il diritto commerciale d’oggi
    2.3 – marzo 2003

ARGOMENTI

Patti parasociali artt. 2341-
bis-2341-ter
Assemblea della s.p.a. – artt. 2363-2379-ter
Modelli dualistico e monistico
artt. 2409-octies–
2409-noviesdecies
Modificazioni statutarie – artt. 2436-2447
Patrimoni destinati artt. 2447-bis– 2447-decies
Fusione e scissione artt. 2501– 2506-quater
Società cooperative – artt. 2511-2520
 

STUDÎ E COMMENTI

Commento al d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, recante la riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative,
in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366*

a cura di
GANLUCA BERTOLOTTI, CONCETTA BRESCIA-MORRA, GIOVANNI CABRAS, ALDO FERRARI, PAOLO FERRO-LUZZI, ANTONIO GIOVANNONI,
RITA GISMONDI, GIULIANO LEMME, ALESSIA MONTONESE,
BARBARA PANSADORO, PAOLA PASTORE, MARIA RAFFAELLA SANCILIO

CODICE CIVILE
LIBRO V – DEL LAVORO

CAPO V
SOCIETÀ PER AZIONI

Sezione X – Delle modificazioni dello statuto

     La legge di riforma del diritto societario (D. lgs. 17 Gennaio 2003, n. 6; D. lgs, 17 Gennaio 2003, n.5; entrambi emanati in attuazione della legge delega 3 Ottobre 2001, n. 366) ha innovato profondamente il sistema delle modifiche statutarie. Il principio al quale il legislatore si è ispirato, in questa materia così come in tutta la nuova legge, è quello di un modello organizzativo dove prevale l’autonomia privata su schemi normativi “preconfezionati” al fine di garantire una gestione societaria sempre più flessibile.
     I punti principali toccati dalla nuova legge in questa sede, sono i seguenti: le delibere modificative non sono più di competenza esclusiva dell’assemblea straordinaria, ma possono essere dallo statuto riservate agli amministratori, al consiglio di sorveglianza od a quello di gestione .
     Tuttavia ciò è consentito esclusivamente per quelle delibere che non incidono in modo negativo sui diritti dei soci, ma si riflettono solo sulla struttura organizzativa (così la Relazione); rientrano in questa categoria la delibera di trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale e quella di istituzione di sedi secondarie, la fusione con società interamente possedute, o possedute al 90%, e la riduzione del capitale in caso di recesso (restano invariate le ipotesi di modifiche statutarie già attribuite agli amministratori dagli articoli 2420-ter e 2443 cod. civ. vecchio testo).
     Sono altresì importanti i cambiamenti sugli effetti delle modifiche allo statuto sociale: è stato interamente rivisitato l’istituto del diritto di recesso, visto non più come rimedio estremo con il quale si mina l’integrità del capitale sociale, ma come strumento voluto per una miglior tutela del socio verso le decisioni della maggioranza, ed infine si è notevolmente semplificato l’istituto della riduzione di capitale.
     Passiamo adesso all’analisi dei singoli articoli.

2436 (Deposito, iscrizione e pubblicazione delle modificazioni)
     1. Il notaio che ha verbalizzato la deliberazione di modifica dello statuto, entro trenta giorni, verificato l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge, ne richiede l’iscrizione nel registro delle imprese contestualmente al deposito e allega le eventuali autorizzazioni richieste.
     2. L’ufficio del registro delle imprese, verificata la regolarità formale della documentazione, iscrive la delibera nel registro.
     3. Se il notaio ritiene non adempiute le condizioni stabilite dalla legge, ne dà comunicazione tempestivamente, e comunque non oltre il termine previsto dal primo comma del presente articolo, agli amministratori. Gli amministratori, nei trenta giorni successivi, possono convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti oppure ricorrere al tribunale per il provvedimento di cui ai successivi commi; in mancanza la deliberazione è definitivamente inefficace.
     4. Il tribunale, verificato l’adempimento delle condizioni richieste dalla legge e sentito il pubblico ministero, ordina l’iscrizione nel registro delle imprese con decreto soggetto a reclamo.
     5. La deliberazione non produce effetti se non dopo l’iscrizione.
     6. Dopo ogni modifica dello statuto deve esserne depositato nel registro delle imprese il testo integrale nella sua redazione aggiornata.

     La norma conferma in primo luogo l’abolizione del giudizio di omologazione (abolito con la legge n. 340 del 2000), così come consentito dalla prima direttiva comunitaria, lasciando al notaio il compito del controllo di legalità sostanziale ed al Registro delle Imprese il controllo di legalità formale.
     Il notaio ha infatti il potere ed il dovere di verificare l’esistenza di tutti i requisiti legali della delibera e qualora ritenga non si possa procedere all’iscrizione, avvisa di ciò gli amministratori; questi ultimi , in base alle nuove norme, potranno o rivolgersi al tribunale per il reclamo, oppure convocare l’assemblea per apportare alla delibera le opportune modifiche. In sede di iscrizione il notaio, unitamente alla delibera, ha l’obbligo di allegare le eventuali autorizzazioni (si pensi ad esempio all’autorizzazione della Banca d’Italia per s.p.a. che esercitano attività bancaria); in caso di iscrizione in assenza della necessaria autorizzazione, si applica l’articolo 223-quater disposizioni di attuazione (norma che prevede la possibilità per l’autorità compente a rilasciare l’autorizzazione a proporre istanza presso il competente tribunale, per la cancellazione dell’iscrizione).
     La delibera va iscritta entro trenta giorni; da notare come non vi sia più identità di termini con l’atto costitutivo, che invece adesso s’iscrive entro venti giorni dalla stipulazione dell’atto costitutivo.
     L’iscrizione nel Registro delle imprese produce gli effetti di cui all’articolo 2448 cod. civ., e cioè l’opponibilità ai terzi , salva la possibilità di provare che i terzi ne erano comunque a conoscenza.

2437 (Diritto di recesso)
     1. Hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle deliberazioni riguardanti:
     a) la modifica della clausola dell’oggetto sociale, quando consente un cambiamento significativo dell’attività della società;
     b) la trasformazione della società;
     c) il trasferimento della sede sociale all’estero;
     d) la revoca dello stato di liquidazione;
     e) l’eliminazione di una o più cause di recesso previste dal successivo comma ovvero dallo statuto;
     f) la modifica dei criteri di determinazione del valore dell’azione in caso di recesso;
     g) le modificazioni dello statuto concernenti i diritti di voto o di partecipazione.
     2. Salvo che lo statuto disponga diversamente, hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso all’approvazione delle deliberazioni riguardanti:
     a) la proroga del termine;
     b) l’introduzione o la rimozione di vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
     3. Se la società è costituita a tempo indeterminato e le azioni non sono quotate in un mercato regolamentato il socio può recedere con il preavviso di almeno centottanta giorni; lo statuto può prevedere un termine maggiore, non superiore ad un anno.
     4. Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può prevedere ulteriori cause di recesso.
     5. Restano salve le disposizioni dettate in tema di recesso per le società soggette ad attività di direzione e coordinamento.
     6. È nullo ogni patto volto ad escludere o rendere più gravoso l’esercizio del diritto di recesso nelle ipotesi previste dal primo comma del presente articolo.

     Dall’analisi del primo comma dell’articolo in esame ci si rende immediatamente conto di come l’istituto del diritto di recesso risulti totalmente innovato.
     In primo luogo tale diritto è ora attribuito non più solo ai soci dissenzienti ma anche ai soci astenuti; non essendo più il recesso istituto di natura eccezionale, ma logica conseguenza di una modifica statutaria sgradita, si è ritenuto opportuno tutelare anche il socio che per qualsiasi motivo non sia intervenuto in assemblea.
     Ulteriore innovazione è la possibilità di recedere parzialmente; si consente infatti al socio dubbioso di fronte al proporsi di nuovi scenari all’interno della società, di diminuire la sua partecipazione di rischio pur mantenendo la propria qualità di socio.
     Passando alla analisi delle singole cause previste dal legislatore legittimanti l’esercizio del diritto di recesso, possiamo in primo luogo suddividerle in tre gruppi ben distinti: cause volontarie, statutarie e legali.
     Definiamo legali le fattispecie previste dalla lettera “a” alla lettera “g” dell’articolo in esame poiché ineliminabili per espressa previsione di legge (l’art. 2437 ultimo comma dichiara la nullità di ogni patto volto a escludere o rendere più gravoso l’esercizio del diritto di recesso; i commentatori del vecchio testo, che riportava lo stesso principio, ritenevano tuttavia nulli i soli patti che vietassero il recesso in senso generico; è in ogni caso possibile la rinuncia al diritto di recesso); sono statutarie quelle che, se pur previste dal legislatore possono tuttavia essere eliminate in sede di statuto (proroga del termine e norme relative alla circolazione dei titoli azionari); infine, ma solo per le società non quotate, è prevista la possibilità che lo statuto contenga casi di recesso ulteriori, liberamente determinabili dall’autonomia privata dei soci (importante ricordare che le clausole statutarie di mero gradimento sono inefficaci se non prevedono il diritto di recesso a favore dell’alienante).
     Analizzando nel dettaglio le ipotesi di recesso regolate dalla norma, si nota come nessuna innovazione di rilievo, rispetto alla normativa previgente, venga sancita dalledisposizioni contenute nelle lettere a), b) e c) – modifica dell’oggetto sociale, trasformazione della società e trasferimento della sede all’estero – se non la specificazione che la modifica dell’oggetto sociale deve essere di notevole incisività, escludendo quindi espressamente tutti quei cambiamenti che non comportino un vero e proprio stravolgimento dell’attività sociale.
     Importante è, invece, la novità introdotta dalla lettera d) dell’articolo in esame: il legislatore infatti, accogliendo la revoca dello stato di liquidazione tra le cause di recesso, interrompe un’annosa diatriba giurisprudenziale e dottrinaria sulla natura del diritto alla quota di liquidazione (coloro i quali attribuivano alla quota di liquidazione natura di diritto individuale del socio – vedi per tutti Ferrara – negavano la possibilità di revocare lo stato di liquidazione a maggioranza, ma solo all’unanimità; il nuovo testo della norma in esame ha accolto questa teoria)
     Sarà perciò adesso possibile revocare lo stato di liquidazione a maggioranza, poiché il socio, assente o dissenziente, può comunque recedere ed ottenere così la sua quota di liquidazione; e per meglio sottolineare l’introduzione di questo principio l’articolo 2436 cod. civ. è ora richiamato dall’art.2487-ter cod. civ. disciplinante la revoca dello stato di liquidazione «con le maggioranze richieste per le modifiche dell’atto costitutivo».
Ulteriore innovazione della legge di riforma è la possibilità di costituire una società di capitali a tempo indeterminato; in tal caso si è previsto che, ove la società non sia quotata in borsa, il socio possa in ogni tempo recedere dando un preavviso di almeno sei mesi, termine questo che può essere statutariamente portato fino al limite massimo di un anno.
     Appare opportuno in questa sede richiamare inoltre l’art. 2437-quinquies, ove si prevede una particolare causa di recesso per le società quotate; possono infatti recedere in questo caso tutti i soci astenuti dal deliberare l’esclusione dalla quotazione.
     La norma, infine, in chiusura, richiama espressamente l’art.2497-quater cod. civ., ove vengono disciplinate le cause di recesso per le società che esercitano attività di direzione e di controllo.
     Per quanto riguarda le S.r.l., vi sono alcune particolarità previste dal legislatore esclusivamente per questo tipo di società: alle cause di recesso sopra elencate va aggiunta la fusione, ed inoltre al diritto di recesso del socio corrisponde il diritto di esclusione della società nei confronti del socio per giusta causa (diritto tipico delle società di persone).
     Si applicano all’esclusione le medesime norme previste per la procedura del recesso , esclusa la possibilità di ridurre il capitale sociale

2437-bis. Termini e modalità di esercizio
     1. Il diritto di recesso è esercitato mediante lettera raccomandata che deve essere spedita entro quindici giorni dall’iscrizione nel registro delle imprese della delibera che lo legittima, con l’indicazione delle generalità del socio recedente, del domicilio per le comunicazioni inerenti al procedimento, del numero e della categoria delle azioni per le quali il diritto di recesso viene esercitato. Se il fatto che legittima il recesso è diverso da una deliberazione, esso è esercitato entro trenta giorni dalla sua conoscenza da parte del socio.
     2. Le azioni per le quali è esercitato il diritto di recesso non possono essere cedute e devono essere depositate presso la sede sociale.
     3. Il recesso non può essere esercitato e, se già esercitato, è privo di efficacia, se, entro novanta giorni, la società revoca la delibera che lo legittima ovvero se è deliberato lo scioglimento della società.

     Il legislatore della riforma si preoccupa di regolare nel dettaglio la procedura dell’esercizio del diritto di recesso, fissandone per l’appunto “termini e modalità”.
     In primo luogo l’esercizio del recesso per la sua validità ad substantiam richiede la forma scritta; il socio che intende esercitare tale diritto ha infatti l’onere di inviare una lettera raccomandata con l’indicazione delle sue generalità e del numero di azioni per le quali intende esercitare il diritto stesso.
     Se il recesso è determinato da una delibera assembleare, il termine utile entro il quale inviare la raccomandata è di 15 giorni dalla iscrizione nel registro delle imprese della delibera stessa; qualora invece il recesso sia determinato non da una delibera, ma da un fatto, il termine è di 30 giorni dalla sua venuta a conoscenza da parte del socio.
     Importante sottolineare come la società, di fronte ad una dichiarazione di volontà di recesso, qualora non voglia o non possa liquidare la quota del socio, sia legittimata a deliberare lo scioglimento della stessa società o la revoca della delibera che ha dato luogo al recesso.

2437-ter (Criteri di determinazione del valore delle azioni)
     1. Il socio ha diritto alla liquidazione delle azioni per le quali esercita il recesso.
Il valore delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione contabile, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell’eventuale valore di mercato delle azioni.
     2. Il valore di liquidazione delle azioni quotate su mercati regolamentati è determinato facendo esclusivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione ovvero ricezione dell’avviso di convocazione dell’assemblea le cui deliberazioni legittimano il recesso.
     3. Lo statuto può stabilire criteri diversi di determinazione del valore di liquidazione, indicando gli elementi dell’attivo e del passivo del bilancio che possono essere rettificati rispetto ai valori risultanti dal bilancio, unitamente ai criteri di rettifica, nonché altri elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenere in considerazione.
     4. I soci hanno diritto a conoscere la determinazione del valore di cui al secondo comma del presente articolo nei quindici giorni precedenti alla data fissata per l’assemblea; ciascun socio ha diritto di prenderne visione e di ottenerne copia a proprie spese.
     5. In caso di contestazione da proporre contestualmente alla dichiarazione di recesso il valore di liquidazione è determinato entro novanta giorni dall’esercizio del diritto di recesso tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente; si applica in tal caso il primo comma dell’articolo 1349.

     Il socio che recede ha diritto ad ottenere la sua quota di liquidazione.
     Il legislatore si preoccupa di regolare le modalità di determinazione della quota del recedente cercando di tutelare gli interessi di tutte le parti in causa; quello della società a non veder leso il capitale sociale e quello del socio a non essere penalizzato nella valutazione della propria quota.
     Due sono i dati ai quali gli amministratori si devono riferire per il calcolo del valore della quota di liquidazione: la “consistenza patrimoniale” e le “prospettive reddituali” della società (anche il criterio del valore di mercato è preso in considerazione, se pure in via residuale.).
     Si tratta di nozioni nuove, che vengono ad integrare la figura della situazione patrimoniale, rendendola in qualche modo più elastica.
     Lo statuto può comunque indicare quali elementi, sia dell’attivo che del passivo, debbano essere rettificati ed altresì quali criteri di rettifica utilizzare
     In caso di contestazione tra socio e società sul valore attribuito alla quota di liquidazione provvede un esperto nominato dal presidente del tribunale.
     Per le società con azioni quotate in borsa logicamente il valore della quota di liquidazione sarà determinato secondo criteri certi ed incontestabili quali la media aritmetica dei prezzi di chiusura degli ultimi 6 mesi.
     Per le S.r.l., invece, il legislatore ha adottato esclusivamente il criterio del valore di mercato.

2437-quater (Procedimento di liquidazione)
     1. Gli amministratori offrono in opzione le azioni del socio recedente agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute. Se vi sono obbligazioni convertibili, il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio.
     2. L’offerta di opzione è depositata presso il registro delle imprese entro quindici giorni dalla determinazione definitiva del valore di liquidazione. Per l’esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a trenta giorni dal deposito dell’offerta.
     3. Coloro che esercitano il diritto di opzione, purché ne facciano contestuale richiesta, hanno diritto di prelazione nell’acquisto delle azioni che siano rimaste non optate.
     4. Qualora i soci non acquistino in tutto o in parte le azioni del recedente, gli amministratori possono collocarle presso terzi; nel caso di azioni quotate in mercati regolamentati, il loro collocamento avviene mediante offerta nei mercati medesimi.
     5. In caso di mancato collocamento ai sensi delle disposizioni dei commi precedenti, le azioni del recedente vengono rimborsate mediante acquisto da parte della società utilizzando riserve disponibili anche in deroga a quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 2357.
     6. In assenza di utili e riserve disponibili, deve essere convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della società.
     7. Alla deliberazione di riduzione del capitale sociale si applicano le disposizioni del comma secondo, terzo e quarto dell’articolo 2445; ove l’opposizione sia accolta la società si scioglie.

     Il procedimento di liquidazione prevede una serie di ipotesi così articolate: in primo luogo gli amministratori devono offrire le azioni del socio receduto in opzione agli altri soci e, qualora detta offerta non trovi adesioni, devono collocarle presso terzi.
     In caso di mancato collocamento, occorre procedere al rimborso diretto da parte della società; per la tutela del capitale sociale, nel rispetto del diritto dei creditori, si procederà al rimborso, utilizzando in primo luogo gli utili e, ove non sia sufficiente, le riserve disponibili.
     In ultima ratio sarà possibile ridurre il capitale con delibera dell’assemblea straordinaria; resta, tuttavia, salva la facoltà dell’assemblea in questo caso di deliberare lo scioglimento.
     Per le S.r.l. il procedimento di liquidazione della quota è retto dalle medesime norme delle società per azioni.

2437-quinquies (Disposizioni speciali per le società con azioni quotate sui mercati regolamentati)
     1. Se le azioni sono quotate sui mercati regolamentati hanno diritto di recedere i soci che non hanno concorso alla deliberazione che comporta l’esclusione dalla quotazione.

2437-sexies (Azioni riscattabili)
     1. Le disposizioni degli articoli 2437-ter e 2437-quater si applicano, in quanto compatibili, alle azioni o categorie di azioni per le quali lo statuto prevede un potere di riscatto da parte della società o dei soci. Resta salva in tal caso l’applicazione della disciplina degli articoli 2357 e 2357-bis.

2438 (Aumento di capitale)
     1. Un aumento di capitale non può essere eseguito fino a che le azioni precedentemente emesse non siano interamente liberate.
     2. In caso di violazione del precedente comma, gli amministratori sono solidalmente responsabili per i danni arrecati ai soci ed ai terzi. Restano in ogni caso salvi gli obblighi assunti con la sottoscrizione delle azioni emesse in violazione del precedente comma.

     La norma sostanzialmente non apporta alcuna novità di rilievo alla disciplina previgente; vi è, tuttavia, rispetto al vecchio testo, una precisazione terminologica, che merita di essere sottolineata, poiché mette la parola fine ad una tormentata questione.
     Il nuovo legislatore infatti non si limita più a vietare genericamente l’emissione di nuove azioni fino alla integrale liberazione di quelle già emesse, ma pone invece ora il divieto esclusivamente sulla eseguibilità della delibera di aumento di capitale (è noto come la dottrina fosse divisa sull’interpretazione dell’articolo in esame e perciò sulla possibilità di adottare una delibera di aumento di capitale senza aver integralmente librato le azioni precedentemente emesse).
     Da sottolineare, tuttavia, il profondo contrasto creatosi adesso tra l’ipotesi di aumento di capitale, di cui alla norma in esame, e quella di emissione di obbligazioni convertibili in azioni di cui all’articolo 2420-bis cod. civ.

2439 (Sottoscrizione e versamenti)
     1. Salvo quanto previsto nel quarto comma dell’articolo 2342, i sottoscrittori delle azioni di nuova emissione devono, all’atto della sottoscrizione, versare alla società almeno il venticinque per cento del valore nominale delle azioni sottoscritte. Se è previsto un soprapprezzo, questo deve essere interamente versato all’atto della sottoscrizione.
     2. Se l’aumento di capitale non è integralmente sottoscritto entro il termine che, nell’osservanza di quelli stabiliti dall’articolo 2441, secondo e terzo comma, deve risultare dalla deliberazione, il capitale è aumentato di un importo pari alle sottoscrizioni raccolte soltanto se la deliberazione medesima lo abbia espressamente previsto.

2440 (Conferimenti di beni in natura e di crediti)
     1. Se l’aumento di capitale avviene mediante conferimento di beni in natura o di crediti si applicano le disposizioni degli articoli 2342, terzo e quinto comma, e 2343.

     Le norme confermano il procedimento tipico dell’aumento di capitale; l’unica differenza è nella diversa quantità di denaro da versare all’atto della sottoscrizione dell’aumento, adesso del venticinque per cento anziché tre decimi.

2441 (Diritto di opzione)
     1. Le azioni di nuova emissione e le obbligazioni convertibili in azioni devono essere offerte in opzione ai soci in proporzione al numero delle azioni possedute. Se vi sono obbligazioni convertibili il diritto di opzione spetta anche ai possessori di queste, in concorso con i soci, sulla base del rapporto di cambio.
     2. L’offerta di opzione deve essere depositata presso l’ufficio del registro delle imprese. Salvo quanto previsto dalle leggi speciali per le società quotate sui mercati regolamentati, per l’esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a trenta giorni dalla pubblicazione dell’offerta.
     3. Coloro che esercitano il diritto di opzione, purché ne facciano contestuale richiesta, hanno diritto di prelazione nell’acquisto delle azioni e delle obbligazioni convertibili in azioni che siano rimaste non optate. Se le azioni sono quotate sui mercati regolamentati, i diritti di opzione non esercitati devono essere offerti in borsa dagli amministratori, per conto della società, per almeno cinque riunioni, entro il mese successivo alla scadenza del termine stabilito a norma del secondo comma.
     4. Il diritto di opzione non spetta per le azioni di nuova emissione che, secondo la deliberazione di aumento del capitale, devono essere liberate mediante conferimenti in natura. Nelle società con azioni quotate sui mercati regolamentati lo statuto può altresì escludere il diritto di opzione nei limiti del dieci per cento del capitale sociale preesistente, a condizione che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni e ciò sia confermato in apposita relazione dalla società incaricata della revisione contabile.
     5. Quando l’interesse della società lo esige, il diritto di opzione può essere escluso o limitato con la deliberazione di aumento di capitale, approvata da tanti soci che rappresentino oltre la metà del capitale sociale, anche se la deliberazione è presa in assemblea di convocazione successiva alla prima.
     6. Le proposte di aumento di capitale sociale con esclusione o limitazione del diritto di opzione, ai sensi del primo periodo del quarto comma o del quinto comma del presente articolo, devono essere illustrate dagli amministratori con apposita relazione, dalla quale devono risultare le ragioni dell’esclusione o della limitazione, ovvero, qualora l’esclusione derivi da un conferimento in natura, le ragioni di questo e in ogni caso i criteri adottati per la determinazione del prezzo di emissione. La relazione deve essere comunicata dagli amministratori al collegio sindacale o al consiglio di sorveglianza e al soggetto incaricato del controllo contabile almeno trenta giorni prima di quello fissato per l’assemblea. Entro quindici giorni il collegio sindacale deve esprimere il proprio parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni. Il parere del collegio sindacale e la relazione giurata dell’esperto designato dal tribunale nell’ipotesi prevista dal quarto comma devono restare depositati nella sede della società durante i quindici giorni che precedono l’assemblea e finché questa non abbia deliberato; i soci possono prenderne visione. La deliberazione determina il prezzo di emissione delle azioni in base al valore del patrimonio netto, tenendo conto, per le azioni quotate in borsa, anche dell’andamento delle quotazioni nell’ultimo semestre.
     7. Non si considera escluso né limitato il diritto di opzione qualora la deliberazione di aumento di capitale preveda che le azioni di nuova emissione siano sottoscritte da banche, da enti o società finanziarie soggetti al controllo della Commissione nazionale per le società e la borsa ovvero da altri soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività di collocamento di strumenti finanziari, con obbligo di offrirle agli azionisti della società, con operazioni di qualsiasi tipo, in conformità con i primi tre commi del presente articolo. Nel periodo di detenzione delle azioni offerte agli azionisti e comunque fino a quando non sia stato esercitato il diritto di opzione, i medesimi soggetti non possono esercitare il diritto di voto. Le spese dell’operazione sono a carico della società e la deliberazione di aumento del capitale deve indicarne l’ammontare.
     8. Con deliberazione dell’assemblea presa con la maggioranza richiesta per le assemblee straordinarie può essere escluso il diritto di opzione limitatamente a un quarto delle azioni di nuova emissione, se queste sono offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società o di società che la controllano o da cui è controllata. L’esclusione dell’opzione in misura superiore al quarto deve essere approvata con la maggioranza prescritta nel quinto comma.

     Anche in questo caso la disciplina è rimasta la medesima; solo per le società quotate in borsa è stata apportata una modifica consistente nella possibilità di escludere il diritto di opzione nei limiti del dieci per cento, sempre che il prezzo di emissione corrisponda al valore di mercato delle azioni.

2442 (Passaggio di riserve a capitale)
     1. L’assemblea può aumentare il capitale, imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili.
     2. In questo caso le azioni di nuova emissione devono avere le stesse caratteristiche di quelle in circolazione, e devono essere assegnate gratuitamente agli azionisti in proporzione di quelle da essi già possedute.
     3. L’aumento di capitale può attuarsi anche mediante aumento del valore nominale delle azioni in circolazione.

2443 (Delega agli amministratori)
     1. Lo statuto può attribuire agli amministratori la facoltà di aumentare in una o più volte il capitale fino ad un ammontare determinato e per il periodo massimo di cinque anni dalla data dell’iscrizione della società nel registro delle imprese. Tale facoltà può prevedere anche l’adozione delle deliberazioni di cui al quarto e quinto comma dell’articolo 2441; in questo caso si applica in quanto compatibile il sesto comma dell’articolo 2441 e lo statuto determina i criteri cui gli amministratori devono attenersi.
     2. La facoltà di cui al secondo periodo del precedente comma può essere attribuita anche mediante modificazione dello statuto, approvata con la maggioranza prevista dal quinto comma dell’articolo 2441, per il periodo massimo di cinque anni dalla data della deliberazione.
     3. Il verbale della deliberazione degli amministratori di aumentare il capitale deve essere redatto da un notaio e deve essere depositato e iscritto a norma dall’articolo 2436.

2444 (Iscrizione nel registro delle imprese)
     1. Nei trenta giorni dall’avvenuta sottoscrizione delle azioni di nuova emissione gli amministratori devono depositare per l’iscrizione nel registro delle imprese un’attestazione che l’aumento del capitale è stato eseguito.
     2. Fino a che l’iscrizione nel registro non sia avvenuta, l’aumento del capitale non può essere menzionato negli atti della società.

     L’importante novità, che si può riscontrare rispetto alla disciplina precedente, è un considerevole aumento dei poteri attribuiti, in caso di delega, agli amministratori per effettuare l’aumento di capitale; questi infatti adesso, in sede di attuazione della delega, possono anche escludere il diritto di opzione, quando lo ritengano opportuno e con i limiti di cui all’articolo 2441, 6° comma, cod. civ.

2445 (Riduzione del capitale sociale)
     1. La riduzione del capitale sociale può aver luogo sia mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti, sia mediante rimborso del capitale ai soci, nei limiti ammessi dagli articoli 2327 e 2413.
     2. L’avviso di convocazione dell’assemblea deve indicare le ragioni e le modalità della riduzione. La riduzione deve comunque effettuarsi con modalità tali che le azioni proprie eventualmente possedute dopo la riduzione non eccedano la decima parte del capitale sociale.
     3. La deliberazione può essere eseguita soltanto dopo tre mesi dal giorno dell’iscrizione nel registro delle imprese, purché entro questo termine nessun creditore sociale anteriore all’iscrizione abbia fatto opposizione.
     4. Il tribunale, quando ritenga infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori oppure la società abbia prestato idonea garanzia, dispone che la riduzione abbia luogo nonostante l’opposizione.

     Il nuovo testo dell’articolo in esame elimina la riduzione per esuberanza, prendendo atto della evanescenza di una tale definizione ed altresì della innegabile realtà che alla riduzione del capitale si possa giungere anche per motivi diversi dalle perdite o dall’esuberanza (si pensi alla riduzione per recesso o per annullamento di azioni proprie).
     In ogni caso, il capitale può essere ridotto solo per “giusta causa”: l’avviso di convocazione deve infatti contenere la motivazione della riduzione medesima, ed il procedimento di riduzione resta sottoposto a due limiti ben precisi: il rispetto del limite legale del capitale (modificato ora in 120.000 euro) e quello delle obbligazioni non rimborsate.
     Per le società quotate invece l’articolo 2369 cod. civ. ha diminuito il quorum deliberativo necessario per la delibera di riduzione in terza convocazione: da più di un terzo ad un quinto.
     Di estremo interesse è poi la novità di cui all’articolo 2379-ter in tema di invalidità delle deliberazioni di aumento o di riduzione del capitale; qualora, infatti, queste siano viziate ex articolo 2379 cod. civ., è prevista una speciale decadenza dall’azione di nullità, distinta a seconda che si tratti di società quotate o meno. Nel primo caso la delibera non può più essere impugnata dopo che ad essa sia stata data esecuzione anche parziale, nel secondo caso invece l’azione di impugnazione è sottoposta al limite temporale di sei mesi dalla iscrizione della delibera nel registro imprese. Resta comunque salvo il diritto dei terzi e dei soci ad ottenere il risarcimento del danno.
     Infine, una ulteriore novità è contenuta nell’ultimo comma dell’articolo in esame; infatti mentre il vecchio testo prevedeva che, in caso di opposizione, il tribunale, ove adito, potesse consentire alla riduzione solo nel caso in cui la società prestasse idonea garanzia, è, invece, ora attribuito al giudice un proprio potere di valutazione in ordine alla meritevolezza dell’operazione di riduzione e della non pericolosità nei confronti degli opponenti, indipendentemente dal versamento della cauzione.

2446 (Riduzione del capitale per perdite)
     1. Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti. All’assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione. La relazione e le osservazioni devono restare depositate in copia nella sede della società durante gli otto giorni che precedono l’assemblea, perché i soci possano prenderne visione. Nell’assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione.
     2. Se entro l’esercizio successivo la perdita non risulta diminuita a meno di un terzo, l’assemblea ordinaria o il consiglio di sorveglianza che approva il bilancio di tale esercizio deve ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate. In mancanza gli amministratori e i sindaci o il consiglio di sorveglianza devono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione del capitale in ragione delle perdite risultanti dal bilancio. Il tribunale provvede, sentito il pubblico ministero, con decreto soggetto a reclamo, che deve essere iscritto nel registro delle imprese a cura degli amministratori.
     3. Nel caso in cui le azioni emesse dalla società siano senza valore nominale, lo statuto, una sua modificazione ovvero una deliberazione adottata con le maggioranze previste per l’assemblea straordinaria possono prevedere che la riduzione del capitale di cui al precedente comma sia deliberata dal consiglio di amministrazione. Si applica in tal caso l’articolo 2436.

     Molti sono gli argomenti di rilevante interesse offerti dalla presente norma: in primo luogo il nuovo obbligo imposto agli amministratori di dover dare conto all’assemblea dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione prevista nel precedente capoverso.
     Inoltre nell’ipotesi di cui al secondo comma (mancato ripianamento della perdita a meno di un terzo entro l’esercizio successivo) si attribuisce espressamente all’assemblea ordinaria il potere di procedere alla riduzione del capitale per perdite (il vecchio testo, invece, parlando di «assemblea che approva il bilancio», lasciava nel dubbio circa la competenza dell’assemblea ordinaria o straordinaria), mentre all’ultimo comma, con una norma forse non chiarissima, tale potere si attribuisce al consiglio di amministrazione nel caso in cui le azioni emesse dalla società non abbiano l’indicazione del valore nominale.

2447 (Riduzione del capitale sociale al disotto del limite legale)
     1. Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo stabilito dall’articolo 2327, gli amministratori o il consiglio di gestione e, in caso di loro inerzia, il consiglio di sorveglianza devono senza indugio convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della società.

     La disposizione in esame non ha subito modifiche importanti; se la perdita di oltre un terzo comporta la violazione del limite minimo di 120.000 euro gli amministratori o il consiglio di gestione, a secondo di quale sistema abbia adottato la società, devono o ricostituire il capitale mediante il procedimento di abbattimento e contestuale aumento oppure possono deliberare la trasformazione. Unica novità la previsione della mancata convocazione “senza indugio” da parte dell’organo amministrativo: in tal caso provvede il consiglio di sorveglianza.

Paola Pastore


* Per una migliore comprensione del commento, questo è posto in calce ai singoli articoli o gruppi di articoli annotati (riportati su sfondo crema) del codice civile novellato.

 

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