il diritto commerciale d’oggi
    2.3 – marzo 2003

ARGOMENTI

Patti parasociali artt. 2341-
bis-2341-ter
Assemblea della s.p.a. – artt. 2363-2379-ter
Modelli dualistico e monistico
artt. 2409-octies–
2409-noviesdecies
Modificazioni statutarie – artt. 2436-2447
Patrimoni destinati artt. 2447-bis– 2447-decies
Fusione e scissione artt. 2501– 2506-quater
Società cooperative – artt. 2511-2520
 

STUDÎ E COMMENTI

Commento al d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, recante la riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative,
in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366*

a cura di
GANLUCA BERTOLOTTI, CONCETTA BRESCIA-MORRA, GIOVANNI CABRAS, ALDO FERRARI, PAOLO FERRO-LUZZI, ANTONIO GIOVANNONI,
RITA GISMONDI, GIULIANO LEMME, ALESSIA MONTONESE,
BARBARA PANSADORO, PAOLA PASTORE, MARIA RAFFAELLA SANCILIO

CODICE CIVILE
LIBRO V – DEL LAVORO

CAPO V
SOCIETÀ PER AZIONI

 

Sezione VI. – Dell’assemblea

     La legge di delega al governo per la riforma del diritto societario ha dettato i criteri di fondo della riforma precisando, tra l’altro, che la nuova disciplina dovrà essere finalizzata a:
     a) semplificare, con adeguato spazio all’autonomia statutaria, il procedimento assembleare anche relativamente alle forme di pubblicità e di controllo, agli adempimenti per la partecipazione, alle modalità di discussione e di voto;
     b) disciplinare i vizi delle deliberazioni in modo da contemperare le esigenze di tutela dei soci e quelle di funzionalità e certezza dell’attività sociale, individuando le ipotesi di invalidità, i soggetti legittimati alla impugnativa e i termini per la sua proposizione, anche preedendo possibilità di modifica e integrazione delle deliberazioni assunte, e l’eventuale adozione di strumenti di tutela diversi dalla invalidità;
     c) determinare, anche con adeguato spazio all’autonomia statutaria e salve le disposizioni di legge speciali, i quorum costitutivi e deliberativi dell’assemblea, in relazione all’oggetto della deliberazione, in modo da bilanciare la tutela degli azionisti e le esigenze di funzionamento dell’organo assembleare, lasciando all’autonomia statutaria di stabilire il numero delle convocazioni.
     È evidente come in questo contesto lo schema dei decreti legislativi non potesse che sottoporre ad ampia revisione le norme che disciplinano l’assemblea. Tale operazione è stata, inoltre, particolarmente innovativa perché le norme che andranno a sostituirsi agli attuali articoli del codice dettano in un contesto unitario anche la disciplina delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. Si è, dunque, compiuto lo sforzo di coordinare la disciplina generale della società per azioni con quella settoriale riguardante le società che, per la loro capitalizzazione, fanno appello al mercato finanziario.
     Segnalate tali innovative impostazioni di fondo, può, ora, passarsi ad esaminare la disciplina delineata nello schema governativo, limitandosi in questa sede ad una primo esame ricognitivo delle novità introdotte dallo schema di decreto rispetto alla attuale disciplina.

2363. Luogo di convocazione dell’assemblea
     L’assemblea è convocata nel comune dove ha sede la società, se lo statuto non dispone diversamente.
     L’assemblea è ordinaria o straordinaria.

2364. Assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza
     Nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l’assemblea ordinaria:
     1) approva il bilancio;
     2) nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto al quale è demandato il controllo contabile;
     3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dall’atto costitutivo;
     4) delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
     5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;
     6) approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari.
     L’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l’anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato e quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all’oggetto della società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall’articolo 2428 le ragioni della dilazione.

2364-bis. Assemblea ordinaria nelle società con consiglio di sorveglianza
     Nelle società ove è previsto il consiglio di sorveglianza, l ’assemblea ordinaria:
     1) nomina e revoca i consiglieri di sorveglianza;
     2) determina il compenso ad essi spettante, se non è stabilito nello statuto;
     3) delibera sulla responsabilità dei consiglieri di sorveglianza;
     4) delibera sulla distribuzione degli utili.
     Si applica il secondo comma dell’articolo 2364.

     Salta subito all’occhio lo sdoppiamento della originario art. 2364 cod. civ. recante la rubrica “assemblea ordinaria”. La nuova formulazione prevede, infatti, che l’art. 2364 contenga la disciplina dell’assemblea ordinaria per le società prive di consiglio di sorveglianza, mentre il successivo art. 2364 bis riguardi l’assemblea ordinaria delle società il cui statuto prevede il consiglio di sorveglianza.
     Tale disposizione normativa riflette, a livello assembleare, una delle più rilevanti novità della nuova architettura societaria che non è più costituita da un modello unitario di società per azioni e si articola, invece, in tre forme distinte (di governo societario) verso le quali ci si può alternativamente indirizzare in sede di costituzione: il sistema ordinario, quello c.d. dualistico (che prevede, appunto, un consiglio di gestione) e quello c.d. monistico. Come ovvio l’esame di tali differenti sistemi di governance della società sarà svolto in apposita sede; è peraltro necessario sottolineare, come si è già evidenziato, che a tale differente assetto di gestione corrisponde anche una diversa competenza dell’assemblea ordinaria.
     Ed, invero, mentre l’art. 2364, salvo alcune differenze di modesta portata, ricalca sostanzialmente il testo precedente, l’art. 2364 bis riduce le materie di competenza dell’assemblea, ponendo una relazione diretta tra quest’ultima e il consiglio di sorveglianza; per contro, non vi sarà un rapporto immediato tra l’assemblea ed il consiglio di gestione (quest’ultimo, infatti, risponde e fa capo direttamente al consiglio di sorveglianza). In questo caso l’assemblea sarà competente per la nomina e revoca dei consiglieri di sorveglianza e del revisore, per la determinazione del loro compenso, per deliberare in merito alla loro responsabilità ed, infine, per deliberare sulla distribuzione degli utili (art. 2364 , 1-4).

2365. Assemblea straordinaria
     L’assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori e su ogni altra materia espressamente attribuita dalla legge alla sua competenza.
     Fermo quanto disposto dagli articoli 2420-ter e 2443, lo statuto può attribuire alla competenza dell’organo amministrativo o del consiglio di sorveglianza o del consiglio di gestione le deliberazioni concernenti la fusione nel caso previsto dall’articolo 2505-bis, l’istituzione o la soppressione di sedi secondarie, la indicazione di quali tra gli amministratori hanno la rappresentanza della società, la riduzione del capitale in caso di recesso del socio, gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative, il trasferimento della sede sociale nel territorio nazionale. Si applica in ogni caso l’articolo 2436.

     Quanto all’assemblea straordinaria, la novità introdotta dall’art. 2365 è particolarmente significativa dell’intenzione del legislatore di concentrare maggiori poteri in capo all’organo amministrativo o (se previsti) al consiglio di sorveglianza o a quello di gestione. La disposizione in parola stabilisce, infatti, che lo statuto può attribuire alla competenza dell’organo amministrativo o del consiglio di sorveglianza o di quello di gestione le deliberazioni concernenti la fusione (nel caso in cui la controllante possieda già interamente o almeno il 90% del capitale della controllata), l’istituzione o sopressione di sedi secondarie, l’indicazione degli amministratori che hanno la rappresentanza, la riduzione del capitale (nel caso di recesso del socio) nonché gli adeguamenti dello statuto a disposizioni normative ed il trasferimento della sede sociale all’interno del territorio nazionale.

2366. Formalità per la convocazione
     L’assemblea è convocata dagli amministratori o dal consiglio di gestione mediante avviso contenente l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza e l’elenco delle materie da trattare.
     L’avviso deve essere pubblicato nella “Gazzetta Ufficiale” della Repubblica almeno quindici giorni prima di quello fissato per l’assemblea.
     Lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio può, in deroga al comma precedente, consentire la convocazione mediante avviso comunicato ai soci con mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento almeno otto giorni prima dell’assemblea.
     In mancanza delle formalità suddette, l’assemblea si reputa regolarmente costituita, quando è rappresentato l’intero capitale sociale e partecipa all’assemblra la maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo. Tuttavia in tale ipotesi ciascuno dei partecipanti può opporsi alla discussione degli argomenti sui quali non si ritenga sufficientemente informato.

     Per quanto concerne l’avviso di convocazione si deve notare che l’art 2366 prevede che lo statuto possa consentire la convocazione mediante avviso comunicato, con mezzi che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento, almeno otto giorni prima dell’assemblea (omettendo quindi la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e riducendo il più ampio termine di quindici giorni attualmente previsto). Tale articolo prevede, altresì, che nell’ipotesi in cui siano state adottate deliberazioni da parte dell’assemblea totalitaria, ne debba essere data tempestiva comunicazione ai componenti degli organi amministrativi e di controllo non presenti.

2367. Convocazione su richiesta di soci
     Gli amministratori o il consiglio di gestione devono convocare senza ritardo l’assemblea, quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il decimo del capitale sociale o la minore percentuale prevista nello statuto, e nella domanda sono indicati gli argomenti da trattare.
     Se gli amministratori o il consiglio di gestione, oppure in loro vece i sindaci o il consiglio di sorveglianza, non provvedono, il presidente del tribunale, sentiti i componenti degli organi amministrativi e di controllo, ove il rifiuto di provvedere risulti ingiustificato, ordina con decreto la convocazione dell’assemblea, designando la persona che deve presiederla.
     La convocazione su richiesta di soci non è ammessa per argomenti sui quali l’assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degli amministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta.

     La riforma societaria consente la convocazione dell’assemblea su richiesta da parte dei soci: l’art. 2367 ha peraltro ridotto il quorum richiesto per la convocazione ad un decimo del capitale sociale o alla minore percentuale eventualmente prevista dallo statuto. Il presidente del tribunale provvede, sentiti i componenti degli organi di controllo, se non provvedono gli amministratori, il consiglio di gestione o i sindaci o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione. La disposizione in commento stabilisce peraltro che la convocazione su richiesta dei soci non è ammessa per quanto riguarda argomenti sui quali si deve deliberare in base ad una proposta degli amministratori o ad un progetto o ad una relazione predisposta da questi.

2368. Costituzione dell’assemblea e validità delle deliberazioni
     L’assemblea ordinaria è regolarmente costituita con l’intervento di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale, escluse dal computo le azioni prive del diritto di voto nell’assemblea medesima. Essa delibera a maggioranza assoluta, salvo che lo statuto richieda una maggioranza più elevata. Per la nomina alle cariche sociali lo statuto può stabilire norme particolari.
     L’assemblea straordinaria delibera con il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più della metà del capitale sociale, se lo statuto non richiede una maggioranza più elevata. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l’assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la maggiore percentuale prevista dallo statuto e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea.
     Salvo diversa disposizione di legge le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea. Le medesime azioni e quelle per le quali il diritto di voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del socio di astenersi per conflitto di interessi non sono computate ai fini del calcolo della maggioranza e della quota di capitale richiesta per l’approvazione della deliberazione.

     Per quanto riguarda la costituzione dell’assemblea l’art. 2368 contiene due novità. In primis, viene precisato, da un lato, che le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea e, dall’altro, che le stesse azioni e quelle per le quali il voto non è stato esercitato a seguito della dichiarazione del socio di astenersi per conflitto di interessi non sono, invece, computate ai fini del calcolo delle maggioranze e della quota richiesta per l’approvazione della delibera.
     Il secondo comma dello stesso articolo contiene, poi, una specifica previsione relativa alle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio ove è stabilito che l’assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno la metà del capitale sociale o la percentuale maggiore, eventualmente prevista dallo statuto, e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea.

2369. Seconda convocazione e convocazioni successive
     Se i soci partecipanti all’assemblea non rappresentano complessivamente la parte di capitale richiesta dall’articolo precedente, l’assemblea deve essere nuovamente convocata.
     Nell’avviso di convocazione dell’assemblea può essere fissato il giorno per la seconda convocazione. Questa non può aver luogo nello stesso giorno fissato per la prima. Se il giorno per la seconda convocazione non è indicato nell’avviso, l’assemblea deve essere riconvocata entro trenta giorni dalla data della prima, e il termine stabilito dal secondo comma dell’articolo 2366 è ridotto ad otto giorni.
     In seconda convocazione l’assemblea ordinaria delibera sugli oggetti che avrebbero dovuto essere trattati nella prima, qualunque sia la parte di capitale rappresentata dai soci partecipanti, e l’assemblea straordinaria è regolarmente costituita con la partecipazione di oltre un terzo del capitale sociale e delibera con il voto favorevole di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea.
     Lo statuto può richiedere maggioranze più elevate, tranne che per l’approvazione del bilancio.
     Nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è necessario, anche in seconda convocazione, il voto favorevole di tanti soci che rappresentino più di un terzo del capitale sociale per le deliberazioni concernenti il cambiamento dell’oggetto sociale, la trasformazione della società, lo scioglimento anticipato, la proroga della società, la revoca dello stato di liquidazione, il trasferimento della sede sociale all’estero e l’emissione di azioni privilegiate.
     Lo statuto può prevedere eventuali ulteriori convocazioni dell’assemblea, alle quali si applicano le disposizioni del terzo, quarto e quinto comma.
     Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l’assemblea straordinaria è costituita, nelle convocazioni successive alla seconda, con la presenza di tanti soci che rappresentino almeno un quinto del capitale sociale, salvo che lo statuto non richieda una quota di capitale più elevata.

     Per quanto riguarda l’assemblea straordinaria - fatta salva la facoltà che lo statuto richieda maggioranze più elevate (il che è però escluso per l’approvazione del bilancio e per la nomina e revoca delle cariche sociali - è stato ridotto il quorum richiesto per deliberare in seconda convocazione, l’art. 2369 stabilisce, infatti, che è richiesta la partecipazione all’assemblea di oltre un terzo del capitale sociale (quorum costitutivo) ed il voto favorevole (quorum deliberativo) di almeno i due terzi del capitale rappresentato in assemblea. Per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio resta, invece, ferma la necessità del voto favorevole di almeno un terzo del capitale sociale per le deliberazioni concernenti le modifiche dell’atto costitutivo (specificatamente indicate al quinto comma dell’articolo in parola).

2370. Diritto d’intervento all’assemblea ed esercizio del voto
     Possono intervenire all’assemblea gli azionisti cui spetta il diritto di voto.
     Lo statuto può richiedere il preventivo deposito delle azioni o della relativa certificazione presso la sede sociale o le banche indicate nell’avviso di convocazione, fissando il termine entro il quale debbono essere depositate ed eventualmente prevedendo che non possano essere ritirate prima che l’assemblea abbia avuto luogo. Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il termine non può essere superiore a due giorni e, nei casi previsti dal settimo ed ottavo comma dell’articolo 2354, il deposito è sostituito da una comunicazione all’intermediario che tiene i relativi conti.
     Se le azioni sono nominative, la società provvede all’iscrizione nel libro dei soci di coloro che hanno partecipato all’assemblea o che hanno effettuato il deposito di cui al comma precedente..
     Lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l’espressione del voto per corrispondenza. Chi esprime il voto per corrispondenza si considera intervenuto all’assemblea.

     L’art. 2370, disciplinando l’intervento nell’assemblea e l’esercizio del diritto di voto stablisce una corrispondenza biunivoca tra i due momenti, nel senso che “possono intervenire in assemblea gli azionisti cui spetta il diritto di voto”.
     Rispetto a quella attuale, sembra più flessibile la norma relativa al preventivo deposito delle azioni presso la sede sociale (o le banche indicate nell’avviso di convocazione), nel senso che la necessità dell’adempimento di tale incombente è rimessa all’eventuale previsione statutaria che, comunque, per le società che fanno ricorso al capitale di rischio non può stablire un termine superiore ai due giorni per il deposito dei titoli.
     Del tutto innovativa è, poi, la previsione secondo cui “lo statuto può consentire l’intervento all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione o l’espressione del voto per corrispondenza”. Ovvia conseguenza di ciò è che chi esprime il voto per corrispondenza si considera intervenuto in assemblea.

2371. Presidenza dell’assemblea
     L’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto o, in mancanza, da quella eletta con il voto della maggioranza dei presenti. Il presidente è assistito da un segretario designato nello stesso modo. Il presidente dell’assemblea verifica la regolarità della costituzione, accerta l’identità e la legittimazione dei presenti, regola il suo svolgimento ed accerta i risultati delle votazioni; degli esiti di tali accertamenti deve essere dato conto nel verbale.
     L’assistenza del segretario non è necessaria quando il verbale dell’assemblea è redatto da un notaio.

     La precedente sincopata disciplina della presidenza dell’assemblea è integrata dell’art.2371 con l’indicazione dei compiti affidati al presidente che dovrà verificare la regolarità della costituzione, accertare l’identità e la legittimazione dei presenti e, più in generale, regolare lo svolgimento dell’assemblea, accertando i risultati delle votazioni, di cui dovrà essere dato conto nel verbale.

2372. Rappresentanza nell’assemblea
     Salvo disposizione contraria dello statuto, i soci possono farsi rappresentare nell’assemblea. La rappresentanza deve essere conferita per iscritto e i documenti relativi devono essere conservati dalla società.
     Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee, con effetto anche per le successive convocazioni, salvo che si tratti di procura generale o di procura conferita da una società, associazione, fondazione o altro ente collettivo o istituzione ad un proprio dipendente.
     La delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco. Il rappresentante può farsi sostituire solo da chi sia espressamente indicato nella delega.
     Se la rappresentanza è conferita ad una società, associazione, fondazione od altro ente collettivo o istituzione, questo può soltanto delegare un proprio dipendente o collaboratore.
     La rappresentanza non può essere conferita né ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti della società, né alle società da essa controllate o ai membri degli organi amministrativi o di controllo o ai dipendenti di queste.
     La stessa persona non può rappresentare in assemblea più di venti soci o, se si tratta di società previste nel secondo comma di questo articolo, più di cinquanta soci se la società ha capitale non superiore a cinque milioni di euro, più di cento soci se la società ha capitale superiore a cinque milioni di euro e non superiore a venticinque milioni di euro, e più di duecento soci se la società ha capitale superiore a venticinque milioni di euro.
     Le disposizioni del quinto e del sesto comma di questo articolo si applicano anche nel caso di girata delle azioni per procura.

     Non sono previste modifiche di rilievo per quanto riguarda la rappresentanza nell’assemblea. Deve però osservarsi che dall’art. 2372, secondo comma, che dispone espressamente che nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio la rappresentanza può essere conferita solo per singole assemblee si deduce a contrario che, negli altri casi, è consentito il conferimento della rappresentanza per più assemblee specificamente indicate o addirittura in via generale.
     È appena il caso di notare come tale atteggiarsi della disciplina della rappresentanza in assemble appaia idonea a superare molte delle difficoltà in ordine alla vincolatività dei patti parasociali e alla individuazione di mezzi idonei ad assicurarne il rispetto. Bisogna però sottolineare che la delega non può essere rilasciata con il nome del rappresentante in bianco e che è sempre revocabile nonostante ogni patto contrario.

2373. Conflitto d’interessi
     La deliberazione approvata con il voto determinante di soci che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell’articolo 2377 qualora possa recarle danno.
     Gli amministratori non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la loro responsabilità. I componenti del consiglio di gestione non possono votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza.

     La norma sul conflitto di interessi, al di là di essere stata riscritta (art. 2373) in maniera formalmente nuova, ricalca nella sostanza la precedente disciplina. Non è peraltro chiara quale sia la ragione ed il significato della mancata riproduzione del quarto comma del vigente articolo ove è chiarito che le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto a causa del conflitto di interessi sono comunque computate “ai fini della regolare costituzione dell’assemblea”. Si deve peraltro ritenere che tale previsione non sia stata meramente soppressa ma sostituita da quella più generale di cui all’art. 2368, terzo comma, (schema governativo) secondo cui “le azioni per le quali non può essere esercitato il diritto di voto sono computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea”.
     Costituisce una mero adeguamento rispetto alla divisata struttura societaria il divieto posto ai membri del consiglio di gestione di votare nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveglianza.

2374. Rinvio dell’assemblea
     I soci intervenuti che riuniscono un terzo del capitale rappresentato nell’assemblea, se dichiarano di non essere sufficientemente informati sugli oggetti posti in deliberazione, possono chiedere che l’assemblea sia rinviata a non oltre cinque giorni.
     Questo diritto non può esercitarsi che una sola volta per lo stesso oggetto.

2375. Verbale delle deliberazioni dell’assemblea
     Le deliberazioni dell’assemblea devono constare da verbale sottoscritto dal presidente e dal segretario o dal notaio. Il verbale deve indicare la data dell’assemblea e, anche in allegato, l’identità dei partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno; deve altresì indicare le modalità e il risultato delle votazioni e deve consentire, anche per allegato, l’identificazione dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti. Nel verbale devono essere riassunte, su richiesta dei soci, le loro dichiarazioni pertinenti all’ordine del giorno.
     Il verbale dell’assemblea straordinaria deve essere redatto da un notaio.
     Il verbale deve essere redatto senza ritardo, nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli obblighi di deposito o di pubblicazione.

     La disciplina del verbale dell’assemblea è più analitica. L’art. 2375 precisa, infatti, almeno per sommi capi, il contenuto esseziale del verbale. Quest’ultimo deve, così, indicare la data dell’assemblea e, anche in allegato, l’identità dei partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno; devono, inoltre, essere indicate le modalità e i risultati delle votazioni e deve essere consentita l’identificazione dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti. È inoltre prescritto che il verbale deve essere redatto senza ritardo, nei tempi necessari per la tempestiva esecuzione degli obblighi di deposito o di pubblicazione.

2376. Assemblee speciali
     Se esistono diverse categorie di azioni, le deliberazioni dell’assemblea, che pregiudicano i diritti di una di esse, devono essere approvate anche dall’assemblea speciale degli appartenenti alla categoria interessata.
     Alle assemblee speciali si applicano le disposizioni relative alle assemblee straordinarie.

2377. Annullabilità delle deliberazioni
     Le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto possono essere impugnate dai soci assenti, dissenzienti od astenuti, dagli amministratori, dal consiglio di sorveglianza e dai sindaci.
     L’impugnazione può essere proposta dai soci quando possiedono tante azioni che rappresentino, anche congiuntamente, l’uno per mille del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il cinque per cento nelle altre; lo statuto può ridurre o escludere questo requisito. Per l’impugnazione delle deliberazioni delle assemblee speciali queste percentuali sono riferite al capitale rappresentato dalle azioni della categoria.
     I soci che non riuniscono la parte di capitale indicata nel comma precedente e quelli che, in quanto privi di voto, non sono legittimati a proporre l’impugnativa hanno diritto al risarcimento del danno ad essi direttamente derivato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto.
     La deliberazione non può essere annullata:
     1) per la mancanza di legittimazione alla partecipazione all’assemblea, a meno che senza la partecipazione delle persone non legittimate l’assemblea non sarebbe stata regolarmente costituita a norma degli articoli 2368 e 2369;
     2) per l’invalidità di singoli voti o per il loro indebito computo, a meno che, senza tali voti, non risulti raggiunta la necessaria maggioranza;
     3) per l’incompletezza o l’inesattezza del verbale, a meno che non impediscano l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione.
     L’impugnazione o la domanda di risarcimento del danno sono proposte nel termine di tre mesi dalla data della deliberazione, ovvero, se questa è soggetta ad iscrizione nel registro delle imprese, entro tre mesi dall’iscrizione o, se è soggetta solo a deposito presso l’ufficio del registro delle imprese, entro tre mesi dalla data di questo.
     L’annullamento della deliberazione ha effetto rispetto a tutti i soci ed obbliga gli amministratori, il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione a prendere i conseguenti provvedimenti sotto la propria responsabilità. In ogni caso sono salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione.
     L’annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto. In tal caso il giudice provvede sulle spese di lite e sul risarcimento dell’eventuale danno.

     Alcune delle più rilevanti novità riguardanti l’assemblea si rinvengono nella parte dedicata all’invalidità delle deliberazioni assembleari. La rivoluzione copernicana in ordine alla disciplina della invalidità delle delibere consiste in due aspetti tra loro strettamente connessi: a) l’annullabilitaà della delibera può essere fatta valere esclusivamente dai soci che rappresentino una quota qualificata del capitale sociale; b) i soci per i quali non è consentita l’impugnazione (ossia la tutela sul piano della legittimità dell’atto) possono, però, richiedere il risarcimento del danno derivantegli dalla illegittimità della deliberazione.
     Passando ad esaminare più in dettaglio le norme in questione, deve sottolinearsi che l’art. 2377 stabilisce che l’impugnazione delle delibere adottate non in conformità della legge o dell’atto costitutivo può essere proposta dai soci assenti, dissenzienti o astenuti a condizione che rappresentino almeno il cinque per cento del capitale sociale o l’uno per mille, nel caso delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. Otre ai soci sono legittimati a proporre l’impugntiva gli amministratori, i sindaci e “il consiglio di sorveglianza”. È appena il caso di indicare l’incongruenza di tale ultima indicazione rispetto a quelle che fanno riferimento agli altri organi sociali, per i quali la norma si riferisce agli amministratori e ai sindaci (considerati almeno sul piano lessicale uti singuli). Come ovvio, se la diversa indicazione non corrisponde ad una scelta intenzionale sarà opportuno uniformare le differenti dizioni, in caso contrario sarebbe invece necessario esplicitare la portata della opzione fatta propria dal legislatore.
     Il terzo comma dell’articolo in esame dispone che i soci che non riuniscono una quota di capitale sufficiente al fine di proporre l’impugnazione “hanno diritto al risarcimento del danno ad essi direttamente derivato dalla non conformità della deliberazione alla legge o allo statuto”.
     Come si è detto, l’assoluto rilievo delle modifichè testè indicate, al di là della evidente finalità di evitare impugnazioni di carattere abusivo ovvero dirette al solo fine di creare disturbo nella conduzione della attività sociale, è indiscutibile e meriterà ben più approfondite disamina in sede di prima applicazione della disciplina in parola.
     Il quarto comma dell’articolo in commento stabilisce tre casi nei quali la delibera non può essere annullata. I primi due sono strettamente legati al criterio della rilevanza marginale (che si verifica per mezzo della c.d. prova di resistenza) della singola partecipazione o del singolo voto. In entrambi i casi (mancanza di legittimazione alla partecipazione o invalidità dei singoli voti o del loro computo) la delibera non può essere annullata salvo il caso in cui senza tale partecipazione l’assemblea non sarebbe stata regolarmente costituita o non sarebbe stata raggiunta la maggioranza prescritta.
     Anche la mera incompletezza o inesattezza del verbale non conse l’annullamento dell’assemblea a meno che non impedisca l’accertamento del contenuto, degli effetti e della validità della deliberazione (art.2377, terzo comma).
     Si deve, poi, notare che anche l’azione risarcitoria cui si è poc’anzi fatto cenno, così come l’impugnazione, dev’essere proposta nel termine di novanta giorni (che decorrono alternativamente dalla data della delibera o dalla iscrizione nel registro delle imprese o dal deposito presso l’ufficio del registro).
     L’annullamento della delibera obbliga non solo gli amministratori ma anche il consiglio di sorveglianza e quello di gestione ad adottare i provvedimenti conseguenti alla decisione giudiziale.
     All’ultimo comma della norma in esame è precisato che la sostituzione della delibera (con altra conforme alla legge e all’atto costitutivo) preclude la possibilità dell’annullamento ma che il giudizio già incardinato prosegue al fine della liquidazione delle spese e del risarcimento dell’eventuale danno. È inoltre precisato che restano salvi i diritti acquistati dai terzi sulla base della deliberazione sostituita.

2378. Procedimento d’impugnazione
     L’impugnazione è proposta con atto di citazione davanti al tribunale del luogo dove la società ha sede.
     Il socio o i soci opponenti devono dimostrarsi possessori al tempo dell’impugnazione del numero delle azioni previsto dal secondo comma dell’articolo 2377. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 111 del codice di procedura civile, qualora nel corso del processo venga meno a seguito di trasferimenti per atto tra vivi il richiesto numero delle azioni, il giudice, previa se del caso revoca del provvedimento di sospensione dell’esecuzione della deliberazione, non può pronunciare l’annullamento e provvede sul risarcimento dell’eventuale danno, ove richiesto.
     Con ricorso depositato contestualmente al deposito, anche in copia, della citazione, l’impugnante può chiedere la sospensione dell’esecuzione della deliberazione. In caso di eccezionale e motivata urgenza, il presidente del tribunale, omessa la convocazione della società convenuta, provvede sull’istanza con decreto motivato, che deve altresì contenere la designazione del giudice per la trattazione della causa di merito e la fissazione, davanti al giudice designato, entro quindici giorni, dell’udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emanati con il decreto, nonché la fissazione del termine per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto.
     Il giudice designato per la trattazione della causa di merito, sentiti gli amministratori e sindaci, provvede valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione; può disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino idonea garanzia per l’eventuale risarcimento dei danni. All’udienza, il giudice, ove lo ritenga utile, esperisce il tentativo di conciliazione eventualmente suggerendo le modificazioni da apportare alla deliberazione impugnata e, ove la soluzione appaia realizzabile, rinvia adeguatamente l’udienza.
     Tutte le impugnazioni relative alla medesima deliberazione, anche se separatamente proposte ed ivi comprese le domande proposte ai sensi del terzo comma dell’articolo 2377, devono essere istruite congiuntamente e decise con unica sentenza. Salvo quanto disposto dal quarto comma del seguente articolo, la trattazione della causa di merito ha inizio trascorso il termine stabilito nel quinto comma dell’articolo 2377.

     Sotto il profilo più strettamente procedurale l’art. 2378, abbandonata la vecchia prescrizione relativa al deposito dell’azione, stabilisce (con un espressione di più generale portata) che il socio o i soci impugnanti “devono dimostrarsi possessori al tempo dell’impugnazione del numero delle azoni previsto dal secondo comma dell’articolo 2377”. Resta da vedere se in sede di applicazione di tale norma, si riterrà che tale dimostrazione possa essere data con ogni mezzo o debba invece corrispondere a forme tipiche (allo stato, peraltro, non individuate).
     Il legislatore ha, inoltre, previsto che qualora nel corso del giudizio venga meno la misura delle azioni richiesta al fine di consentire l’impugnazione il giudice non possa pronunciare l’annullamento, dovendo limitarsi a provvedere sul risarcimento dell’eventuale danno (ove richiesto). Deve, invero, osservarsi come la pretesa che l’assetto azionario resti stabile per tutto il corso del giudizio appare eccessivamente gravosa per gli impugnanti e corra il rischio di incidere sulla circolazione della partecipazione azionaria che, secondo la legge di delega, è uno dei principi cardine della disciplina della società per azioni.
     Il legislatore si è, inoltre, soffermato sulla disciplina riguardante la sospensione dell’esecuzione della deliberazione, stabilendo che la relativa domanda va proposta con ricorso (depositato contestualmente alla citazione, anche in copia) e modellando il relativo procedimento ad instar di quanto prescritto per i procedimenti cautelari dagli art 669 e segg.
Il quarto comma dell’articolo in esame stabilisce che il giudice provvede “valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione e quello che subirebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione”. È agevole rilevare come tale disposizione recepisca un noto orientamento sostenuto sia in dottrina sia in sede giurisprudenziale. Deve peraltro sottolinearsi che una indicazione testuale di tal fatta appare eccessivamente sintetica perché a parte il fatto che trascura altri criteri che possono essere non meno adegutai al fine di valutare l’opportunità della sospensione sembra, da un lato, comprimere eccessivamente l’interesse del socio impugnante e, dall’altro, non tenere conto del fatto che alla società può derivare un danno non solo per effetto della sospensione ma anche a causa della mancata sospensione, soprattutto ove l’impugnazione appaia ab origine seriamente fondata. È infatti in ogni caso inopportuno che medio tempore si determinino provvisoriamente effetti destinati ad essere posti nel nulla per effetto della decisione del giudizio. In tal senso la scelta più opportuna sarebbe quella diretta a fare almeno tendenzialmente coincidere il più possibile la situazione interinale con quella destinata ad assumere il carattere della definitività.
     Si segnala che la nuova disciplina prevcede che siano trattate congiuntamente non solo le diverse impugnazioni proposte avverso la medesima delibera ma anche le domande risarcitorie che trovino origine nella sua dedotta illegittimità.

2379. Nullità delle deliberazioni
     Nei casi di mancata convocazione dell’assemblea, di mancanza del verbale e di impossibilità o illiceità dell’oggetto la deliberazione può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla sua iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la deliberazione vi è soggetta, o dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea, se la deliberazione non è soggetta né a iscrizione né a deposito. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili.
     Nei casi previsti dal precedente comma l’invalidità può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
     Ai fini di quanto previsto dal primo comma la convocazione non si considera mancante nel caso d’irregolarità dell’avviso, se questo proviene da un componente dell’organo di amministrazione o di controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere preventivamente avvertiti della convocazione e della data dell’assemblea. Il verbale non si considera mancante se contiene la data della deliberazione e il dispositivo deliberato ed è sottoscritto dal presidente dell’assemblea, o dal presidente del consiglio d’amministrazione o del consiglio di sorveglianza e dal segretario o dal notaio.
     Si applicano, in quanto compatibili, il sesto e settimo comma dell’articolo 2377.

     Ampiamente rinnovata è anche la disciplina della nullità delle deliberazioni.
     L’art. 2379 stabilisce che nei casi di mancata convocazione dell’assemblea, di mancanza del verbale e di impossibilità o illiceità dell’oggetto la deliberazione può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse entro tre anni, mentre possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l’oggetto sociale, prevedendo attività illecite o impossibili. Appare evidente la peculiarità di tale disciplina che, da un lato, si richiama alla figura civilistica della nullità e, dall’altro, ne stravolge il principio della sua rilevabilità in ogni tempo, stabilendo un preciso termine temporale (tre anni) per la sua deducibilità. Se da un lato appare comprensibile l’esigenza di affermare il principio della certezza e della stabilità degli atti sociali, nondimeno la cennata incongruenza appare particolarmente stridente.
     Lo stesso articolo (terzo comma) chiarisce che “ai fini di quanto previsto dal primo comma la convocazione non si considera mancante nel caso d’irregolarità dell’avviso se questo proviene da un componente dell’organo di amministrazione o di controllo della società ed è idoneo a consentire a coloro che hanno diritto di intervenire di essere preventivamente avvertitti della convocazione e della data dell’assemblea. Il verbale, inoltre, non si considera mancante se contiene la data della deliberazione e il suo oggetto ed è sottoscritto dal presidente dell’assemblea, o dal presidente del consiglio di amministrazione o del consiglio di sorveglianza o dal segretario o dal notaio”.

2379-bis. Sanatoria della nullità
     L’impugnativa della deliberazione invalida per mancata convocazione non può essere esercitata da chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell’assemblea.
     L’invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata mediante verbalizzazione eseguita prima dell’assemblea successiva. La deliberazione ha effetto dalla data in cui è stata presa, ma sono salvi i diritti dei terzi.

     L’art. 2379 bis si distingue per la sua singolare rubrica: “sanatoria della nullità”. È evidente come tale locuzione non possa che creare qualche imbarazzo nel giurista che conosce come fondamentale il principio secondo cui la nullità non ammette sanatoria. Quanto al suo contenuto, l’articolo in parola stabilisce che: a) l’impugnazione della delibera non può essere esercitata da chi anche successivamente abbia dichiarato il suo assenso allo svolgimento dell’assemblea; b) l’invalidità della deliberazione per mancanza del verbale può essere sanata mediante verbalizzazione eseguita prima dell’assemblea. In tal caso l’assemblea ha effetto dalla data in cui è stata adottata ma sono salvi i diritti dei terzi che in buona fede ignoravano la deliberazione.

2379-ter. Invalidità dell’aumento o della riduzione del capitale e della emissione di obbligazioni
     Nei casi previsti dall’articolo 2379 l’impugnativa dell’aumento di capitale, della riduzione del capitale ai sensi dell’articolo 2445 o della emissione di obbligazioni non può essere proposta dopo che siano trascorsi sei mesi dall’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o, nel caso di mancata convocazione, tre mesi dall’approvazione del bilancio dell’esercizio nel corso del quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita.
     Nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio l’invalidità della deliberazione di aumento del capitale non può essere pronunciata dopo che a norma dell’articolo 2444 sia stata iscritta nel registro delle imprese l’attestazione che l’aumento è stato eseguito; l’invalidità della riduzione del capitale ai sensi dell’articolo 2445 o della deliberazione di emissione delle obbligazioni non può essere pronunciata dopo che la deliberazione sia stata anche parzialmente eseguita.
     Resta salvo il diritto al risarcimento del danno eventualmente spettante ai soci e ai terzi.

     Il nuovo art 2379 ter stabilisce un termine ridotto (rispetto a quello fissato dall’art. 2379) per proporre l’azione di nullità nei confronti delle deliberazioni di a) aumento del capitale; b) riduzione del capitale ai sensi dell’art. 2445; c) emissione di obbligazioni. In questi casi l’azione di nullità non può essere proposta dopo che siano trascorsi centottanta giorni dall’iscrizione della deliberazione nel registro delle imprese o, nel caso di mancata convocazione, novanta giorni dall’approvazione del bilancio nel corso del quale la deliberazione è stata anche parzialmente eseguita.
     L’ultimo comma dell’articolo in questione sancisce, per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, un termine ancora più serrato decorso il quale la nullità si deve considerare sanata, fatti salvi gli eventuali effetti risarcitori in favore dei soci e dei terzi. È il caso dell’aumento del capitale, la cui nullità non può essere pronunciata dopo che, a norma dell’art. 2444, l’attestazione che l’aumento è stato, anche parzialmente, eseguito sia stata iscritta nel registro delle imprese, e della riduzione del capitale ai sensi dell’art. 2445 e della delibera di emissione di obbligazioni la cui invalidità non può essere pronunciata dopo che la deliberazione sia stata anche parzialmente eseguita.


* Per una migliore comprensione del commento, questo è posto in calce ai singoli articoli o gruppi di articoli annotati (riportati su sfondo crema) del codice civile novellato.

 

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