il diritto commerciale d’oggi
     VII.2 – febbraio 2008

 

D I Z I O N A R I O
a cura di Giovanni Cabras

Sono qui riportate “voci” del diritto commerciale che rappresentano neologismi (ovvero vecchie espressioni che di recente hanno assunto uno specifico significato o hanno posto nuovi problemi), con indicazioni delle relative fonti normative,
nonché di taluni links per l’approfondimento “in rete”.
Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di completezza nella raccolta delle voci,
né di sistematicità nella loro illustrazione
voci del dizionario

K
N
Q
U
W
Y
Z

 


   

Market abuse

     In generale, si ha market abuse (abuso di mercato) quando gli investitori subiscono, direttamente o indirettamente, conseguenze sfavorevoli del comportamento di altri soggetti che abbiano approfittato di informazioni confidenziali, falsato il meccanismo di determinazione dei prezzi degli strumenti finanziari o divulgato informazioni false o ingannevoli.
   Il legislatore nazionale, attuando la Direttiva CE sul market abuse (Direttiva 6/2003 recepita con la Legge comunitaria n. 62 del 18 aprile 2005, in vigore dal 12 maggio 2005) ha disciplinato, sia come illeciti amministrativi sia come reati penali, nel TUF-Testo Unico della Finanza (D.lgs. n. 58 del 1998) due categorie principali di abusi di mercato: l’abuso di informazioni privilegiate (in precedenza noto come insider trading) e la manipolazione del mercato.
   Si ha abuso di informazioni privilegiate (TUF, artt. 184 e 187-bis) quando “chiunque essendo in possesso di informazioni privilegiate, in ragione della sua qualità di membro dell’organo di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente … ovvero in ragione dell’attività lavorativa”:
– acquista, vende o compie operazioni per conto proprio o do terzi su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime (c.d. insider trading);
– comunica tali informazioni ad altri al di fuori del normale esercizio del lavoro (c.d. tipping);
– raccomanda o induce ad altri al compimento di talune delle operazioni sopra indicate (cd. tuyautage)
   Costituiscono, invece, esempi di manipolazione del mercato (TUF, artt. 185 e 187-ter) le seguenti condotte:
– porre in essere un comportamento per acquisire una posizione dominante sulla offerta o sulla domanda di uno strumento finanziario che abbia l’effetto di fissare, direttamente o indirettamente, i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni commerciali non corrette;
– acquistare o vendere strumenti finanziari alla chiusura del mercato, con l’effetto di ingannare gli investitori che agiscono sulla base dei prezzi di chiusura;
– avvantaggiarsi di un accesso occasionale o regolare ai mezzi di informazione tradizionali o elettronici diffondendo una valutazione su uno strumento finanziario (o indirettamente sul suo emittente) dopo aver precedentemente preso posizione su quello strumento finanziario, beneficiando di conseguenza dell’impatto della valutazione diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver allo stesso tempo comunicato al pubblico, in modo corretto ed efficace, l’esistenza di tale conflitto di interessi.
Fonti: TUF, titolo I-bis (“Abusi di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato”), della Parte V, Titolo I, Capo IV, con i nuovi artt. 180-187-septies; Regolamento Consob sui mercati, art. 62 ss.
         Direttive CE n. 2003/6 del 28 gennaio 2003; n. 2003/124 del 22 dicembre 2003; n. 2003/125 del 31 dicembre 2003; Regolamento CE n. 2273 del 22 dicembre 2003.


   

Mediatore creditizio

     Chi professionalmente o abitualmente “mette in relazione” – anche attraverso attività di consulenza – banche o intermediari finanziari con la potenziale clientela al fine della concessione di finanziamenti, senza essere legato ad alcuna delle parti da legami di collaborazione, dipendenza o rappresentanza.
     Ai mediatori creditizi è preclusa la possibilità di concludere i contratti, nonché di erogare i finanziamenti. L’attività di mediazione o di consulenza nella concessione di finanziamenti da parte di banche o di intermediari finanziari è riservata ai soggetti iscritti in apposito albo, istituito presso il Ministero dell’Economia, che si avvale dell’UIC (Ufficio Italiano Cambi). La riserva di attività in favore dei mediatori creditizi, penalmente sanzionata, non opera nei confronti di banche, intermediari finanziari, promotori finanziari e imprese assicurative. Non costituisce mediazione creditizia la raccolta di richieste di finanziamento effettuata, nell’ambito della specifica attività svolta e strumentalmente ad essa, da parte di fornitori di beni o servizi o di soggetti iscritti in albi, elenchi o ruoli.  
Fonti: art. 16 della legge 7 marzo 1996, n. 108; D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287, regolamento
URL: http://www.uic.it


   

Mediazione (Mediation)

1.  Procedura con la quale due o più parti, tra le quali sia insorta o possa sorgere una controversia, cercano di raggiungere, con l’ausilio di un terzo indipendente ed imparziale (mediatore), un accordo per la soluzione della stessa controversia. La mediatione (mediation nella terminologia internazionale) costituisce la forma principale di ADR (Alternative Dispute Resolution).
   A seconda dei poteri, che le parti attribuiscomo al mediatore, si ha la facilitative mediation (funzione esclusivamente facilitativa del mediatore, con esclusione di ogni funzione propositiva di soluzioni conciliative) o la evaluative mediation (o valutativa, nella quale il mediatore formula soluzioni conciliative). Nell’esperienza anglosassone la mediazione si svolge solitamente in più fasi, tra le quali è particolarmente importante quella delle sessioni separate (caucus, sessione nella quale il mediatore incontra separatamente ed in via riservata le parti).
   Il nostro ordinamento prevede la conciliazione: giudiziale o stragiudiziale; facoltativa o obbligatoria. A parte la diversa terminologia, solo con il d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5 (disciplina del processo societario) il legislatore ha preso in considerazione la concliazione come un procedimento volto alla composizione della lite e gestito da un terzo neutrale (presso appositi organismi di conciliazione).
   La mediazione può essere avviata per iniziativa delle parti dopo l’insorgere della lite o può essere prevista con apposita clausola in un contratto da esse stipulato, ovvero può essere deferita dall’autorità giudiziaria nell’ambito di un giudizio insorto tra le medesime; o ancora può essere imposta per legge, come tentativo da esperire prima di intraprendere una causa.
     La Unione Europea intende agevolare il ricorso alla mediazione, garantendo un’efficace relazione tra di essa ed i procedimenti giudiziari ed istituendo una normatva minima comune agli Stati membri (vedi la proposta di direttiva presentata dalla Commissione il 22 ottobre 2004).
2.  In un diverso  – e più usuale, nella nostra nomenclatura legislativa – significato, mediazione è il contratto con cui un soggetto (mediatore) mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (art. 1754 cod. civ.)
Fonti: art. 185, 410 e 708 cod. proc. civ.; artt. 38-40 del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.
          art. 1754 cod. civ.
URL: www.websters-online-dictionary.org


    

Mercato

     L’aggregato degli scambi potenzialmente interferenti.
     Rispetto al tradizionale riferimento territoriale (“mercato è il luogo …”), è meglio far riferimento – considerati anche gli attuali mezzi di comunicazione – alla generica espressione “aggregato” (ma si potrebbe pure parlare di “insieme”); ciò che fa di una pluralità un insieme è allora la circostanza che, comunque, e dunque non solo per unicità di luogo, gli scambi possano interferire e siano regolati in relazione a tale interferenza. Che il “mercato” sia un fenomeno costituito da “scambi” è sicuro e tradizionale; ciò che di una pluralità di scambi fa un “mercato” è la circostanza che – un tempo, per svolgersi nello stesso luogo; oggi, per la facilità di comunicazioni e conoscenze, anche a distanza – gli scambi interferiscano per quantità, condizioni e prezzi.
     Individuata la realtà economica e fattuale, più difficile è individuare la rilevanza giuridica del mercato in quanto tale. Probabilmente, si tratta di un centro, ossia di un punto di riferimento di interessi (e dunque di norme) non personificato, nel senso che gli interessi, che le norme di disciplina del mercato tendono a tutelare, sono in sé diversi, hanno natura pubblica e privata, nonché fanno capo a soggetti diversi (gli operatori, i clienti, l’efficienza del sistema economico, ecc.).
     Nel nostro ordinamento manca una espressa definizione legislativa di mercato (non è, però, una manchevolezza) ed anche una disciplina generale; vi sono, invece, specifiche considerazioni del mercato, a seconda del criterio di rilevanza giuridica: vedi, in particolare, la nozione di mercato presupposta dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, la quale disciplina la concorrenza – ossia il sistema di interferenza degli scambi – nel mercato e gli interessi che vi sono coinvolti ed ora dalla disciplina sul market abuse (TUF, artt. 180-187-septies).
Fonti: legge 16 ottobre 1990, n. 287


    

Mezzanine finance

     Forma di finanziamento subordinato con caratteristiche tecniche ibride, che si colloca in una posizione intermedia – da ciò deriva la denominazione di mezzanine finance (o debito mezzanino) – tra capitale di debito (debito senior) e capitale di rischio (equity).
     La componente debitoria è costituita dalla concessione di un prestito a medio termine, normalmente remunerato con tassi di interesse parametrati all’andamento dei mercati; mentre gli elementi tipici del capitale di rischio sono ravvisabili nella facoltà (generalmente riconosciuta al finanziatore) di partecipare al capitale di rischio dell’impresa finanziata, utilizzando strumenti tecnici quali il warrant call o una opzione call.
   Causa tipica del finanziamento “mezzanine” è colmare eventuali carenze di copertura finanziaria in operazioni di leveraged buy-out e/o finanza strutturata, in particolare, nei casi di ristrutturazione delle esposizioni debitorie di imprese pesantemente indebitate con il sistema bancario, laddove non sarebbe possibile perfezionare la ristrutturazione unicamente mediante forme di finanziamento tradizionale, in quanto la finanza mezzanina consente di incrementare la leva finanziaria senza alterare il livello di rischio finanziario della impresa stessa.
     Il nostro ordinamento non regolamenta in maniera specifica tale forma di finanziamento, che, peraltro, incontra in pratica rilevanti problemi di compatibilità con le norme del diritto nazionale (difficoltà normalmente risolte ricorrendo al diritto straniero), siccome potrebbe apparire in contrasto, in particolare, con la disciplina volta a combattere il fenomeno dell’usura, in quanto l’elevata rischiosità del finanziamento obbliga il finanziatore ad applicare tassi di interesse estremamente elevati e tali da superare il tasso soglia massimo previsto per legge.
URL: http://www.fleetcapital.com/resources/capeyes/a10-02-124.html
        http://www.ilconsulentetelematico.com/argomenti/finanziamenti/finanz10.htm


   

MIFID (Market in Financial Instrument Directive)

   Con la direttiva CE 2004/39/CE (Market in Financial Instrument Directive-MIFID, che ha sostituito la direttiva 93/22/CEE sui servizi d’investimento, DSI), la Comunità Europea ha regolato i mercati degli strumenti finanziari per rendere effettivo il sistema del c.d. “passaporto europeo”, consentendo ai fornitori di servizi d’investimento di operare su tutto il territorio della Comunità in base all’autorizzazione concessa dal loro Stato d’origine e riconosciuta dalle autorità di tutti gli altri Stati membri.
   La MIFID rientra nel Piano di azione per i servizi finanziari (c.d. PASF), adottato dalla CE nel maggio 1999, al fine di assicurare l’effettiva concorrenza fra mercati e altre piattaforme di trading e l’effettiva armonizzazione delle regole di condotta, nonché di rimuovere degli ostacoli al clearing & settlement su base transfrontaliera.
   In Italia la Direttiva è stata recepita con il D. lgs. 17 settembre 2007, n. 164, che ha modifica il TUF (Testo Unico della Finanza, d. lgs. n. 58/1998).
   La Direttiva MIFID trova applicazione nei riguardi di imprese d’investimento, mercati regolamentati e sistemi multilaterali di negoziazione, aggiornando la definizione della “impresa d’investimento” ed introducendo una disciplina organica sull’esecuzione delle operazioni su azioni quotate in mercati regolamentati, indipendentemente dal luogo di negoziazione utilizzato.
Tra le novità più significative, c’è l’abolizione della regola di concentrazione delle negoziazioni nel mercato regolamentato in cui le azioni sono quotate; ora sono possibili trading venues: mercato regolamentato, sistemi multilaterali di negoziazione e internalizzatori sistematici (ad opera di una impresa di investimento). In Italia è conseguentemente venuto meno l’obbligo di eseguire le negoziazioni nei mercati regolamentati, di cui all’art. 7 del Regolamento Consob dei Mercati (delibera n. 11768/98).
   Nella nuova definizione degli strumenti finanziari sono compresi i derivati su merci ed i derivati aventi sottostanti di carattere non finanziario. Tra i servizi di investimento sono considerate la consulenza e la gestione dei sistemi multilaterali di negoziazione; e, tra i servizi accessori, l’attività di ricerca in materia di investimenti.
   Con un protocollo d’intesa la Consob e la Banca d’Italia dovranno coordinare l’esercizio delle funzioni di vigilanza, semplificando le procedure e gli adempimenti.
Fonti: Direttiva 2004/39/CE; D. lgs. n. 164 del 2007


   

Modelli di organizzazione

   Tale espressione (più precisamente, “modelli di organizzazione dell’ente”) definisce, in senso tecnico-giuridico, i codici di condotta adottati da una società (o altri enti) per impedire che gli amministratori ed i dirigenti (i c.d. “soggetti in posizione apicale”) e le persone sottoposte alla loro direzione o vigilanza commettano determinati reati nel suo interesse o vantaggio, reati di cui – in base alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231), introdotta in Italia in esecuzione di convenzioni internazionali – sia chiamata a rispondere direttamente la stessa società (oltre che, in base al diritto penale, l’autore materiale del reato) con apposite sanzioni. Tra le sanzioni è prevista anche l’interdizione della società alla contrattazione con la pubblica amministrazione, misura che, però, deve essere limitata, qualora la società operi in diversi settori, al ramo aziendale nel quale si è verificato l’illecito.
   Il modello di organizzazione (predisposto dalla società interessata, anche sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative) introduce una procedimentalizzazione nell’attività di impresa, creando una apposita struttura di sorveglianza, volta a prevenire il compimento dei reati ed idonea ad evitarne l’imputazione alla medesima società, a somiglianza di quanto avviene con i compliance programs nel diritto statunitense. I modelli di organizzazione costituiscono una specie nel più ampio genus dei sistemi di compliance.
   Nel nostro ordinamento la responsabilità dell’ente è esclusa, qualora ricorrano tutte le seguenti condizioni: l’ente abbia adottato, prima della commissione del reato, un modello idoneo a prevenirlo; sia stato affidato ad un organismo interno dell’ente il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei predetto modello; il reato sia stato commesso eludendo fraudolentemente lo stesso modello; l’organismo interno abbia adeguatamente vigilato.
   I reati, per i quali l’adozione del modello di organizzazione esime la società (o altro ente) dalla responsabilità amministrativa, sono indicati dal d. lgs. n. 231, con riferimento a reati contro la pubblica amministrazione e la fede pubblica, nonché contro il patrimonio (ad esempio la truffa) ai danni dello Stato. Le regole sulla responsabilità amministrativa degli enti sono state successivamente estese ad altri reati (da ultimo, con la legge n. 146/2006), che costituiscono un catalogo ampio e, soprattutto, sempre più eterogeneo, tanto da rendere praticamente non realizzabile un modello di organizzazione idoneo a prevenirli tutti.
Fonti: artt. 6 e 7 del d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231
URL:http://www.confindustria.it/AreeAtt/DocUfPub.nsf/b7ffc92624922cb0c1256b790038bc 75/f53bc571ef44d31ec1256b9700387f21?OpenDocument


   

Moneta elettronica

     Dispositivi elettronici che consentono di movimentare – con valore solutorio analogo a quello della moneta “materiale” – saldi monetari. La moneta elettronica (rappresentata solitamente da una tessera di plastica con incorporato un processore elettronico, nel quale è memorizzato il valore monetario attribuito alla stessa tessera, per consentire al titolare di compiere operazioni di pagamento) può essere emessa solo previa ricezione di fondi di valore non inferiore al valore monetario emesso.
     L’attività di emissione di moneta elettronica è riservata alle banche o ad imprese specializzate (Istituti di moneta elettronica). Gli Imel possono svolgere, altresì, attività connesse e strumentali, nonché offrire servizi di pagamento; ad essi è preclusa l’attività di concessione di crediti in qualunque forma.
Fonti: art. 55, della legge 1° marzo 2002, n. 39 (legge comunitaria per il 2001), che, in attuazione di direttive comunitarie, ha modificato il D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385
URL: http://www.bancaditalia.it (Gli istituti di moneta elettronica)
http://www.nextra.it/press_center/latest_news/focus_oveview/autolinkfolder/06_02_01.html


 

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