il diritto commerciale d’oggi
     VII.3 – ottobre 2008

D I Z I O N A R I O
a cura di Giovanni Cabras

Sono qui riportate “voci” del diritto commerciale che rappresentano neologismi (ovvero vecchie espressioni che di recente hanno assunto uno specifico significato o hanno posto nuovi problemi), con indicazioni delle relative fonti normative,
nonché di taluni links per l’approfondimento “in rete”.
Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di completezza nella raccolta delle voci,
né di sistematicità nella loro illustrazione
voci del dizionario

K
N
Q
U
W
Y
Z

 


   

 ADR (Alternative Dispute Resolution)

   Procedure utilizzate per risolvere controversie senza ricorrere al giudice ordinario o arbitrale.
   Molto diffuse all’estero, specie negli Stati Uniti, le ADR si presentano in forme varie ed eterogenee, quali la mediazione (con cui un terzo, il mediatore, aiuta le parti a comporre la lite e raggiungere un accordo transattivo, anche al di fuori della questione controversa), mediation on line (sistema basato su un software, che – in controversie di carattere pecuniario, specie per ragioni risarcitorie – mette in comunicazione le proposte migliorative via via formulate da ciascuna parte, raggiungendosi l’accordo quanto la proposta di una parte rientri in una distanza minima preterminata rispetto all’ultima proposta dell’altra parte; nella blind mediation, una parte non conosce l’offerta dell’altra fino alla conclusione della procedura), mini-trial (processo simulato per consentire alle parti di valutare gli esiti di un giudizio ordinario – senza subirne i costi ed i tempi – e raggiungere così un accordo).
   In Italia è disciplinata espressamente la conciliazione in sede giudiziale o stragiudiziale. Attualmente l’orientamento legislativo, anche sulla base di indicazioni della Comunità Europea (libro verde del 19 aprile 2002), è nel senso di favorire, in generale, le ADR, quanto meno per ridurre il ricorso alla giustizia statale. Inoltre, è riconosciuta efficacia a forme di tutela in sede di autodisciplina, quale – per la pubblicità ingannevole – il giurì del Codice di Autodisciplina Pubblicitaria.
   Per le controversie in materia societaria, finanziaria e bancaria il D. Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, attuativo della riforma del diritto societario, ha disciplinato la conciliazione stragiudiziaria davanti ad appositi organismi di conciliazione, iscritti in un albo tenuto dal Ministero della Giustizia.
Fonti: art. 185, 410 e 708 cod. proc. civ.; art. 8 del D. lgs. 25 gennaio 1992, n. 74; artt. 38-40 del d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.
URL: http://www.giustizia.it/news/adr_rel.htm - http://www.camera-arbitrale.com/art1.html - http://www.ud.camcom.it/servizi/puoi/sez4dx/Concilio.htm


   

ADRs (American Depositary Receipts)

     Certificati emessi da una banca (o da un intermediario finanziario) statunitense per rappresentare azioni o obbligazioni e che rendono negoziabili nei mercati statunitensi in valuta locale titoli emessi da società straniere, di cui tali certificati attestano il deposito presso una banca. In definitiva, non essendo consentita in quei mercati la negoziazione di titoli stranieri in valuta originaria, sono quotati titoli rappresentativi di questi ultimi, sulla base di programmi di investimento stabiliti dall’emittente degli ADRs e che presentano una varia tipologia. Per la quotazione degli ADRs possono essere richiesti adempimenti o prescrizioni a carico delle società straniere (le cui azioni o obbligazioni sono rappresentati da quei titoli), alle quali sembra ora applicabile la legge antifrode dal Congresso degli USA (Sarbanes-Oxley Act of 2002; la SEC, tuttavia, ha concesso esenzioni per le società, le cui legislazioni di appartenenza prevedano adempimenti e forme di tutela diversi, ma analoghi a quelli della legge americana).
     Ai titolari degli ADRs sono riconosciuti diritti analoghi a quelli spettanti agli azionisti della società “rappresentata”; tuttavia, non c’è uniformità di comportamento tra gli emittenti italiani quotati – per il tramite di ADRs – al New York Stock Exchange in ordine alla partecipazione di quei titolari all’assemblea della società; in particolare, è discusso se essi abbiano diritto di partecipare all’assemblea in proprio o debbano partecipare come delegati della banca depositaria.
URL: http://www.norisk.it/Strumenti/0038.htm http://www.sec.gov/answers/adrs.htm
 http://www.icgn.org/consultative/032602.html


  

Agente in attività finanziaria

     Chi è stabilmente incaricato da uno o più intermediari finanziari di promuovere e concludere contratti riconducibili all’esercizio delle attività finanziarie di cui all’art. 106, comma 1, del d.lgs. 385/93, t.u. delle norme in materia bancaria e finanziaria; ossia le attività di: assunzione di partecipazioni, concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, prestazione di servizi di pagamento, intermediazione in cambi.
    L’esercizio professionale nei confronti del pubblico dell’attività di “agente in attività finanziaria” è riservata ai soggetti iscritti in un elenco tenuto dall’UIC (Ufficio Italiano Cambi) ed è sottoposto a una specifica regolamentazione e forme di controllo pubblico. Gli intermediari finanziari (iscritti negli elenchi di cui agli artt. 106 e 107 del citato d.lgs. 385/93) potranno stabilmente avvalersi per la distribuzione di propri prodotti solo di detti “agenti”.
Fonti: d. lgs. 25 settembre 1999, n. 374; decreto del Ministero dell’Economia, 13 dicembre 2001, n. 485
URL: http://www.uic.it/it/antiriciclaggio/circolari/UIC_2002_07_11.htm


  

Amministrazioni straordinarie delle grandi imprese in crisi

     Fattispecie in cui gli intere
Fonti: art.


  

Anatocismo

     Fattispecie in cui gli interessi scaduti di una obbligazione pecuniaria producono altri interessi. Il codice civile italiano, sulla base di una lunga tradizione che risente del diritto romano e degli influssi di orientamenti di carattere religioso, consente l’anatocismo soltanto a determinate condizioni e, precisamente, «solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza e sempre che si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi» (art. 1283 cod. civ.). La norma fa salvi gli usi contrari, aprendo la strada, per le operazioni bancarie, a forti contrasti interpretativi, sfociati in una novella (D. Lgs. 4 agosto 1999, n. 342) ed in un intervento della Corte Costituzionale (sentenza 17 ottobre 2000, n. 425).
     La capitalizzazione degli interessi nell’esercizio dell’attività bancaria e finanziaria è oggetto di speciale regolamentazione nel Testo unico bancario (d. lgs. n. 385 del 1993) e nelle norme di attuazione; secondo tale disciplina è rimessa al contratto la determinazione dei tassi e della loro periodicità nel conto corrente (purché identica per i tassi attivi e passivi), escludendosi la sola capitalizzazione periodica successiva alla chiusura definitiva del conto. Nei contratti bancari e finanziari, qualora sia prevista la capitalizzazione infrannuale, devono essere indicati il valore del tasso, rapportato su base annua, tenendo conto degli effetti della capitalizzazione.
     Invero, sebbene gli interpreti parlino di capitalizzazione degli interessi per l’annotazione periodica degli interessi – rispettivamente, a credito o debito, a seconda che gli interessi siano attivi o passivi per il cliente – nel conto corrente bancario, tale operazione non è inquadrabile perfettamente nel fenomeno anatocistico, considerato che si tratta semplicemente di una modalità
Fonti: art. 1283 cod. civ.; art. 120, comma 2, del d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385, testo unico bancario; delibera del CICR del 9 febbraio 2000 


  

Appalto integrato

     Appalto con cui un ente pubblico affida ad un appaltatore congiuntamente e con un’unica gara, sia la costruzione di opere pubbliche, sia la loro progettazione esecutiva (ossia il completamento del progetto predisposto dall’ente appaltante, attraverso propri tecnici o con incarico professionale a professionisti esterni). In tal modo le imprese di costruzioni allargano il loro campo d’azione per i lavori pubblici, unificandosi il mercato delle costruzioni e quello della progettazione (sia pure solo esecutiva).
     Per la progettazione esecutiva di appalto integrato l’impresa appaltante deve avvalersi di un progettista qualificato alla realizzazione del progetto, individuandolo in sede di offerta o eventualmente associato. Inoltre, per evitare che l’affidamento della progettazione all’impresa costruttrice provochi aumenti di costi per l’ente appaltante, a causa di varianti rese necessarie dalla progettazione, è stabilito che l’appaltatore risponda dei conseguenti ritardi ed oneri, qualora le varianti siano imputabili a carenze del progetto esecutivo.
     La possibilità di ricorrere all’appalto integrato attualmente è consentita – con una modificazione alla legge Merloni (legge 11 febbraio 1994, n. 109) – per lavori di importo inferiore ad euro 200 mila e per quelli pari o superiori ad euro 10 milioni, nonché per tutte le opere in cui la componente tecnologica-impiantistica sia superiore al 60% del valore dell’opera.
Fonti: art. 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, nel testo modificato dall’art. 7, 1° comma, lettera l) della legge 1° agosto 2002, n. 166


  

Asta (tipi di)

     La sempre più frequente vendita telematica di beni, nonché il collocamento fra il pubblico di azioni (vedi, ad esempio, l’offerta delle azioni relative alla società che negli USA gestisce il motore di ricerca Google) hanno suscitato attenzione sulla pluralità di sistemi per la vendita all’asta in modo competitivo.
   Giuridicamente l’asta configura un’offerta al pubblico per stipulare un contratto di compravendita (ovvero un appalto) al prezzo determinato con il sistema fissato nella stessa offerta. A seconda del modo con cui si forma il prezzo di aggiudicazione, si distinguono tradizionalmente i seguenti tipi:
   – asta al rialzo (c.d. inglese;è l’asta tradizionale, quella delle case d’asta), nella quale il banditore parte normalmente con un prezzo minimo ed i partecipanti offrono prezzi maggiori, con rialzi minimi solitamente prefissati; l’aggiudicazione avviene, quando non ci sono più aumenti, al prezzo maggiore, a favore di chi lo abbia offerto; questo sistema è previsto nel codice di procedura civile per la vendita di beni immobili in sede di esecuzione forzata (vendita all’incanto);
   – asta al ribasso (asta olandese, usata storicamente per la vendita dei tulipani nei mercati all’ingrosso), nella quale si parte da un prezzo molto elevato, che è progressivamente diminuito, finché qualcuno offra quel prezzo per acquistare il bene (è stato questo il metodo seguito per collocare le azioni Google; con il medesimo sistema sono venduti i Buoni del Tesoro americani, T-bonds);
   – asta in busta chiusa o con offerta segreta; ogni partecipante indica in modo segreto la propria offerta e l’aggiudicazione avviene al migliore offerente, al prezzo dal medesimo indicato: era questo il criterio adottato in passato per l’aggiudicazione di tutti gli appalti pubblici; ora la legge Merloni prevede criteri più articolati, disponendo che ciascun partecipante presenti la sua offerta (segreta) per il lavoro da realizzare e che, in sede di aggiudicazione, siano escluse l’offerta più alta e quella più bassa (l’una, perché troppo cara, e l’altra, in quanto poco credibile), con aggiudicazione all’offerente che si avvicini di più alla media ponderata, calcolata sull’entità delle proposte “valide”;
   – asta col metodo Vickrey (dal nome dell’economista che ha studiato tale metodo, usato soprattutto nelle aste filateliche); l’aggiudicazione avviene con il sistema della busta chiusa, a favore del miglior offerente, ma al prezzo dell’offerta immediatamente inferiore.
   Alle aste on-line, effettuate con il commercio elettronico, non si applica il divieto di vendita sottocosto, previsto dal D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218.
Fonti:  art. 576 ss. cod. proc. civ.; art. 21 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (legge Merloni); Ministero delle attività produttive, circolare 17 giugno 2002, n. 3547/C (sulle aste on-line)
URL: www.unimib.it/symphonya/artcappiello.pdf (Cappiello)


 

Azioni correlate

     Nuovi strumenti finanziari, introdotti dalla riforma del diritto societario (d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) al fine di consentire alle società per azioni più facile accesso a fonti di finanziamento.
   Tali azioni attribuiscono ai loro possessori diritti patrimoniali correlati ai risultati economici conseguiti dalla società in un determinato settore e non a quelli di tutta la società. Pertanto, i titolari di questi strumenti finanziari non partecipano, come l’azionista ordinario, all’utile della complessiva attività sociale, ma soltanto a quella del settore cui le azioni detenute si riferiscono.
   L’emissione delle azioni correlate può legarsi ad operazioni di acquisizione; nell’ipotesi in cui la società intenda incorporare un’altra impresa, individuale o collettiva, si può infatti prevedere che, quale corrispettivo della cessione, vengano attribuite azioni della società acquirente, correlate ai risultati economici del settore in cui si colloca l’impresa ceduta. Inoltre, tali azioni possono essere emesse per incentivare piani di stock options a favore di dipendenti di una specifica area di attività, al fine di incrementare la produttività ed il rendimento del singolo settore.
   Precedenti delle azioni correlate sono ravvisabili in Belgio, Olanda, Giappone e, recentemente, in Francia. Ma è stata la prassi degli Stati Uniti ad introdurre nel mercato internazionale dei capitali, a partire dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso, le tracking shares o alphabet stocks che, originariamente, attribuivano diritti patrimoniali collegati ai risultati dell’attività di società controllate.
   L’emissione di questo tipo di azioni presuppone l’esistenza di patrimoni distinti (business groups) soltanto a fini interni alla società. È infatti necessario che la società emittente sia “conglomerale”, ovvero che operi in più “settori economici” differenti e che i risultati economici di ciascun settore siano oggetto di un’apposita “rendicontazione”, le cui modalità, unitamente ai criteri di individuazione dei costi e dei ricavi imputabili al settore, devono essere oggetto di apposita previsione statutaria. Ma il riferimento al rendimento del settore interessato rimane ad un livello esclusivamente contabile, come mero criterio di calcolo del dividendo; l’emissione di azioni correlate, infatti, non determina una separazione dei patrimoni e quindi la creazione di unità giuridicamente autonome.
   Pur rappresentando uno strumento analogo a quello previsto per i finanziamenti di uno specifico affare (artt. 2447-bis ss. cod. civ.: vedi patrimoni destinati), le azioni correlate devono essere tenute distinte dagli strumenti di partecipazione ai patrimoni destinati. In primo luogo, l’attività in un determinato settore è, almeno tendenzialmente, illimitata nel tempo; lo specifico affare, invece, sembra destinato ad esaurirsi in un periodo di tempo circoscritto. Ma la differenza fondamentale sta nel fatto che i patrimoni destinati realizzano una vera e propria separazione fra i risultati economici complessivi della società e quelli riguardanti lo specifico patrimonio. Invece, l’emissione di azioni correlate determina una separazione meramente contabile fra il settore di attività di riferimento e gli altri comparti della società. Pertanto, i titolari di tali strumenti sono azionisti della società complessivamente considerata, ed il loro diritto agli utili è subordinato non solo alla circostanza che il settore correlato sia in attivo, ma anche al fatto che la società non subisca perdite negli altri comparti. Il pagamento dei dividendi ai possessori delle azioni correlate, infatti, può essere effettuato solo nei limiti degli utili risultanti dal bilancio della società.
   Con riguardo ai diritti di natura amministrativa, le azioni correlate attribuiscono ai loro possessori il diritto di voto nell’assemblea speciale, ai sensi dell’art. 2376, nonché, salva diversa previsione statutaria, il diritto di votare nell’assemblea generale. Alla società è comunque riconosciuta la più ampia libertà di limitare o persino escludere tale diritto di voto, purché sempre nel rispetto delle disposizioni di legge. Al pari degli azionisti ordinari, ai portatori di azioni correlate sono poi riconosciuti altri diritti amministrativi quali la legittimazione ad impugnare le delibere assembleari, la denuncia al collegio sindacale ai sensi dell’art. 2408 cod. civ., ovvero il diritto di opzione sulle azioni di nuova emissione.
Fonti: art. 2350, 2° e 3° c., cod. civ.
URL: http://www.ia.net.au/publications/fulltext/virtualflotations.pdf
        http://www.estig.ipbeja.pt/~ac_direito/Ferrarini4a.pdf
        http://www2.bc.edu/~chemmanu/paper/tracking.pdf


 

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