il diritto commerciale d’oggi
     VI.1– gennaio-giugno 2007

 

D I Z I O N A R I O
a cura di Giovanni Cabras

Sono qui riportate “voci” del diritto commerciale che rappresentano neologismi (ovvero vecchie espressioni che di recente hanno assunto uno specifico significato o hanno posto nuovi problemi), con indicazioni delle relative fonti normative,
nonché di taluni links per l’approfondimento “in rete”.
Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di completezza nella raccolta delle voci,
né di sistematicità nella loro illustrazione
voci del dizionario

K
N
Q
U
W
Y
Z

  

Sistema multilaterale di negoziazione

   Sistemi multilaterali (corrispondenti in Italia ai sistemi di scambi organizzati, di cui all’art. 78 del d. lgs. n. 58/1998) organizzati e gestiti da un’impresa di investimento o da un gestore del mercato per consentire l’incontro – al suo interno ed in base a regole non discrezionali – di interessi multipli di terzi per l’acquisto e la vendita di strumenti finanziari, in modo da configurare contratti disciplinati dalle stesse norme applicabili alle imprese di investimento.
   La Direttiva n. 2004/39/CE ha stabilito che le imprese di investimento, i mercati regolamentati ed i sistemi multilaterali di negoziazione sono soggetti a norme analoghe, che disciplinano il regime di autorizzazione e le condizioni di fornitura dei servizi di investimento, essendo stata abolita la facoltà di imporre la concentrazione delle negoziazione nel mercato regolamentato in cui le azioni sono quotate. Tali azioni perciò potranno essere negoziate anche sui “sistemi multilaterali di negoziazione” oppure attraverso l’internalizzazione degli ordini ad opera di una impresa di investimento. Ne conseguirà che i mercati regolamentati si troveranno ad operare in regime di concorrenza, da un lato, con i sistemi multilaterali di negoziazione e, dall’altro, con i c.d. “internalizzatori sistematici”, ossia con quelle imprese di investimento che in modo organizzato, frequente e sistematico negozino per conto proprio, eseguendo ordini del cliente al di fuori dei mercati regolamentati o dei sistemi multilaterali di negoziazione.
Fonti: art. 4 della Direttiva n. 2004/39/CE
URL: http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/index.html


  

Società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio
   Costituiscono un modello di società, delineato dalla riforma del diritto societario e finora individuato usualmente con il nome di “società aperta” (in contrapposizione alla “società chiusa”), al fine di applicare ad esse, in ragione della diffusione tra il pubblico dei risparmiatori dei titoli emessi, particolari regole
    Le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio sono le società con azioni quotate in mercati regolamentati o “diffuse fra il pubblico in misura rilevante”. In base al rinvio alle disposizioni regolamentari emanate dalla Consob in attuazione del Testo unico della Finanza (d. lgs. n. 58/1998), le azioni si considerano “diffuse in maniera rilevante” tra il pubblico se ricorrono, contemporaneamente, condizioni di tipo quantitativo e qualitativo: a) un rilevante numero di azionisti non di controllo (200), titolari, nel complesso, di una quota significativa (5%) del capitale sociale (significativa perché ad essa fanno riferimento alcune nuove disposizioni, come gli artt. 2393, 2393-bis e 2409 cod. civ.); b) limiti dimensionali minimi dell’impresa gestita (ricavati indirettamente dai criteri utilizzati per individuare le società che possono redigere il bilancio in forma abbreviata: art. 2435-bis cod. cov.); c) essere state le azioni diffuse tra il pubblico attraverso sollecitazione all’investimento o collocamento o negoziazione su sistemi di scambi organizzati o ancora emissione da parte di banche e, quindi, sottoscrizione o acquisto presso loro sedi (quest’ultimo requisito tende ad assicurare un principio di intenzionalità nel ricorso al mercato dei capitali di rischio).
     La maggior parte delle disposizioni particolari previste per le “società aperte” mirano a tutelare gli azionisti di minoranza. Si tratta di norme che favoriscono la partecipazione alla vita sociale e l’esercizio del diritto di voto, anche mediante investitori istituzionali, (artt. 2351, 2° c.; 2366, 3° c.; 2370, 2° c.); riducono i quorum di capitale richiesti per l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (artt. 2393, 5° c.; 2393-bis, 1° c.); rafforzano i controlli interni ed esterni sulla gestione e la possibilità per una quota non elevata di azionisti di attivarli (artt. 2408, 2° c.; 2409, 1° c.; 2409-bis, 2° c.; 2409-octodecies, 1° c.); escludono la possibilità che lo statuto preveda clausole di devoluzione ad arbitri di controversie tra soci o tra soci e società (art. 34, 1° c., d. lgs n. 5/2003).
     Altre disposizioni, considerate le caratteristiche dell’assetto proprietario e della diffusione dei titoli di queste società, stabiliscono regole che contemperano l’interesse dei soci di minoranza con quello della società. In tal senso, si ricordano le norme in tema di quorum deliberativi dell’assemblea (artt. 2368, 2° c., e 2369, 5° c.) le quali, considerata l’elevata frammentazione che caratterizza il capitale di queste società, si preoccupano di agevolare comunque la possibilità di assumere decisioni. Nella stessa ottica va vista la norma che esclude la facoltà di inserire nello statuto delle società aperte cause di recesso ulteriori rispetto a quelle sancite per legge (art. 2437, 3° c.), tenuto conto dell’esistenza di un mercato secondario di questi titoli.
Fonti: art. 2325-bis; art. 116 del d.lgs. 58/1998; art. 2-bis reg. Consob 14/5/99, n. 11971.
URL: www.consob.it (percorso: www.consob.it/xp-cgi/ziponfly.cgi/ produzione/ Regolamentazione/ lavori_preparatori)

  

Società Europea (SE)

     Nuovo tipo di società di capitali, che si affianca a quelli già esistenti negli ordinamenti nazionali della Unione Europea e che può essere adottato solo da imprese ad operatività transnazionale.
   La SE può essere costituita da società aventi la sede legale in almeno due differenti Stati membri (ovvero da parte di società comunque operanti già da tempo in più Stati dell’Unione attraverso società affiliate), con cinque diverse modalità, delle quali le principali sono la costituzione mediante fusione trasnazionale e la costituzione di una holding.
     La SE è disciplinata dal regolamento comunitario CE n. 2157/2001 e, per gli aspetti da questo non coperti, dalle normative degli Stati membri, siano esse previste, in applicazione delle norme comunitarie, per disciplinare specificamente le SE, ovvero riguardino in generale le società per azioni. Disposizioni particolari sono state stabilite con direttiva comunitaria (2001/86/CE) per favorire il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione della società.
   Sia il regolamento, sia la direttiva sono entrati in vigore l’8 ottobre 2004. Si deve segnalare che, il 22° “considerando” del regolamento specifica che «l’entrata in vigore del regolamento stesso debba essere considerata differita, affinché ciascuno Stato membro possa prima procedere al recepimento delle disposizioni della direttiva 2001/86 nel diritto nazionale ed all’instaurazione dei meccanismi necessari a permettere la costituzione ed il funzionamento delle SE aventi sede nel suo territorio».
   Solo le imprese degli Stati membri che hanno recepito le disposizioni idonee a rendere applicabile la direttiva potranno ricorrere all’alternativa offerta dal modello SE. In Italia la direttiva n. 2001/86 è stata ora attuata in Italia con il d. lgs. n. 188/2005.
Fonti: regolamento CE n. 2157/2001 e direttiva 2001/86/CE; d. lgs. 19 agosto 2005, n. 188.
URL: http://www.europa.eu.int/eur-lex/it/index.html


  

Società tra avvocati (STA)

   Società introdotta nel nostro ordinamento dal D. Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96 (nell’ambito dell’attuazione di una direttiva comunitaria, volta a favorire il libero esercizio della professione forense nei Paesi dell’Unione Europea) ed avente ad oggetto esclusivo l’esercizio in comune della professione di avvocato (più precisamente, l’attività professionale di rappresentanza, assistenza e difesa in giudizio) dei soci, i quali devono essere tutti in possesso di tale titolo e non possono partecipare ad altra STA.
   Al fine di preservare il principio di personalità della prestazione professionale (art. 2232 cod. civ.), l’incarico professionale conferito alla STA può essere eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti necessari per la specifica attività richiesta. In particolare, il cliente può richiedere che l’incarico sia affidato ad un socio da lui indicato per iscritto; in difetto di tale scelta, la società deve comunicare al cliente il socio incaricato.
   L’amministrazione della società può essere affidata solo ai soci. Per le obbligazioni derivanti dall’attività professionale risponde la società con il proprio patrimonio, nonché in modo illimitato il socio incaricato della prestazione professionale; invece, per le obbligazioni sociali diverse non derivanti dall’attività professionale rispondono tutti i soci illimitatamente.
   La società tra avvocati è disciplinata – per quanto non previsto dal D. Lgs. n. 96 (che prevede, tra l’altro, un peculiare regime di pubblicità: iscrizione nel registro delle imprese, in apposita sezione speciale, con funzione di certificazione anagrafica e di pubblicità notizia; ed iscrizione nell’albo degli avvocati) – dalle norme che regolano le società in nome collettivo, nonché è soggetta alle norme professionali e deontologiche della professione forense.
   Si discute se si tratta di un nuovo “tipo” di società ovvero di una società (appartenente ai tipi codificati) di diritto speciale.
Fonti: d. lgs. 2 febbraio 2001, n. 96


  

Spin-off

1.   Procedimento con cui un’impresa (solitamente una società) scorpora una funzione aziendale (con il relativo personale, attrezzature ecc.), attribuendo ad essa autonomonia come nuova impresa e riconoscendone la titolarità all’impresa scorporante (e, in caso di società, ai suoi soci) ovvero ad un soggetto legato alla stessa (ex manager, ex dipendente o un fornitore).
     Lo spin-off può realizzarsi con varie operazioni: cessione di ramo aziendale ovvero scissione di società (artt. 2504-septies ss. cod. civ.; artt. 2506 ss., nel testo introdotto dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6), ecc.; quel che importa, per qualificare l’operazione come spin-off, è che l’obiettivo economico-funzionale sia quello di consentire all’impresa scorporante di concentrarsi – dismettendo settori o funzioni secondari ed accompagnando lo sviluppo della nuova impresa fino al raggiungimento della effettiva indipendenza – sulla propria attività principale (tale scopo può essere perciò analogo a quello perseguito con lo outsourcing).
   Nel caso di spin-off effettuato da società quotate nel Nuovo Mercato (mercato regolamentato organizzato da Borsa s.p.a. per la negoziazione di azioni emesse da società italiane e straniere con elevate prospettiva di crescita: le c.d. high growth companies) non è necessario proporre un’OPA (regolamento del Nuovo Mercato approvato dalla Consob, da ultimo, con delibera del 15 aprile 2003, n. 14032).
2.  In un diverso significato, si parla di “spin-off accademico” per il distacco di ricercatori e docenti universitari presso imprese, in modo da favorire l’avvio di iniziative economiche, utilizzando ricerche realizzate nelle Università (d. lgs. 27 luglio 1999, n. 297, sul sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, sulla diffusione delle tecnologie e sulla mobilità dei ricercatori), ovvero per “incubatori” di imprese, promossi da enti pubblici o organismi incaricati dall’Unione Europea (BIC o European Business and Innovation Centre Network-E.B.N.) per favorire lo sviluppo economico locale.
Fonti: Regolamento del Nuovo Mercato
URL: http://www.giovanieuropei.net/leggi /dpcm.html; 213.254.4.222/cataloghi/ pdfires/508.pdf


  

Stalemate

   L’espressione si riferisce al caso in cui, in una iniziativa comune (società o joint venture) tra più parti, nessuna di esse, pur sebbene usando tutti i suoi poteri per far prevalere la propria posizione, non sia in grado di superare l’altra; per usare una analogia propria del gioco degli scacchi, lo stalemate rappresenta un pareggio, una impasse.
   La situazione di stalemate si verifica quando, in relazione ad una disputa decisionale, specialmente nella gestione di una società, lo stallo dipenda da particolari regole convenzionali che abbiano attribuito alla minoranza un potere di veto (perciò nello stalemate, a differenza del deadlock, la possibilità di stallo è, per così dire, creata dalle stesse parti); in tal caso le parti vogliono evitare che una parte prevalga sull’altra, preferendo perseguire una gestione concertata o, in difetto, trovare una soluzione negoziata.
   Qualora il conflitto sia particolarmente intenso o costoso, in termini emozionali od economici, la situazione viene spesso definita come un hurting stalemate, ovvero una situazione in cui continuare la disputa comporterebbe soltanto danni e svantaggi, senza alcun beneficio o progresso per le parti. In tale situazione, l’unica via di uscita è che le parti decidano di negoziare quantomeno una soluzione temporanea o una tregua.
   Nello statuto sociale o in un patto parasociale può essere previsto l’obbligo delle parti di negoziare in buona fede un accordo tra di esse per porre fine alla controversia tra loro insorta, quando si verifichi una specifica situazione di stalemate, quale: il fallimento di manovre tattiche, la lunga durata della situazione conflittuale, l’esaurimento delle risorse disponibili, il costo eccessivamente elevato di un conflitto.
URL: www.colorado.edu/conflict/peace/problem/stalemat.htm;
        www.websters-online-dictionary.org/definition/stalemate


  

Stock options

     Le Stock options (e, più precisamente, i piani di stock options) costituiscono modi con cui una società remunera i propri amministratori (ovvero dirigenti o altri dipendenti), concedendo loro opzioni per il futuro acquisto o sottoscrizione di azioni della stessa società ad una determinata data (entro tale periodo di tempo, c.d. vesting period, la società può comunque deliberare nuovi aumenti di capitale) e ad un prezzo prestabilito (se le azioni sono attribuite a titolo gratuito si parla di stock grant). Esse costituiscono perciò forme retributive (normalmente aggiuntive a quelle tradizionali), a carattere incentivante, essendo i beneficiari di tali piani (amministratori, dirigenti o altri dipendenti) stimolati a contribuire alla crescita di valore delle azioni, in modo da poterle acquistare o sottoscrivere ad un prezzo inferiore al loro valore di mercato (è possibile che ne sia vietata l’alienazione per un determinato periodo di tempo, c. d. holding period).
     Per lo stock granting a favore dei dipendenti la Consob ha ritenuto necessaria una deliberazione dell’assemblea, trattandosi di utilizzazione degli utili, con effetti solo sul patrimonio netto e non sul conto economico dell’esercizio (comunicazione Consob 30 luglio 2002, n. 2053725).
     Diversi dai piani di stock options sono i management by objectives-MBO, compensi aggiuntivi (bonus, solitamente annuali) che una società si impegna a corrispondere ai propri dirigenti o amministratori, nel caso in cui essi raggiungano determinati obiettivi nello svolgimento del loro incarico.
   Le stock options sono disciplinate, sotto il profilo fiscale, dal TUIR (che distingue i piani rivolti alla generalità dei dipendenti ed i piani per singole categorie di dipendenti o singoli dipendenti) e sono ora previste dalla riforma del diritto societario. Per le società quotate in borsa devono essere indicati nella nota integrativa al bilancio i compensi corrisposti agli amministratori, compresi i piani di stock options.
Fonti: art. 48, 2° comma, lettere g) e g-bis) del TUIR-D.P.R. n. 917/1986;
          art. 2389, 2° c., cod. civ. (nel testo introdotto dal d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)
          Consob, delibera n. 13613/2002; comunicazione n. 2053725/2002
URL: www.borsaitalia,it


 

Strumenti finanziari partecipativi

     Nuovo strumento finanziario, introdotto – accanto alle azioni – nella nuova disciplina della società per azioni, nell’ottica di favorire la diversificazione delle fonti di finanziamento della società, rimettendo allo statuto le modalità e le condizione di emissione. Tali strumenti possono attribuire diritti patrimoniali o anche amministrativi, ma mai il diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti.
     Gli strumenti finanziari partecipativo sono titoli emessi a fronte di apporti che non costituiscono conferimenti al capitale della società e, quindi, non sono rappresentativi di una quota del capitale della società; su tale presupposto viene consentito che l’apporto consista anche in opera o servizi prestati da soci o terzi.
     La natura giuridica degli strumenti finanziari partecipativi è incerta, atteso che essi si pongono lungo una linea di confine (resa più labile dalle novità introdotte con la riforma societaria) tra titoli di rischio e titoli di debito; la legge, inoltre, rimanda agli statuti il compito di definire elementi necessari ai fini di comprendere questa distinzione come quelli relativi ai diritti patrimoniali. Gli strumenti finanziari in discorso, peraltro, appaiono più affini alle azioni per la possibilità di attribuire ai portatori alcuni diritti di partecipazione alla vita societaria e soprattutto di controllo sulla gestione (l’art. 2351, 5° comma, prevede che lo statuto possa riservare agli strumenti finanziari partecipativi la nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o di un sindaco), tipicamente esclusi per gli obbligazionisti.
Fonti: art. 2346, 6° comma, cod. civ.
URL: http://www.fondazionelucapacioli.it
        http://www.assogestioni.it/pdf/ArticoloNotari.pdf


 

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