Sono qui
riportate voci
del diritto commerciale
che rappresentano neologismi
(ovvero vecchie espressioni
che di recente hanno assunto
uno specifico significato
o hanno posto nuovi problemi),
con indicazioni delle relative
fonti normative,
nonché di taluni
links per lapprofondimento
“in rete.
Ovviamente, non cè
alcuna pretesa di completezza
nella raccolta delle voci,
né di sistematicità
nella loro illustrazione
Per
prinìipi contabili internazionali
si intendono, ai sensi del Regolamento
CE 1606/2002, gli International Accounting
Standard (IAS), gli International
Financial Reporting Standard (IFRS)
e le relative Interpretazioni (SIC/IFRIC),
le successive modifiche di detti principi
e le relative interpretazioni, i principi
e le relative interpretazioni (denominate
Standing interpretations committee:
SIC), che saranno emessi o adottati
in futuro dall’International
Accounting Standard Board (IASB).
Il procedimento di revisione è
stato ultimato dallo IASB nel corso
del 2004.
Gli IAS intendono
armonizzare le informazioni contabili
fornite dalle società (specie
quotate) allo scopo di garantire un
elevato livello di trasparenza e comparabilità
dei bilanci e, conseguentemente, un
efficiente funzionamento del mercato
comunitario dei capitali e del mercato
interno.
In Italia il decreto
legislativo n. 38 del 2005 ha recepito
la disciplina comunitaria, disponendo
l’applicazione degli IAS ai
bilanci d’esercizio (obbligatoriamente
per i bilanci decorrenti dal 1°
gennaio 2006) di società quotate,
società aventi strumenti finanziari
diffusi tra il pubblico in misura
rilevante, banche ed intermediari
finanziari sottoposti a vigilanza
da parte della Banca d’Italia.
Per i bilanci consolidati, invece,
è prevista l’applicazione
obbligatoria degli IAS per i soggetti
sopra indicati sin dall’esercizio
2005. Un autonomo regime è,
invece, stabilito per le società
assicurative.
Per le società
diverse da quelle sopra indicate e
diverse, altresì, da quelle
che possono redigere il bilancio in
forma abbreviata ex art. 2435-bis
del cod. civ., è prevista la
facoltà di redigere il bilancio
d’esercizio conformemente agli
IAS (i) a partire dall’esercizio
2005, nel caso in cui queste siano
incluse in un bilancio consolidato
redatto secondo i principi contabili
internazionali ovvero optino per l’applicazione
dei medesimi principi per la redazione
del proprio bilancio consolidato e
(ii) a partire dall’esercizio
che sarà individuato con decreto
interministeriale, negli altri casi.
Il decreto legislativo
introduce, tra l’altro, specifici
limiti alla distribuzione delle poste
del patrimonio netto e degli utili
alimentati con le rivalutazioni derivanti
dall’applicazione del richiamato
metodo del fair value. I
criteri guida sono essenzialmente
due: da un lato, quello di mantenere
anche per le società che adottano
gli IAS il principio di derivazione
dell’imponibile dalle risultanze
di bilancio e, dall’altro, compatibilmente
con questo principio, il mantenimento
della neutralità dell’imposizione
tra tali imprese che redigono il bilancio
con gli IAS e quelle che continuano
ad applicare i principi nazionali.
L’entrata
in vigore della disciplina IAS ha
comportato l’adozione di provvedimenti
della Consob (Delibera n. 14990 del
14 aprile 2005, modificativa del Regolamento
Emittenti), con nuove disposizioni
in materia di informativa infrannuale,
nonchè la possibilità,
per le società quotate, di
pubblicare la prima relazione trimestrale
IAS/IFRS entro 75 giorni dalla fine
del primo trimestre, rispetto al termine
ordinario di 45 giorni. Fonti: Regolamento CE 19 luglio
2002, n. 1606; Regolamento CE 29 settembre
2003, n. 1725; Regolamento 19 novembre
2004, n. 2086; Regolamento CE 29 dicembre
2004, n. 2236; Regolamento CE 29 dicembre
2004, n. 2237; Regolamento CE 29 dicembre
2004, n. 2238 Direttiva CE n. 2001/65;
Direttiva CE n. 2003/51
D. lgs. 28 febbraio 2005, n. 38 (Gu
n. 66 del 21 marzo 2005); Consob.
Regolamento Emittenti modificato con
Delibera 14 aprile 2005, n. 14490 URL:
Impresa
sociale
Sono
definite imprese
sociali «le
organizzazioni private
senza scopo di lucro
che esercitano in
via stabile e principale
un’attività
economica di produzione
o di scambio di
beni o di servizi
di utilità
sociale, diretta
a realizzare finalità
di interesse generale»
(art. 1 della legge
13 giugno 2005,
n. 118; in attuazione
di tale legge è
stata emanato il
d. lgs. n. 155/2006).
La
qualifica di impresa
sociale può
essere attribuita
non solo alle associazioni
o fondazioni, per
le quali l’assenza
di lucro discende
dal codice civile,
ma anche alle società,
nonostante l’art.
2247 cod. civ. preveda
tuttora lo scopo
di dividere gli
utili tra gli elementi
essenziali del contratto
di società
(tuttavia, le società
senza scopo di lucro
non sono sconosciute
al nostro ordinamento:
vedi ad esempio,
le società
sportive, previste
dalla legge 289/2001).
La qualifica di
“impresa sociale”
non configura perciò
un particolare tipo
di società
o ente, ma configura
il particolare scopo
(produzione e scambio
di beni e servizi
di utilità
sociale) che può
essere assunto da
vari organismi,
che sono disciplinati,
per il resto, dalle
norme previste per
il tipo di società
o ente adottato
(tuttavia, l’atto
costitutivo deve
avere necessariamente
la forma dell’atto
pubblico); la stessa
qualifica può
essere assunta anche
da enti già
esistenti, qualora
conformino il loro
statuto –
non si tratta, però,
di trasformazione
in senso proprio
– alle prescrizioni
previste per l’impresa
sociale ed inserendo
l’espressione
“impresa sociale”
nella denominazione
dello stesso ente.
Nelle
imprese sociali
gli utili e gli
avanzi di gestione
non possono essere
distribuiti e devono
essere destinati
allo svolgimento
dell’attività
statutaria o a incremento
del patrimonio.
In caso di cessazione
dell’attività,
il patrimonio residuo
dovrà essere
devoluto ad altra
impresa sociale,
associazioni, comitati,
fondazioni ed enti
ecclesiastici. Le
imprese sociali
devono tenere le
scritture contabili
previste dal codice
civile, nonché
redigere il bilancio
d’esercizio.
È previsto,
inoltre, che più
imprese sociali
possano costituire
un gruppo; in tal
caso, occorre dare
conto dell’effettiva
utilità sociale
con un bilancio
“consolidato”.
Gli
ambiti di attività
in cui può
operare l’impresa
sociale sono l’assistenza
sociale e sanitaria,
l’educazione,
istruzione e formazione,
tutela dell’ambiente,
formazione universitaria
e post universitaria,
ricerca, erogazione
dei servizi culturali,
turismo sociale,
formazione per prevenire
la dispersione scolastica,
il reinserimento
di lavoratori svantaggiati. Fonti:
legge 13 giugno
2005, n. 118; d.
lgs. 24 marzo 2006,
n. 155
Insider
list
Registro
in cui devono essere iscritti
tutti i soggetti che abbiano
accesso alle informazioni privilegiate
di un determinato emittente.
Esso è stato previsto
per controllare il flusso delle
informazioni privilegiate e
per gestire in tal modo i loro
obblighi di riservatezza, costituendo
per le autorità competenti
uno strumento utile per monitorare
l’applicazione della legislazione
in materia di abusi di mercato.
Nel nostro
ordinamento, l’art. 115
bis del TUF, nel recepire la
normativa comunitaria in materia,
prevede l’obbligo di istituzione
di un registro delle persone
che hanno accesso (in via permanente
ovvero in via occasionale) alle
informazioni privilegiate che
interessano direttamente un
emittente quotato (l’art.
115 bis TUF fa infatti riferimento
alle informazioni di cui all’art.
114, comma 1, TUF). Ai sensi
della citata normativa sono
obbligati ad istituire tale
registro: i) gli emittenti quotati;
ii) i soggetti in rapporto di
controllo con gli emittenti
quotati e iii) coloro che agiscono
in nome e per conto di emittenti
quotati. Si ricorda inoltre
che, in virtù del richiamo
contenuto nell’art.103
del Regolamento Emittenti (Informazioni
periodiche e altre informazioni
relative a fondi chiusi), l’art.115-bis
e le relative disposizioni di
attuazione trovano applicazione
anche con riferimento alle società
di gestione del risparmio, per
quanto riguarda la disciplina
dei fondi chiusi quotati gestiti
dalle stesse.
L’istituzione
sarà obbligatoria a partire
dal 1° aprile 2006.
La normativa
di attuazione dell’art.
115 bis del TUF, contenuta nel
Regolamento Emittenti Consob
(cfr. art. 152 bis e ss.) dispone
circa: i) contenuto minimo dei
dati da inserire nel registro;
ii) aggiornamento e conservazione
del registro e iii) obbligo
di informazione nei confronti
dei soggetti iscritti. Fonti: Direttiva
CE 2003/6 art. 6 (par. 3, comma
3 e par. 10); Direttiva CE 2004/72,
in particolare art. 5; art.
115-bis TUF; artt. 15-bis ss.
del Regolamento Emittenti della
Consob (delibera n. 11971 del
1999 e successivamente modificato
dalla delibera n. 15232 del
29 novembre 2005)
Insider trading
Sfruttamento
di informazioni privilegiate –
riguardanti strumenti finanziari ed
idonee, se rese pubbliche, ad influenzarne
sensibilmente il prezzo – da
parte di chi sia in possesso delle
stesse informazioni in ragione della
sua qualità di membro di organi
di amministrazione, direzione e controllo
dell’emittente, della partecipazione
al capitale dell’emittente,
ovvero dell’esercizio di una
attività lavorativa, di una
professione o di una funzione, anche
pubblica, o di un ufficio. Oltre a
tali soggetti, denominati insider
primari, la normativa punisce anche
“chiunque” si trovi in
possesso delle medesime informazioni,
conoscendo o potendo conoscere in
base all’ordinaria diligenza
il carattere privilegiato delle stesse
(c.d. insider secondario)
e anche chi ponga in essere la medesima
condotta, in seguito ad una condotta
criminale (è il caso del ladro
di appartamento o dell’hacker
informatico) che lo ha portato a detenere
l’informazione privilegiata
(c.d. insider criminale).
Lo sfruttamento
di informazioni privilegiate, ritenuto
contrario al principio di trasparenza
su cui si basa la regolamentazione
dei mercati finanziari e vietato in
precedenza dalla legge n. 157 del
1991, è ora punito dalle nuove
norme del (TUF (come modificato dalla
Legge Comunitaria del 2004, recependo
la direttiva CE n. 2003/6 sul market
abuse) come illecito penale e
amministrativo. Sanzioni penali (reclusione,
fino a sei anni, o con la multa )
sono previste per gli insider
c.d. primari e, per la prima volta,
anche per gli insider c.d.
criminali; mentre sanzioni amministrative
(nuovo art. 187 bis, 4° c.) sono
applicabili anche agli insider
secondari.
Oltre alla condotta
di trading, la nuova disciplina
– sia nazionale che comunitaria
– prevede l’autonoma punibilità
anche delle condotte di tipping
(comunicare le informazioni privilegiate
ad altri soggetti) o di tuyautage
(raccomandare o indurre altri, sulla
base di tali informazioni, al compimento
di operazioni di investimento).
A differenza del
sistema precedente, non è sufficiente
compiere le operazioni in questione,
poiché occorre che il soggetto
operi “utilizzando” le
stesse informazioni; è così
sanzionato, non più il pericolo
di sfruttamento, bensì l’effettivo
sfruttamento di quelle informazioni.
Non sembra compresa nel divieto la
comunicazione a terzi di informazioni
privilegiate al fine di non far compiere
operazioni su strumenti finanziari
(comportamento definito di insider
non trading).
Si ritiene che lo
sfruttamento di informazioni privilegiate
si abbia anche nel c.d. front
running (letteralmente: correre
davanti), ossia nel caso in cui un
intermediario finanziario, ricevuto
da un cliente l’ordine di eseguire
un’operazione price sensitive
su uno strumento finanziario, compia
per proprio conto, poco prima di adempiere
a tale ordine, un’altra operazione,
in modo da beneficiare poi degli effetti
derivanti dall’operazione del
cliente sulla quotazione del titolo. Fonti: artt. 180-181 ed artt.
184-187 bis del d. lgs. 24 febbraio
1998, n. 58 – TUF-testo unico
dell’intermediazione finanziaria,
come modificato dalla Legge n. 62
del 2005, in vigore dal 12 maggio
2005; direttiva 28 gennaio 2003, n.
2003/6/CE URL: http://www.consob.it
(percorso: provvedimenti/comunicazioni
13.12.2002)
Internal
dealing
Operazioni
effettuate dai manager
ovvero dai soggetti rilevanti (nonché
dai soggetti ad essi strettamente
collegati) di un emittente quotato.
La ragione di “segnalare”
l’operatività di tali
soggetti muove dall’esigenza
di trasparenza di tali operazioni
effettuate e dal valore segnaletico
che queste ultime hanno nei confronti
del mercato. Verifiche empiriche
hanno dimostrato che le operazioni
effettuate d tali soggetti comportano
rendimenti statisticamente superiori
alla media; quindi la loro pubblicazione
consentirebbe al mercato di incorporare
il valore segnaletico di tali operazioni
all’interno del patrimonio
informativo disponibile. Inoltre
il regime di trasparenza “frenerebbe”
eventuali impulsi di abuso.
Rispetto alle
disposizioni comunitarie la disciplina
del nostro ordinamento (contenuta
nell’art. 114 TUF, comma 7
e Regolamento Emittenti Consob adottato
con delibera n. 11971 del 1999 e
successivamente modificato dalla
delibera n. 15232 del 29 novembre
2005) prevede un più preciso
ambito di applicazione con riferimento
agli strumenti finanziari oggetto
delle comunicazioni e alla identificazione
degli “altri soggetti”
tenuti alla comunicazione, cioè
dei soggetti strettamente legati
ai manager e ai principali azionisti
della società. Inoltre, in
attuazione di un esplicito mandato
attribuito dal citato articolo,
vengono individuati i casi in cui
gli obblighi di comunicazione si
applicano anche ai soggetti rilevanti
che svolgono le loro funzioni in
società in rapporto di controllo
con l’emittente.
L’individuazione
delle persone strettamente legate
ai manager e ai principali azionisti
della società, definiti soggetti
rilevanti (art. 152-sexies, lettere
da d.1) a d.5), comprende oltre
alle persone fisiche legate a tali
soggetti da relazioni di parentela
(già definite dall’art.
114 comma 7 del Tuf), le persone
giuridiche, le società di
persone e i trust (che
si presume possano agire per conto
dei soggetti rilevanti o delle altre
persone fisiche ad esse legate da
relazioni di parentela), in virtù
di un effettivo ruolo di “comando”
che tali soggetti svolgono all’interno
delle persone giuridiche o di una
sostanziale equivalenza degli interessi
economici. Fonti: art. 114,
7 comma, TUF; art. 152-sexies e
ss.del Regolamento Emittenti della
Consob (delibera n. 11971 del 1999,
modificato dalla delibera n. 15232
del 29 novembre 2005); Regolamento
Mercati di Borsa Italiana del 21
dicembre 2005 (approvato dalla Consob
con delibera n. 15319 dell’8
febbraio 2006).
Ius variandi
Diritto,
riconosciuto da una norma di legge
o convenzionalmente ad una parte contrattuale,
di modificare unilateralmente un rapporto
di durata, senza che occorra il consenso
dell’altra parte. 1.
Nei contratti bancari di durata è
contenuta solitamente una clausola,
secondo cui la banca si riserva la
facoltà di mutare le condizioni
economiche del contratto (in particolare,
gli interessi applicati nel conto
corrente bancario). La modificazione
disposta dalla banca, nel corso del
rapporto, è efficace nei confronti
del cliente se questi, entro 15 giorni
dal ricevimento della comunicazione
scritta o da altra forma di pubblicità
(più precisamente, pubblicazione
di un avviso sulla Gazzetta Ufficiale),
non receda dallo stesso rapporto (art.
118 TUB).
Nell’ambito
dei rapporti tra imprese (o, secondo
la terminologia della UE, i professionisti)
e consumatori, il codice del consumo
(D. lgs. 6 settembre 2005, n. 206,
introdotto in attuazione della normativa
comunitaria) consente che, nei contratti
aventi ad oggetto la prestazione di
servizi finanziari a tempo indeterminato,
il professionista modifichi unilateralmente,
«sempreché vi sia un
giustificato motivo …, il tasso
di interesse o l’importo di
qualunque altro onere relativo alla
prestazione finanziaria originariamente
convenuti, dandone immediata comunicazione
al consumatore che ha diritto di recedere
dal contratto» (art. 33, 4°
comma, cod. consumo). Qualora si applichi
tale regola al rapporto di conto corrente
bancario (o ad altri rapporti bancari
di durata), per l’efficacia
delle modificazioni disposte unilateralmente
dalla banca non è sufficiente
la pubblicità della variazione,
essendo necessario anche che vi sia
un “giustificato motivo”
ed una “adeguata informazione”.
In tal senso sembra orientata l’Autorità
Garante della Concorrenza, che ha
segnalato la questione, con nota del
26 maggio 2006, al Parlamento, affinché
intervenga per eliminare la distorsione
che può derivarne alla concorrenza. 2.
In un diverso significato, si parla
di ius variandi nei rapporti
di lavoro, per indicare il potere
del datore di lavoro di modificare
unilateralmente la sede di lavoro
del dipendente, nonché la sua
mansione, nel rispetto delle clausole
generali di correttezza e buona fede
ed a condizione che vi sia l’equivalenza
tra le mansioni originarie e quelle
nuove e, comunque, non sia ridotta
la retribuzione (art. 2103 cod. civ.). Fonti: art. 118 TUB
(D. lgs. 1° settembre 1993, n.
385); art. 33 del D. lgs. 6 settembre
2005, n. 206; Segnazione dell’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato
al Governo del 26 maggio 2006;
art. 2103 cod. civ.