il diritto commerciale d’oggi
     VII.1– gennaio 2008

STUDÎ & COMMENTI

 

PAOLO SILVESTRO

La postdatazione degli effetti sostanziali nella fusione e nella scissione:
riflessioni di un Notaro a Capodanno *

 

   1. Introduzione
  Il mese di dicembre costituisce un periodo di significativa conclusione per quel considerevole numero di operazioni societarie di fusione e scissione, che hanno “necessità” imprescindibile di essere perfezionate entro la chiusura dell’anno solare, in quanto coinvolgono la riorganizzazione di rilevanti assetti di impresa. Una volta adottata la decisione di assumerle [1], in realtà, il tempo residuo disponibile non consentirebbe il rispetto del termine finale, soprattutto seguendo l’iter legale tipico.
   La programmazione delle fasi del procedimento, la predisposizione del progetto con la documentazione di supporto (le relazioni degli Amministratori, le situazioni patrimoniali, etc.) da sottoporre all’approvazione degli organi di gestione, richiedono un’attività complessa per l’immediata operatività, alla quale si procede con una riduzione al minimo dei tempi di esecuzione, coordinata con la elisione dei documenti di accompagnamento, derogando ad oltranza dall’iter legale tipico [2]. La soddisfazione della predetta “necessità” dà luogo ad un countdown spasmodico [3], che origina negli operatori giuridici uno stato ansiogeno, sia per l’esiguità dei giorni utili di calendario [4] da gestire nella scansione temporale delle fasi del procedimento, sia per la complessità dei rapporti nascenti tra l’iscrizione dell’atto e i suoi effetti sostanziali.
   Ed è proprio per risolvere questa preoccupazione determinata dalle esposte difficoltà oggettive che si è cercata una soluzione anticipata al problema del termine finale di perfezionamento [5], la quale desta non poche perplessità.
   Nella prassi è frequente il ricorso, in sede di progetto, ad una clausola ad hoc che assume per lo più il seguente tenore: «La fusione e/o la scissione avrà effetto una volta eseguita l’ultima delle iscrizioni, ovvero il primo giorno del mese successivo a quello in cui è intervenuta l’ultima delle iscrizioni».
   Ma, al di là della previsione codicistica dell’ultima delle iscrizioni, viene da chiedersi se l’opzione alternativa, quella del primo giorno del mese successivo, sia frutto di una scelta effettuata in modo ponderato e rispondente alle esigenze sociali, o costituisca soltanto un mero artifizio “terapeutico” per la prevenzione del successivo stato ansiogeno. E perché far riferimento, esclusivamente, al primo giorno del mese successivo e non al cinque, al dieci o al sedici, cioè ad una data decisa con criteri di opportunità, non vincolata in modo ineluttabile e aprioristico nel progetto, per restare successivamente immodificabile, con il rischio di divenire inopportuna e non perseguibile a causa di eventi sopravvenuti? Si potrebbe replicare che esiste sempre l’opzione legale di salvaguardia, quella dell’ultima delle iscrizioni, ma la nostra attenzione è dedicata al corretto esercizio della facoltà di differimento.
   Il considerare l’atto di fusione e/o scissione meramente esecutivo è la ragione di questa scelta: parte della dottrina [6], infatti, è scettica sulla possibilità che gli amministratori introducano direttamente in fase di attuazione una clausola di postdatazione degli effetti sostanziali, in assenza di una preventiva previsione nel progetto, nonché di una espressa indicazione di data nella delibera assembleare, unitamente ad una abilitazione dei rappresentanti in tal senso [7].
   Non si può condividere tale opinione, che sulla scorta della natura non negoziale [8] dell’atto di fusione e/o scissione,vede gli amministratori vincolati esclusivamente a dare esecuzione alle delibere assembleari secondo i dettami del progetto [9], senza alcun margine di discrezionalità. Ma questa convinzione è indipendente da una presa di posizione sul tema della natura giuridica, perché esprime quanto propriamente è nel sistema normativo, prescindendo da una scelta di tipo negoziale o meno.
   Peraltro, si è replicato che le previsioni legali del progetto [10] costituiscono quel contenuto necessario e sufficiente della delibera, che gli amministratori possono integrare direttamente in sede di atto di fusione e/o scissione con quanto non previsto, al pari di quello che avviene per ogni esecuzione di delibera assembleare, senza che corra obbligo di delega specifica [11]. Nulla vieta che, per ragioni di mera opportunità, la delibera assembleare possa altresì contenere la designazione dei soggetti legittimati alla stipulazione dell’atto di fusione, “che avranno in pectore la facoltà di determinazione temporale” [12].
   La logica, per suo conto, è di supporto al fatto che la maturazione per una opportuna scelta di differimento temporale, quanto all’efficacia, trovi la sua naturale espressione nel momento dell’esecuzione, come si deduce agevolmente dalla collocazione sistematica degli artt. 2504 bis c.c. e 2506 quater c.c..
   Le indicazioni normative non depongono nel senso dell’opinione criticata, sia per quanto concerne l’apposizione di un vincolo al progetto, sia per quanto attiene alla necessità della determinazione del suo contenuto in modo specifico: l’unico limite oggettivo è che si verta in tema di fusione mediante incorporazione e/o di scissione che non dia origine a nuova società [13]. Nella fattispecie è il legislatore che ha attribuito espressamente questa facoltà agli amministratori, collocandola in tempo ed in modo funzionale rispetto al suo esercizio.
   La testuale ammissibilità della postdatazione degli effetti sostanziali, direttamente nella stipulazione del relativo atto di fusione e/o scissione, emerge con palmare evidenza anche dalla Relazione del Ministro di Grazia e Giustizia al D.lgs. 221/1991 [14], nella quale non vi è cenno di alcuna indicazione preventiva della data né - tantomeno – di un suo oggettivo vincolo di contenuto [15].
   La clausola relativa potrà, comunque, rappresentare una previsione atipica [16] generica del progetto, un suo elemento di completamento, senza alcun obbligo di puntuale indicazione analitica ex ante, da rimettere invece ad una successiva concreta determinazione da parte degli amministratori. Analoghe considerazioni possono esprimersi riguardo alla necessità che tale facoltà sia “delegata” mediante espressa autorizzazione in sede di delibera: anche questa, se prevista, andrà sempre ricondotta a ragioni di mera opportunità, ferma restando piena discrezionalità per il suo esercizio agli amministratori [17].
   L’esperienza pratica insegna che la maggior parte delle operazioni di riassetto di gruppi societari, proprio quando sono in fase di conclusione, in quel periodo che volge al termine dell’anno solare, possono subire un’oscillazione di margini temporali dettata da molteplici ragioni (modifiche normative, lungaggini derivanti dalle procedure di consultazione sindacale, etc.) rispetto alle quali la precostituzione di un vincolo temporale potrebbe determinare un effetto negativo sulla fase finale [18].
   Ma vi è di più. Il sopravvenire di un evento imprevisto deve lasciare liberi gli amministratori, se del caso e anche se autorizzati al differimento, a non dar corso all’operazione ed a convocare una nuova assemblea per la revoca delle deliberazioni stesse. È proprio questa la motivazione che giustifica e supporta un giudizio di fattibilità positiva e di opportunità, che va imprescindibilmente esercitato nella fase finale per accertare il permanere della convenienza dell’operazione [19].
   Va considerato, infine, quanto al profilo di liceità temporale della sequenza degli atti del procedimento, che la giurisprudenza in materia ha sancito un termine massimo di sei mesi per la adottabilità della delibera rispetto al progetto, al fine di non vanificare la bontà dei dati della situazione patrimoniale di riferimento, ma non ha mai stigmatizzato profili di criticità temporale nel rapporto tra delibera e atto.
   Questo, peraltro, non deve essere inteso come l’attribuzione di un potere incontrollato agli amministratori (20), in quanto lo slittamento temporale avverrà sotto loro responsabilità, in dipendenza di quella valutazione che deve intervenire inequivocabilmente nell’atto di fusione e/o scissione.

 

Questo scritto è dedicato a mia figlia Sofia

Note

   [1] È singolare che spesso si discuta dell’operazione, senza che sussistano i tempi tecnici normali di legge per garantire il cd. closing entro la fine dell’anno.

   [2] Si intende affermare che, per l’esiguità del tempo a disposizione, al di fuori anche dell’ipotesi di procedura semplificata, laddove utilizzabile, si tende a derogare ai termini legali di 30 giorni intercorrenti tra progetto e decisione, e a ridurre i 60 giorni tra decisione e atto, avvicinando le due fasi ricorrendo ad una operazione anticipata, se non addirittura alla ipotesi della relazione asseverativa di una società di revisione che azzera praticamente il meccanismo dell’opposizione. Inoltre, ci si orienta ad eliminare documenti di accompagnamento quali la situazione patrimoniale e la relazione degli amministratori, qualora sia ad esempio consentito come nella scissione (si dubita se ciò sia ammesso anche per la fusione) dall’art. 2506 ter, co. IV. Sulla gamma di riduzioni consentite vedasi le massime n. 21, 22, 26, 27, 56, 57, 62, 67, 87 (riferite alla fusione) e 23, 29 (riferite alla scissione) in Massime Notarili in materia societaria a cura del Consiglio Notarile di Milano. IPSOA, 2007.

   [3] All’insegna dell’interrogativo: “Ce la faremo per il 31 dicembre?”

   [4] Ci sono, infatti, le festività natalizie a ridosso del termine di chiusura.

   [5] È molto frequente la richiesta di iscrizione nella giornata del 31 dicembre alle ore 00,01, per cui i Registri delle Imprese vengono sottoposti ad innumerevoli istanze, il cui soddisfacimento è al limite dell’impossibile. Si pensi al caso in cui siano interessate più società che, per diversità di sede legale, hanno per competenza differenti Uffici del Registro delle Imprese sul territorio nazionale, considerato quanto prescrive l’art. 2504 c.c. n. 3.

   [6] Con riferimento alla teoria che nega la possibilità per gli amministratori di prevedere la postdatazione in sede di atto di fusione e/o scissione, cioè senza che, in sede di progetto, questa evenienza (unitamente alla data e alla delega per gli amministratori) sia stata espressamente contemplata, si vedano le posizioni di SANTAGATA, Le fusioni in Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, 2004, 567-568, il quale sostiene che “deve escludersi l’incontrollata attribuzione ai rappresentanti del potere di introdurre nell’atto di fusione la clausola di postdatazione senza che sia previamente stabilita la data successiva”. L’autore ammette tale possibilità solo “qualora le singole società, in sede di deliberazione, li abbiano espressamente delegati a ciò e si sia, sempre in quella occasione, provveduto a stabilire la data successiva”. Nello stesso senso si sono espressi CAMPOBASSO, Diritto commerciale 2. Diritto delle società. 2002, 623; PICCIAU, Osservazioni alle istruzioni del tribunale di Milano per le omologazioni in materia di fusione, in Giur.it., 1991, IV, 500; SERRA-SPOLIDORO, Fusioni e scissioni di società. Torino, 1994, 142 ss.
   Contra, FERRI Jr., Modificabilità e modificazioni del progetto di fusione. Milano, 1998, 139, nt. 108, citato da SANTAGATA, cit., 568, sub nt. 112, il quale sembrerebbe richiedere la determinazione preventiva solo in caso di fissazione di una data anteriore a quella prevista nella prima parte dell’art. 2504 bis, II co; MARCHETTI, Appunti sulla nuova disciplina delle fusioni, in Riv. Not., 1991, 46, citato da SANTAGATA, cit., 567, sub nt. 111, il quale sostiene che la postdatazione possa essere decisa anche al momento dell’atto di fusione da parte degli amministratori. La postdatazione in sede di atto di fusione e/o scissione sembra emergere testualmente anche dalla Relazione del Ministro di Grazia e Giustizia concernente il D.L. 16 gennaio 1991, n. 22 recante norme sulle fusioni e scissioni di società, come meglio sarà evidenziato nel prosieguo della trattazione.

   [7] Per quanto concerne il tema della delega espressa agli amministratori , ancora una volta la dottrina risulta divisa. Ritiene necessaria la delega per la postdatazione, SCARDULLA, La trasformazione e la fusione delle società, in Trattato di diritto civile e commerciale diretto da A. Cicu e F. Messineo e continuato da L. Mengoni, Milano, 2000, 450, in quanto “il compimento dell’atto di fusione va oltre i limiti deipoteri di rappresentanza” previsti dalla legge.
   Al contrario, ne escludono la necessità, GRAZIANI, Diritto delle società, 528, il quale propone la tesi della delega tacita in capo agli amministratori, cui compete di default il compito di attuare le delibere assembleari; QUATRARO, L’atto di fusione, in Riv. Dott. Comm., VI, 1991, 1016; SANTAGATA, cit., 535 e 568.

   [8] Sul tema, CIVERRA, Le operazioni di fusione e scissione, Milano, 2003, 127, riferisce che molti autori ritengono l’atto di fusione “un atto dovuto, del tutto privo di carattere negoziale”, contrariamente a quanti ritengono che esso sia atto contrattuale. L’autore sembra prediligere quest’ultima ricostruzione, alla luce del fatto che tra la delibera e l’atto potrebbero accadere imprevisti “tali da indurre gli amministratori a ripensare i termini dell’operazione”. Senza pretese di esaustività, propendono per la natura non negoziale e meramente attuativa dell’atto di fusione e/o scissione SANTAGATA, cit., 535; QUATRARO, cit. 1016 ss.; SCARDULLA, cit., 450, il quale tuttavia sostiene che gli amministratori abbiano il dovere di verificare che l’atto di fusione riporti precisamente quanto stabilito in sede di delibera e che possano addirittura non addivenire all’atto stesso laddove questo presenti circostanze non previste nelle delibere. Alla luce di ciò, CIVERRA, cit., 127 sub nt. 1, ritiene che lo SCARDULLA propenda per una visione contrattuale dell’atto di fusione, sebbene predeterminato in sede di delibera, in quanto “la funzione meramente escutiva dei rappresentanti troverebbe un notevole temperamento”. Nel senso di una natura contrattuale dell’atto di fusione si veda anche LAURINI, La fusione, in Riv. Not., 1991, 589.

   [9] Sul punto si veda quanto detto sub nt. 8.

   [10] Mi riferisco agli elementi prescritti dalla norma dell’art. 2501 ter c.c.. Così MARCHETTI, cit., 45.

   [11] MARCHETTI, cit., 46, non ritiene necessaria la delega, dal momento che “la decisione in ordine alle determinazioni assumibili solo in sede di atto di fusione spetterà agli amministratori al pari di ogni atto di esecuzione delle delibere dell’assemblea”. Tuttavia, l’autore sottolinea altresì che è pur sempre possibile che la delega possa essere prevista nel caso in cui si voglia attribuire il potere a soggetti specifici o per materie riservate.

   [12] Così MARCHETTI, cit., 46.

   [13] Dalla lettera dell’art. 2504 bis si evince che la postdatazione è ammissibile solo nel caso di fusione per incorporazione. Ciò è illustrato nel 2° comma dell’art. 13 della Relazione del Ministro di Grazia e Giustizia concernente il D.L. 16 gennaio 1991, n. 22 recante norme sulle fusioni e scissioni di società: “Nella fusione in senso stretto non è invece ammissibile la postdatazione degli effetti: è invero arduo, anche da un punto di vista logico, concepire un soggetto giuridico (la società risultante dalla fusione) esistente (in quanto la fusione è stata regolarmente stipulata e resa pubblica) ma privo di patrimonio (in quanto la fusione non ha ancora prodotto i suoi effetti) e dunque incapace di fungere da centro di imputazione di responsabilità. Sul punto in senso critico vedasi l’opinione del CIVERRA, cit., di cui si tratta diffusamente, sub nt. 15.

   [14] SANTAGATA, cit., 567.

   [15] Dalla lettura della relazione emerge chiaramente che gli amministratori possano “inserire nel progetto dati ed informazioni ulteriori rispetto a quelli specificamente prescritti”. Addirittura, si legge nel commento sub art. 13, gli amministratori potranno anche postdatare gli effetti della fusione, ma solo nell’ipotesi di fusione per incorporazione. CIVERRA, cit., 131, riporta le due tesi sorte in merito all’interpretazione della norma del 2504 bis. Secondo la prima, quella sostenuta nella Relazione, la postdatazione è ammissibile solo nel caso di fusione per incorporazione, perché altrimenti si determinerebbe l’assurdo di creare un soggetto giuridico privo di patrimonio. La seconda ricostruzione prevede che la norma de qua possa essere interpretata in maniera estensiva, poiché esclude che la postdatazione determini un doppio binario tra effetti ordinari ed effetti a decorrenza differita. In sostanza, la seconda tesi sostiene che sia applicabile anche alla fusione in senso stretto in quanto “la data posticipata indicata nell’atto produce un unico effetto finale”. Sostengono questa seconda impostazione SCARDULLA, cit., 460 ss.; PICCIAU, cit., 500.

   [16] SANTAGATA, cit., 568, sostiene che “la clausola di postdatazione degli effetti della fusione deve costituire oggetto di apposita indicazione “atipica” del progetto di fusione». Nello stesso senso, CAMPOBASSO, cit., 623; PICCIAU, cit., 500. Contra FERRI Jr., cit., 139, nt. 108

   [17] CIVERRA, cit., 127, secondo il quale gli amministratori possono esercitare un ruolo volitivo e gestionale di tutto rispetto; SCARDULLA, cit., 451, il quale conclude che “la funzione meramente escutiva dei rappresentanti troverebbe un notevole temperamento”.

   [18] CIVERRA, cit., 127.

   [19] SCARDULLA, cit., 451.

   [20] In senso contrario SANTAGATA, cit., 567.

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