il diritto commerciale d’oggi
     VII.2 – febbraio 2008

 

D I Z I O N A R I O
a cura di Giovanni Cabras

Sono qui riportate “voci” del diritto commerciale che rappresentano neologismi (ovvero vecchie espressioni che di recente hanno assunto uno specifico significato o hanno posto nuovi problemi), con indicazioni delle relative fonti normative,
nonché di taluni links per l’approfondimento “in rete”.
Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di completezza nella raccolta delle voci,
né di sistematicità nella loro illustrazione
voci del dizionario

K
N
Q
U
W
Y
Z

 


  

Earn-out (clausola di)

     Clausola con la quale, nei contratti di acquisizione di società operanti in settori ad elevato contenuto tecnologico (la c.d. new economy), il pagamento di una parte del prezzo (ovvero di una somma aggiuntiva al prezzo) è subordinato ad un determinato risultato economico della società acquisita in un periodo di tempo successivo al perfezionamento della cessione (closing).
     Nell’esperienza statunitense si distinguono due tipi di clausole: economic earn-out e performance earn-out. Con il primo tipo di clausole il prezzo è composto da una parte fissa e da una variabile, quest’ultima da corrispondersi al venditore per un certo periodo di tempo successivo al closing e commisurata all’andamento economico della società acquisita (ad esempio, il fatturato); ovvero la parte variabile è corrisposta direttamente dalla società acquisita al venditore a titolo di collaborazione per le prestazioni professionali che il medesimo si impegna ad effettuare per un certo periodo di tempo a favore della stessa società, al fine di assicurare la migliore transizione tra la precedente e la nuova compagine sociale. Con il secondo tipo di clausole, invece, la parte variabile del prezzo è condizionata al raggiungimento di determinati obiettivi di sviluppo (aumento delle vendite, della clientela, buon esito di un investimento, ecc.) previsti per i successivi anni in un business plan predisposto dal venditore.


 

Equity

1.  Nel linguaggio economico-finanziario il termine è utilizzato per indicare i mezzi propri di una azienda, ovvero il valore netto posseduto dagli azionisti di una società, dopo che sono stati soddisfatti tutti i debitori. L’equity si calcola sottraendo al totale delle attività l’ammontare complessivo delle passività ed esprime perciò l’entità del capitale di rischio a disposizione dell’impresa, in alternativa al capitale di credito, ottenibile con finanziamenti creditizi da parte dei soci o dei terzi.
    Con l’attività di private equity gli investitori istituzionali apportano capitale di rischio in imprese non quotate, effettuando un investimento a medio o lungo termine, con l’obiettivo di realizzare un elevato guadagno (capital gain), al momento in cui la partecipazione è smobilizzata con la cessione della partecipazione agli altri soci dell’iniziativa, secondo un accordo raggiunto con loro fin dall’inizio dell’operazione, ovvero a terzi, sovente attraverso la quotazione in borsa della società partecipata. Nell’ambito della private equity, si distingue solitamente l’attività di venture capital, che riguarda l’apporto di capitale in imprese nella fase di avvio o di rilancio.
     Nel finanziamento di un’impresa l’equity si contrappone al capitale di credito (c.d. debito senior); in posizione intermedia in termini di rischio si trova, invece, il debito mezzanino (mezzanine finance).
2.   Nei rapporti con gli intermediari in titoli, il termine equity viene impiegato per definire il saldo del valore dei titolo posseduti dal patrimonio del cliente, che è calcolato sottraendo, dal totale dei titoli presenti in portafoglio, il valore di quelli che sono stati acquistati per mezzo di capitale ottenuto dando in garanzia gli stessi titoli.
     Nella pratica degli affari si parla anche di brand equity, per indicare il patrimonio di marca.
3.  In un diverso ed originario significato (del quale quello sopra indicato costituisce una accezione nell’ambito delle partecipazioni sociali e degli investimenti), nel linguaggio giuridico dei paesi di common law l’equity indica il complesso di regole giurisprudenziali che costituiscono norme complementari ed integrative della common law; la giurisdizione dell’equity ha sempre riguardato solo il diritto civile e non è mai intervenuta in materia penale. Tale corpo di regole si è formato in Inghilterra entro le particolari corti di equity, che rappresentavano, a quel tempo, una giurisdizione parallela e concorrente con quella delle corti reali. L’equity costituisce una fonte di diritto particolare dell’ordinamento inglese e dei sistemi che ad esso si ispirano, priva di equivalenza nella civil law. La differenza più importante, tra i diritti riconosciuti dalla common law e quelli ammessi dall’equity, riguarda l’opponibilità ai terzi: mentre i legal rights sono opponibili a qualsiasi terzo, gli equitable rights sono limitati ai rapporti con le parti e sono inopponibili ai terzi in buona fede.


 

Esdebitazione

   Regola, in base alla quale l’imprenditore assoggettato ad una procedura concorsuale è liberato dalle obbligazioni antecedenti, per la parte non soddisfatta nella stessa procedura.
   Tale beneficio, un tempo previsto solo per il concordato preventivo e fallimentare, con la riforma del diritto fallimentare costituisce un istitituto di carattere generale (artt. 142-15 legge fall.), al fine di superare, a somiglianza dell’esperienza europea e statunitense della discharge, il carattere sanzionatorio del fallimento, consentendo agli operatori economici di intraprendere una nuova attività senza debiti (c.d. fresh start).
   La esdebitazione è concessa al fallito persona fisica, a condizione che non abbia tenuto comportamenti ostativi o fraudolenti nei confronti dei creditori o sia stato destinatario di specifiche sanzioni penali (requisito della meritevolezza) e che abbia cooperato con gli organi della procedura per il proficuo e celere realizzarsi della medesima (requisito della collaboratività). È prevista inoltre, quale condizione preclusiva, la circostanza che nel fallimento i creditori concorsuali non siano stati soddisfatti, neppure in parte.
Sono esclusi dall’esdebitazione i debiti relativi ad obblighi di mantenimento ed alimentari, nonché i debiti derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa, quelli per risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonché le sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.
   L’esdebitazione è disposta dal tribunale, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, nel decreto di chiusura del fallimento oppure successivamente, su ricorso del debitore, purché entro un anno dalla chiusura della procedura. Con il decreto di esdebitazione, il tribunale dichiara inesigibili nei confronti del fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente; nei confronti dei creditori anteriori alla procedura e che non abbiano presentato domanda di ammissione al passivo il decreto produce effetto soltanto per l’eccedenza rispetto alla percentuale attribuita nel fallimento ai crediti concorsuali di pari grado. L’esdebitazione non si estende, invece, ai coobligati, ai fideiussori del fallito, nonché agli obbligati in via di regresso, i quali restano obbligati nei confronti dei creditori insoddisfatti.
Fonti: artt. 120, 142, 143, 144 legge fall., nel testo modificato dal d. lgs 9 gennaio 2006, n. 5 e dal d. lgs. 12 settembre 2007, n. 169.


    

Esenzioni per categoria (block exemption)

     Esenzioni che la Commissione CE può disporre per “categorie di accordi” (block exemption) all’applicazione delle regole di concorrenza (art. 81, § 3, Trattato CE); nella terminologia legislativa italiana, si tratta di “deroghe”, per categorie di intese, al divieto di intese restrittive della libertà di concorenza (art. 4 della legge 10 ottobre 1990, n. 287).
   Esenzioni per categoria sono disposte per alcuni tipi di accordi verticali, quali gli accordi di fornitura e di distribuzione, gli accordi di distribuzione nel settore automobilistico; nonché per alcuni tipi di accordi orizzontali, quali il trasferimento di tecnologia, gli accordi di specializzazione, gli accordi di ricerca e sviluppo e gli accordi relativi al trasferimento di informazioni tra imprese operanti nel settore delle assicurazioni.
Fonti: art. 81, § 3, Trattato CE; art. 4 della legge 10 ottobre 1990, n. 287


ETF-Exchange Traded Funds

   Strumenti finanziari emessi da fondi di investimento, costituiti da investitori istituzionali ed aventi ciascuno di esse come patrimonio un paniere di azioni corrispondente fedelmente, nella sua composizione, ad un determinato indice di riferimento (Mib30; Nasdaq100; Dow Jones; ecc.).
   Tali strumenti finanziari – introdotti negli USA ed ora presenti anche in Italia – sono quotati direttamente nel mercato (in Italia, in un segmento del Mercato Telematico Azionario) al pari delle azioni (da ciò la loro denominazione: letteralmente, fondi quotati in borsa) e possono essere perciò acquistati e venduti al prezzo corrente di quotazione. Inoltre, come le azioni, gli ETF distribuiscono annualmente i dividendi, sulla base di quelli incassati per le azion i sottostanti (è possibile, però, che vi sia un reinvestimento automatico dei dividendi).
   Nel contempo, gli ETF, come un fondo comune d’investimento, riflettono il valore dell’indice di riferimento, ma con maggiore trasparenza rispetto agli altri fondi, grazie all’esatta corrispondenza tra il patrimonio e l’indice prescelto. Tuttavia, la quotazione degli ETF può discostarsi dall’indice adottato, in relazione a due fattori, tipici di tali fondi: innanzitutto, la domanda e l’offerta delle quote ne influenza il valore di mercato; inoltre, per un certo lasso di tempo il patrimonio del fondo comprende dividendi non ancora distribuiti (incassati, via via, per le azioni sottostanti).
   URL: www.borsaitalia.it


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