Earn-out
(clausola di)
Clausola
con la quale, nei contratti di acquisizione
di società operanti in settori ad elevato
contenuto tecnologico (la c.d. new economy),
il pagamento di una parte del prezzo (ovvero
di una somma aggiuntiva al prezzo) è
subordinato ad un determinato risultato economico
della società acquisita in un periodo
di tempo successivo al perfezionamento della
cessione (closing).
Nell’esperienza
statunitense si distinguono due tipi di clausole:
economic earn-out e performance
earn-out. Con il primo tipo di clausole
il prezzo è composto da una parte fissa
e da una variabile, quest’ultima da
corrispondersi al venditore per un certo periodo
di tempo successivo al closing e
commisurata all’andamento economico
della società acquisita (ad esempio,
il fatturato); ovvero la parte variabile è
corrisposta direttamente dalla società
acquisita al venditore a titolo di collaborazione
per le prestazioni professionali che il medesimo
si impegna ad effettuare per un certo periodo
di tempo a favore della stessa società,
al fine di assicurare la migliore transizione
tra la precedente e la nuova compagine sociale.
Con il secondo tipo di clausole, invece, la
parte variabile del prezzo è condizionata
al raggiungimento di determinati obiettivi
di sviluppo (aumento delle vendite, della
clientela, buon esito di un investimento,
ecc.) previsti per i successivi anni in un
business plan predisposto dal venditore.
Equity
1. Nel
linguaggio economico-finanziario il termine
è utilizzato per indicare i mezzi propri
di una azienda, ovvero il valore netto posseduto
dagli azionisti di una società, dopo
che sono stati soddisfatti tutti i debitori.
L’equity si calcola sottraendo
al totale delle attività l’ammontare
complessivo delle passività ed esprime
perciò l’entità del capitale
di rischio a disposizione dell’impresa,
in alternativa al capitale di credito, ottenibile
con finanziamenti creditizi da parte dei soci
o dei terzi.
Con l’attività
di private equity gli investitori
istituzionali apportano capitale di rischio
in imprese non quotate, effettuando un investimento
a medio o lungo termine, con l’obiettivo
di realizzare un elevato guadagno (capital
gain), al momento in cui la partecipazione
è smobilizzata con la cessione della
partecipazione agli altri soci dell’iniziativa,
secondo un accordo raggiunto con loro fin
dall’inizio dell’operazione, ovvero
a terzi, sovente attraverso la quotazione
in borsa della società partecipata.
Nell’ambito della private equity,
si distingue solitamente l’attività
di venture
capital, che riguarda l’apporto
di capitale in imprese nella fase di avvio
o di rilancio.
Nel finanziamento
di un’impresa l’equity
si contrappone al capitale di credito (c.d.
debito senior); in posizione intermedia
in termini di rischio si trova, invece, il
debito mezzanino (mezzanine
finance).
2. Nei rapporti
con gli intermediari in titoli, il termine
equity viene impiegato per definire
il saldo del valore dei titolo posseduti dal
patrimonio del cliente, che è calcolato
sottraendo, dal totale dei titoli presenti
in portafoglio, il valore di quelli che sono
stati acquistati per mezzo di capitale ottenuto
dando in garanzia gli stessi titoli.
Nella pratica
degli affari si parla anche di brand equity,
per indicare il patrimonio di marca.
3. In un diverso
ed originario significato (del quale quello
sopra indicato costituisce una accezione nell’ambito
delle partecipazioni sociali e degli investimenti),
nel linguaggio giuridico dei paesi di common
law l’equity indica il
complesso di regole giurisprudenziali che
costituiscono norme complementari ed integrative
della common law; la giurisdizione
dell’equity ha sempre riguardato
solo il diritto civile e non è mai
intervenuta in materia penale. Tale corpo
di regole si formarono in Inghilterra entro
le particolari corti di equity, che
rappresentavano, a quel tempo, giurisdizione
parallela e concorrente con quella delle corti
reali. L’equity costituisce
una fonte di diritto particolare dell’ordinamento
inglese e dei sistemi che ad esso si ispirano,
priva di equivalenza nella civil law.
La differenza più importante, tra i
diritti riconosciuti dalla common law
e quelli ammessi dall’equity,
riguarda l’opponibilità ai terzi:
mentre i legal rights sono opponibili
a qualsiasi terzo, gli equitable rights
sono limitati ai rapporti con le parti e sono
inopponibili ai terzi in buona fede.
Esenzioni
per categoria (block exemption)
Esenzioni
che la Commissione CE può disporre
per “categorie di accordi” (block
exemption) all’applicazione delle
regole di concorrenza (art. 81, § 3,
Trattato CE); nella terminologia legislativa
italiana, si tratta di “deroghe”,
per categorie di intese, al divieto di intese
restrittive della libertà di concorenza
(art. 4 della legge 10 ottobre 1990, n. 287).
Esenzioni per categoria
sono disposte per alcuni tipi di accordi verticali,
quali gli accordi di fornitura e di distribuzione,
gli accordi di distribuzione nel settore automobilistico;
nonché per alcuni tipi di accordi orizzontali,
quali il trasferimento di tecnologia, gli
accordi di specializzazione, gli accordi di
ricerca e sviluppo e gli accordi relativi
al trasferimento di informazioni tra imprese
operanti nel settore delle assicurazioni.
Fonti: art. 81, § 3,
Trattato CE; art. 4 della legge 10 ottobre
1990, n. 287
ETF-Exchange
Traded Funds
Strumenti
finanziari emessi da fondi di investimento,
costituiti da investitori istituzionali ed
aventi ciascuno di esse come patrimonio un
paniere di azioni corrispondente fedelmente,
nella sua composizione, ad un determinato
indice di riferimento (Mib30; Nasdaq100; Dow
Jones; ecc.).
Tali strumenti finanziari –
introdotti negli USA ed ora presenti anche
in Italia – sono quotati direttamente
nel mercato (in Italia, in un segmento del
Mercato Telematico Azionario) al pari delle
azioni (da ciò la loro denominazione:
letteralmente, fondi quotati in borsa) e possono
essere perciò acquistati e venduti
al prezzo corrente di quotazione. Inoltre,
come le azioni, gli ETF distribuiscono annualmente
i dividendi, sulla base di quelli incassati
per le azion i sottostanti (è possibile,
però, che vi sia un reinvestimento
automatico dei dividendi).
Nel contempo, gli ETF, come un
fondo comune d’investimento, riflettono
il valore dell’indice di riferimento,
ma con maggiore trasparenza rispetto agli
altri fondi, grazie all’esatta corrispondenza
tra il patrimonio e l’indice prescelto.
Tuttavia, la quotazione degli ETF può
discostarsi dall’indice adottato, in
relazione a due fattori, tipici di tali fondi:
innanzitutto, la domanda e l’offerta
delle quote ne influenza il valore di mercato;
inoltre, per un certo lasso di tempo il patrimonio
del fondo comprende dividendi non ancora distribuiti
(incassati, via via, per le azioni sottostanti).
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