il diritto commerciale d’oggi
     VII.2 – febbraio 2008

STUDÎ & COMMENTI

 

PAOLO SILVESTRO

La fusione transfrontaliera in due recenti decisioni tra Italia e Francia e Lussemburgo. Spunti di riflessione de iure condendo *

 

   1. Introduzione
  La fusione (1) tra società di differenti Stati dell’Unione Europea si definisce “transfrontaliera” e presuppone la presenza di tre elementi fondamentali:
   1) una fusione
   2) più società di capitali
   3) un ambito territoriale di rilevanza comunitaria.
   Per quanto concerne il punto sub 3), si richiede che la società costituita in conformità alla legge di uno Stato membro abbia la sede sociale, l’amministrazione centrale e il centro di attività principale nell’Unione Europea (2). La natura giuridica di questa fusione differisce da quella interna esclusivamente per una connotazione soggettiva, dal momento che vi partecipano società dell’area comunitaria, ma determina, al pari di quella ex artt. 2501 e seguenti del nostro codice civile, l’estinzione della/e società incorporata/e e l’assegnazione dell’intero patrimonio all’incorporante.
   La direttiva 2005/56/CE (3) è parte del processo di “armonizzazione” delle normative nazionali tendente alla realizzazione di quel principio di abbattimento delle frontiere (art. 3 lett. H Tratt. CE), che è di complemento all’introduzione della Società Europea (4).
   La legge 31 maggio 1995 n. 218 di riforma del diritto internazionale privato, all’art. 25 III co, riconosce la legge di costituzione in quella nazionale (5).
   La direttiva non si discosta da queste indicazioni adottando una tecnica di “mantenimento” delle norme di coordinamento per quanto concerne gli aspetti di contrasto tra ordinamenti, pur presentando nella disciplina una questione centrale nell’individuazione di quale criterio di collegamento consenta di ascrivere l’operazione al suo interno.
   Corollari che se ne ricavano, sono:
   a) la necessità in primis che ciascuna legge nazionale ammetta la fusione;
   b) la possibilità di addivenire ad operazioni straordinarie anche con società straniere;
   c) l’assenza di incompatibilità normative tra le legislazioni statali comunitarie (6).
   Il profilo delineato sub c) rappresenta il punto di maggiore criticità (7), stante la possibile conflittualità tra sistemi giuridici diversi, ma l’esigenza di superare questo eventuale “impasse” è motivata dall’importanza di consentire, oltre frontiera, una proficua attività nel sistema economico. Con le operazioni straordinarie di concentrazione si permette, infatti, alle società degli Stati membri di espandersi all’interno dello spazio comunitario mediante l’acquisizione di beni aziendali per il raggiungimento di obiettivi imprenditoriali prefissati (8), senza necessità di ricorrere alla costituzione di società ad hoc, al di fuori dei confini nazionali. L’innegabile vantaggio che ne discende, in termini di crescita produttiva e di competitività, deve, peraltro, confrontarsi con le limitazioni derivanti dalle divergenze di disciplina tra i vari Stati, nonché con ingenti costi operativi che scaturiscono dall’assenza di regole unitarie. La disomogeneità delle legislazioni comporta la violazione della libertà di stabilimento quale principio fondamentale previsto dall’art. 48 del Trattato CE. L’obiettivo rimane quello della diffusione del mercato comune in modo che la circolazione della ricchezza non subisca limitazioni di sorta; risulta quindi evidente come uno strumento di aggregazione per le imprese fosse da tempo auspicato da parte degli operatori giuridici (9). L’architettura normativa, sebbene finalizzata al superamento delle barriere nazionali, tende comunque a rispettare l’individualità di ciascuno Stato membro (10), fugando, in tal modo, il dubbio che si trattasse soltanto di un escamotage per sottrarsi ad alcune previsioni dei singoli ordinamenti nazionali (11).
   La direttiva de qua, pur risolvendo in nuce il tema della legge applicabile alla fattispecie (12), non si pone in opposizione con le regole di ciascuno Stato, ma presuppone tra loro un collegamento omogeneo ed un coordinamento unitario.
   La Corte di Giustizia, con la celebre sentenza SEVIC, si è pronunciata per la legittimità della fusione transfrontaliera quale manifestazione del principio della libertà di stabilimento, ribadendo l’importanza economica di iniziative tra società appartenenti a paesi CE diversi, «nella misura in cui corrispondono alla necessità di cooperazione e consolidamento» (13) tra questi soggetti.
   L’adesione alla Comunità Europea comporta l’effetto naturale del riconoscimento della prevalenza del diritto comunitario sul diritto domestico: la legge nazionale in conflitto con le prescrizioni comunitarie è viziata da illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 11 della Costituzione e il giudice nazionale è tenuto a non applicarla (14). Unico limite a tale supremazia legislativa è costituita dal rispetto dei principi fondamentali del proprio ordinamento giuridico; sul piano positivo la prevalenza si traduce in una immediata efficacia del regolamento comunitario, anche nei rapporti tra privati, laddove le direttive vincolano esclusivamente gli Stati Membri a realizzare le finalità in esse delineate, con ampia libertà riguardo «alla forma e ai mezzi, cioè alla scelta degli atti interni di esecuzione» (art. 189, comma 3° Tratt. CE) (15).
   Il singolo Stato era tenuto, peraltro, ad un formale atto di recepimento (16), che in Italia doveva essere emanato entro il 15 dicembre 2007: la legge 6 febbraio 2007 n. 13 (legge comunitaria 2006) ha delegato il Governo a recepire la normativa comunitaria entro il 4 marzo 2008.
   Il Notariato italiano, dal canto suo, ha sottoposto, di recente, alla commissione ministeriale competente un progetto di legge di attuazione della direttiva, «affinchè l’ambiente giuridico-economico italiano non resti un semplice spettatore di operazioni di concentrazione altrove realizzate e non deluda le aspettative riposte nell’iniziativa comunitaria» (17).
Tuttavia, la frequenza con cui vengono formulate richieste di perfezionamento per operazioni transnazionali e la necessità di assicurare loro certezza e rapidità di conclusione, impongono riflessione sulle conseguenze derivanti dalla mancanza di un formale riconoscimento. Di fatto, la direttiva non è ancora vigente nel nostro Stato, ma è altrettanto evidente come la quasi totalità delle disposizioni procedimentali da cui è composta non presentino impedimenti per la loro immediata applicazione (18).
   In una recente pronuncia, il Consiglio di Stato (19) ha affermato – in realtà piuttosto cautamente - che i principi fondamentali dell’ordinamento comunitario trovano esecuzione, a prescindere dal recepimento delle direttive che di essi costituiscono emanazione. Alcuni autori (20) ritengono, addirittura che, qualora gli Stati membri non abbiano ottemperato entro il termine previsto, le disposizioni hanno comunque efficacia immediata, se incondizionate e sufficientemente precise, e così sembrerebbe essere per la maggior parte di quelle contenute nella X Direttiva (21), eccezion fatta per la norma relativa alla partecipazione dei lavoratori (22).
   Alla luce dei principi sopra enunciati, non si può certamente ignorare come le norme di riferimento siano così puntuali e dettagliate, da costituire fonte di garanzia per gli interessi sottesi alla procedura.
   Lo spirito comunitario di assicurare un’esaustiva informazione ai soggetti coinvolti si evince dalla particolare attenzione prestata al tema della pubblicità nell’art. 6 della direttiva. Infatti, pur prevedendo il rispetto delle formalità pubblicitarie proprie di ogni sistema nazionale, è richiesta l’ulteriore pubblicazione dell’operazione sulla Gazzetta Ufficiale degli Stati di appartenenza (23). La prassi notarile, assai sensibile alla sollecitazione derivante da queste problematiche e forte dell’esperienza acquisita nel collegamento tra teoria e pratica del diritto, ha proposto soluzioni concrete, così come risulta delle esemplificazioni che seguiranno.
   Ma come orientarsi nel perfezionamento degli atti del procedimento di una fusione transfrontaliera?
   Le vicende riguardano due casi di fusione transfrontaliera, di cui uno concernente una società italiana ed una francese e, l’altro, più società italiane ed una lussemburghese, i cui progetti e le cui delibere delle incorporanti sono riportate nella parte finale del presente scritto.
   Con riferimento alla legislazione francese, Umberto Morello si è trovato a fronteggiare una situazione in cui si imponeva di dare espressa contezza, nel testo della delibera, del rispetto delle singole normative nazionali (24), individuandone, con precisione, ogni passaggio ed adempimento.
   In sostanza, la scelta obbligata, essendo ancora pendente il termine per il recepimento, è stata quella di tener conto delle prescrizioni proprie del singolo Stato, dandone evidenza nel relativo verbale anche con la precisazione relativa agli effetti della procedura, prescindendo da un’applicazione tout court della direttiva.
   Nella fattispecie che ho personalmente affrontato, il quadro normativo proprio del Lussemburgo richiama gli artt. 257 e ss., della “Section XIV – Des fusion”, della Loi du 10 aout 1915 concernant les societes commerciales- Mise à Jour officiense au 2 avril 2007 e per quanto concerne la procedura semplificata rinvia all’art. 278 della Loi du 10 aout 1915 concernant les societes commerciales- Mise à Jour officiense au 2 avril 2007- “Section XIV- Des fusions”, -“Sous section III Absorption d’une societe par une autre possedant 90% ou plus des actions ou parts de la premiere”, (art. 278 «Si la société absorbante est titulaire de la totalità des actions, parte t autres titres conférant droit de vote des sociétés à absober, l’opération est soumise aux dispositions de la section XIV sous-section I à l’exception de l’article 261 paragraphe (2) b), c) et d) des articles 265 et 266, de l’article 267 paragraphe (1) d) et e), de l’article 274 paragraphe (1) b) ainsi que de l’article 275»).
   L’alternativa proposta, anche perché praticata in un momento storico successivo alla scadenza del termine di recepimento, esterna nella decisione di fusione le formalità richieste dalle leggi interne, con particolare enfasi sullo spirito di informazione della direttiva nella parte dedicata alla fase procedimentale ed agli adempimenti pubblicitari. L’adozione della procedura semplificata (25) consente inoltre di omettere l’allegazione delle relazioni dell’organo amministrativo e del parere degli esperti.
   Le soluzioni praticate non sono frutto di scelte che rispecchiano tecniche redazionali contrapposte, bensì, in considerazione di una diversità temporale, sul piano strutturale rispondono alle relative istanze.

   2. Aspetti rilevanti della disciplina comunitaria: il certificato preliminare di fusione e il controllo di legittimità.
   Come detto in apertura, la decima direttiva si applica a quelle fusioni che si realizzano tra almeno due società soggette alla legislazione di Stati membri diversi, territorialmente collocate nella Comunità, purchè ciò sia consentito dalla legislazione nazionale (26).
   L’obiettivo del legislatore comunitario (27) di parificare le operazioni transfrontaliere a quelle domestiche rispettando l’applicazione delle normative nazionali ove non confliggenti con quella comunitaria, viene perseguito mediante l’adozione di un progetto comune, al fine di garantirne una pari identità nei singoli Stati. A tal fine si delineano una serie di tutele, quale quella del meccanismo di pubblicità degli atti, quella del controllo a livello nazionale delle operazioni, quella del coinvolgimento e della partecipazione dei lavoratori, quella della precisa individuazione degli effetti dell’operazione, che eliminano sin dal principio il rischio di una disomogeneità tra le varie normative e, quindi, ogni possibile ostacolo operativo (28).
   L’organo amministrativo di ciascuna società dovrà quindi, in via preliminare, curare la predisposizione di un progetto di fusione comune fondato sulle indicazioni dell’art. 5 della direttiva, che verrà, poi, pubblicato secondo le modalità previste dalla legislazione di ciascuno Stato membro, che sarebbe auspicabile eseguire con i testi a fronte nelle rispettive lingue nazionali.
   Le società partecipanti alla fusione dovranno, altresì, pubblicare nella Gazzetta Ufficiale dello Stato di appartenenza le indicazioni relative alla loro individuazione, al registro in cui risulta iscritto il progetto e alle modalità di esercizio dei diritti da parte di creditori e soci, così come precisato dall’art. 6 della direttiva (29).
   Le previsioni di cui all’art. 10, relative ad un certificato preliminare alla fusione e all’art. 11, circa il controllo di legittimità, si sostanziano in un riscontro sulla liceità della fusione. La direttiva lascia alle legislazioni nazionali il compito di individuare l’organo o le autorità deputate a questo controllo (30), ma impone che il soggetto designato produca un certificato dal quale risulti l’adempimento di tutte le formalità “preliminari” alla fusione e verifichi, secondo le modalità indicate all’art. 11, che il progetto comune sia approvato negli stessi termini dalle società partecipanti, nonchè vengano fissate le modalità di partecipazione dei lavoratori secondo le indicazioni dell’art. 16 (31).
   La natura giuridica del certificato è meramente ricognitiva e, al di là della lettera propria della sua definizione, è da intendersi “preliminare” rispetto all’attuazione della fusione; da un punto di vista temporale riteniamo che esso si debba collocare a ridosso dell’atto di fusione quale condizione della sua iscrivibilità (32).
   Agli Stati membri è lasciata piena autonomia di individuare l’organo giurisdizionale preposto al suo rilascio, se il Notaio o altra autorità investita parimenti di effettuare il controllo sulla legittimità della fusione transfrontaliera per la procedura di ciascuna delle società che vi partecipano. Attualmente, come è emerso dall’analisi dei casi qui affrontati, tale incombenza per la Francia è demandata alla Cancelleria del Tribunale ove hanno sede le Società, mentre per l’Italia e per il Lussemburgo potrebbe essere affidata, in sede di recepimento della direttiva, al Notaio.
   Il certificato preliminare nasce dall’esigenza di vagliare la correttezza e la regolarità del procedimento di fusione che coinvolge autorità estere, e di consentire l’iscrizione dell’atto di fusione: non a caso, la certificazione dovrà necessariamente riguardare tutte le società partecipanti all’operazione.
   La sua forma dipenderà, ovviamente, dall’autorità in concreto prescelta; al riguardo, l’art. 10 prescrive espressamente che contenga una “attestazione” a titolo definitivo sull’adempimento regolare degli atti e delle formalità preliminari alla fusione.
   L’articolo 11 della direttiva prevede altresì che l’autorità preposta al controllo di legittimità accerti che le società coinvolte abbiano approvato il progetto comune negli stessi termini e che, eventualmente, siano state rispettate le modalità di partecipazione dei lavoratori.
   Per regolare il rapporto di queste due distinte fasi della procedura, è auspicabile che la modulazione sia effettuata dal legislatore all’interno di ogni singolo Stato.
   L’importanza che le due fasi di certificazione e in sequenza del controllo di legittimità rivestono in ordine alla pubblicità da attivare al termine della fusione, è funzionale, altresì, agli adempimenti di cancellazione delle società incorporate, laddove l’art. 11 della direttiva dispone che ciascuna delle società partecipanti debba trasmettere il certificato - entro sei mesi dal suo rilascio – e il progetto alle autorità preposte al controllo dell’operazione affinché esse possano verificarne la legittimità.
   Altro aspetto di sostanziale importanza non affrontato dalla direttiva, proprio perchè relativo alla pubblicità, è quello della cessazione delle società partecipanti alla fusione, che richiede un opportuno coordinamento tra i registri commerciali nazionali, nel senso che a fusione ultimata dovrà corrispondere una idonea pubblicità di cancellazione da notiziare debitamente per tutte le società incorporate in ciascuno Stato comunitario (33), nel quale si determina la loro estinzione.
   L’iter procedurale, con le relazioni di amministratori ed esperti, e l’approvazione assembleare dell’operazione, sembra plasmarsi sulla falsariga delle fusioni domestiche. La direttiva definisce nell’art. 14 in modo analitico gli effetti dell’operazione, disponendo il rinvio con l’art. 12 alla normativa degli Stati membri per la determinazione dell’efficacia, a condizione che sia, comunque, posteriore al controllo di legittimità.
   Il legislatore comunitario ha dedicato attenzione nel tema della pubblicità al trasferimento di quei beni, diritti ed obbligazioni che prevedano, nelle legislazioni interne, formalità particolari ai fini della opponibilità a terzi: è un giusto riconoscimento alle singole autonomie nazionali per garantire il rispetto della circolazione dei beni; ricorrendo tale ipotesi, sarà la società risultante (art. 14 n. 3) o quella incorporante ad adempiere a questa incombenza. Discende, da tale impostazione, la opportunità, già in via preliminare in sede di progetto, di un’indagine approfondita sugli assets patrimoniali oggetto di apporto che dovranno ricevere evidenza per la informazione dei vari sistemi pubblicitari al momento dell’attuazione. Questo profilo di opportunità assume con certezza carattere di necessità in sede di atto di fusione, nella regolamentazione propria degli Stati delle società comunitarie partecipanti, per i diritti relativi ai beni immobiliari nonchè per quelli relativi a beni mobili iscritti in pubblici registri.

   3. Considerazioni conclusive
   L’attesa di un ingresso ufficiale delle fusioni transfrontaliere nel nostro ordinamento rende difficile la valutazione delle soluzioni da adottare e la loro rispondenza all’obiettivo dichiarato dal legislatore comunitario.
   Non si può tacere infatti, che appaiono irrisolte alcune questioni importanti, come, ad esempio, quella della responsabilità degli amministratori e degli esperti che partecipano alla fusione e quella dei profili fiscali di queste operazioni. Queste incertezze, sottolineate anche dal Comitato economico e sociale europeo nel 2004 (34), lasciano delle zone grigie in una disciplina che, forse anche perché fortemente rispettosa delle varie identità nazionali, sembra riscuotere consensi da parte degli operatori del diritto.
   Ciò che, infine, sembra non avere una ragione è il silenzio della normativa comunitaria riguardo alla scissione che, nella sostanza, se totale determina un effetto analogo a quello della fusione per incorporazione, anche per quanto attiene ad un incremento dell’operatività.
   È auspicabile che i dubbi di coordinamento normativo che si appalesano, trovino soddisfacente soluzione nell’imminente approvazione di un decreto legislativo di attuazione.
   Ed è proprio in fase di completamento del presente scritto che apprendo la notizia della trasmissione in data 3 marzo 2008 da parte del Governo alla Presidenza della Camera dei Deputati, di uno schema (35) di decreto legislativo recante l’attuazione della direttiva di cui trattasi, che ha già ricevuto parere favorevole con alcune osservazioni delle Commissioni interessate.
   Come è stato giustamente sottolineato dai primi commentatori (36), si viene così a «colmare un vuoto normativo ormai incompatibile con la sempre più spiccata internazionalizzazione delle attività economiche».
   L’ambito di applicazione si estende sia alle fusioni transfrontaliere tra società di capitali che rispettano i criteri di collegamento di cui alla direttiva, sia a quelle cui partecipino o risultino società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non abbiano sede negli Stati membri purchè a condizione di reciprocità, risultando così ampliato il campo di applicazione del decreto rispetto alle previsione della direttiva. Ne resta in ogni caso esclusa l’operatività ove partecipi una Sicav di cui all’art. 43 del TUF, o una società cooperativa a mutualità prevalente regolata all’art. 2512 cod. civ.
   Sotto il profilo di applicazione temporale, il decreto si riferisce a tutte quelle fusioni transfrontaliere il cui progetto comune non sia stato approvato da alcuna delle società italiane partecipanti alla data di entrata in vigore del decreto stesso.
   Quanto al dilemma della legge applicabile, viene accolta la scelta comunitaria del rispetto delle normative nazionali, con la particolarità che in caso di conflitto tra le varie normative, si applicherà la legge dello Stato in cui avrà sede la società risultante dal merger transfrontaliero. La puntualizzazione è di rilievo, visto l’orientamento della dottrina in favore della normativa più liberale.
Nella trattazione del procedimento necessario al perfezionamento dell’operazione, sono richiamate fedelmente le linee guida emerse già nel testo della direttiva, alle quali pertanto si rinvia.
   Di particolare interesse è la introduzione di una innovativa fattispecie di recesso rispetto alla disciplina italiana, che lo consente anche ai soci di minoranza dissenzienti, oltre alla previsione di una procedura semplificata nel caso di società interamente possedute.
Merita, inoltre, particolare attenzione l’aspetto della tutela dei lavoratori, i quali sono destinatari di una capillare attività di informazione, da parte delle società coinvolte nella fusione. L’obiettivo è realizzato, nelle intenzioni del legislatore, integrando il contenuto della relazione dell’organo amministrativo (37) con una puntuale esplicazione delle conseguenze della fusione anche nei confronti dei lavoratori stessi; detto documento dovrà essere inviato alla rappresentanza dei lavoratori, affinché ne prenda visione, con facoltà di formulare un eventuale parere da allegare successivamente alla relazione.
   Lo schema di decreto legislativo, negli artt. 7, 11, 12, 13, 14, 15, 16 determina in modo compiuto le modalità di attuazione della fusione transfrontaliera, quanto a pubblicità ed efficacia, stabilendo che:
   a) la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana deve intervenire almeno 30 giorni prima della deliberazione di fusione transfrontaliera;
   b) la fusione deve risultare da atto pubblico;
   c) il certificato preliminare di fusione, del quale si precisa il contenuto di attestazione circa il regolare adempimento degli atti e formalità preliminari in conformità alla legge, è rilasciato dal Notaio;
   d) il Notaio, se la società risultante dalla fusione è italiana:
   – sulla base dei certificati preliminari pervenuti ed entro 30 giorni dal loro ricevimento, esercita un controllo di legittimità sull’attuazione della fusione;
   – il Notaio entro 30 giorni dal rilascio della attestazione di legittimità susseguente al controllo deposita la stessa, unitamente all’atto di fusione ed ai certificati preliminari, presso il registro delle imprese ove ha sede la società.
   La mia prima impressione dalla lettura di questa parte della normativa è che il certificato preliminare debba precedere l’atto di fusione, facendo poi seguire un controllo di legittimità complessivo sull’attuazione dell’operazione, che si concreta in una apposita attestazione (cfr. art. 13 schema licenziato). In definitiva, sembra configurarsi una sorta di controllo omologatorio postumo dell’atto di fusione, che potrebbe riaprire la sopita disputa sulla sua natura meramente esecutiva (38).
   e) l’ufficio del registro delle imprese ove è iscritta l’incorporante o la società risultante dalla fusione comunica all’ufficio del registro delle imprese in cui sono iscritte le società partecipanti alla fusione che l’operazione ha acquistato efficacia e così provvede alla relativa cancellazione;
   f) la fusione transfrontaliera produce gli effetti di cui all’articolo 2504 bis primo comma del codice civile. La società italiana risultante dall’operazione è tenuta a rispettare le formalità cui è sottoposta l’altra società coinvolta nella fusione relativamente all’opponibilità ai terzi del trasferimento di beni, diritti e obbligazioni inclusi nel patrimonio di tale società.
   In attesa del licenziamento del testo definitivo, mi sembra che il coordinamento tra le attività di certificazione e controllo di legittimità presentino una interdipendenza di difficile gestione. Manifesto altresì perplessità di tipo pratico sulla imputazione della operatività per la pubblicità di cessazione delle società estinte ai Registri delle Imprese, che dovrebbero spingersi a legittimarla mediante una “comunicazione di efficacia” dell’operazione (art. 15 n. 2 dello schema).
   Nell’art. 16 n. 2 dello schema di D.Lgs. a carico della società italiana se risultante o incorporante viene tradotto puntualmente l’obbligo, già palesato dalla direttiva (art. 15 n. 3), di procedere all’adempimento di quelle incombenze pubblicitarie proprie delle legislazioni degli Stati membri relativamente a quelle delle società incorporande che apportino beni, diritti ed obbligazioni, assistititi da forme particolari e la cui circolazione intanto può essere opponibile, in quanto sia conoscibile. Oltre al lessico usato dal legislatore nella direttiva e nello schema di D.Lgs. (trasferimento e non assegnazione come nel nostro codice civile anche se per la scissione), ma non è il caso qui di riaprire la polemica, perchè indipendentemente dai formalismi, la circolazione dei beni è meramente indiretta, dando luogo soltanto ad un mutamento di ditta intestataria, ma ne va stigmatizzata la complessità nella connessione tra sistemi transnazionali.
   Rinvio alle considerazioni espresse in sede di commento della corrispondente norma di direttiva (art. 14 comma 3 della direttiva), osservando, comunque, la centralità assunta dalla informazione nel sistema della circolazione dei beni in ambito comunitario, la cui garanzia di compiuto adempimento richiederà un considerevole impegno per gli operatori giuridici in genere, ma per il Notariato in particolare nell’esercizio della sua funzione istituzionale.
   Va aggiunto infine che, nel caso in cui una società italiana si fonda con una società appartenente ad un Paese comunitario con un numero di dipendenti superiore alle 500 unità e gestita in modalità di partecipazione degli stessi alla governance, anche in Italia troverebbe applicazione la normativa introdotta dal Regolamento CE n. 2157/2001, la quale reca la facoltà per i lavoratori di esercitare dei diritti di partecipazione alla gestione societaria. L’occasione di introdurre questa possibilità, mancata dalla riforma del diritto societario, potrebbe peraltro essere ora giustificata per garantire una gestione quanto più omogenea e lineare dell’operazione transfrontaliera.

* La stesura di questo elaborato è dovuta anche al prezioso supporto di Emanuella Prascina, Carmela Distefano, Stefano Galanti, Rosanna Colangelo

   A completamento della trattazione e delle tecniche redazionali per le fusioni transfrontaliere si uniscono i progetti e le delibere relative a due operazioni transnazionali curate nella loro attuazione dai Notari Paolo Silvestro e Umberto Morello.
A) Progetto di fusione per incorporazione comune a più società italiane ed una lussemburghese >>
B) Decisione di fusione del CDA della società incorporante >>
C) Progetto di fusione per incorporazione comune a una società italiana ed una francese >>
D) Delibera assembleare di fusione della società incorporante >>
E) Direttiva 2005/56/CE >>
F) Schema di decreto legislativo n. 223 trasmesso da parte del Governo alla Camera dei Deputati in data 3 marzo 2008 >> e relazione.
   Per quanto concerne la fusione transfrontaliera di cui alla lettera B), avendo essa ancora in corso la sua attuazione definitiva, ci si riserva di pubblicare successivamente gli atti di fusione relativi ad entrambe le fattispecie.

Note

   (1) Stigmatizza la definizione BENEDETTELLI, Le fusioni transfrontaliere, in Il nuovo diritto delle società diretto da Abbadessa e Portale, Liber amicorum Gian Franco Campobasso, 367 nel modo seguente «Con il termine fusione, in generale, si intende quell’operazione mediante la quale “al fine della integrazione giuridica di due o più società in una unica organizzazione corporativa, si produce il triplice, e contestuale, effetto dell’assunzione da parte di una società preesistente o di nuova costituzione della totalità del patrimonio, attivo e passivo, di un’altra società, dell’estinzione senza liquidazione dell’incorporata, e dell’assegnazione ai suoi soci di partecipazioni al capitale sociale dell’incorporante o della risultante della fusione». Non rientra nella economia della presente indagine l’analisi della natura giuridica dell’istituto nel quale sono conviventi aspetti successori e modificativi.

   (2) Come si preciserà meglio infra, mentre era in corso la pubblicazione di questo lavoro vi è stata la presentazione da parte del Governo alla Camera dei Deputati di uno schema di recepimento della direttiva, testo qui allegato.

   (3) Occorre solamente ricordare, sebbene esuli dai casi di fusione in commento, che la direttiva CE (riportata in allegato) all’art. 16, prevede l’attivazione di una procedura di partecipazione dei lavoratori, a determinate condizioni e secondo le modalità ivi descritte, sia per i casi di fusione transfrontaliera propria che impropria.

   (4) Regolamento 2001/2157/CE. La disciplina della Società Europea rileva anche nell’ambito delle fusioni transfrontaliere, in quanto essa si configura come una modalità per attuare queste operazioni. PELLEGRINI, Le fusioni transfrontaliere disponibile sul sito internet www.finanzaediritto.it

   (5) BENEDETTELLI, cit., 372.

   (6) Ibidem, 372.

   (7) Ibidem, 373 ss. sottolinea come i primi due profili siano agilmente superabili.

   (8) GIANNINO, così testualmente, in La mobilità delle società nel mercato unico e le fusioni transfrontaliere: dalla decima direttiva CE in materia di diritto societario al caso SEVIC, disponibile sul sito internet http://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/22592.html

   (9) BIGI, Fusioni transfrontaliere: adottata una disciplina quadro a livello europeo che faciliterà i merger transfrontalieri tra le società di capitali di diversi Stati membri, in Le Società, 2006, I, 123 ss, la quale riporta anche una sintesi dell’iter legislativo seguito per l’approvazione della direttiva in oggetto.

   (10) Come dimostrano i frequenti rinvii contenuti nel testo della direttiva alla disciplina nazionale.

   (11) Quale quella relativa alla partecipazione dei lavoratori, riferita da BIGI, cit., 123.

   (12) GIANNINO, cit., osserva che: «Il primo problema che si pone per l'operatore giuridico di fronte ad una fusione transfrontaliera riguarda la determinazione di quale sia la legge materiale applicabile alla fusione. Per risolvere tale problema è necessario stabilire la nazionalità delle singole società partecipanti alla fusione al fine di determinare la lex societatis applicabile a ciascuna di queste. Gli Stati membri si dividono tra due distinti criteri di collegamento per la determinazione della nazionalità delle società: il principio dell'incorporazione della società e il principio della sede reale. Una volta determinate le leggi nazionali delle società partecipanti alla fusione, è possibile stabilire la legge regolatrice della fusione. Un’operazione di fusione transfrontaliera può essere disciplinata non solo dalle leges societatis delle società partecipanti ma anche dalle legge degli stati dove le parti hanno deciso di stabilire la sede della società derivante dalla fusione. Ne consegue che la legge regolatrice delle fusioni transfrontaliere non si esaurisce nel diritto societario di un solo stato, ma è data dal concorso tra i diritti nazionali societari delle società partecipanti alla fusione. La forma di tale concorso differisce a seconda delle natura degli atti del procedimento di fusione. Si ha il concorso distributivo per la disciplina degli atti del procedimento di fusione che devono essere compiute individualmente da ciascuna società partecipante. Questi fasi sono regolate esclusivamente dalla lex societatis della società dalla quale sono poste in essere. Invece, si ha il concorso cumulativo nel caso di atti che devono essere posti in essere da tutte le società partecipanti, i quali sono regolati da tutte le leggi nazionali potenzialmente applicabili».

   (13) GURRADO, Nota a Corte di Giustizia C-411/2003 del 15 dicembre 2005, in Diritto del Commercio Internazionale, 2006, 353 ss.

(14) Il punto, molto dibattuto, è trattato da WEIGMANN, L’interpretazione del diritto societario armonizzato nella Unione Europea, in Contratto e Impresa Europa, 1996, II, 491, nota 10.

   (15) WEIGMANN, cit., 492.

   (16) WEIGMANN, cit., 492, spiega chiaramente il tema dell’efficacia delle direttive comunitarie. L’autore sottolinea il fatto che esse vincolano il solo Stato all’attuazione e, pertanto, in caso di mancato recepimento, il privato potrà far valere il diritto in essa sancito solo ove il testo normativo precisi dettagliatamente i beneficiari e il contenuto del diritto fatto valere (effetto verticale interno). È escluso, tuttavia, che i privati (effetto orizzontale) o la pubblica autorità (effetto verticale diretto) possano chiedere l’adempimento di eventuali obblighi da parte di altri privati derivanti dalla direttiva, poiché essa obbliga il solo Stato.

   (17) Così si è espresso il coordinatore della Commissione affari europei e internazionali presso il Consiglio Nazionale del Notariato, Notaio Federico Tassinari.

   (18) Così come si è cercato di fare nella soluzione di un caso pratico, cui si farà preciso riferimento nel prosieguo della trattazione. Nello stesso senso RESCIO, Dalla libertà di stabilimento alla libertà di concentrazione: riflessioni sulla direttiva 2005/56/CE in materia di fusione transfrontaliera. Studio 1-2007/A CNN, disponibile sul sito internet www.notartel.it

   (19) Consiglio di Stato, Sentenza n. 1/2008, Adunanza plenaria in tema di condizioni per l'affidamento di appalti in house e per l'affidamento diretto a società miste disponibile sul sito internet www.federalismi.it

   (20) RESCIO, cit. e BALLARINO, Manuale breve di diritto dell’Unione Europea. Padova, 2004, 99 ss.

   (21) RESCIO, cit.

   (22) Il caso da me esemplificato di società Lussemburghese non presenta questioni relative alla partecipazione dei lavoratori.

   (23) Nel testo della direttiva non emerge la necessità del rispetto di un limite temporale per tale forma di pubblicità, sebbene sembra ragionevole pensare che questo adempimento debba essere realizzato entro un termine tale da realizzare la tutela degli interessi che sono ad esso sottesi, quantunque la direttiva non si pronunci sul punto. Per il Lussemburgo dovrà farsi riferimento al “Memorial” il Journal Officiel du Grand Duché de Luxembourg.

   (24) Nel verbale si legge che «la fusione …. sarà operata in conformità alle disposizioni mutuate dal diritto italiano e dal diritto francese talvolta in modo “cumulativo” e talaltra in modo “distributivo”, a seconda dei casi».

   (25) Conformemente alla legislazione italiana ed al riconoscimento da parte della stessa direttiva.

   (26) Cfr. art. 1 e primo “considerando” della direttiva in questione.

   (27) Un’analisi della disciplina contenuta dalla direttiva consente di individuare i principi su cui essa si fonda. L’obiettivo dichiarato dell’intervento è quello di favorire la realizzazione di operazioni straordinarie tra società appartenenti a Stati membri diversi, rimuovendo ostacoli legislativi e pratici che inibirebbero l’applicazione della libertà di stabilimento sancita dai principi del diritto comunitario. L’intento è chiaramente manifestato dal legislatore comunitario nel primo “considerando” della direttiva in questione.

   (28) PELLEGRINI, cit.

   (29) Dal testo della direttiva non emerge alcun termine cui sia sottoposto il perfezionamento di questo adempimento pubblicitario, sebbene qualche autore abbia ipotizzato la necessità di realizzarlo in un termine individuato in trenta giorni prima della riunione BIGI, Fusioni transfrontaliere: adottata una disciplina quadro a livello europeo che faciliterà i merger transfrontalieri tra le società di capitali di diversi Stati membri, in Le Società, 2006, I, 124.

   (30) Nell’ordinamento italiano tale controllo è esercitato dal notaio.

   (31) Il riferimento che la direttiva riporta alla disciplina che regola la partecipazione dei lavoratori alla procedura è di fondamentale importanza in quanto incarna appieno lo spirito di quest’intervento comunitario. Questo profilo, infatti, rischiava di essere connotato da ampi margini di incompatibilità nel raffronto tra le normative nazionali. Per questo motivo, il legislatore della direttiva, ancora una volta, ha salvaguardato il rispetto delle varie legislazioni interne sul tema.

   (32) Addirittura, nel progetto di recepimento proposto dal Notariato italiano, il certificato preliminare, discostandosi da quanto sembra risultare dalla denominazione, viene redatto dal notaio che ha provveduto a stipulare l’atto di fusione o che ha ricevuto tale atto dall’estero.

   (33) In realtà, probabilmente si tratta di spazi aperti a disposizione delle singole autonomie nazionali e che dovranno ricevere, dalle rispettive legislazioni, una completa e opportuna definizione in sede di formale recepimento.

   (34) Il documento dell’adunanza plenaria del 28 e 29 aprile 2004 è disponibile all’indirizzo http://www.eesc.europa.eu/activities/ press/summaries_plenaries/2004/synt_408_04_04_it.pdf

   (35) Il testo del progetto tiene conto delle osservazioni proposte dal Notariato italiano nel progetto di recepimento da esso presentato.

   (36) Il notaio Angelo Busani introduce lo schema in un articolo su Il Sole 24 Ore, 1° aprile 2008.

   (37) La quale dovrà essere predisposta secondo la normativa di riferimento individuata seguendo le prescrizioni dello schema.

   (38) Sul punto, mi permetto di segnalare un mio precedente scritto, pubblicato su questa rivista, relativo alla postdatazione degli effetti della fusione (La postdatazione degli effetti sostanziali nella fusione e nella scissione: riflessioni di un Notaro a Capodanno, in questa Rivista), nel quale vengono richiamati gli orientamenti dottrinari sulla presunta natura negoziale dell’atto di fusione.

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