il diritto commerciale d’oggi
     VII.1 – gennaio 2008

 

D I Z I O N A R I O
a cura di Giovanni Cabras

Sono qui riportate “voci” del diritto commerciale che rappresentano neologismi (ovvero vecchie espressioni che di recente hanno assunto uno specifico significato o hanno posto nuovi problemi), con indicazioni delle relative fonti normative,
nonché di taluni links per l’approfondimento “in rete”.
Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di completezza nella raccolta delle voci,
né di sistematicità nella loro illustrazione
voci del dizionario

K
N
Q
U
W
Y
Z

 


   

Valori mobiliari “standard”

     Titoli che, in ragione di “caratteristiche” consolidate sul mercato nazionale - connesse all’emittente, al rendimento, ai parametri di indicizzazione, ai tassi, alla periodicità della cedola, al rimborso del capitale - possono essere collocati senza la preventiva comunicazione alla Banca d’Italia, prevista dall’art. 129 del Testo unico bancario al fine di garantire la stabilità e l’efficienza del mercato dei valori mobiliari.
     Ai fini dell’esonero dalla comunicazione, l’importo delle operazioni non deve superare, su base annua, la soglia di 50 milioni di euro (150 milioni di euro in caso di titoli quotati o destinati alla quotazione su mercati regolamentati).
Fonti: art. 129, d. lgs. 1 settembre 1993, n. 385; Istruzioni di vigilanza per le banche, Tit. IX, Cap. I
URL: www.bancaditalia.it (percorso: Pubblicazioni – Vigilanza – Bollettino di vigilanza giugno 2002)


VaR (Value at Risk)

    Negli investimenti finanziari il VaR indica la misura del rischio rispetto al capitale investito, ossia quale sarà, in un determinato arco di tempo (orizzonte temporale del VaR) e secondo un livello predefinito di probabilità (livello di confidenza, solitamente molto elevato, ad es. il 95%) il valore minimo del capitale investito. Invece, lo scostamento massimo del rendimento è indicato dal Rendiment at Risk (RaR).
   Il VaR è un indicatore di rischio molto utilizzato dagli operatori finanziari e dagli analisti, siccome consente di confrontare il rischio di prodotti finanziari molto diversi tra loro.
    Di recente la Consob ha consentito alle SGR di indicare nei contratti di gestioni patrimoniali c.d. flessibili, invece del benchmarck, un indicatore del livello di rischio massimo che l’investitore è disposto a sopportare, ossia il VaR. In tal caso, il prospetto periodico della gestione dovrà riportare «una misura di rischio ex post coerente con il parametro di rischio indicato nel contratto» (Notiziario Consob, 21 novembre 2005, n. 46).
Fonti: art. 50 del regolamento Consob sugli intermediari (delibera 1° luglio 1998, n. 11522 e successive modificazioni)


  

Vendite sottocosto

     Vendita al pubblico di beni ad un prezzo inferiore a quello di acquisto (ossia inferiore al prezzo risultante dalle fatture di acquisto, maggiorato dell’IVA e di ogni altra imposta o tassa connessa con il prodotto, nonché diminuito degli eventuali sconti).
     Le vendite sottocosto – che si differenziano dal dumping e dai prezzi predatori, per la specificità della fattispecie qui considerata – sono disciplinate dal D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218, che, in attuazione dell’art. 15 del decreto Bersani (d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114), le vieta agli esercizi commerciali che da soli o congiuntamente a quelli dello stesso gruppo, detengano una quota superiore al 50% della superficie di vendita complessiva esistente nel territorio della provincia dove ha sede l’esercizio; mentre le consente agli altri esercizi come modalità di vendita straordinaria (legge 19 marzo 1980, n. 80), per non più di tre volte l’anno, con una durata non superiore a 10 giorni per volta e distanziate da almeno 20 giorni. Sono comunque consentite le vendite sottocosto per prodotti deperibili o simili, obsoleti o difettati.
     La disciplina delle vendite sottocosto suscita perplessità: innanzitutto, per la obiettiva difficoltà di individuare, nel complesso sistema della distribuzione commerciale, quale sia il prezzo effettivo di acquisto per ciascun prodotto, al fine di verificarne la inferiorità rispetto al prezzo di rivendita (ossia, essere sottocosto la vendita); inoltre, per la possibilità che il divieto o le le limitazioni delle vendite sottocosto rappresentino modi per restringere nella distribuzione commerciale al dettaglio quella concorrenza che il decreto Bersani vi ha cercato di introdurre con l’abolizione (in realtà, non completamente attuata) delle licenze di commercio.
Fonti: D.P.R. 6 aprile 2001, n. 218

 


  

Venture capital

     Finanziamento, con apporto di capitale di rischio (il venture capital costituisce perciò un tipo di private equity), a imprese medie-piccole o che generano utili dopo un lungo periodo di tempo. Il finanziamento viene realizzato attraverso l’acquisto di una partecipazione azionaria (o obbligazioni convertibili), in molti casi effettuato da un fondo chiuso, al cui capitale partecipano intermediari finanziari, investitori privati e fondi pensione.
     Il contratto tra il venture capitalist e l’impresa prevede normalmente lo staging: i fondi necessari per realizzare il progetto imprenditoriale vengono erogati in fasi successive, a condizione che determinati obiettivi reddituali e di crescita siano stati raggiunti. Ai finanziatori sono attribuiti poteri di controllo sulla gestione dell’impresa, normalmente, attraverso la assegnazione di un certo numero di posti nel consiglio di amministrazione (è abbastanza comune che i fondatori dell’iniziativa e gli investitori esterni abbiano un uguale numero di posti; in caso di controversie, un ruolo determinante è svolto dagli altri componenti l’organo amministrativo).
Fonti: d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 96
URL: www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Regolament/Intermedia

 

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