestione possa rendere poco efficaci i rimedi previsti contro amministratori/gestori che non svolgano in modo adeguato le proprie funzioni.

2409-undecies. Norme applicabili
     Al consiglio di gestione si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 2380-bis, quinto comma, da 2381, 2382, 2383, 2384, 2385, 2387, 2388, 2389, 2390, 2392, 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis, 2395 e 2409, intendendosi le parole “consiglio di amministrazione” e “collegio sindacale” sostituite rispettivamente da “consiglio di gestione” e “consiglio di sorveglianza”.
     Si applica ai componenti del consiglio di gestione l’articolo 2391, e la legittimazione ad impugnare le deliberazioni assunte in sua violazione spetta anche ai componenti del consiglio di sorveglianza.

     Si applica ai componenti del consiglio di gestione anche la nuova disciplina prevista sul conflitto di interessi ex art. 2391, prevedendosi che la legittimazione all’impugnazione delle delibere del consiglio di gestione spetta anche ai componenti del consiglio di sorveglianza.

2409-duodecies. Consiglio di sorveglianza
     Salvo che lo statuto non preveda un maggior numero, il consiglio di sorveglianza si compone di un numero di componenti, anche non soci, non inferiore a tre. Devono inoltre essere nominati almeno due supplenti.
     Fatta eccezione per i primi componenti che sono nominati nell’atto costitutivo e salvo quanto disposto dagli articoli 2351, 2449 e 2450, la nomina dei componenti il consiglio di sorveglianza spetta all’assemblea, previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto.
     I componenti del consiglio di sorveglianza restano in carica per tre esercizi e scadono alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio del terzo esercizio della carica. La cessazione per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è stato ricostituito.
     Almeno un componente effettivo del consiglio di sorveglianza deve essere scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia.
     Salvo diversa disposizione dello statuto, i componenti del consiglio di sorveglianza sono rieleggibili.
     Lo statuto, fatto salvo quanto previsto da leggi speciali in relazione all’esercizio di particolari attività, può subordinare l’assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.
     Se nel corso dell’esercizio vengono a mancare uno o più componenti del consiglio di sorveglianza, l’assemblea provvede senza indugio alla loro sostituzione.
     Il presidente del consiglio di sorveglianza è eletto dall’assemblea.
     Lo statuto determina i poteri del presidente del consiglio di sorveglianza.
     Non possono essere eletti componenti del consiglio di sorveglianza e, se eletti, decadono dall’ufficio, i componenti del consiglio di gestione. Si applica l’articolo 2399, intendendosi la parola “sindaci” sostituita dalle seguenti “componenti del consiglio di sorveglianza”.

     I membri del consiglio di sorveglianza sono nominati dall’assemblea (anche per la nomina del consiglio di sorveglianza come per quello di gestione vigono le stesse due eccezioni a tale disposizione: la prima riguarda i primi componenti dello stesso consiglio di sorveglianza che sono nominati nell’atto costitutivo; la seconda concerne le ipotesi particolari previste dagli artt. 2351, 2449 e 2450), previa determinazione del loro numero nei limiti stabiliti dallo statuto e comunque non inferiore a tre componenti.
     L’art. 2409-duodecies richiede che (i) almeno un componente del consiglio di sorveglianza debbano essere iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della Giustizia e che (ii) lo statuto possa subordinare l’assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza.
     I componenti del consiglio di gestione non possono essere componenti del consiglio di sorveglianza, e se eletti decadono dall’ufficio (al riguardo l’art. 39 del Regolamento della SE, con riferimento ai componenti l’organo di gestione, stabilisce che solo in caso di vacanza dell’organo di direzione, uno dei membri dell’organo di sorveglianza può essere da questo designato per esercitare le funzioni di gestione; nel corso di tale periodo, però, le funzioni dell’interessato, in qualità di membro di vigilanza, sono sospese. Infatti, nessuno può esercitare simultaneamente la funzione di membro dell’organo di direzione e quella di membro dell’organo di vigilanza della SE).
     La durata dei componenti il consiglio di sorveglianza è fissata in tre esercizi; la cessazione per scadenza del termine ha effetto dal momento in cui il consiglio di sorveglianza è stato ricostituito (art. 2409-duodecies).
     L’assemblea elegge un presidente del consiglio di sorveglianza, i cui poteri sono fissati dallo statuto.

2409-terdecies. Competenza del consiglio di sorveglianza
     Il consiglio di sorveglianza:
     a) nomina e revoca i componenti del consiglio di gestione;
     b) approva il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato;
     c) esercita le funzioni di cui all’articolo 2403, primo comma;
     d) promuove l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti dei componenti del consiglio di gestione;
     e) presenta la denunzia al tribunale di cui all’articolo 2409;
     f) riferisce per iscritto almeno una volta all’anno all’assemblea sull’attività di vigilanza svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati.

     In attuazione di quanto previsto dall’art. 4, comma 8, lettera d), numero 2 della Legge Delega, l’art. 2409-terdecies attribuisce al consiglio di sorveglianza un forte potere di controllo sulla gestione, in quanto, come si è detto, tale organo di vigilanza, oltre alla nomina, ha il potere di revocare i membri del consiglio di direzione, ma non può esercitare esso stesso il potere di gestione.
     Quali peculiarità del modello dualistico rispetto a quello tradizionale, sono attribuite al consiglio di gestione, sia le funzioni di vigilanza e le responsabilità del collegio sindacale (il nuovo art. 2403 della novella ispirandosi al Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria, D. Lgs. 58/98, ha distinto il controllo sull’amministrazione dal controllo contabile, affidando quest’ultimo ad un revisore esterno, salvo il caso previsto dal nuovo art. 2409-bis, 3° comma, che consente alle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato, di mantenere l’impostazione attualmente vigente, ove il collegio sindacale esercita anche il controllo contabile), così come ridisegnate dalla novella (potere di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile), sia alcune attribuzione attualmente di competenza dell’assemblea, quali (i) il compito di approvare il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato, (ii) la stessa nomina e revoca dei componenti del consiglio di gestione, nonché (iii) la legittimazione a promuovere l’azione sociale di responsabilità (art. 2409-quaterdecies).
     Inoltre lo stesso art. 2409-terdecies stabilisce che il consiglio di sorveglianza ha il potere di presentare la denuncia al tribunale ex art. 2409 e deve riferire almeno una volta l’anno all’assemblea per iscritto, sull’attività svolta, sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevanti.

2409-quaterdecies. Norme applicabili
     Al consiglio di sorveglianza si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2388, 2400, secondo e terzo comma, 2401, 2402, 2403-bis, 2404, 2405, comma primo, e 2406, 2407, 2408, 2409 e 2409-septies, intendendosi le parole “collegio sindacale” e “sindaco” sostituite, rispettivamente, da “consiglio di sorveglianza” e da “componenti del consiglio di sorveglianza” e le parole “consiglio di amministrazione” e “amministratori” sostituite, rispettivamente, da “consiglio di gestione” e “componente del consiglio di gestione”.
     Si applica al consiglio di sorveglianza, in quanto compatibile, l’articolo 2388, intendendosi le parole “consiglio di amministrazione” e “amministratore” sostituite, rispettivamente, da “consiglio di sorveglianza” e “componente del consiglio di sorveglianza”, e le parole “collegio sindacale” da “consiglio di sorveglianza”.

2409-quinquiesdecies. Controllo contabile
     Il controllo contabile è esercitato a norma degli articoli 2409-bis, 2409-ter, 2409-quater, 2409-quinquies, 2409-sexies, 2409-septies, in quanto compatibili, intendendosi le patole “consiglio di amministrazione” e “amministratori” sostituite, rispettivamente, da “consiglio di gestione” e “componente del consiglio di gestione” e le parole “assemblea” e “collegio sindacale” sostituite da “consiglio di sorveglianza”, ed intendendosi altresì che nei casi previsti dall’articolo 2409-quater, primo e terzo comma, va eliminato il riferimento al parere del collegio sindacale.

     In attuazione dell’art. 4, comma 8, lettera f) della Legge Delega, il controllo contabile delle società che adottano il sistema dualistico è affidata ad un revisore, persona fisica o società di revisione, (per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è obbligatoria la scelta della società di revisione), iscritto nel registro istituito presso il Ministero della giustizia; non si applica in questo caso l’art. 2409-bis, secondo comma, che consente allo statuto di società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato, di prevedere che il collegio sindacale eserciti anche il controllo contabile.

§ 6. – Del sistema monistico

2409-sexiesdecies. Sistema basato sul consiglio di amministrazione e un comitato costituito al suo interno
     Lo statuto può prevedere che l’amministrazione ed il controllo siano esercitati rispettivamente dal consiglio di amministrazione e da un comitato costituito al suo interno.

     Il sistema monistico, disciplinato dagli artt. 2409-sexiesdecies-2409-noviesdecies, è caratterizzato dalla presenza di un solo organo amministrativo nominato dall’assemblea, organo amministrativo nel cui ambito vi è un comitato per il controllo interno sulla gestione; esso si differenzia dal modello tradizionale, in quanto non è configurabile un amministratore unico e non è presente il collegio sindacale, che è sostituito, in qualche modo, dal suddetto comitato per il controllo di gestione.

2409-septiesdecies. Consiglio di amministrazione
     L’amministrazione della società è affidata ad un consiglio di amministrazione.
     Almeno la metà dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 2399, primo comma, e, se lo statuto lo prevede, di quelli al riguardo previsti da codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati.

     Il consiglio di amministrazione provvede alla gestione della società; almeno la metà dei suoi deve possedere i requisiti di indipendenza richiesti per i sindaci dal rinnovato art. 2399, primo comma, e quei requisiti che lo statuto potrebbe richiedere in attuazione di codici di comportamento redatti da associazioni di categoria o da società di gestione di mercati regolamentati (art. 2409-septiesdecies).
     Con riferimento a tale ultima disposizione, si concorda con quella parte della dottrina (cfr. Assonime), che ha ritenuto eccessivo imporre che almeno la metà dei membri del consiglio debba possedere requisiti di indipendenza, in quanto si correrebbe il rischio di rendere difficile il reclutamento di consiglieri, disincentivando, di fatto, la scelta del modello monistico; basterebbe prevedere che gli amministratori indipendenti siano “almeno un terzo” o “in numero adeguato”.
     Al riguardo si può evidenziare che l’art. 4, comma 8, lettera d, numero 3 della Legge Delega richiede solo per il comitato preposto al controllo interno che la maggioranza dei membri sia composta da amministratori non esecutivi in possesso dei requisiti di indipendenza.

2409-octiesdecies. Comitato per il controllo sulla gestione
     Salvo diversa disposizione dello statuto, la determinazione del numero e la nomina dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione spetta al consiglio di amministrazione. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il numero dei componenti del comitato non può essere inferiore a tre.
     Il comitato è composto da amministratori in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto e dei requisiti di indipendenza di cui all’articolo 2409-septiedecies, che non siano membri del comitato esecutivo ed ai quali non siano attribuite deleghe o particolari cariche.
     Almeno uno dei componenti del comitato per il controllo sulla gestione deve essere scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili.
     In caso di morte, rinunzia o decadenza di un componente del comitato per il controllo sulla gestione, il consiglio di amministrazione provvede senza indugio a sostituirlo scegliendolo tra gli altri amministratori in possesso dei requisiti previsti dai commi precedenti; se ciò non è possibile, provvede senza indugio a norma dell’articolo 2386 scegliendo persona provvista dei suddetti requisiti.
     Il comitato per il controllo sulla gestione:
     a) elegge al suo interno, a maggioranza assoluta dei suoi membri, il presidente;
     b) adempie ai doveri di cui all’articolo 2403, primo comma.
     Al comitato per il controllo sulla gestione si applicano altresì, in quanto compatibili, gli articoli 2404, primo, terzo e quarto comma, 2405, primo comma, e 2408.

     Il controllo di gestione svolge i compiti di controllo che l’art. 2403, primo comma, attribuisce al collegio sindacale nel modello tradizionale (potere di vigilanza sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile), e ad esso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste sempre per il collegio sindacale, in tema di riunioni e deliberazioni (art. 2404, primo, terzo e quarto comma), intervento alle adunanze del consiglio di amministrazione ed alle assemblee (art. 2405, primo comma) e denuncia al collegio sindacale (art. 2408).
     Al riguardo occorre evidenziare che l’art. 4, comma 8, lettera d, numero 3 della Legge Delega, ha richiesto che al suddetto comitato fossero attribuiti nello svolgimento del compito di controllo interno sulla gestione adeguati poteri di informazione ed ispezione, senza far riferimento ai poteri o doveri del collegio sindacale.
     La nomina e la determinazione del numero (per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il numero dei componenti non può essere inferiore a tre) dei componenti il comitato sono riservate al consiglio di amministrazione, salvo vi sia una diversa disposizione statutaria (art. 2409octiesdecies).
     Gli amministratori che fanno parte del comitato devono: (i) possedere i requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto, nonché i medesimi requisiti di indipendenza che il citato art. 2409septiedecies richiede per i componenti del consiglio di amministrazione dello stesso modello monistico; ii) non essere contemporaneamente anche membri del comitato esecutivo; (iii) non essere state loro attribuite deleghe o particolari cariche. Inoltre almeno uno di essi deve essere iscritto nel registro dei revisori contabili.

2409-noviesdecies. Norme applicabili e controllo contabile
     Al consiglio di amministrazione si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 2380-bis , 2381, 2382, 2383, 2384, 2385, 2386, 2387, 2388, 2389, 2390, 2391, 2392, 2393, 2393-bis, 2394, 2394-bis, 2395, 2396, e 2409, intendendosi le parole “collegio sindacale” e “sindaco” sostituite, rispettivamente, da “comitato per il controllo interno sulla gestione” e “componente del comitato per il controllo sulla gestione”.
     Il controllo contabile è esercitato a norma degli articoli 2409-bis, 2409-ter, 2409-quater, 2409-quinquies, 2409-sexies, in quanto compatibili, intendendosi le parole “collegio sindacale” e “sindaco” sostituite, rispettivamente, da da “comitato per il controllo sulla gestione” e “componente del comitato di controllo sulla gestione”.

     Per la disciplina dell’organo di amministrazione del modello monistico lo Schema di Decreto fa esplicito rinvio a quasi tutte le norme stabilite per il modello tradizionale del consiglio di amministrazione, in quanto compatibili (art. 2409-noviesdecies).
     Anche per il modello monistico, come per il modello dualistico, il controllo contabile delle società è affidata, sempre in attuazione dell’art. 4, comma 8, lettera f) della Legge Delega, ad un revisore, persona fisica o società di revisione, (per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è obbligatoria la scelta della società di revisione), iscritto nel registro istituito presso il Ministero della giustizia; non si applica anche in questo caso il citato art. 2409bis, secondo comma, che consente l’adozione del collegio sindacale

     I conclusione del commento ai nuovi sistemi di amministrazione se ne devono evidenziare alcuni profili critici.
     Risulta sicuramente innovativa la scelta del legislatore di lasciare all’autonomia statutaria la definizione dei modelli di amministrazione e controllo più opportuni, che possano anche discostarsi dal sistema tradizionale ed ispirarsi a sistemi tipici di altri ordinamenti. Ricordiamo al riguardo che anche in Francia ed in Olanda è rimessa agli statuti la facoltà di adottare il modello dualistico nell’organizzazione dell’organo di controllo.
     Non è facile, tuttavia, valutare a priori i vantaggi e gli svantaggi della scelta di un modello di amministrazione e controllo rispetto ad un altro; dipenderà molto anche dalle esigenze gestionali della società, dalle sue dimensioni, dalla struttura degli assetti proprietari, dall’essere una società quotata o meno.Si può comunque tentare di analizzare i due nuovi modelli per individuarne i punti di forza o di criticità.
     Il sistema dualistico consente di realizzare una rilevante separazione tra proprietà (compagine dei soci) e gestione/controllo, in quanto vengono fortemente ridimensionate le funzioni dell’assemblea e potenziate quelle dell’organo di sorveglianza. Ai soci restano riservate, come si è detto, la nomina dell’organo di sorveglianza, la definizione delle linee programmatiche dell’attività sociale, nonché la decisione circa le principali operazioni straordinarie che comportano una modifica della struttura della società; si tratta, quindi di un modello che risulta appropriato per società con azionariato particolarmente diffuso la cui gestione è attribuita a manager professionisti autonomi senza molte interferenze da parte dei soci (cfr. Relazione allo Schema di Decreto).
     Questa caratteristica del limitato ruolo assegnato all’assemblea a favore di un potenziamento dell’organo di sorveglianza, può rappresentare un problema se si considera l’esigenza di tutelare i soci di minoranza, in quanto l’attuale Schema di Decreto, a differenza del Progetto Mirone, non ha previsto alcun meccanismo che consenta alle minoranze di garantirsi una rappresentanza all’interno del consiglio di sorveglianza.
     Si è osservato (L. A. Bianchi e M. Ventoruzzo, Brevi note sui modelli di amministrazione e controllo nella legge delega n. 36 del 2001 c.d. “legge Mirone”, Relazione al Convegno su “La riforma del diritto societario” del 12, 13 e 14 novembre 2001) come il modello dualistico possa essere scelto da imprese il cui azionariato sia direttamente o indirettamente riconducibile ad una famiglia, per gestire il passaggio generazionale, in quanto il socio-imprenditore assumendo la carica di consigliere di sorveglianza può mantenere un forte potere di controllo sulla gestione affidata agli eredi.
     Occorre rilevare che tale modello ostacoli la contendibilità dell’impresa che lo adotta in quanto, la circostanza che la nomina dei componenti il consiglio di gestione sia affidata al consiglio di sorveglianza e non all’assemblea, rende difficile sostituire gli esponenti aziendali in tempi rapidi, determinando un possibile ostacolo alle scalate.
     Con riferimento al sistema monistico, come si è detto, lo Schema di Decreto, discostandosi da quanto previsto dall’art. 4, comma 8, lettera d, numero 3 della Legge Delega, ha attribuito al comitato di controllo sulla gestione gli stessi poteri e doveri del collegio sindacale, differenziandosi però da questo in quanto il comitato è nominato dal consiglio di amministrazione e non dall’Assemblea ed suoi componenti sono amministratori.
     Inoltre è curioso notare come lo Schema di Decreto abbia denominato l’organo di vigilanza “comitato per il controllo sulla gestione”, mentre la Legge Delega utilizza la denominazione “comitato per il controllo interno sulla gestione”; l’eliminazione della parola “interno” rende evidente l’intento del Legislatore Delegato di volersi discostare dal modello anglosassone degli audit committee.
     I primi commenti della dottrina (cfr. E. GRANATA, op. cit.) a tale scelta non sono positivi, in quanto si è osservato come la creazione di un collegio sindacale costituito da amministratori, determinerebbe la strana situazione per la quale gli amministratori si troverebbero a deliberare in consiglio di amministrazione operazioni delle quali rispondono anche come controllori, con conseguente affievolimento del necessario potere di controllo.
     Si introduce, in sostanza, un comitato cui spetta il compito di vigilare sull’attività di gestione, alla quale gli stessi componenti del comitato, in qualità di amministratori, partecipano.
     Diversamente il sistema monistico di stampo anglosassone prevede un consiglio di amministrazione che nomina gli esecutivi e vigila sul loro operato e in cui all’Audit Committee è attribuito il compito tipico di controllare il sistema dei controlli interni e l’attività dei revisori; il controllo contabile è affidato a revisori esterni, mentre gli obblighi di vigilanza che nel nostro sistema sono attribuiti al collegio sindacale, sono svolti dal consiglio di amministrazione.
     Al riguardo occorre evidenziare come la scelta del Legislatore di prevedere un comitato per il controllo di gestione così difforme dal modello anglosassone degli audit committes, sembra non aver tenuto conto delle recenti importanti modifiche, apportate alla legislazione americana dal Sarbanes-Oxley Act (approvato dal Congresso il 30 luglio scorso), che risulta applicabile a tutti gli emittenti strumenti finanziari quotati nei regolamenti statunitensi, con sede legale negli Stati Uniti (domestic issuers) o all’estero (foreign issuers).
     Il Sarbanes-Oxley Act impone a tutte le società quotate di istituire audit committees, interamente composti da amministratori indipendenti entro il 26 aprile 2003, cui sono attribuite in via esclusiva le funzione di: (i) nominare la società di revisione (che riporta direttamente allo stesso comitato), curarne la supervisione e la determinazione dei compensi; (ii) istituire procedure idonee per quanto riguarda la ricezione ed il trattamento di denunce concernenti i revisori, il sistema di controllo interno e le pratiche contabili (n assenza dell’audit committee, i requisiti dei componenti tale comitato e le relative attribuzioni dovranno ritenersi applicabili all’intero consiglio di amministrazione).
     La nuova legislazione americana richiede, inoltre, al Chief Executive Officer e al Chief Financial Officer di attestare l’adeguatezza del sistema di controllo interno.
     Occorrerà verificare l’impatto di tali disposizioni per le società italiane con titoli quotati negli Stati Uniti. Al riguardo occorre evidenziare come la normativa italiana non attribuisca al collegio sindacale alcun obbligo di controllo sull’attività della società di revisione.
     È da rilevare, inoltre, come il comitato per il controllo di gestione introdotto dallo Schema di Decreto non sia assimilabile neanche al comitato per il controllo interno previsto dal Codice di Autodisciplina per le società quotate (il Codice di Autodisciplina delle società quotate è stato redatto il 6 ottobre 1999 ed aggiornato nel luglio scorso da parte di un Comitato costituito da rappresentanti di società quotate in Borsa, di operatori finanziari, di associazioni di categoria e coordinato dal Presidente della Borsa Italiana; esso rappresenta un ideale completamento del disegno riformatore contenuto nel Testo Unico, dando evidenza in particolare alle opportunità di autodeterminazione in tema di corporate governance di cui le società quotate sono state dotate in virtù di tale Decreto) al quale sono attribuite, con poteri consultivi e propositivi, le funzioni, tra le altre, di assistere il consiglio di amministrazione nel fissare le linee di indirizzo del sistema del controllo interno e nel verificare l’adeguatezza ed il funzionamento di quest’ultimo nonché valutare l’adeguatezza dei principi contabili e le proposte di incarico alle società di revisione ed il loro piano di lavoro. L’art. 9 della versione aggiornata del Codice di Autodisciplina definisce il sistema di controllo interno come l’insieme dei processi diretti a monitorare l’efficienza delle operazioni aziendali, l’affidabilità dell’informazione finanziaria, il rispetto di leggi e regolamenti, la salvaguardia dei beni aziendali; si attribuisce al consiglio di amministrazione la responsabilità di fissare le linee di indirizzo e la verifica dell’adeguatezza e dell’effettivo funzionamento di tale sistema.
     Parte della dottrina (A. CASÒ, Il collegio sindacale delle società per azioni non quotate, Relazione al Convegno “Efficienza dei controlli sulle imprese e crisi dei mercati finanziari: il ruolo del collegio sindacale italiano”, Roma 11 ottobre 2002) ha rilevato come il modello tradizionale sia quello più garantisca rispetto ai nuovi sistemi di amministrazione, in quanto assicura una precisa divisione dei ruoli; l’attività di amministrazione e quella di controllo sono separate, l’assemblea elegge separatamente gli organi di amministrazione e gli organi di controllo, i requisiti di indipendenza sono disciplinati da chiare e precise regole.
     Quale valutazione di carattere generale valida per entrambi i nuovi modelli, si evidenzia la necessità di coordinare lo Schema di Decreto con le disposizioni contenute nel D.lgs n. 58/98 per consentire anche alle società quotate di adottare i nuovi modelli di amministrazione e controllo, pur nel rispetto della peculiare disciplina prevista dal citato D.lgs n. 58/98. Non appare, infatti, sufficiente il secondo comma dell’art. 223-septies delle disposizioni transitorie, ove precisa che “ogni riferimento al collegio sindacale o ai sindaci presente nelle leggi speciali è da intendersi effettuato anche al controllo o ai loro componenti, ove compatibile con le specificità di tali organi”. Occorrerà rivedere le disposizioni del Testo Unico dell’intermediazione finanziaria alla luce delle importanti e corpose novità introdotte dallo Schema di Decreto alla disciplina codicistica del diritto societario.
     Si consideri ad esempio la difficoltà di applicare ai nuovi sistemi di amministrazione e controllo la disposizione prevista dall’art. 148 del D.lgs n. 58/98 che richiede che nel collegio sindacale sia assicurata una rappresentanza ai soci di minoranza; come si è già detto, per il sistema dualistico manca una simile disposizione che garantisca alla minoranza di eleggere un proprio rappresentante nel consiglio di sorveglianza; è ugualmente difficile prevedere nel sistema monistico una rappresentanza alla minoranza nell’ambito del comitato per il controllo della gestione, che è nominato dal consiglio di amministrazione e non dall’assemblea.
     In conclusione, con le opportune modifiche ed integrazioni, è da condividere la scelta del Legislatore Delegato di introdurre una maggiore autonomia statutaria e di consentire la possibilità di adottare diversi modelli di amministrazione mutuati da altri ordinamenti europei.
     Anche alla luce delle recenti disposizioni comunitarie in tema di società europea, emerge, infatti, la necessità di garantire la concorrenzialità delle imprese e del mercato italiano, superando la scarsa flessibilità strutturale che potrebbe rappresentare un ostacolo alla cooperazione transnazionale ed un disincentivo alla costituzione di SE con sede sociale in Italia.
In materia societaria la tendenza a livello comunitario è quella di realizzare l’armonizzazione mettendo in concorrenza gli ordinamenti degli Stati membri e spingendoli in tal modo a ridurre le reciproche differenze.
     Al riguardo parte della dottrina (cfr. A. Tizzano, La “seconda direttiva banche” e il mercato unico dei servizi finanziari, in A. Tizzano, Problematica del diritto delle Comunità Europee, Roma, 1992, p. 315) ha giustamente osservato come l’ordinamento comunitario sia divenuto un limite esterno, una cornice nel rispetto della quale gli Stati membri sono chiamati dalla crescente concorrenzialità dei mercati a realizzare un quadro normativo e istituzionale efficiente, che ponga le imprese nelle condizioni di competere “ad armi pari” con imprese localizzate in altri ordinamenti e si riveli capace di attrarre nuovi investimenti produttivi; l’armonizzazione, infatti, non è realizzata attraverso un’imposizione dall’alto di apposite direttive di coordinamento legislativo, ma viene indotta “dal basso, mettendo in concorrenza, oltre agli operatori, gli stessi sistemi normativi ed organizzativi e spingendoli a ridurre le reciproche differenze”.


* Per una migliore comprensione del commento, questo è posto in calce ai singoli articoli o gruppi di articoli annotati (riportati su sfondo crema) del codice civile novellato.

 

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