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IV.10 – ottobre 2005 |
NUOVE LEGGI E PROGETTI DI LEGGE
Schema di decreto legislativo recante “Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali, a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80”
(approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 23 settembre 2005, esame preliminare)Primo commento allo schema di riforma della legge fallimentare, a cura di C. Mattina, A. Montonese, M.R. Sancilio e V. Scali
Sommario dello schema di decreto legislativo
Capo I – Modifiche al titolo I del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 1-3)
Capo II – Modifiche al titolo II, capo I del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 4-19)
Capo III – Modifiche al titolo II, capo II del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 20-39)
Capo IV – Modifiche al titolo II, capo III del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 40-68)
Capo V – Modifiche al titolo II, capo IV del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 69-75)
Capo VI – Modifiche al titolo II, capo V del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 76-87)
Capo VII – Modifiche al titolo II, capo VI del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 88-96)
Capo VIII – Modifiche al titolo II, capo VII del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 97-106)
Capo IX – Modifiche al titolo II, capo VIII del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 107-126)
Capo X – Modifiche al titolo II, capo IX del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 127-128)
Capo XI – Modifiche al titolo II, capo X del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 129-135)
Capo XII – Modifiche al titolo II, capo XI del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 136-139)
Capo XIII – Modifiche al titolo III, capo I del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 140-141)
Capo XIV – Modifiche al titolo III, capo II del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 142-143)
Capo XV – Modifiche al titolo III, capo V del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 144-145)
Capo XVI – Modifiche al titolo IV del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (art. 146)
Capo XVII – Modifiche al titolo V del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (artt. 147-148)
Capo XVIII – Disciplina transitoria (artt. 149-152)
Capo VI – MODIFICHE AL TITOLO II, CAPO V DEL REGIO DECRETO 16 MARZO 1942, N. 267
Art. 76 (Modifiche all’articolo 92 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 92 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 92. Avviso ai creditori ed agli altri interessati. – Il curatore, esaminate le scritture dell’imprenditore ed altre fonti di informazione, comunica senza indugio ai creditori e ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, a mezzo posta presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore, ovvero a mezzo telefax o posta elettronica:
1) che possono partecipare al concorso depositando nella cancelleria del tribunale, domanda ai sensi dell’articolo seguente;
2) la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande;
3) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda.
Se il creditore ha sede o risiede all’estero, la comunicazione può essere effettuata al suo rappresentante in Italia, se esistente.».Art. 77 (Modifiche all’articolo 93 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 93 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 93. Domanda di ammissione al passivo. – La domanda di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorso da depositare presso la cancelleria del tribunale almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.
Il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte e può essere spedito, anche in forma telematica o con altri mezzi di trasmissione purché sia possibile fornire la prova della ricezione.
Il ricorso contiene:
1) l’indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalità del creditore;
2) la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione;
3) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda;
4) l’eventuale indicazione di un titolo di prelazione, anche in relazione alla graduazione del credito, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;
5) l’indicazione del numero di telefax, l’indirizzo di posta elettronica o l’elezione di domicilio in un comune nel circondario ove ha sede il tribunale, ai fini della successive comunicazioni. È facoltà del creditore indicare, quale modalità di notificazione e di comunicazione, la trasmissione per posta elettronica o per telefax ed è onere dello stesso comunicare al curatore ogni variazione del domicilio o delle predette modalità.
Il ricorso è inammissibile se è omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti di cui ai numeri 1, 2 o 3 del precedente comma. Se è omesso o assolutamente incerto il requisito di cui al n. 4, il credito è considerato chirografario.
Se è omessa l’indicazione di cui al n. 5, tutte le comunicazioni successive a quella con la quale il curatore dà notizia della esecutività dello stato passivo, si effettuano presso la cancelleria.
Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto del creditore ovvero del diritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene.
Con la domanda di restituzione o rivendicazione, il terzo può chiedere la sospensione della liquidazione dei beni oggetto della domanda.
Il ricorso può essere presentato dal rappresentante comune degli obbligazionisti ai sensi dell’articolo 2418, secondo comma, del codice civile, anche per singoli gruppi di creditori.
I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati, a pena di decadenza, almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.
Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all’ordine presentati e li restituisca con l’annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo.».Art. 78 (Modifiche all’articolo 94 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 94 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 94. Effetti della domanda. – La domanda di cui all’articolo 93 produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento.».Art. 79 (Modifiche all’articolo 95 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 95 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 95. Progetto di stato passivo e udienza di discussione. – Il curatore esamina le domande di cui all’articolo 93 e predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni. Il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione.
Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almeno sette giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo e lo comunica ai creditori ed al fallito; i creditori o titolari di diritti sui beni possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte sino a due giorni prima della udienza. La stessa facoltà spetta al fallito.
All’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati. Il giudice delegato può procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento.
Il fallito può chiedere di essere sentito.
Delle operazioni si redige processo verbale.».Art. 80 (Modifiche all’articolo 96 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 96 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 96. Formazione ed esecutività dello stato passivo. – Il giudice delegato, con decreto, accoglie in tutto o in parte ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda proposta ai sensi dell’articolo 93. Il decreto è succintamente motivato se sussiste contestazione da parte del curatore sulla domanda proposta. La dichiarazione di inammissibilità della domanda non ne preclude la successiva riproposizione.
Con il provvedimento di accoglimento della domanda, il giudice delegato indica anche il grado dell’eventuale diritto di prelazione.
Oltre che nei casi stabiliti dalla legge, sono ammessi al passivo con riserva:
1) i crediti condizionati e quelli indicati nell’ultimo comma dell’articolo 55;
2) i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice;
3) i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento. Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione.
Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola udienza, il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.
Terminato l’esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria.
Il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi di cui all’articolo 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso.».Art. 81 (Modifiche all’articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 97. Comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento del passivo. – Il curatore, immediatamente dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, comunica a ciascun creditore l’esito della domanda e l’avvenuto deposito in cancelleria dello stato passivo, affinché possa essere esaminato da tutti coloro che hanno presentato domanda ai sensi dell’articolo 93, informando il creditore del diritto di proporre opposizione in caso di mancato accoglimento della domanda.
La comunicazione è data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero tramite telefax o posta elettronica quando il creditore abbia indicato tale modalità di comunicazione.».Art. 82 (Modifiche all’articolo 98 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 98 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 98. Impugnazioni. – Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.
Con l’opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l’opposizione è proposta nei confronti del curatore.
Con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore.
Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili, decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso, al procedimento partecipa il curatore.
Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata.».Art. 83 (Articolo 99)
1. L’articolo 99 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 99. Procedimento. – Le impugnazioni di cui all’articolo precedente si propongono con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione di cui all’articolo 97 ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del documento. Il ricorso deve contenere:
1) l’indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento;
2) le generalità dell’impugnante e l’elezione del domicilio in un comune sito nel circondario del tribunale che ha dichiarato il fallimento;
3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni;
4) l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.
Il tribunale fissa l’udienza in camera di consiglio, assegnando al ricorrente un termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla parte nei confronti della quale la domanda è proposta, al curatore ed al fallito. Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere almeno trenta giorni liberi.
Il giudice delegato non può far parte del collegio.
La parte nei confronti della quale la domanda è proposta deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.
Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi i creditori che intendono intervenire nel giudizio.
Nel corso dell’udienza, il tribunale assume, in contraddittorio tra le parti, i mezzi di prova ammessi, anche delegando uno dei suoi componenti.
Il tribunale, se necessario, può assumere informazioni anche d’ufficio e può autorizzare la produzione di ulteriori documenti. Il fallito può chiedere di essere sentito.
Il tribunale ammette con decreto in tutto o in parte, anche in via provvisoria, le domande non contestate dal curatore o dai creditori intervenuti. Qualora il tribunale non abbia pronunciato in via definitiva, provvede con decreto motivato non reclamabile entro venti giorni dall’udienza.
Il decreto è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.».Art. 84 (Modifiche all’articolo 100 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 100 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è abrogato.Art. 85 (Modifica dell’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 101. Domande tardive di crediti. – Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, depositate in cancelleria oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive; in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest’ultimo termine fino a diciotto mesi.
Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all’articolo 95. Il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda, della data dell’udienza. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99.
Il creditore ha diritto di concorrere sulle somme già distribuite nei limiti di quanto stabilito nell’articolo 112. Il titolare di diritti su beni mobili o immobili, se prova che il ritardo è dipeso da causa non imputabile, può chiedere che siano sospese le attività di liquidazione del bene sino all’accertamento del diritto.
Decorso il termine di cui al primo comma, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.».Art. 86 (Modifiche all’articolo 102 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 102 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 102. Previsione di insufficiente realizzo. – Il tribunale, con decreto motivato da adottarsi prima dell’udienza per l’esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositata almeno dieci giorni prima dell’udienza stessa, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e sentiti il comitato dei creditori ed il fallito, dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l’ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura.
Il tribunale dispone in conformità a quanto previsto nel primo comma anche se la condizione di insufficiente realizzo emerge nel corso delle eventuali udienze successive a quella fissata ai sensi dell’articolo 16.
Il curatore comunica il decreto di cui al primo comma ai creditori che abbiano presentato domanda di ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101, i quali, nei quindici giorni successivi, possono presentare reclamo alla corte di appello, che provvede con decreto in camera di consiglio, sentito il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori ed il fallito.».Art. 87 (Modifiche all’articolo 103 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 103 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 103. Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione. – Ai procedimenti che hanno ad oggetto domande di restituzione o rivendicazione, si applica il regime probatorio previsto nell’articolo 621 del codice di procedura civile. Se il bene non è stato acquisito all’attivo della procedura, il titolare del diritto, anche nel corso dell’udienza di cui all’articolo 95, può modificare l’originaria domanda e chiedere l’ammissione al passivo del controvalore del bene alla data di apertura del concorso. Se il curatore perde il possesso della cosa dopo averla acquisita, il titolare del diritto può chiedere che il controvalore del bene sia corrisposto in prededuzione.».Capo VII – MODIFICHE AL TITOLO II, CAPO VI DEL REGIO DECRETO 16 MARZO 1942, N. 267)
Art. 88 (Modifiche alla rubrica del Titolo II, Capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. La rubrica del Titolo II, Capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 è sostituita dalla seguente:
«Dell’esercizio provvisorio e della liquidazione dell’attivo.».Art. 89 (Modifiche all’articolo 104 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 104 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 104. Esercizio provvisorio dell’impresa del fallito. – Con la sentenza dichiarativa del fallimento, il tribunale può disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, se dalla interruzione può derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizio ai creditori.
Successivamente, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza, con decreto motivato, la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, fissandone la durata.
Durante il periodo di esercizio provvisorio, il comitato dei creditori è convocato dal curatore, almeno ogni tre mesi, per essere informato sull’andamento della gestione e per pronunciarsi sull’opportunità di continuare l’esercizio.
Se il comitato dei creditori non ravvisa l’opportunità di continuare l’esercizio provvisorio, il giudice delegato ne ordina la cessazione.
Ogni semestre, o comunque alla conclusione del periodo di esercizio provvisorio, il curatore deve presentare un rendiconto dell’attività mediante deposito in cancelleria.
In ogni caso il curatore informa senza indugio il giudice delegato e il comitato dei creditori di circostanze sopravvenute che possono influire sulla prosecuzione dell’esercizio provvisorio.
Il tribunale può ordinare la cessazione dell’esercizio provvisorio in qualsiasi momento laddove ne ravvisi l’opportunità, con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo sentiti il curatore ed il comitato dei creditori.
Durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli.
I crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1).
Al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio si applicano le disposizioni di cui alla Sezione IV del Capo III del Titolo II.».Commento:
Coerentemente con l’impostazione generale del decreto, volto alla salvaguardia del bene impresa, l’esercizio provvisorio vede ampliate le proprie possibilità applicative. L’autorizzazione alla continuazione dell’impresa all’interno della procedura fallimentare può essere parziale e riguardare anche solo un ramo d’azienda.
Il presupposto è ora ravvisato nel “danno grave”, non essendo più necessario che vi sia anche l’ulteriore requisito della irreparabilità. Dunque, una condizione per certi versi meno blindata, che vorrebbe far perdere così all’istituto il carattere eccezionale che lo ha contraddistinto storicamente. La nuova norma nasce con l’intento di rinvigorire il ricorso all’esercizio provvisorio, al fine di valorizzarne le potenzialità, volendo convertirlo a strumento di conservazione e, in presenza di determinati presupposti, di risanamento dell’organismo produttivo. Tuttavia, le esigenze sottese alla ratio della prosecuzione dell’attività devono essere contemperate con le ragioni creditorie: la tutela di interessi ulteriori può essere attivata “purchè non rechi pregiudizio ai creditori”. Per altro verso, quindi, le rovinose conseguenze derivanti dalla cessazione dell’esercizio dell’impresa, sintetizzate ora nel “danno grave” possono essere arginate in presenza della condizione negativa del mancato pregiudizio ai creditori.
Durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguiranno, salvo che il curatore non decida di interromperli.
Al fine di garantire la trasparenza nella gestione dell’azienda, sul curatore graveranno alcuni obblighi di informazione nei confronti del giudice delegato e del comitato dei creditori.
I lavori preparatori mostrano come la norma abbia subito ripetute modifiche.
Una delle bozze predisposte propugnava la possibilità di affiancare al curatore l’imprenditore nella gestione dell’impresa. Le prospettazione è stata sottoposta ad una duplice critica: in primo luogo, non è piaciuta l’ipotesi della collaborazione da parte del fallito, nelle vesti di ausiliario, la cui conduzione degli affari ha comunque provocato esiti negativi; in secondo luogo, si ribadiscono da tempo i problemi circa la concreta possibilità per il curatore di riuscire a risollevare le sorti dell’organismo decotto. Mentre la soluzione dell’affidamento congiunto è stata accantonata, resta tutta da risolvere la questione concernente il ruolo del curatore, che rappresenta tradizionalmente uno dei nodi cruciali del sistema fallimentare e che, anzi, nel nuovo impianto vede affidarsi maggiori prerogative a discapito del giudice delegato. A tal proposito va sottolineato che i curatori sono tratti nelle fila degli avvocati, dei ragionieri, dei commercialisti, ovvero liberi professionisti che generalmente sono digiuni delle competenze tecniche necessarie per gestire un’impresa. Pertanto, è ancora più evidente come tali soggetti non siano verosimilmente in grado di far proficuamente percorrere all’impresa un valido tratto di strada e riconsegnarla al mercato in condizioni di appetibilità. Siffatte considerazioni, unite alla responsabilità del fallimento per le obbligazioni sorte durante l’esercizio provvisorio, da soddisfarsi in prededuzione ex art. 111 n. 1 l.f., sono alla base della scarsa frequenza con la quale gli organi fallimentare hanno fatto ricorso all’istituto nella lunga esperienza maturata dal 1942. Una delle soluzioni suggerite, è quella di affidare la gestione dell’impresa a società per azioni scelta con criteri di particolare prudenza ed affidabilità e dotata di garanzie fideiussorie adeguate. In tal modo l’auspicata ristrutturazione dell’impresa forse non sarebbe più una irraggiungibile velleità. [V.S.]Art. 90 (Articoli 104-bis, 104-ter)
1. Dopo l’articolo 104 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono inseriti i seguenti:
«Art. 104-bis. Affitto dell’azienda o di rami dell’azienda. – Anche prima della presentazione del programma di liquidazione di cui all’articolo 104-ter, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l’affitto dell’azienda del fallito a terzi anche limitatamente a specifici rami quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell’azienda o di parti della stessa.
La scelta dell’affittuario è effettuata dal curatore a norma dell’art. 107, sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali.
Il contratto di affitto stipulato dal curatore nelle forme previste dall’art. 2556, c.c., deve prevedere il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, la prestazione di idonee garanzie per le tutte le obbligazioni dell’affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all’affittuario di un giusto indennizzo da corrispondere ai sensi dell’articolo 111 n. 1.
La durata dell’affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni.
Il diritto di prelazione a favore dell’affittuario può essere concesso convenzionalmente, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. In tal caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita dell’azienda, o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all’affittuario, il quale può esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione.
La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla Sezione IV del Capo III del Titolo II.
Art. 104-ter. Programma di liquidazione. – Entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, all’approvazione del giudice delegato.
Il programma deve indicare le modalità e i termini previsti per la realizzazione dell’attivo, specificando:
a) l’opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell’art. 104, ovvero l’opportunità di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell’articolo 104-bis;
b) la sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto;
c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare;
d) le possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami , di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco;
e) le condizioni della vendita dei singoli cespiti.
Il curatore può essere autorizzato dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti alcune incombenze della procedura di liquidazione dell’attivo.
Il comitato dei creditori può proporre al curatore modifiche al programma presentato.
L’approvazione del programma di liquidazione tiene luogo delle singole autorizzazioni eventualmente necessarie ai sensi della presente legge per l’adozione di atti o l’effettuazione di operazioni inclusi nel programma.
Per sopravvenute esigenze, il curatore può presentare, con le modalità di cui ai commi primo, secondo e terzo, un supplemento del piano di liquidazione.
Prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori se già nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori.
Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all’attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l’attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il curatore ne dà comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell’art. 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore.».Commento:
L’affitto dell’azienda trova finalmente la sua collocazione normativa all’interno della legge fallimentare. La sua regolamentazione veniva da tempo auspicata, data l’indubbia propensione a costituire un valido strumento per arginare le dannose conseguenze della cessazione dell’attività d’impresa.
Parte della dottrina, specialmente la più risalente, si è mostrata piuttosto restia ad ammettere la legittimità dell’istituto, ritenendolo incompatibile con le finalità tipiche della procedura concorsuale del 1942, tradizionalmente identificate nella più sollecita liquidazione del patrimonio dell’imprenditore. La replica dell’orientamento maggioritario si è invece mossa nel senso della sua legittimità, soprattutto in considerazione di due aspetti: da un lato, non sempre la mera rapidità della liquidazione dell’attivo assicura necessariamente la migliore tutela del ceto creditorio; dall’altro lato, il contratto in esame, in talune circostanze, non comporta un differimento della liquidazione, ma, al contrario, si pone in funzione prodromica rispetto a quest’ultima, agevolandola mediante la cessione d’azienda in pendenza d’affitto. Tale impostazione, prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza, ha trovato fondamento positivo nella legislazione speciale. Infatti, l’art. 3, comma 4 della legge 223 del 1991, riconoscendo, in caso di vendita fallimentare dell’azienda, un diritto di prelazione in capo all’imprenditore che ne abbia assunto la gestione in virtù di un contratto d’affitto, ha indirettamente stabilito l’ammissibilità dell’istituto.Lo strumento ha conosciuto una frequente applicazione, in ragione, oltre che dei pregi testè enunciati, dei vantaggi derivanti dall’assunzione del rischio d’impresa in capo all’affittuario, con conseguente insensibilità per l’amministrazione fallimentare delle obbligazioni contratte. Tale connotazione ha reso preferibile l’affitto rispetto all’esercizio provvisorio, relegato in un ruolo assolutamente marginale, dal momento che i crediti sorti durante la gestione sono, in quest’ultimo caso, al contrario, da soddisfarsi in prededuzione ex art. 111 l.f.
In ogni caso, l’opportunità della stipula del contratto d’affitto d’azienda nel fallimento va valutata caso per caso: i giudici delegati dovranno essere molto prudenti sia nell’apprezzamento della convenienza di far proseguire da un terzo l’attività d’impresa, sia nella valutazione delle garanzie patrimoniali e di professionalità del nuovo gestore. Perciò, fondamentali sono i criteri di cernita dell’affittuario, che deve presentare determinati requisiti di affidabilità, misurati sulla “attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali”. Inoltre, la valutazione dovrà tenere conto del canone offerto, che andrà ad impinguare l’attivo fallimentare.
Quanto al contratto d’affitto, il legislatore ha recepito una serie di indicazioni suggerite dalla prassi, volte a contenere i rischi derivanti dal possibile cattivo esercizio dei poteri di gestione da parte dell’affittuario. Sulla scorta del modus operandi degli organi concorsuali, la norma di nuovo conio stabilisce l’inserzione delle c.d. “clausole di salvaguardia”, ovvero patti aventi ad oggetto la possibilità per il concedente di ispezionare i locali, la prestazione di idonee garanzie e il diritto di recesso ad opera del curatore. Nella stessa ottica va inquadrata la disposizione della durata del contratto: il concetto di compatibilità “con le esigenze della liquidazione dei beni” deve essere inteso nel senso della previsione di un termine non eccessivamente lungo, al fine di evitare che la concessione del diritto di godimento a terzi possa ostacolare la vendita e la chiusura del fallimento.
L’accordo negoziale, tra l’altro, potrà prevedere il diritto di prelazione a favore dell’affittuario, per il cui esercizio sono però necessari l’autorizzazione del giudice delegato e il parere favorevole del comitato dei creditori.
Confrontando la norma con la statuizione contenuta nell’art. 3, comma 4 della legge n. 223 del 1991, va rilevato che la prelazione ivi prevista compete all’affittuario in ogni caso, laddove invece l’art. 104 bis la considera solo come oggetto di specifica previsione pattizia. [V.S.]Art. 91 (Modifiche all’articolo 105 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 105 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 105. Vendita dell’azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco – La liquidazione dei singoli beni ai sensi degli articoli seguenti del presente Capo è disposta quando non è possibile procedere alla vendita dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco.
La vendita del complesso aziendale o di rami dello stesso è effettuata con le modalità di cui all’art. 107, in conformità a quanto disposto dall’articolo 2556 del codice civile.
Nell’ambito delle consultazioni sindacali relative al trasferimento d’azienda, il curatore, l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e le ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti.
Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento.
Il curatore può procedere altresì alla cessione delle attività e delle passività dell’azienda o dei suoi rami, nonché di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell’alienante prevista dall’art. 2560 del codice civile.
La cessione dei crediti relativi alle aziende cedute, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede al cedente.
I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del cedente, conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario.
Il curatore può procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell’azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell’alienante ai sensi dell’art. 2560 del codice civile ed osservate le disposizioni inderogabili contenute nella presente Sezione. Sono salve le diverse disposizioni previste in leggi speciali.
Il pagamento del prezzo può essere effettuato mediante accollo di debiti da parte dell’acquirente solo se non viene alterata la graduazione dei crediti.».Art. 92 (Modifiche all’articolo 106 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 106 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 106. Vendita dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni, mandato a riscuotere. – Il curatore può cedere i crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione; può altresì cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizi sono già pendenti.
Per la vendita della quota di società a responsabilità limitata si applica l’articolo 2471 del codice civile.
In alternativa alla cessione di cui al primo comma del presente articolo, il curatore può stipulare contratti di mandato per la riscossione dei crediti.».Art. 93 (Modifiche all’articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 107. Modalità delle vendite. – Le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effettuati dal curatore, tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati.
Per i beni immobili, prima del completamento delle operazioni di vendita, è data notizia mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio.
Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d’acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto.
Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione.
Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tal caso si applicano le disposizione del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all’articolo 51.
Con regolamento del Ministro della giustizia da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del primo comma, nonché i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita.».Art. 94 (Modifiche all’articolo 108 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. L’articolo 108 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 108. Poteri del giudice delegato. – Il giudice delegato, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori, può sospendere, con decreto motivato, le operazioni di vendita qualora ricorrano gravi e giustificati motivi ovvero, su istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal deposito di cui al quarto comma dell’articolo 107, impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto tenuto conto delle condizioni di mercato.
Per i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico e per i beni immobili, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.».Art. 95 (Articolo 108-bis e articolo 108-ter)
1. Dopo l’articolo 108 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono inseriti i seguenti:
«Art. 108-bis. Modalità della vendita di navi, galleggianti ed aeromobili. – La vendita di navi, galleggianti ed aeromobili iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione è eseguita a norma delle disposizioni dello stesso codice, in quanto applicabili.
Art. 108-ter. – Modalità della vendita di diritti sulle opere dell’ingegno; sulle invenzioni industriali; sui marchi. Il trasferimento dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell’ingegno, il trasferimento dei diritti nascenti delle invenzioni industriali, il trasferimento dei marchi e la cessione di banche di dati sono fatte a norma delle rispettive leggi speciali.».Art. 96 (Modifiche all’articolo 109 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267)
1. All’articolo 109 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, al secondo comma, le parole:
«Il giudice delegato» sono sostituite dalle seguenti: «Il tribunale».