il diritto commerciale d’oggi
     VII.1 – gennaio 2008

 

D I Z I O N A R I O
a cura di Giovanni Cabras

Sono qui riportate “voci” del diritto commerciale che rappresentano neologismi (ovvero vecchie espressioni che di recente hanno assunto uno specifico significato o hanno posto nuovi problemi), con indicazioni delle relative fonti normative,
nonché di taluni links per l’approfondimento “in rete”.
Ovviamente, non c’è alcuna pretesa di completezza nella raccolta delle voci,
né di sistematicità nella loro illustrazione
voci del dizionario

K
N
Q
U
W
Y
Z

 


   

OPA (Offerta pubblica d’acquisto)

     Proposta di acquisto avente ad oggetto un determinato quantitativo di azioni (emesse da una società) – ovvero un determinato quantitativo di altri strumenti finanziari – ad un prezzo determinato, proposta rivolta pubblicamente a tutti i possessori di tali titoli. L’OPA può avere una pluralità di scopi, quali quello di effettuare un investimento finanziario, ovvero di acquisire il controllo della società emittente i titoli, ovvero eliminare gli azionisti di minoranza della stessa società (squeeze-out).
     Nella maggior parte dei paesi industrializzati il procedimento dell’OPA è disciplinato al fine di assicurare trasparenza, serietà e correttezza dell’operazione. Nei vari ordinamenti, peraltro, sono riscontrabili posizioni sostanzialmente diverse con riguardo ai diritti degli azionisti di minoranza in caso di offerte pubbliche di acquisto che comportino l’acquisizione del controllo di una società. Secondo un primo approccio (c.d. Market Rule) l’ordinamento non interviene nelle scelte del mercato (Stati Uniti). Un altro approccio (Equal Opportunity Rule) persegue il principio di pari opportunità economiche fra azionista di maggioranza ed azionisti di minoranza, disponendo l’obbligo – a carico di chi acquisisca il controllo di una società (o superi una determinata soglia quantitativa di partecipazione al capitale della società con diritto di voto) – di lanciare un’OPA nei confronti di tutti i portatori dei titoli della società (Inghilterra, Francia e Italia) ad un prezzo che include in tutto o in parte il “premio di controllo” (ossia il prezzo pagato al precedente controllante, normalmente più alto di quello di mercato delle azioni).  
Fonti: artt. 102 e ss. d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58 – TUF-testo unico della intermediazione finanziaria
URL: http://www.consob.it


   

OPA (clausola statutaria di)

     Clausola statutaria con con cui una società per azioni impone ai soci di osservare le norme vigenti – nello Stato nella cui Borsa sia quotata la stessa società, anche se quelle norme non sarebbero ad essa direttamente applicabili a causa della diversa nazionalità – in tema di comunicazione delle partecipazioni rilevanti ed in tema di offerte pubbliche di acquisto volontarie ed obbligatorie, disponendo la sospensione del diritto di voto per le azioni che abbiano omesso o violato gli adempimenti previste da tali norme.
   Una simile clausola, che sulla base dell’autonomia privata equiparare la società straniera agli obblighi delle società nazionali, è presente nello statuto di una società italiana recentemente quotatasi nella Borsa di Zurigo (BioXell s.p.a.). In Italia si pensa di richiedere tale clausola statutaria per le società che vogliano quotarsi al nuovo MAC (Mercato Alternativo dei Capitali, rivolto soprattutto alle piccole imprese azionarie; in realtà, non è un mercato in senso tecnico-giuridico, poiché è semplicemente un sistema di scambi organizzati promosso da banche e istituzioni e gestito da Borsa Italiana) e che, diversamente, sarebbero esenti dagli obblighi di comunicazione e di OPA disposti dal TUF (d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58), obblighi che riguardano soltanto le società quotate in mercati regolamentati, tra i quali non rientra il MAC.
URL: www.bioxell.com/investors/corporate-governance/index.lbl


  

Operazione finanziaria / Attività finanziaria

     Manca una definizione giuridica, una “nozione” normativa di “operazione/attività finanziaria”. In senso ampio può ritenersi “finanziaria” l’operazione programmaticamente organizzata dalle parti in modo da iniziare e terminare con il denaro, questo così costituendo l’oggetto fondamentale dell’interesse delle stesse parti.
     Ben può essere che nello svolgimento di una operazione “finanziaria”, nel senso ora indicato, intervengano altri beni, altri valori, ma allora in via strumentale alla realizzazione di un interesse che sempre ha per oggetto il denaro. Ad esempio, una “gestione” di patrimoni può avere come strumento titoli ed anche beni (metalli preziosi, ed altro), ma non sono questi l’oggetto dell’interesse delle parti, intervenendo invece, appunto, come strumenti per accrescere, e conservare, una somma di denaro.
     Sul piano generale, può tentarsi una classificazione delle operazioni finanziarie, fondata sul fattore intermedio tra il denaro iniziale e quello finale. Si avranno così operazioni creditizie, se il fattore intermedio è il “tempo” necessario perché taluno goda, appunto, temporalmente, della disponibilità di una somma di denaro; operazioni di pagamento, se tra il denaro iniziale e quello finale si interpone un fattore “spazio”; operazioni di cambio, quando manca un fattore spaziale o temporale.
     Costituisce un derivato dalla nozione di operazione finanziaria, così individuata, la nozione di “attività finanziaria”, consistente nel compimento, sistematico, e per ciò organizzato, di operazioni finanziarie.
     Infine, la qualifica di “finanziaria” per una operazione o una attività è funzionale all’applicazione di discipline “speciali” rispetto al sistema generale privatistico, ed è in principio indipendente, se pur possa interferire con la qualifica, e relativa disciplina, dei singoli atti, negozi giuridici, che possono intervenire nel suo svolgimento.
     Diverso (se pur connesso) dalla qualifica come finanziaria di una attività, è l’esame sotto il profilo finanziario, possibile per ogni attività di impresa, ben potendosi ogni attività di impresa considerarsi sotto l’aspetto dell’ingresso, ed uscita, di mezzi finanziari.


Opt-in e opt-out (clausole di/regole di/lista di)

     Criterio discretivo (convenzionale o legislativo) in base al quale una determinata regola (o conseguenza) si applica soltanto se la parte interessata esprime la sua adesione (opt-in) ovvero non si applica soltanto la parte interessata esprime la sua opposizione (opt-out).
     Ad esempio, in tema di trattamento dei dati personali da parte di privati (trattamento che solitamente sta alla base delle comunicazioni postali o elettroniche, c.d. spamming) il nostro ordinamento richiede il consenso espresso dell’interessato (opt-in); mentre altri ordinamenti seguono il criterio opt-out, basandosi sulla libertà di comunicazione fino a dichiarazione contraria dell’interessato. La Direttiva CE sul commercio elettronico considera la questione dello spamming, lasciando agli Stati membri di stabilire che l’inserimento di un utente in una lista avvenga esclusivamente con il suo consenso espresso (opt-in) oppure che la cancellazione dell’utente da una lista avvenga solo dietro sua richiesta (opt-out).
     Nella disciplina delle azioni collettive (class action), recentemente introdotta in Italia, il nostro ordinamento segue, a differenza di quello degli USA, il criterio discretivo dell’opt-in.
     Il sistema opt-in/opt-out è utilizzato ampiamente dalla riforma del diritto societario (d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) per regolare la sfera di autonomia privata, quando si prevede che una determinata regola legale si applichi ad una società soltanto se lo statuto ne disponga l’applicazione (opt-in; ad es. art. 2348: lo statuto può creare diverse categorie di azioni) o, al contrario, che si applichi una regola legale, salvo che lo statuto disponga diversamente (opt-out; ad es., art. 2409-bis: salvo diversa disposizione statutaria, il controllo contabile è esercitato da un revisore contabile o da una società di revisione). Si tratta di una tecnica normativa che pretermina e, quindi, delimita l’autonomia privata e, in particolare, la libertà di scelta, come avviene anche in altri rapporti giuridici. Più precisamente, adottando la soluzione opt-out, la riforma societaria esprime una agevolazione legislativa per l’operatività della regola legale, che si applica in difetto di una diversa determinazione statutaria e che può trovare così grande diffusione. D’altro canto, con la soluzione opt-in, l’autonomia privata trova, sia pure indirettamente, una limitazione ancora più forte, poiché in tal modo il legislatore consente alle parti di adottare solo regole espressamente previste dalla novella.
URL: http://www.club-cmmc.it/attivita/normative.htm
        Marchetti, Le linee generali della riforma


  

Outsourcing

     Processo aziendale (denominato anche “esternalizzazione”) con cui un’impresa dismette la gestione di parte della propria attività produttiva, di un servizio o di una funzione aziendale per affidarne la gestione ad un’altra impresa (denominata outsourcer, ovvero provider). La medesima espressione di outsourcing designa pure il contratto, con cui il provider si impegna a svolgere quella fase produttiva, quel servizio o quella funzione aziendale a favore della prima impresa, utilizzando le strutture ed solitamente anche il personale dismessi dalla medesima; tale contratto, pur comprendendo prestazioni simili a quelle di un contratto di appalto o di somministrazione, assume nella pratica una sua tipizzazione.
     Qualora il provider, per lo svolgimento dell’incarico affidato in outsourcing, assuma lavoratori che già svolgevano l’attività o servizio nell’impresa rifornita, si discute circa la configurazione dell’operazione come cessione di ramo aziendale (e, quindi, circa l’applicabilità degli strumenti a tutela dei lavoratori previsti per quest’ultimo caso). Nell’ambito della riforma Biagi del lavoro, è prevista la responsabilità solidale tra committente ed appaltatore, con rinvio all’art. 1676 cod. civ., nel caso in cui un’impresa affidi ad altra impresa un appalto da eseguire utilizzando il ramo d’impresa ceduto (art. 32 del d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che ha introdotto il 6° comma dell'art. 2112 cod. civ.).
     L’outsourcing serve per focalizzare l’impresa sull’attività principale (perciò può essere accostato all’operazione di spin-off), ossia il c.d. core business e può presentarsi pure in attività non imprenditoriali, come nel caso della Pubblica Amministrazione, per l’affidamento a terzi di servizi non caratteristici della stessa Amministrazione (vedi, da ultimo, la “esternalizzazione” dei servizi prescritta alle aziende sanitarie ed ospedaliere dall’art. 49 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269).     
     L’operazione in questione si distingue dal decentramento produttivo, con cui un’impresa smette di essere produttrice dei propri prodotti, affidandone la realizzazione su commissione a tante piccole imprese (c.d. “terziste”).
Fonti: art. 29 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (modificata dalla legge 16 gennaio 2003, n. 3); art. 32 del d. lgs. 10 settembre 2003, n. 276
URL: http://www.unitec.it/ita/tesi/venturini/index.html;
        http://www.mef.gov.it/DAG/quaderni.asp (quaderni dell'innovazione, n. 5)


  © Giovanni Cabras e Paolo Ferro-Luzzi