Market abuse
In
generale, si ha market abuse (abuso di
mercato) quando gli investitori subiscono, direttamente
o indirettamente, conseguenze sfavorevoli del
comportamento di altri soggetti che abbiano approfittato
di informazioni confidenziali, falsato il meccanismo
di determinazione dei prezzi degli strumenti finanziari
o divulgato informazioni false o ingannevoli.
Il legislatore nazionale, attuando
la Direttiva CE sul market abuse (Direttiva
6/2003 recepita con la Legge comunitaria n. 62
del 18 aprile 2005, in vigore dal 12 maggio 2005)
ha disciplinato, sia come illeciti amministrativi
sia come reati penali, nel TUF-Testo Unico della
Finanza (D.lgs. n. 58 del 1998) due categorie
principali di abusi di mercato: l’abuso
di informazioni privilegiate (in precedenza noto
come insider trading) e la manipolazione
del mercato.
Si ha abuso di informazioni privilegiate
(TUF, artt. 184 e 187-bis) quando “chiunque
essendo in possesso di informazioni privilegiate,
in ragione della sua qualità di membro
dell’organo di amministrazione, direzione
o controllo dell’emittente … ovvero
in ragione dell’attività lavorativa”:
– acquista, vende o compie operazioni per
conto proprio o do terzi su strumenti finanziari
utilizzando le informazioni medesime (c.d. insider
trading);
– comunica tali informazioni ad altri al
di fuori del normale esercizio del lavoro (c.d.
tipping);
– raccomanda o induce ad altri al compimento
di talune delle operazioni sopra indicate (cd.
tuyautage)
Costituiscono, invece, esempi
di manipolazione del mercato (TUF, artt. 185 e
187-ter) le seguenti condotte:
– porre in essere un comportamento per acquisire
una posizione dominante sulla offerta o sulla
domanda di uno strumento finanziario che abbia
l’effetto di fissare, direttamente o indirettamente,
i prezzi di acquisto o di vendita o altre condizioni
commerciali non corrette;
– acquistare o vendere strumenti finanziari
alla chiusura del mercato, con l’effetto
di ingannare gli investitori che agiscono sulla
base dei prezzi di chiusura;
– avvantaggiarsi di un accesso occasionale
o regolare ai mezzi di informazione tradizionali
o elettronici diffondendo una valutazione su uno
strumento finanziario (o indirettamente sul suo
emittente) dopo aver precedentemente preso posizione
su quello strumento finanziario, beneficiando
di conseguenza dell’impatto della valutazione
diffusa sul prezzo di detto strumento, senza aver
allo stesso tempo comunicato al pubblico, in modo
corretto ed efficace, l’esistenza di tale conflitto
di interessi.
Fonti: TUF, titolo I-bis (“Abusi
di informazioni privilegiate e manipolazione del
mercato”), della Parte V, Titolo I, Capo
IV, con i nuovi artt. 180-187-septies; Regolamento
Consob sui mercati, art. 62 ss.
Direttive
CE n. 2003/6 del 28 gennaio 2003; n. 2003/124
del 22 dicembre 2003; n. 2003/125 del 31 dicembre
2003; Regolamento CE n. 2273 del 22 dicembre 2003.
Mediatore creditizio
Chi
professionalmente o abitualmente mette in
relazione anche attraverso attività
di consulenza banche o intermediari finanziari
con la potenziale clientela al fine della concessione
di finanziamenti, senza essere legato ad alcuna
delle parti da legami di collaborazione, dipendenza
o rappresentanza.
Ai mediatori creditizi
è preclusa la possibilità di concludere
i contratti, nonché di erogare i finanziamenti.
Lattività di mediazione o di consulenza
nella concessione di finanziamenti da parte di
banche o di intermediari finanziari è riservata
ai soggetti iscritti in apposito albo, istituito
presso il Ministero dellEconomia, che si
avvale dellUIC (Ufficio Italiano Cambi).
La riserva di attività in favore dei mediatori
creditizi, penalmente sanzionata, non opera nei
confronti di banche, intermediari finanziari,
promotori finanziari e imprese assicurative. Non
costituisce mediazione creditizia la raccolta
di richieste di finanziamento effettuata, nellambito
della specifica attività svolta e strumentalmente
ad essa, da parte di fornitori di beni o servizi
o di soggetti iscritti in albi, elenchi o ruoli.
Fonti: art. 16 della legge 7 marzo 1996,
n. 108; D.P.R. 28 luglio 2000, n. 287, regolamento
URL:
http://www.uic.it
Mediazione (Mediation)
1. Procedura
con la quale due o più parti, tra le quali
sia insorta o possa sorgere una controversia,
cercano di raggiungere, con l’ausilio di
un terzo indipendente ed imparziale (mediatore),
un accordo per la soluzione della stessa controversia.
La mediatione (mediation nella terminologia
internazionale) costituisce la forma principale
di ADR (Alternative
Dispute Resolution).
A seconda dei poteri, che le
parti attribuiscomo al mediatore, si ha la facilitative
mediation (funzione esclusivamente facilitativa
del mediatore, con esclusione di ogni funzione
propositiva di soluzioni conciliative) o la evaluative
mediation (o valutativa, nella quale il mediatore
formula soluzioni conciliative). Nell’esperienza
anglosassone la mediazione si svolge solitamente
in più fasi, tra le quali è particolarmente
importante quella delle sessioni separate (caucus,
sessione nella quale il mediatore incontra separatamente
ed in via riservata le parti).
Il nostro ordinamento prevede
la conciliazione: giudiziale o stragiudiziale;
facoltativa o obbligatoria. A parte la diversa
terminologia, solo con il d. lgs. 17 gennaio 2003,
n. 5 (disciplina del processo societario) il legislatore
ha preso in considerazione la concliazione come
un procedimento volto alla composizione della
lite e gestito da un terzo neutrale (presso appositi
organismi di conciliazione).
La mediazione può essere
avviata per iniziativa delle parti dopo l’insorgere
della lite o può essere prevista con apposita
clausola in un contratto da esse stipulato, ovvero
può essere deferita dall’autorità
giudiziaria nell’ambito di un giudizio insorto
tra le medesime; o ancora può essere imposta
per legge, come tentativo da esperire prima di
intraprendere una causa.
La Unione Europea intende
agevolare il ricorso alla mediazione, garantendo
un’efficace relazione tra di essa ed i procedimenti
giudiziari ed istituendo una normatva minima comune
agli Stati membri (vedi la proposta di direttiva
presentata dalla Commissione il 22 ottobre 2004).
2.
In un diverso – e più
usuale, nella nostra nomenclatura legislativa
– significato, mediazione è il contratto
con cui un soggetto (mediatore) mette in relazione
due o più parti per la conclusione di un
affare, senza essere legato ad alcuna di esse
da rapporti di collaborazione, di dipendenza o
di rappresentanza (art. 1754 cod. civ.)
Fonti: art. 185, 410 e 708 cod. proc. civ.;
artt. 38-40 del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.
art.
1754 cod. civ.
URL: www.websters-online-dictionary.org
Mercato
L’aggregato
degli scambi potenzialmente interferenti.
Rispetto al tradizionale
riferimento territoriale (“mercato è
il luogo …”), è meglio far
riferimento – considerati anche gli attuali
mezzi di comunicazione – alla generica espressione
“aggregato” (ma si potrebbe pure parlare
di “insieme”); ciò che fa di
una pluralità un insieme è allora
la circostanza che, comunque, e dunque non solo
per unicità di luogo, gli scambi possano
interferire e siano regolati in relazione a tale
interferenza. Che il “mercato” sia
un fenomeno costituito da “scambi”
è sicuro e tradizionale; ciò che
di una pluralità di scambi fa un “mercato”
è la circostanza che – un tempo,
per svolgersi nello stesso luogo; oggi, per la
facilità di comunicazioni e conoscenze,
anche a distanza – gli scambi interferiscano
per quantità, condizioni e prezzi.
Individuata la realtà
economica e fattuale, più difficile è
individuare la rilevanza giuridica del mercato
in quanto tale. Probabilmente, si tratta di un
centro, ossia di un punto di riferimento di interessi
(e dunque di norme) non personificato, nel senso
che gli interessi, che le norme di disciplina
del mercato tendono a tutelare, sono in sé
diversi, hanno natura pubblica e privata, nonché
fanno capo a soggetti diversi (gli operatori,
i clienti, l’efficienza del sistema economico,
ecc.).
Nel nostro ordinamento
manca una espressa definizione legislativa di
mercato (non è, però, una manchevolezza)
ed anche una disciplina generale; vi sono, invece,
specifiche considerazioni del mercato, a seconda
del criterio di rilevanza giuridica: vedi, in
particolare, la nozione di mercato presupposta
dalla legge 10 ottobre 1990, n. 287, la quale
disciplina la concorrenza – ossia il sistema
di interferenza degli scambi – nel mercato
e gli interessi che vi sono coinvolti ed ora dalla
disciplina sul market
abuse (TUF, artt. 180-187-septies).
Fonti: legge 16 ottobre 1990, n. 287
Mezzanine
finance
Forma
di finanziamento subordinato con caratteristiche
tecniche ibride, che si colloca in una posizione
intermedia – da ciò deriva la denominazione
di mezzanine finance (o debito mezzanino)
– tra capitale di debito (debito senior)
e capitale di rischio (equity).
La componente debitoria
è costituita dalla concessione di un prestito
a medio termine, normalmente remunerato con tassi
di interesse parametrati all’andamento dei
mercati; mentre gli elementi tipici del capitale
di rischio sono ravvisabili nella facoltà
(generalmente riconosciuta al finanziatore) di
partecipare al capitale di rischio dell’impresa
finanziata, utilizzando strumenti tecnici quali
il warrant call o una opzione call.
Causa tipica del finanziamento “mezzanine”
è colmare eventuali carenze di copertura
finanziaria in operazioni di leveraged
buy-out e/o finanza strutturata, in particolare,
nei casi di ristrutturazione delle esposizioni
debitorie di imprese pesantemente indebitate con
il sistema bancario, laddove non sarebbe possibile
perfezionare la ristrutturazione unicamente mediante
forme di finanziamento tradizionale, in quanto
la finanza mezzanina consente di incrementare
la leva finanziaria senza alterare il livello
di rischio finanziario della impresa stessa.
Il nostro ordinamento
non regolamenta in maniera specifica tale forma
di finanziamento, che, peraltro, incontra in pratica
rilevanti problemi di compatibilità con
le norme del diritto nazionale (difficoltà
normalmente risolte ricorrendo al diritto straniero),
siccome potrebbe apparire in contrasto, in particolare,
con la disciplina volta a combattere il fenomeno
dell’usura, in quanto l’elevata rischiosità
del finanziamento obbliga il finanziatore ad applicare
tassi di interesse estremamente elevati e tali
da superare il tasso soglia massimo previsto per
legge.
URL: http://www.fleetcapital.com/resources/capeyes/a10-02-124.html
http://www.ilconsulentetelematico.com/argomenti/finanziamenti/finanz10.htm
MIFID (Market
in Financial Instrument Directive)
Con
la direttiva CE 2004/39/CE (Market in Financial
Instrument Directive-MIFID, che ha sostituito
la direttiva 93/22/CEE sui servizi d’investimento,
DSI), la Comunità Europea ha regolato i
mercati degli strumenti finanziari per rendere
effettivo il sistema del c.d. “passaporto
europeo”, consentendo ai fornitori di servizi
d’investimento di operare su tutto il territorio
della Comunità in base all’autorizzazione
concessa dal loro Stato d’origine e riconosciuta
dalle autorità di tutti gli altri Stati
membri.
La MIFID rientra nel Piano di
azione per i servizi finanziari (c.d. PASF), adottato
dalla CE nel maggio 1999, al fine di assicurare
l’effettiva concorrenza fra mercati e altre
piattaforme di trading e l’effettiva
armonizzazione delle regole di condotta, nonché
di rimuovere degli ostacoli al clearing &
settlement su base transfrontaliera.
In Italia la Direttiva è
stata recepita con il D. lgs. 17 settembre 2007,
n. 164, che ha modifica il TUF (Testo Unico della
Finanza, d. lgs. n. 58/1998).
La Direttiva MIFID trova applicazione
nei riguardi di imprese d’investimento,
mercati regolamentati e sistemi multilaterali
di negoziazione, aggiornando la definizione della
“impresa d’investimento” ed
introducendo una disciplina organica sull’esecuzione
delle operazioni su azioni quotate in mercati
regolamentati, indipendentemente dal luogo di
negoziazione utilizzato.
Tra le novità più significative,
c’è l’abolizione della regola
di concentrazione delle negoziazioni nel mercato
regolamentato in cui le azioni sono quotate; ora
sono possibili trading venues: mercato
regolamentato, sistemi multilaterali di negoziazione
e internalizzatori sistematici (ad opera di una
impresa di investimento). In Italia è conseguentemente
venuto meno l’obbligo di eseguire le negoziazioni
nei mercati regolamentati, di cui all’art.
7 del Regolamento Consob dei Mercati (delibera
n. 11768/98).
Nella nuova definizione degli
strumenti finanziari sono compresi i derivati
su merci ed i derivati aventi sottostanti di carattere
non finanziario. Tra i servizi di investimento
sono considerate la consulenza e la gestione dei
sistemi multilaterali di negoziazione; e, tra
i servizi accessori, l’attività di
ricerca in materia di investimenti.
Con un protocollo d’intesa
la Consob e la Banca d’Italia dovranno coordinare
l’esercizio delle funzioni di vigilanza,
semplificando le procedure e gli adempimenti.
Fonti: Direttiva
2004/39/CE; D. lgs. n. 164 del 2007
Modelli di organizzazione
Tale
espressione (più precisamente, modelli
di organizzazione dellente) definisce,
in senso tecnico-giuridico, i codici di condotta
adottati da una società (o altri enti)
per impedire che gli amministratori ed i dirigenti
(i c.d. soggetti in posizione apicale)
e le persone sottoposte alla loro direzione o
vigilanza commettano determinati reati nel suo
interesse o vantaggio, reati di cui in
base alla responsabilità amministrativa
delle persone giuridiche (d. lgs. 8 giugno 2001,
n. 231), introdotta in Italia in esecuzione di
convenzioni internazionali sia chiamata
a rispondere direttamente la stessa società
(oltre che, in base al diritto penale, l’autore
materiale del reato) con apposite sanzioni. Tra
le sanzioni è prevista anche l’interdizione
della società alla contrattazione con la
pubblica amministrazione, misura che, però,
deve essere limitata, qualora la società
operi in diversi settori, al ramo
aziendale nel quale si è verificato
l’illecito.
Il modello di organizzazione
(predisposto dalla società interessata,
anche sulla base di codici di comportamento redatti
dalle associazioni rappresentative) introduce
una procedimentalizzazione nellattività
di impresa, creando una apposita struttura di
sorveglianza, volta a prevenire il compimento
dei reati ed idonea ad evitarne limputazione
alla medesima società, a somiglianza di
quanto avviene con i compliance programs
nel diritto statunitense. I modelli di organizzazione
costituiscono una specie nel più ampio
genus dei sistemi di compliance.
Nel nostro ordinamento la responsabilità
dellente è esclusa, qualora ricorrano
tutte le seguenti condizioni: lente abbia
adottato, prima della commissione del reato, un
modello idoneo a prevenirlo; sia stato affidato
ad un organismo interno dellente il compito
di vigilare sul funzionamento e losservanza
dei predetto modello; il reato sia stato commesso
eludendo fraudolentemente lo stesso modello; lorganismo
interno abbia adeguatamente vigilato.
I reati, per i quali l’adozione
del modello di organizzazione esime la società
(o altro ente) dalla responsabilità amministrativa,
sono indicati dal d. lgs. n. 231, con riferimento
a reati contro la pubblica amministrazione e la
fede pubblica, nonché contro il patrimonio
(ad esempio la truffa) ai danni dello Stato. Le
regole sulla responsabilità amministrativa
degli enti sono state successivamente estese ad
altri reati (da ultimo, con la legge n. 146/2006),
che costituiscono un catalogo ampio e, soprattutto,
sempre più eterogeneo, tanto da rendere
praticamente non realizzabile un modello di organizzazione
idoneo a prevenirli tutti.
Fonti: artt. 6 e 7 del d. lgs. 8 giugno
2001, n. 231
URL:http://www.confindustria.it/AreeAtt/DocUfPub.nsf/b7ffc92624922cb0c1256b790038bc
75/f53bc571ef44d31ec1256b9700387f21?OpenDocument
Moneta elettronica
Dispositivi
elettronici che consentono di movimentare
con valore solutorio analogo a quello della moneta
materiale saldi monetari. La
moneta elettronica (rappresentata solitamente
da una tessera di plastica con incorporato un
processore elettronico, nel quale è memorizzato
il valore monetario attribuito alla stessa tessera,
per consentire al titolare di compiere operazioni
di pagamento) può essere emessa solo previa
ricezione di fondi di valore non inferiore al
valore monetario emesso.
Lattività
di emissione di moneta elettronica è riservata
alle banche o ad imprese specializzate (Istituti
di moneta elettronica). Gli Imel possono svolgere,
altresì, attività connesse e strumentali,
nonché offrire servizi di pagamento; ad
essi è preclusa lattività
di concessione di crediti in qualunque forma.
Fonti: art. 55, della legge 1° marzo
2002, n. 39 (legge comunitaria per il 2001), che,
in attuazione di direttive comunitarie, ha modificato
il D.lgs. 1° settembre 1993, n. 385
URL: http://www.bancaditalia.it
(Gli istituti di moneta elettronica)
http://www.nextra.it/press_center/latest_news/focus_oveview/autolinkfolder/06_02_01.html