il diritto commerciale d’oggi
    V.2 – febbraio 2006

NUOVE LEGGI E PROGETTI DI LEGGE

Riforma della legge fallimentare

Testo vigente della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267)
testo coordinato con il D. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5

PARTE SECONDA (artt. 84-159)

Sommario:
Titolo I – Disposizioni generali (artt. 1-4)
TITOLO II – Del fallimento: Capi I-III (artt. 5-83) ; Capi IV-XI (artt. 84-159)
TITOLO III – Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione (artt. 160-186)
TITOLO IV [abrogato]
TITOLO V - Della liquidazione coatta amministrativa (artt. 194-215)
TITOLO VI – Disposizioni penali (artt. 216-241)

Legge fallimentare finora vigente
Legge fallimentare
testo coordinato con il d. lgs. n. 5/2006
TITOLO II – DEL FALLIMENTO
CAPO IV – Della custodia e dell’amministrazione delle attività fallimentari

TITOLO II – DEL FALLIMENTO
CAPO IV – Della custodia e dell’amministrazione delle attività fallimentari

Art. 84 – Apposizione dei sigilli
   1. Dichiarato il fallimento, il giudice delegato o per sua delegazione, in caso d’impedimento, il giudice di pace, procede immediatamente, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, all’apposizione dei sigilli, sui beni che si trovano nella sede principale dell’impresa e sugli altri beni del debitore. All’apposizione dei sigilli nella sede principale dell’impresa deve assistere, salvo legittimo impedimento, il curatore.
   2. Per i beni che si trovano in altre località il giudice delegato richiede, per mezzo del cancelliere, i giudici di pace competenti di procedere all’apposizione dei sigilli. Il verbale redatto dal giudice di pace è trasmesso immediatamente al giudice delegato.
   3. Il giudice che procede all’apposizione dei sigilli può emettere i provvedimenti provvisori e conservativi che ritiene necessari compreso quello della vendita delle cose deteriorabili.
Art. 84 – Dei sigilli
   1. Dichiarato il fallimento, il curatore procede, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, all’apposizione dei sigilli sui beni che si trovano nella sede principale dell’impresa e sugli altri beni del debitore.
   2. Il curatore può richiedere l’assistenza della forza pubblica.
   3. Se i beni o le cose si trovano in più luoghi e non è agevole l’immediato completamento delle operazioni, l’apposizione dei sigilli può essere delegata a uno o più coadiutori designati dal giudice delegato.
   4. Per i beni e le cose sulle quali non è possibile apporre i sigilli si procede a norma dell’articolo 758 del codice di procedura civile.
Art. 85 – Apposizione dei sigilli da parte del giudice di pace
   1. Anche prima di ricevere la richiesta prevista dal secondo comma dell’articolo precedente, il giudice di pace che abbia certa notizia della dichiarazione di fallimento, può procedere all’apposizione dei sigilli nei luoghi compresi nella sua giurisdizione.
Art. 85
Abrogato
Art. 86 – Cose non soggette all’apposizione dei sigilli
   1. Non sono poste sotto sigillo, oltre le cose che ne sono escluse dal codice di procedura civile:
   1) le cose che servono all’esercizio dell’impresa, se questo, a giudizio del giudice, non può essere immediatamente interrotto;
   2) le scritture contabili;
   3) le cambiali e gli altri titoli scaduti o di imminente scadenza, che devono essere consegnati al curatore per la riscossione;
   4) il danaro contante, da consegnarsi ugualmente al curatore, il quale provvede a depositarlo a norma dell’articolo 34.
   2. Di tutti questi oggetti si fa la descrizione nel processo verbale.
   3. Le scritture contabili, dopo essere state vidimate dal giudice che procede, devono essere depositate nella cancelleria del tribunale. Tuttavia il giudice delegato può autorizzare il curatore a trattenerle temporaneamente con l’obbligo di esibirle ad ogni legittima richiesta.
Art. 86 – Consegna del denaro, titoli, scritture contabili e di altra documentazione
   1. Devono essere consegnate al curatore:
   a) il denaro contante per essere dal medesimo depositato a norma dell’articolo 34;
   b) le cambiali e gli altri titoli compresi quelli scaduti;
   c) le scritture contabili e ogni altra documentazione dal medesimo richiesta o acquisita se non ancora depositate in cancelleria.
   2. Il giudice delegato può autorizzarne il deposito in luogo idoneo, anche presso terzi. In ogni caso, il curatore deve esibire le scritture contabili a richiesta del fallito o di chi ne abbia diritto. Nel caso in cui il curatore non ritenga di dover esibire la documentazione richiesta, l’interessato può proporre ricorso al giudice delegato che provvede con decreto motivato.
   3. Può essere richiesto il rilascio di copia, previa autorizzazione del giudice delegato, a cura e spese del richiedente
Art. 87 – Rimozione dei sigilli e inventario
   1. Il curatore deve chiedere nel più breve termine possibile al giudice l’autorizzazione a rimuovere i sigilli ed a fare l’inventario. A tali operazioni procede, secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei creditori, se esiste, con l’assistenza del cancelliere del tribunale o della pretura, che ne redige processo verbale. Possono intervenire i creditori.
   2. Il giudice delegato può prescrivere speciali norme e cautele per l’inventario e, quando occorre, nomina uno stimatore.
   3. Prima di chiudere l’inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell’inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall’articolo 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione.
   4. L’inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale.
Art. 87 – Inventario
   1. Il curatore, rimossi i sigilli, redige l’inventario nel più breve termine possibile secondo le norme stabilite dal codice di procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei creditori, se nominato, formando, con l’assistenza del cancelliere, processo verbale delle attività compiute. Possono intervenire i creditori.
   2. Il curatore, quando occorre, nomina uno stimatore.
   3. Prima di chiudere l’inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attività da comprendere nell’inventario, avvertendoli delle pene stabilite dall’articolo 220 in caso di falsa o omessa dichiarazione.
   4. L’inventario è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale.
Art. 87-bis – Inventario su altri beni
   1. In deroga a quanto previsto dagli articoli 52 e 103, i beni mobili sui quali i terzi vantano diritti reali o personali chiaramente riconoscibili possono essere restituiti con decreto del giudice delegato, su istanza della parte interessata e con il consenso del curatore e del comitato dei creditori, anche provvisoriamente nominato.
   2. I beni di cui al primo comma possono non essere inclusi nell’inventario.
   3. Sono inventariati i beni di proprietà del fallito per i quali il terzo detentore ha diritto di rimanere nel godimento in virtù di un titolo negoziale opponibile al curatore. Tali beni non sono soggetti alla presa in consegna a norma dell’articolo 88.
Art. 88 – Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore
   1. Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l’inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito.
   2. Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato nei pubblici registri.
Art. 88 – Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore
   1. Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l’inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito.
   2. Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato nei pubblici registri.
Art. 89 – Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio
   1. Il curatore, con la scorta delle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che può raccogliere, deve compilare l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l’elenco di tutti coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, con l’indicazione dei titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.
   2. Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell’ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell’articolo 14.
Art. 89 – Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio
   1. Il curatore, in base alle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che può raccogliere, deve compilare l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione, nonché l’elenco di tutti coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, su cose in possesso o nella disponibilità del fallito, con l’indicazione dei titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.
   2. Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell’ultimo esercizio, se non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell’articolo 14.
Art. 90 – Esercizio provvisorio
   1. Dopo la dichiarazione di fallimento il tribunale può disporre la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa del fallito, quando dall’interruzione improvvisa può derivare un danno grave e irreparabile.
   2. Dopo il decreto previsto dall’articolo 97, il comitato dei creditori deve pronunciarsi sull’opportunità di continuare o di riprendere in tutto o in parte l’esercizio della impresa del fallito, indicandone le condizioni. La continuazione o la ripresa può esser disposta dal tribunale solo se il comitato dei creditori si è pronunciato favorevolmente.
   3. Se è disposto l’esercizio provvisorio a norma del comma precedente, il comitato dei creditori e convocato dal giudice delegato almeno ogni due mesi per essere informato dal curatore sull’andamento della gestione e per pronunciarsi sulla opportunità di continuare l’esercizio.
   4. Il tribunale può ordinare la cessazione dell’esercizio provvisorio se il comitato dei creditori ne fa richiesta, ovvero se in qualsiasi momento ne ravvisa l’opportunità. Il tribunale provvede in ogni caso con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo sentito il curatore.
Art. 90 – Fascicolo della procedura
   1. Immediatamente dopo la pubblicazione della sentenza di fallimento, il cancelliere forma un fascicolo, anche in modalità informatica, munito di indice, nel quale devono essere contenuti tutti gli atti, i provvedimenti ed i ricorsi attinenti al procedimento, opportunamente suddivisi in sezioni, esclusi quelli che, per ragioni di riservatezza, debbono essere custoditi separatamente.
   2. Il comitato dei creditori e ciascun suo componente hanno diritto di prendere visione di qualunque atto o documento contenuti nel fascicolo. Analogo diritto, con la sola eccezione della relazione del curatore e degli atti eventualmente riservati su disposizione del giudice delegato, spetta anche al fallito.
   3. Gli altri creditori ed i terzi hanno diritto di prendere visione e di estrarre copia degli atti e dei documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il curatore.
Art. 91 – Anticipazioni delle spese dall’erario
   1. Se fra i beni compresi nel fallimento non vi è danaro occorrente alle spese giudiziali per gli atti richiesti dalla legge, dalla sentenza dichiarativa di fallimento alla chiusura della procedura, l’erario anticipa tali spese.
   2. L’anticipazione delle spese si esegue quanto alle tasse di bollo e alle imposte di registro mediante prenotazione a debito in forza di decreto del giudice delegato per ogni singolo atto della procedura e quanto alle altre spese mediante pagamento eseguito direttamente dai ricevitori del registro agli aventi diritto indicati nel decreto del giudice delegato.
   3. Le spese anticipate dall’erario per le procedure fallimentari sono annotate in un registro apposito, che è tenuto dal cancelliere.
   4. Il cancelliere provvede al recupero delle spese anticipate mediante prelevazione dalle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo, anche prima della chiusura della procedura fallimentare appena vi siano disponibilità liquide.
[Articolo abrogato dall’art. 299 del DPR 30 maggio 2002, n. 115]

Art. 91
Abrogato dal DPR 30 maggio 2002, n. 115

CAPO V – Dell’accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari dei terzi
CAPO V – Dell’accertamento del passivo e dei diritti reali mobiliari dei terzi
Art. 92 – Avviso ai creditori per la verifica
   1. Il curatore comunica, mediante raccomandata, ai creditori e agli altri interessati compresi negli elenchi indicati nell’articolo 89 il termine entro il quale devono far pervenire in cancelleria le loro domande, nonché le disposizioni della sentenza dichiarativa di fallimento, che riguardano la formazione dello stato passivo.
   2. Per i creditori e per gli altri interessati non residenti nel territorio dello Stato l’avviso è rimesso a chi li rappresenta. Se manca un loro rappresentante nel territorio dello Stato, il giudice può prorogare il termine e della proroga è data notizia a tutti gli altri creditori e interessati.
Art. 92 – Avviso ai creditori ed agli altri interessati
   1. Il curatore, esaminate le scritture dell’imprenditore ed altre fonti di informazione, comunica senza indugio ai creditori e ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, a mezzo posta presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore, ovvero a mezzo telefax o posta elettronica:
   1) che possono partecipare al concorso depositando nella cancelleria del tribunale, domanda ai sensi dell’articolo seguente;
   2) la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate le domande;
   3) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda.
   2. Se il creditore ha sede o risiede all’estero, la comunicazione può essere effettuata al suo rappresentante in Italia, se esistente.
Art. 93 – Domanda di ammissione al passivo
   1. La domanda di ammissione al passivo deve contenere il cognome e il nome del creditore, l’indicazione della somma, del titolo da cui il credito deriva, delle ragioni di prelazione e dei documenti giustificativi.
   2. Se il creditore non è domiciliato nel comune in cui ha sede il tribunale, la domanda deve inoltre contenere l’elezione del domicilio nel comune stesso; altrimenti tutte le notificazioni posteriori si fanno al creditore presso la cancelleria del tribunale.
   3. I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati prima dell’adunanza di verifica.
   4. Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all’ordine presentati e li restituisca con l’annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo.
Art. 93 – Domanda di ammissione al passivo
   1. La domanda di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorso da depositare presso la cancelleria del tribunale almeno trenta giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.
   2. Il ricorso può essere sottoscritto anche personalmente dalla parte e può essere spedito, anche in forma telematica o con altri mezzi di trasmissione purché sia possibile fornire la prova della ricezione.
   3. Il ricorso contiene:
   1) l’indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalità del creditore;
   2) la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizione del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione;
   3) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione della domanda;
   4) l’eventuale indicazione di un titolo di prelazione, anche in relazione alla graduazione del credito, nonché la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa ha carattere speciale;
   5) l’indicazione del numero di telefax, l’indirizzo di posta elettronica o l’elezione di domicilio in un comune nel circondario ove ha sede il tribunale, ai fini delle successive comunicazioni. È facoltà del creditore indicare, quale modalità di notificazione e di comunicazione, la trasmissione per posta elettronica o per telefax ed è onere dello stesso comunicare al curatore ogni variazione del domicilio o delle predette modalità.
   4. Il ricorso è inammissibile se è omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti di cui ai nn. 1), 2) o 3) del precedente comma. Se è omesso o assolutamente incerto il requisito di cui al n. 4), il credito è considerato chirografario.
   5. Se è omessa l’indicazione di cui al n. 5), tutte le comunicazioni successive a quella con la quale il curatore dà notizia della esecutività dello stato passivo, si effettuano presso la cancelleria.
   6. Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto del creditore ovvero del diritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene.
   7. I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati, a pena di decadenza, almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.
   8. Con la domanda di restituzione o rivendicazione, il terzo può chiedere la sospensione della liquidazione dei beni oggetto della domanda.
   9. Il ricorso può essere presentato dal rappresentante comune degli obbligazionisti ai sensi dell’articolo 2418, secondo comma, del codice civile, anche per singoli gruppi di creditori.
   10. Il giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda copia dei titoli al portatore o all’ordine presentati e li restituisca con l’annotazione dell’avvenuta domanda di ammissione al passivo.
Art. 94 – Effetto della domanda
   1. La domanda di ammissione al passivo produce gli effetti della domanda giudiziale ed impedisce la decadenza dei termini per gli atti che non possono compiersi durante il fallimento.
Art. 94 – Effetto della domanda
   1. La domanda di cui all’articolo 93 produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento.
Art. 95 – Formazione dello stato passivo
   1. Il cancelliere forma un elenco cronologico delle domande di ammissione al passivo e lo rimette al giudice delegato. Questi con l’assistenza del curatore, sentito il fallito ed assunte le opportune informazioni, esamina le domande e predispone in base ad esse lo stato passivo del fallimento. Il giudice indica distintamente i crediti che ritiene di ammettere, specificando se sono muniti di privilegio, pegno o ipoteca, e i crediti che ritiene di non ammettere in tutto o in parte, esponendo sommariamente i motivi dell’esclusione totale o parziale di essi o delle relative garanzie.
   2. I crediti indicati nell’ultimo comma dell’articolo 55 e quelli per i quali non sono stati ancora presentati i documenti giustificativi sono compresi con riserva fra i crediti ammessi.
3. Se il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, è necessaria l’imputazione se non si vuole ammettere il credito.
   4. Lo stato passivo predisposto dal giudice deve essere depositato in cancelleria almeno tre giorni prima di quello fissato dall’articolo 16, n. 5. I creditori possono prenderne visione.
Art. 95 – Progetto di stato passivo e udienza di discussione
   1. Il curatore esamina le domande di cui all’articolo 93 e predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di diritti su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito, rassegnando per ciascuno le sue motivate conclusioni. Il curatore può eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere, nonché l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se è prescritta la relativa azione.
   2. Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, dandone comunicazione ai creditori, ai titolari di diritti sui beni ed al fallito, ed avvertendoli che possono esaminare il progetto e presentare osservazioni scritte sino a cinque giorni prima della udienza.
   3. All’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenza delle parti, decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto riguardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati. Il giudice delegato può procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti, compatibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento.
   4. Il fallito può chiedere di essere sentito.
   5. Delle operazioni si redige processo verbale.
Art. 96 – Verificazione dello stato passivo
   1. Nell’adunanza prevista dall’articolo 16, n. 5, è esaminato, alla presenza del curatore e con l’intervento del fallito, lo stato passivo predisposto dal giudice. Sono inoltre esaminate le domande di ammissione al passivo pervenute successivamente o presentate nell’adunanza stessa.
   2. Il giudice, tenuto conto delle contestazioni e delle osservazioni degli interessati, nonché dei nuovi documenti esibiti, apporta allo stato passivo le modificazioni e le integrazioni che ritiene necessarie.
   3. Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola adunanza, il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza che occorra altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.
   4. Il giudice ha in ogni caso facoltà di riservarsi la definitiva formazione dello stato passivo fino a quindici giorni dopo che l’adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni.
Art. 96 – Formazione ed esecutività dello stato passivo
   1. Il giudice delegato, con decreto, accoglie in tutto o in parte ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda proposta ai sensi dell’articolo 93. Il decreto è succintamente motivato se sussiste contestazione da parte del curatore sulla domanda proposta. La dichiarazione di inammissibilità della domanda non ne preclude la successiva riproposizione.
   2. Con il provvedimento di accoglimento della domanda, il giudice delegato indica anche il grado dell’eventuale diritto di prelazione.
   3. Oltre che nei casi stabiliti dalla legge, sono ammessi al passivo con riserva:
   1) i crediti condizionati e quelli indicati nell’ultimo comma dell’articolo 55;
   2) i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice;
   3) i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento. Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione.
   4. Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola udienza; il giudice ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.
   5. Terminato l’esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lo rende esecutivo con decreto depositato in cancelleria.
   6. Il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esito dei giudizi di cui all’articolo 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso.
Art. 97 – Esecutività dello stato passivo
   1. Lo stato passivo del fallimento è sottoscritto dal giudice e dal cancelliere e si chiude con decreto del giudice che lo dichiara esecutivo a decorrere dalla data in cui l’adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni o da quella successiva prevista nel quarto comma dell’articolo precedente.
   2. Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato in cancelleria, ove i creditori possono prenderne visione.
   3. Se vi sono domande di ammissione al passivo, che non sono state accolte in tutto o in parte o che sono state accolte con riserva, il curatore ne dà immediatamente notizia ai creditori esclusi o ammessi con riserva mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Art. 97 – Comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento del passivo
   1. Il curatore, immediatamente dopo la dichiarazione di esecutività dello stato passivo, comunica a ciascun creditore l’esito della domanda e l’avvenuto deposito in cancelleria dello stato passivo, affinché possa essere esaminato da tutti coloro che hanno presentato domanda ai sensi dell’articolo 93, informando il creditore del diritto di proporre opposizione in caso di mancato accoglimento della domanda.
   2. La comunicazione è data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero tramite telefax o posta elettronica quando il creditore abbia indicato tale modalità di comunicazione.
Art. 98 – Opposizione dei creditori esclusi o ammessi con riserva
   1. I creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione, entro 15 giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria, presentando ricorso al giudice delegato.
   2. Il giudice fissa con decreto l’udienza in cui tutti i creditori opponenti e il curatore devono comparire avanti a lui, nonché il termine per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto.
   3. Almeno cinque giorni prima dell’udienza i creditori devono costituirsi. Se il creditore non si costituisce, l’opposizione si reputa abbandonata.
   4. Possono intervenire in causa gli altri creditori.
Art. 98 – Impugnazioni
   1. Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo può essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.
   2. Con l’opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l’opposizione è proposta nei confronti del curatore.
   3. Con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’impugnazione è rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta. Al procedimento partecipa anche il curatore.
   4. Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili, decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possono chiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopre che essi sono stati determinati da falsità, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata conoscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa non imputabile. La revocazione è proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda è stata accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda è stata respinta. Nel primo caso, al procedimento partecipa il curatore.
   5. Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata.
Art. 99 – Istruzione dell’opposizione e sentenza relativa
   1. Il giudice delegato provvede all’istruzione delle varie cause di opposizione e quindi fissa l’udienza per la discussione davanti al collegio a norma dell’articolo 189 del codice di procedura civile.
   2. Quando alcune opposizioni sono mature per la decisione e altre richiedono lunga istruzione, il giudice pronuncia ordinanza con la quale separa le cause e rimette al collegio quelle mature per la decisione.
   3. Il tribunale pronuncia su tutte le opposizioni, che gli sono rimesse, con unica sentenza. Nella ipotesi prevista dall’articolo 279, primo comma, del codice di procedura civile, il tribunale può ammettere provvisoriamente al passivo tutto o in parte il credito contestato.
   4. La sentenza deve essere affissa alla porta esterna del tribunale entro otto giorni dalla sua pubblicazione, ed è provvisoriamente esecutiva. Il cancelliere dà immediato avviso dell’avvenuta pubblicazione ai procuratori delle parti, a norma dell’articolo 136 del codice di procedura civile.
   5. Il termine per appellare è di giorni quindici dall’affissione della sentenza. Si osservano per il giudizio di appello le disposizioni dei commi precedenti in quanto applicabili. Il termine per il ricorso in cassazione decorre dal giorno dell’affissione della sentenza ed è ridotto della metà.
   6. [Comma abrogato]
Art. 99 – Procedimento
   1. Le impugnazioni di cui all’articolo precedente si propongono con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunicazione di cui all’articolo 97 ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del documento.
   2. Il ricorso deve contenere:
   1) l’indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento;
   2) le generalità dell’impugnante e l’elezione del domicilio in un comune sito nel circondario del tribunale che ha dichiarato il fallimento;
   3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le relative conclusioni;
   4) l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.
   3. Il tribunale fissa l’udienza in camera di consiglio, assegnando al ricorrente un termine per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla parte nei confronti della quale la domanda è proposta, al curatore ed al fallito. Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere almeno trenta giorni liberi.
   4. Il giudice delegato non può far parte del collegio.
   5. La parte nei confronti della quale la domanda è proposta deve costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti.
   6. Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi i creditori che intendono intervenire nel giudizio.
   7. Nel corso dell’udienza, il tribunale assume, in contraddittorio tra le parti, i mezzi di prova ammessi, anche delegando uno dei suoi componenti.
   8. Il tribunale, se necessario, può assumere informazioni anche d’ufficio e può autorizzare la produzione di ulteriori documenti.
   9. Il fallito può chiedere di essere sentito.
   10. Il tribunale ammette con decreto in tutto o in parte, anche in via provvisoria, le domande non contestate dal curatore o dai creditori intervenuti. Qualora il tribunale non abbia pronunciato in via definitiva, provvede con decreto motivato non reclamabile entro venti giorni dall’udienza.
   11. Il decreto è comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.
Art. 100 – Impugnazione dei crediti ammessi
   1. Entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi, con ricorso al giudice delegato.
   2. Il giudice fissa con decreto l’udienza in cui le parti e il curatore devono comparire davanti a lui, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto al curatore ed ai creditori i cui crediti vengano impugnati. Le parti si costituiscono a norma dell’articolo 98, terzo comma.
   3. Se all’udienza le parti non raggiungono l’accordo, il giudice dispone con ordinanza non impugnabile che in caso di ripartizione siano accantonate le quote spettanti ai creditori contestati.
   4. Per l’istruzione e la decisione delle impugnazioni si applicano le disposizioni dell’articolo precedente e il giudizio deve essere riunito a quello sulle opposizioni.
Art. 100
Abrogato
Art. 101 – Dichiarazioni tardive di crediti
   1. Anche dopo il decreto previsto nell’articolo 97, fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare, i creditori possono chiedere con ricorso al giudice delegato l’ammissione al passivo.
   2. Il giudice fissa con decreto l’udienza in cui il richiedente e il curatore devono comparire davanti a lui nonché il termine perentorio per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto. Le parti si sostituiscono a norma dell’articolo 98, terzo comma. Possono intervenire gli altri creditori.
   3. Se all’udienza il curatore non contesta l’ammissione del nuovo credito e il giudice lo ritiene fondato, il credito è ammesso con decreto; altrimenti il giudice provvede all’istruzione della causa a norma degli articoli 175 e seguenti del codice di procedura civile.
   4. Il creditore sopporta le spese conseguenti al ritardo della domanda, salvo che il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile.
Art. 101 – Dichiarazioni tardive di crediti
   1. Le domande di ammissione al passivo di un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, depositate in cancelleria oltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltre quello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo sono considerate tardive; in caso di particolare complessità della procedura, il tribunale, con la sentenza che dichiara il fallimento, può prorogare quest’ultimo termine fino a diciotto mesi.
   2. Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cui all’articolo 95. Il curatore dà avviso a coloro che hanno presentato la domanda, della data dell’udienza. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99.
   3. Il creditore ha diritto di concorrere sulle somme già distribuite nei limiti di quanto stabilito nell’articolo 112. Il titolare di diritti su beni mobili o immobili, se prova che il ritardo è dipeso da causa non imputabile, può chiedere che siano sospese le attività di liquidazione del bene sino all’accertamento del diritto.
   4. Decorso il termine di cui al primo comma, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell’attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.
Art. 102 – Istanza di revocazione contro crediti ammessi
   1. Se prima che sia chiuso il fallimento si scopre che l’ammissione di un credito o d’una garanzia è stata determinata da falsità, dolo o errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima ignorati, il curatore o qualunque creditore può proporre domanda di revocazione del decreto del giudice delegato o della sentenza del tribunale, relativamente al credito o alla garanzia oggetto dell’impugnativa.
   2. L’istanza si propone con ricorso al giudice delegato. Il giudice fissa con decreto l’udienza per la comparizione davanti a sé delle parti, nonché il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto alle parti e al curatore. Quindi provvede all’istruzione della causa.
   3. Il curatore può intervenire in giudizio.
   4. Finché la controversia non sia definitivamente decisa, il giudice può disporre che siano accantonate in caso di ripartizione le quote spettanti ai creditori i cui crediti sono stati impugnati.
   5. Se il fallimento si chiude senza che la contestazione sia stata decisa, il giudizio continua dinanzi allo stesso tribunale.
Art. 102 – Previsione di insufficiente realizzo
   1. Il tribunale, con decreto motivato da adottarsi prima dell’udienza per l’esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositata almeno venti giorni prima dell’udienza stessa, corredata da una relazione sulle prospettive della liquidazione, e sentiti il comitato dei creditori ed il fallito, dispone non farsi luogo al procedimento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non può essere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l’ammissione al passivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura.
   2. Il tribunale dispone in conformità a quanto previsto nel primo comma anche se la condizione di insufficiente realizzo emerge nel corso delle eventuali udienze successive a quella fissata ai sensi dell’articolo 16.
   3. Il curatore comunica il decreto di cui al primo comma ai creditori che abbiano presentato domanda di ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101, i quali, nei quindici giorni successivi, possono presentare reclamo alla corte di appello, che provvede con decreto in camera di consiglio, sentito il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori ed il fallito.
Art. 103 – Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili
   1. Le disposizioni degli articoli da 93 a 102 si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito.
   2. In base all’elenco di tutte le domande il giudice forma uno stato delle domande accolte o respinte ai sensi degli articoli 95, 96 e 97.
   3. Se le domande sono proposte tardivamente a norma dell’articolo 101, il giudice delegato può sospendere la vendita delle cose rivendicate, chieste in restituzione o separate, con cauzione o senza.
   4. In ogni caso il giudice, prima di provvedere sulle domande, deve, in quanto possibile, sentire il fallito.
5. Le domande di rivendicazione, restituzione e separazione sul prezzo non pregiudicano le ripartizioni anteriori, e possono essere fatte valere sulle somme ancora da distribuire.
Art. 103 – Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione
   1. Ai procedimenti che hanno ad oggetto domande di restituzione o di rivendicazione, si applica il regime probatorio previsto nell’articolo 621 del codice di procedura civile. Se il bene non è stato acquisito all’attivo della procedura, il titolare del diritto, anche nel corso dell’udienza di cui all’articolo 95, può modificare l’originaria domanda e chiedere l’ammissione al passivo del controvalore del bene alla data di apertura del concorso. Se il curatore perde il possesso della cosa dopo averla acquisita, il titolare del diritto può chiedere che il controvalore del bene sia corrisposto in prededuzione.
CAPO VI – Della liquidazione dell’attivo
Sezione I – Disposizioni generali
CAPO VI – Dell’esercizio provvisorio e della liquidazione dell’attivo
Sezione I – Disposizioni generali
Art. 104 – Inizio della liquidazione
   1. Il curatore deve procedere, sotto la direzione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, se questo è stato nominato, alla vendita dei beni dopo il decreto previsto dall’articolo 97, salve le esigenze dell’esercizio provvisorio della impresa, quando questo sia stato autorizzato.
   2. Il curatore può essere autorizzato con decreto motivato dal giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, a procedere alle vendite anche prima del termine indicato nel primo comma.
Art. 104 – Esercizio provvisorio dell’impresa del fallito
   1. Con la sentenza dichiarativa del fallimento, il tribunale può disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, se dalla interruzione può derivare un danno grave, purché non arrechi pregiudizio ai creditori.
   2. Successivamente, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza, con decreto motivato, la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, fissandone la durata.
   3. Durante il periodo di esercizio provvisorio, il comitato dei creditori è convocato dal curatore, almeno ogni tre mesi, per essere informato sull’andamento della gestione e per pronunciarsi sull’opportunità di continuare l’esercizio.
   4. Se il comitato dei creditori non ravvisa l’opportunità di continuare l’esercizio provvisorio, il giudice delegato ne ordina la cessazione.
   5. Ogni semestre, o comunque alla conclusione del periodo di esercizio provvisorio, il curatore deve presentare un rendiconto dell’attività mediante deposito in cancelleria. In ogni caso il curatore informa senza indugio il giudice delegato e il comitato dei creditori di circostanze sopravvenute che possono influire sulla prosecuzione dell’esercizio provvisorio.
   6. Il tribunale può ordinare la cessazione dell’esercizio provvisorio in qualsiasi momento laddove ne ravvisi l’opportunità, con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamo sentiti il curatore ed il comitato dei creditori.
   7. Durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli.
   8. I crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prededuzione ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1).
   9. Al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del capo III del titolo II
Art. 104-bis – Affitto dell’azienda o di rami dell’azienda
   1. Anche prima della presentazione del programma di liquidazione di cui all’articolo 104-ter su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l’affitto dell’azienda del fallito a terzi anche limitatamente a specifici rami quando appaia utile al fine della più proficua vendita dell’azienda o di parti della stessa.
   2. La scelta dell’affittuario è effettuata dal curatore a norma dell’articolo 107, sulla base di stima, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati. La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che dell’ammontare del canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilità del piano di prosecuzione delle attività imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali.
   3. Il contratto di affitto stipulato dal curatore nelle forme previste dall’articolo 2556 del codice civile deve prevedere il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, la prestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell’affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che può essere esercitato, sentito il comitato dei creditori, con la corresponsione all’affittuario di un giusto indennizzo da corrispondere ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1).
   4. La durata dell’affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni.
   5. Il diritto di prelazione a favore dell’affittuario può essere concesso convenzionalmente, previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitato dei creditori. In tale caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di vendita dell’azienda o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all’affittuario, il quale può esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione.
   6. La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II.
Art. 104-ter – Programma di liquidazione
   1. Entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventario, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre, acquisito il parere favorevole del comitato dei creditori, all’approvazione del giudice delegato.
   2. Il programma deve indicare le modalità e i termini previsti per la realizzazione dell’attivo, specificando:
   a) l’opportunità di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell’articolo 104, ovvero l’opportunità di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell’articolo 104-bis;
   b) la sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto;
   c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare;
   d) le possibilità di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti giuridici individuabili in blocco;
   e) le condizioni della vendita dei singoli cespiti.
   3. Il curatore può essere autorizzato dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti alcune incombenze della procedura di liquidazione dell’attivo.
   4. Il comitato dei creditori può proporre al curatore modifiche al programma presentato. L’approvazione del programma di liquidazione tiene luogo delle singole autorizzazioni eventualmente necessarie ai sensi della presente legge per l’adozione di atti o l’effettuazione di operazioni inclusi nel programma.
   5. Per sopravvenute esigenze, il curatore può presentare, con le modalità di cui ai commi primo, secondo e terzo, un supplemento del piano di liquidazione.
   6. Prima della approvazione del programma, il curatore può procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori se già nominato, solo quando dal ritardo può derivare pregiudizio all’interesse dei creditori.
   7. Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può non acquisire all’attivo o rinunciare a liquidare uno o più beni, se l’attività di liquidazione appaia manifestamente non conveniente. In questo caso, il curatore ne dà comunicazione ai creditori i quali, in deroga a quanto previsto nell’articolo 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui beni rimessi nella disponibilità del debitore.
Art. 105 – Norme applicabili
   1. Alle vendite di beni mobili od immobili del fallimento si applicano le disposizioni del codice di procedura civile relative al processo di esecuzione, in quanto compatibili con le disposizioni delle sezioni seguenti.
Art. 105 – Vendita dell’azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco
   1. La liquidazione dei singoli beni ai sensi degli articoli seguenti del presente capo è disposta quando risulta prevedibile che la vendita dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori.
   2. La vendita del complesso aziendale o di rami dello stesso è effettuata con le modalità di cui all’articolo 107, in conformità a quanto disposto dall’articolo 2556 del codice civile.
   3. Nell’ambito delle consultazioni sindacali relative al trasferimento d’azienda, il curatore, l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e le ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti.
   4. Salva diversa convenzione, è esclusa la responsabilità dell’acquirente per i debiti relativi all’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento.
   5. Il curatore può procedere altresì alla cessione delle attività e delle passività dell’azienda o dei suoi rami, nonché di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque la responsabilità dell’alienante prevista dall’articolo 2560 del codice civile.
   6. La cessione dei crediti relativi alle aziende cedute, anche in mancanza di notifica al debitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto è liberato se paga in buona fede al cedente.
   7. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del cedente, conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario.
   8. Il curatore può procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell’azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell’alienante ai sensi dell’articolo 2560 del codice civile ed osservate le disposizioni inderogabili contenute nella presente sezione. Sono salve le diverse disposizioni previste in leggi speciali.
   9. Il pagamento del prezzo può essere effettuato mediante accollo di debiti da parte dell’acquirente solo se non viene alterata la graduazione dei crediti.
Sezione II – Della vendita dei beni mobili
Sezione II – Della vendita dei beni mobili
Art. 106 – Modalità della vendita dei beni mobili
   1. Per i beni mobili, compresi i frutti naturali degli immobili, il giudice delegato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all’incanto, e determinando le modalità relative, sentito ove occorra uno stimatore.
   2. In caso di necessità o di utilità evidente può autorizzare la vendita in massa delle attività mobiliari, in tutto o in parte, prescrivendo speciali misure di pubblicità.
Art. 106 – Vendita dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni, mandato a riscuotere
   1. Il curatore può cedere i crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se oggetto di contestazione; può altresì cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizi sono già pendenti.
   2. Per la vendita della quota di società a responsabilità limitata si applica l’articolo 2471 del codice civile.
   3. In alternativa alla cessione di cui al primo comma, il curatore può stipulare contratti di mandato per la riscossione dei crediti.
Sezione III – Della vendita dei beni mobili
Sezione III – Della vendita dei beni mobili
Art. 107 – Espropriazione in corso
   1. Se prima della dichiarazione di fallimento è stata iniziata da un creditore l’espropriazione di uno o più immobili del fallito, il curatore si sostituisce nella procedura al creditore istante.
   2. In caso d’ingiustificato ritardo da parte del curatore il creditore procedente, il fallito e ogni altro interessato possono reclamare, a norma dell’articolo 36, al giudice delegato.
   3. Se era in corso il procedimento di distribuzione del prezzo, il procedimento deve essere integrato con l’intervento del curatore.
   4. Il curatore deve tenere un conto speciale delle vendite dei singoli immobili e dei frutti percepiti sui medesimi dalla data della dichiarazione di fallimento. La somma ricavata dalla vendita dei frutti è distribuita col prezzo degli immobili relativi.
Art. 107 – Modalità delle vendite
   1. Le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effettuati dal curatore, tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati.
   2. Per i beni immobili, prima del completamento delle operazioni di vendita, è data notizia mediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio.
   3. Il curatore può sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d’acquisto migliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto.
   4. Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei creditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione.
   5. Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatore può subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizione del codice di procedura civile; altrimenti su istanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilità dell’esecuzione, salvi i casi di deroga di cui all’articolo 51.
   6. Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilità e professionalità dei soggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore può avvalersi ai sensi del primo comma, nonché i mezzi di pubblicità e trasparenza delle operazioni di vendita.
Art. 108 – Modalità della vendita degli immobili
   1. La vendita degli immobili deve farsi con incanto. Il giudice delegato tuttavia, su proposta del curatore, sentito il comitato dei creditori e con l’assenso dei creditori ammessi al passivo, aventi un diritto di prelazione sugli immobili, può ordinare la vendita senza incanto, ove la ritenga più vantaggiosa.
   2. Le vendite sono disposte con ordinanza dal giudice delegato, su istanza del curatore, ed hanno luogo innanzi al giudice medesimo, salvo quanto disposto dall’articolo 578 del codice di procedura civile.
   3. Il giudice che procede può sospendere la vendita, quando ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto.
   4. Un estratto dell’ordinanza che dispone la vendita è notificato dal curatore a ciascuno dei creditori ammessi al passivo con diritto di prelazione sull’immobile, nonché ai creditori ipotecari iscritti.
Art. 108 – Poteri del giudice delegato
   1. Il giudice delegato, su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori, può sospendere, con decreto motivato, le operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giustificati motivi ovvero, su istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal deposito di cui al quarto comma dell’articolo 107, impedire il perfezionamento della vendita quando il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mercato.
   2. Per i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico e per i beni immobili, una volta eseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.
Art. 108-bis – Modalità della vendita di navi, galleggianti ed aeromobili
   1. La vendita di navi, galleggianti ed aeromobili iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione è eseguita a norma delle disposizioni dello stesso codice, in quanto applicabili.
Art. 108-ter – Modalità della vendita di diritti sulle opere dell’ingegno; sulle invenzioni industriali; sui marchi
   1. Il trasferimento dei diritti di utilizzazione economica delle opere dell’ingegno, il trasferimento dei diritti nascenti delle invenzioni industriali, il trasferimento dei marchi e la cessione di banche di dati sono fatte a norma delle rispettive leggi speciali.
Art. 109 – Procedimento di distribuzione della somma ricavata
   1. Il giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita secondo le disposizioni del capo seguente.
   2. Il giudice delegato stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del caso, al curatore in conto del compenso finale da liquidarsi a norma dell’articolo 39. Tale somma è prelevata sul prezzo insieme alle spese di procedura e di amministrazione.
Art. 109 – Procedimento di distribuzione della somma ricavata
   1. Il giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita secondo le disposizioni del capo seguente.
   2. Il tribunale stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del caso, al curatore in conto del compenso finale da liquidarsi a norma dell’articolo 39. Tale somma è prelevata sul prezzo insieme alle spese di procedura e di amministrazione.
CAPO VII – Della ripartizione dell’attivo
CAPO VII – Della ripartizione dell’attivo
Art. 110 – Progetto di ripartizione
   1. Il curatore, ogni due mesi a partire dalla data del decreto previsto dall’articolo 97, salvo che il giudice delegato stabilisca un termine diverso, deve presentare un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura.
   2. Il giudice, sentito il comitato dei creditori, apporta al progetto le variazioni che ravvisa convenienti e ne ordina il deposito in cancelleria disponendo che tutti i creditori ne siano avvisati.
   3. I creditori possono far pervenire entro dieci giorni dall’avviso le loro osservazioni. Trascorso tale termine, il giudice delegato, tenuto conto delle osservazioni, stabilisce con decreto il piano di riparto, rendendolo esecutivo.
Art. 110 – Progetto di ripartizione
   1. Il curatore, ogni quattro mesi a partire dalla data del decreto previsto dall’articolo 97 o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato, presenta un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti per la procedura.
   2. Il giudice, sentito il comitato dei creditori, ordina il deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, disponendo che tutti i creditori, compresi quelli per i quali è in corso uno dei giudizi di cui all’articolo 98, ne siano avvisati con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o altra modalità telematica, con garanzia di avvenuta ricezione in base agli articoli 8, comma 2, 9, comma 4, e 14 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
   3. I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione di cui al secondo comma, possono proporre reclamo contro il progetto di riparto nelle forme di cui all’articolo 26.
   4. Decorso tale termine, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione. Se sono proposti reclami, il progetto di ripartizione è dichiarato esecutivo con accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione. Il provvedimento che decide sul reclamo dispone in ordine alla destinazione delle somme accantonate.
Art. 111 – Ordine di distribuzione delle somme
   1. Le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine:
   1) per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate dall’erario, e dei debiti contratti per l’amministrazione del fallimento e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa, se questo è stato autorizzato;
   2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l’ordine assegnato dalla legge;
   3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa.
   2. I prelevamenti indicati al n. 1 sono determinati con decreto dal giudice delegato.
Art. 111 – Ordine di distribuzione delle somme
   1. Le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo sono erogate nel seguente ordine:
   1) per il pagamento dei crediti prededucibili;
   2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l’ordine assegnato dalla legge;
   3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa.
   2. Sono considerati debiti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1).
Art. 111-bis – Disciplina dei crediti prededucibili
   1. I crediti prededucibili devono essere accertati con le modalità di cui al capo V, con esclusione di quelli non contestati per collocazione e ammontare, anche se sorti durante l’esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell’articolo 25; in questo ultimo caso, se contestati, devono essere accertati con il procedimento di cui all’articolo 26.
   2. Per i crediti prededucibili sorti dopo l’adunanza di verificazione dello stato passivo ovvero dopo l’udienza alla quale essa sia stata differita, si provvede all’accertamento ai sensi del secondo comma dell’articolo 101.
   3. I crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il ricavato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, secondo un criterio proporzionale, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti. Il corso degli interessi cessa al momento del pagamento.
   4. I crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare, possono essere soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto se l’attivo è presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti. Il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice delegato se l’importo è superiore a euro 25.000,00; l’importo può essere aggiornato ogni cinque anni con decreto del Ministro della giustizia in base agli indici ISTAT sul costo della vita.
   5. Se l’attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all’ordine assegnato dalla legge.
Art. 111-ter – Conti speciali
   1. La massa liquida attiva immobiliare è costituita dalle somme ricavate dalla liquidazione dei beni immobili, come definiti dall’articolo 812 del codice civile, e dei loro frutti e pertinenze, nonché dalla quota proporzionale di interessi attivi liquidati sui depositi delle relative somme.
   2. La massa liquida attiva mobiliare è costituita da tutte le altre entrate.
   3. Il curatore deve tenere un conto autonomo delle vendite dei singoli beni immobili oggetto di privilegio speciale e di ipoteca e dei singoli beni mobili o gruppo di mobili oggetto di pegno e privilegio speciale, con analitica indicazione delle entrate e delle uscite di carattere specifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale.
Art. 111-quater – Crediti assistiti da prelazione
   1. I crediti assistiti da privilegio generale hanno diritto di prelazione per il capitale, le spese e gli interessi, nei limiti di cui agli articoli 54 e 55, sul prezzo ricavato dalla liquidazione del patrimonio mobiliare, sul quale concorrono in un’unica graduatoria con i crediti garantiti da privilegio speciale mobiliare, secondo il grado previsto dalla legge.
   2. I crediti garantiti da ipoteca e pegno e quelli assistiti da privilegio speciale hanno diritto di prelazione per il capitale, le spese e gli interessi, nei limiti di cui agli articoli 54 e 55, sul prezzo ricavato dai beni vincolati alla loro garanzia.
Art. 112 – Partecipazione dei creditori ammessi tardivamente
   1. I creditori ammessi a norma dell’articolo 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvi i diritti di prelazione. Se però dalla sentenza pronunciata a norma dell’articolo 101 risulta che il ritardo è dipeso da causa ad essi non imputabile, i creditori sono ammessi a prelevare sull’attivo non ripartito anche le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni.
Art. 112 – Partecipazione dei creditori ammessi tardivamente
   1. I creditori ammessi a norma dell’articolo 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del rispettivo credito, salvo il diritto di prelevare le quote che sarebbero loro spettate nelle precedenti ripartizioni se assistiti da cause di prelazione o se il ritardo è dipeso da cause ad essi non imputabili.
Art. 113 – Ripartizioni parziali
   1. Nelle ripartizioni parziali, che non possono superare il novanta per cento delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modi stabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate:
   1) ai creditori residenti all’estero per i crediti dei quali, essendo stato prorogato il termine, non sia ancora avvenuta la verificazione;
   2) ai creditori per i quali è stato ordinato l’accantonamento delle quote, nonché ai creditori ammessi con riserva di presentazione del titolo;
   3) ai creditori i cui crediti sono soggetti a condizione sospensiva non ancora verificata, compresi i crediti che non possono farsi valere contro il fallito se non previa escussione di un obbligato principale;
   4) alle spese future ritenute necessarie dal giudice delegato ed alle somme occorrenti per soddisfare il compenso e le spese dovute al curatore.
Art. 113 – Ripartizioni parziali
   1. Nelle ripartizioni parziali, che non possono superare l’ottanta per cento delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modi stabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate:
   1) ai creditori ammessi con riserva;
   2) ai creditori opponenti a favore dei quali sono state disposte misure cautelari;
   3) ai creditori opponenti la cui domanda è stata accolta ma la sentenza non è passata in giudicato;
   4) ai creditori nei cui confronti sono stati proposti i giudizi di impugnazione e di revocazione.
   2. Le somme ritenute necessarie per spese future, per soddisfare il compenso al curatore e ogni altro debito prededucibile devono essere trattenute; in questo caso, l’ammontare della quota da ripartire indicata nel primo comma del presente articolo deve essere ridotta se la misura dell’ottanta per cento appare insufficiente.
   3. Devono essere altresì trattenute e depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato le somme ricevute dalla procedura per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi e non ancora passati in giudicato.
Art. 113-bis – Scioglimento delle ammissioni con riserva
   1. Quando si verifica l’evento che ha determinato l’accoglimento di una domanda con riserva, su istanza del curatore o della parte interessata, il giudice delegato modifica lo stato passivo, con decreto, disponendo che la domanda deve intendersi accolta definitivamente.
Art. 114 – Restituzione di somme riscosse
   1. Nei casi previsti dall’articolo 102 i creditori che hanno partecipato a qualche ripartizione devono restituire le somme riscosse con gli interessi legali.
Art. 114 – Restituzione di somme riscosse
   1. I pagamenti effettuati in esecuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande di revocazione.
   2. I creditori che hanno percepito pagamenti non dovuti, devono restituire le somme riscosse, oltre agli interessi legali dal momento del pagamento effettuato a loro favore.
Art. 115 – Pagamento ai creditori
   1. Il curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato.
Art. 115 – Pagamento ai creditori
   1. Il curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato, purché tali da assicurare la prova del pagamento stesso.
   2. Se prima della ripartizione i crediti ammessi sono stati ceduti, il curatore attribuisce le quote di riparto ai cessionari, qualora la cessione sia stata tempestivamente comunicata, unitamente alla documentazione che attesti, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di cedente e cessionario, l’intervenuta cessione. In questo caso, il curatore provvede alla rettifica formale dello stato passivo.
Art. 116 – Rendiconto del curatore
   1. Compiuta la liquidazione dell’attivo prima del riparto finale, il curatore presenta al giudice delegato il conto della gestione.
   2. Il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria, e fissa l’udienza nella quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni. L’udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dal deposito.
   3. Dell’avvenuto deposito e della fissazione della udienza è data immediata comunicazione al fallito e ai singoli creditori.
   4. Se all’udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto; altrimenti provvede a norma dell’articolo 189 del codice di procedura civile, fissando l’udienza innanzi al collegio non oltre i venti giorni successivi.
Art. 116 – Rendiconto del curatore
   1. Compiuta la liquidazione dell’attivo e prima del riparto finale, nonché in ogni caso in cui cessa dalle funzioni, il curatore presenta al giudice delegato l’esposizione analitica delle operazioni contabili e della attività di gestione della procedura.
   2. Il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria e fissa l’udienza fino alla quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni o contestazioni. L’udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dal deposito.
   3. Dell’avvenuto deposito e della fissazione dell’udienza, il curatore dà immediata comunicazione ai creditori ammessi al passivo, a coloro che hanno proposto opposizione, ai creditori in prededuzione non soddisfatti ed al fallito, avvisandoli che possono prende visione del rendiconto e presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino all’udienza.
   4. Se all’udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accordo, il giudice approva il conto con decreto; altrimenti, fissa l’udienza innanzi al collegio che provvede in camera di consiglio.
Art. 117– Ripartizione finale
   1. Approvato il conto e liquidato il compenso del curatore, il giudice delegato sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale secondo le norme precedenti.
   2. Nel riparto finale vengono distribuiti anche gli accantonamenti precedentemente fatti. Tuttavia, nel caso previsto dal n. 3 dell’articolo 113, se la condizione non si è ancora verificata, la somma è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché a suo tempo possa essere o versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori.
   3. Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili la somma dovuta è depositata presso un istituto di credito. Il certificato di deposito vale quietanza.
Art. 117– Ripartizione finale
   1. Approvato il conto e liquidato il compenso del curatore, il giudice delegato, sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale secondo le norme precedenti.
Nel riparto finale vengono distribuiti anche gli accantonamenti precedentemente fatti. Tuttavia, se la condizione non si è ancora verificata ovvero se il provvedimento non è ancora passato in giudicato, la somma è depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché, verificatisi gli eventi indicati, possa essere versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto di riparto supplementare fra gli altri creditori. Gli accantonamenti non impediscono la chiusura della procedura.
   2. Il giudice delegato, nel rispetto delle cause di prelazione, può disporre che a singoli creditori che vi consentono siano assegnati, in luogo delle somme agli stessi spettanti, crediti di imposta del fallito non ancora rimborsati.
   3. Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamente depositate presso l’ufficio postale o la banca già indicati ai sensi dell’articolo 34. Decorsi cinque anni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non richieste da altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate a cura del depositario all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia.
   4. Il giudice, anche se è intervenuta l’esdebitazione del fallito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, su ricorso dei creditori rimasti insoddisfatti che abbiano presentato la richiesta di cui al quarto comma, dispone la distribuzione delle somme non riscosse in base all’articolo 111 fra i soli richiedenti.
CAPO VIII – Della cessazione della procedura fallimentare
Sezione I – Della chiusura del fallimento
CAPO VIII – Della cessazione della procedura fallimentare
Sezione I – Della chiusura del fallimento
Art. 118 – Casi di chiusura
   1. Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di concordato, la procedura di fallimento si chiude:
   1) se nei termini stabiliti nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo;
   2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell’attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l’intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati il compenso del curatore e le spese di procedura;
   3) quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo;
   4) quando non possa essere utilmente continuata la procedura per insufficienza di attivo.
Art. 118 – Casi di chiusura
   1. Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di concordato, la procedura di fallimento si chiude:
   1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state proposte domande di ammissione al passivo;
   2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell’attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l’intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione;
   3) quando è compiuta la ripartizione finale dell’attivo;
   4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, né i crediti prededucibili e le spese di procedura. Tale circostanza può essere, accertata con la relazione o con i successivi rapporti riepilogativi di cui all’articolo 33.
   2. Ove si tratti di fallimento di società il curatore ne chiede la cancellazione dal registro delle imprese. La chiusura della procedura di fallimento della società determina anche la chiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell’articolo 147, salvo che nei confronti del socio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale.
Art. 119 – Decreto di chiusura
   1. La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, pubblicato nelle forme prescritte nell’articolo 17.
   2. Il decreto è soggetto a reclamo entro quindici giorni dalla data di affissione dinanzi alla corte di appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti il reclamante, il curatore e il fallito.
Art. 119 – Decreto di chiusura
   1. La chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, pubblicato nelle forme prescritte nell’articolo 17.
   2. Quando la chiusura del fallimento è dichiarata ai sensi dell’articolo 118, primo comma, n. 4), prima dell’approvazione del programma di liquidazione, il tribunale decide sentiti il comitato dei creditori ed il fallito.
   3. Contro il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta è ammesso reclamo a norma dell’articolo 26.
   4. Con i decreti emessi ai sensi del primo e del terzo comma del presente articolo, sono impartite le disposizioni esecutive volte ad attuare gli effetti della decisione. Allo stesso modo si provvede a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di revoca del fallimento o della definitività del decreto di omologazione del concordato fallimentare.
Art. 120 – Effetti della chiusura
   1. Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti al fallimento.
   2. I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi.
Art. 120 – Effetti della chiusura
   1. Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti al fallimento.
   2. Le azioni esperite dal curatore per l’esercizio di diritti derivanti dal fallimento non possono essere proseguite.
   3. I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi, salvo quanto previsto dagli articoli 142 e seguenti.
   4. Il decreto o la sentenza con la quale il credito è stato ammesso al passivo costituisce prova scritta per gli effetti di cui all’articolo 634 del codice di procedura civile.
Art. 121 – Casi di riapertura del fallimento
   1. Nei casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell’articolo 118, il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qualunque creditore, può ordinare che il Fallimento già chiuso sia riaperto, quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.
   2. Il tribunale, con sentenza in camera di consiglio non soggetta a gravame, se accoglie l’istanza:
   1) richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di nuovo;
   2) stabilisce i termini previsti dai nn. 4 e 5 dell’articolo 16, abbreviandoli non oltre la metà.
   3. La sentenza è pubblicata a norma dell’articolo 17.
   4. Il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella scelta anche dei nuovi creditori.
   5. Per le altre operazioni si seguono le norme stabilite nei capi precedenti.
Art. 121 – Casi di riapertura del fallimento
   1. Nei casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell’articolo 118, il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qualunque creditore, può ordinare che il Fallimento già chiuso sia riaperto, quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento ai creditori vecchi e nuovi.
   2. Il tribunale, con sentenza in camera di consiglio, se accoglie l’istanza:
   1) richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di nuovo;
   2) stabilisce i termini previsti dai numeri 4) e 5) del secondo comma dell’articolo 16, eventualmente abbreviandoli non oltre la metà; i creditori già ammessi al passivo nel fallimento chiuso possono chiedere la conferma del provvedimento di ammissione salvo che intendano insinuare al passivo ulteriori interessi.
   3. La sentenza può essere appellata a norma dell’articolo 18.
   4. La sentenza è pubblicata a norma dell’articolo 17.
   5. Il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella scelta anche dei nuovi creditori.
   6. Per le altre operazioni si seguono le norme stabilite nei capi precedenti.
Art. 122 – Concorso dei vecchi e nuovi creditori
   1. I creditori concorrono alle nuove ripartizioni per le somme loro dovute al momento della riapertura, dedotto quanto hanno percepito nelle precedenti ripartizioni, salve in ogni caso le cause legittime di prelazione.
   2. Restano ferme le precedenti statuizioni a norma degli articoli da 93 e 103.
Art. 122 – Concorso dei vecchi e nuovi creditori
   1. I creditori concorrono alle nuove ripartizioni per le somme loro dovute al momento della riapertura, dedotto quanto hanno percepito nelle precedenti ripartizioni, salve in ogni caso le cause legittime di prelazione.
   2. Restano ferme le precedenti statuizioni a norma del Capo V.
Art. 123 – Effetti della riapertura sugli atti pregiudizievoli ai creditori
   1. In caso di riapertura del fallimento, per le azioni revocatorie relative agli atti del fallito, compiuti dopo la chiusura del fallimento, i termini stabiliti dagli articoli 65, 67 e 70 sono computati dalla data della sentenza di riapertura.
   2. Sono privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento.
Art. 123 – Effetti della riapertura sugli atti pregiudizievoli ai creditori
   1. In caso di riapertura del fallimento, per le azioni revocatorie relative agli atti del fallito, compiuti dopo la chiusura del fallimento, i termini stabiliti dagli articoli 65, 67 e 67-bis sono computati dalla data della sentenza di riapertura.
   2. Sono privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito e quelli di cui all’articolo 69, posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento.
Sezione II – Del concordato
Sezione II – Del concordato
Art. 124 – Proposta di concordato
   1. Dopo il decreto previsto nell’articolo 97, il fallito può proporre ai creditori un concordato, presentando domanda al giudice delegato. La domanda deve contenere l’indicazione della percentuale offerta ai creditori chirografari e del tempo del pagamento, e la descrizione delle garanzie offerte per il pagamento, dei crediti, delle spese di procedura e del compenso al curatore.
   2. La cessione delle azioni revocatorie come patto di concordato è ammessa a favore del terzo che si accolla l’obbligo di adempiere il concordato limitatamente alle azioni già proposte dal curatore.
3. La cessione non è ammessa a favore del fallito e dei suoi fideiussori.
Art. 124 – Proposta di concordato
   1. La proposta di concordato può essere presentata da uno o più creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo, purché i dati contabili e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predisporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giudice delegato. Essa non può essere presentata dal fallito, da società cui egli partecipi o da società sottoposte a comune controllo, se non dopo il decorso di sei mesi dalla dichiarazione di fallimento e purché non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
   2. La proposta può prevedere:
   a) la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei;
   b) trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni dei trattamenti differenziati dei medesimi;
   c) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione ai creditori, nonché a società da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito.
   3. La proposta può prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al cespite o al credito oggetto della garanzia indicato nella relazione giurata di un esperto o di un revisore contabile o di una società di revisione designati dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può aver l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.
   4. La proposta presentata da un terzo può prevedere la cessione, oltre che dei beni compresi nell’attivo fallimentare, anche delle azioni di pertinenza della massa, purché autorizzate dal giudice delegato, con specifica indicazione dell’oggetto e del fondamento della pretesa. Il terzo può limitare gli impegni assunti con il concordato ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, e a quelli che hanno proposto opposizione allo stato passivo o domanda di ammissione tardiva al tempo della proposta. In tale caso, verso gli altri creditori continua a rispondere il fallito, fermo quanto disposto dagli articoli 142 e seguenti in caso di esdebitazione.
Art. 125 – Esame della proposta e comunicazione ai creditori
   1. Sulla proposta di concordato il giudice chiede il parere del curatore e del comitato dei creditori e, se ritiene la proposta conveniente, ne ordina la comunicazione immediata, con la indicazione dei suddetti pareri, mediante lettera raccomandata ai creditori, fissando un termine, non inferiore a venti né superiore a trenta giorni dalla data del provvedimento, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale la loro dichiarazione di dissenso. La dichiarazione può essere scritta, in calce alla comunicazione.
   2. Delle dichiarazioni di voto è presa nota in apposito verbale sottoscritto dal giudice e dal cancelliere.
   3. In seguito alla proposta di concordato il giudice delegato può sospendere la liquidazione.
   4. Se vi sono degli obbligazionisti la proposta di concordato deve essere comunicata al rappresentante degli obbligazionisti e il termine concesso ai creditori per far pervenire nella cancelleria del tribunale la loro dichiarazione di dissensi, deve essere raddoppiato.
Art. 125 – Esame della proposta e comunicazione ai creditori
   1. La proposta di concordato è presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del comitato dei creditori e del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione.
   2. Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori, essa deve essere sottoposta, con i pareri di cui al primo comma, al giudizio del tribunale, che verifica il corretto utilizzo dei criteri di cui all’articolo 124, secondo comma, lettere a) e b), tenendo conto della relazione resa ai sensi dell’articolo 124, terzo comma.
   3. Una volta espletati tali adempimenti preliminari, il giudice delegato, acquisito il parere favorevole del curatore, ordina che la proposta venga comunicata ai creditori, specificando dove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione. Nel medesimo provvedimento il giudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni né superiore a trenta, entro il quale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazioni di dissenso. Se le proposte sono più di una, devono essere portate in votazione contemporaneamente.
   4. Se la società fallita ha emesso obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della proposta di concordato, la comunicazione è inviata agli organi che hanno il potere di convocare le rispettive assemblee, affinché possano esprimere il loro eventuale dissenso. Il termine previsto dal terzo comma è prolungato per consentire l’espletamento delle predette assemblee.
Art. 126 – Concordato nel caso di numerosi creditori
   1. Se la comunicazione prescritta dall’articolo precedente è sommamente difficile per il rilevante numero dei destinatari, il tribunale, sentiti il pubblico ministero e il curatore, può autorizzare il giudice delegato a disporre che la proposta di concordato, anziché comunicata singolarmente ai creditori, sia pubblicata, con le conclusioni dei pareri del curatore e del comitato dei creditori, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e, eventualmente, in altri giornali.
Art. 126 – Concordato nel caso di numerosi creditori
   1. Ove le comunicazioni siano dirette ad un rilevante numero di destinatari, il giudice delegato può autorizzare il curatore a dare notizia della proposta di concordato, anziché con comunicazione ai singoli creditori, mediante pubblicazione del testo integrale della medesima su uno o più quotidiani a diffusione nazionale o locale.
Art. 127 – Voto nel concordato
   1. Hanno diritto al voto i creditori ammessi al passivo, anche se con riserva o provvisoriamente.
   2. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori. Il voto di adesione deve essere esplicito ed importa rinuncia al diritto di prelazione per l’intero credito, se è dato senza dichiarazione di limitata rinuncia. Se il concordato non è approvato, non è omologato o viene annullato o risoluto, cessano gli effetti della rinuncia.
   3. Sono esclusi dal voto o dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti ed affini fino al quarto grado e coloro che sono diventati cessionari o aggiudicatari dei crediti di dette persone da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento.
4. I trasferimenti dei crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento non attribuiscono diritto di voto.
Art. 127 – Voto nel concordato
   1. Se la proposta è presentata prima che lo stato passivo venga reso esecutivo, hanno diritto al voto i creditori che risultano dall’elenco provvisorio predisposto dal curatore e approvato dal giudice delegato; altrimenti, gli aventi diritto al voto sono quelli indicati nello stato passivo reso esecutivo ai sensi dell’articolo 97. In quest’ultimo caso, hanno diritto al voto anche i creditori ammessi provvisoriamente e con riserva.
   2. I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia sia contestata, dei quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto di prelazione, salvo quanto previsto dal terzo comma. La rinuncia può essere anche parziale, purché non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori.
   3. Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte alla prelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.
   4. I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, ai sensi dell’articolo 124, terzo comma, la soddisfazione non integrale, sono considerati chirografari per la parte residua del credito.
   5. Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi parenti ed affini fino al quarto grado e coloro che sono diventati cessionari o aggiudicatari dei crediti di dette persone da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento.
   6. La stessa disciplina si applica ai crediti delle società controllanti o controllate o sottoposte a comune controllo.
   7. I trasferimenti di crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento non attribuiscono diritto di voto, salvo che siano effettuati a favore di banche o altri intermediari finanziari.
Art. 128 – Approvazione del concordato
   1. Il concordato è approvato se riporta il consenso della maggioranza numerica dei creditori aventi diritto al voto, la quale rappresenti almeno i due terzi della somma dei loro crediti.
   2. I creditori che non fanno pervenire la loro dichiarazione nel termine indicato nell’articolo 125 si ritengono consenzienti, salvo quanto disposto dal comma secondo dell’articolo precedente.
   3. La variazione del numero dei creditori ammessi o dell’ammontare dei singoli crediti, che avvenga per effetto di sentenza posteriore alla scadenza del termine indicato nell’articolo 125, non influisce sul calcolo della maggioranza.
Art. 128 – Approvazione del concordato
   1. Il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto.
   2. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se riporta il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nelle classi medesime.
   3. I creditori che non fanno pervenire il loro dissenso nel termine fissato dal giudice delegato si ritengono consenzienti.
   4. La variazione del numero dei creditori ammessi o dell’ammontare dei singoli crediti, che avvenga per effetto di una sentenza emessa successivamente alla scadenza del termine fissato dal giudice delegato per le votazioni, non influisce sul calcolo della maggioranza.
Art. 129 – Giudizio di omologazione
   1. Decorso il termine stabilito per la votazione, se non si sono raggiunte le maggioranze prescritte, il giudice delegato con decreto in calce al verbale previsto dall’articolo 125, comma secondo, dichiara respinta la proposta di concordato. In caso contrario pronuncia ordinanza con la quale dichiara aperto il giudizio di omologazione e fissa l’udienza di comparizione davanti a sé non prima di quindici o non oltre trenta giorni. L’ordinanza è pubblicata per affissione.
   2. I creditori dissenzienti e qualsiasi interessato possono fare opposizione con atto notificato al curatore e al fallito, costituendosi almeno cinque giorni prima dell’udienza. L’atto d’opposizione deve contenerne i motivi.
   3. All’udienza, previa relazione orale del curatore, il giudice sente le parti costituite, il presidente del comitato dei creditori ed il fallito; quindi procede a norma degli articoli 183 e seguenti del codice di procedura civile, fissando l’udienza innanzi al collegio nel termine di dieci giorni.
   4. Cinque giorni prima dell’udienza innanzi al collegio il curatore deposita in cancelleria una relazione motivata col suo parere definitivo. Analoga relazione può presentare il comitato dei creditori.
Art. 129 – Giudizio di omologazione
   1. Decorso il termine stabilito per le votazioni, il curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito.
   2. Se la proposta è stata approvata, il giudice delegato dispone che ne sia data immediata comunicazione al proponente, al fallito e ai creditori dissenzienti e fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la proposizione di eventuali opposizioni, anche da parte di qualsiasi altro interessato, e per il deposito della relazione conclusiva del curatore; se la proposta di concordato è stata presentata dal curatore, la relazione è redatta e depositata dal comitato dei creditori. Analogamente si procede se sussiste la maggioranza per somma e per classi di cui al settimo comma e il proponente richiede che il tribunale proceda all’approvazione del concordato.
   3. L’opposizione e la richiesta di omologazione si propongono con ricorso a norma dell’articolo 26.
   Se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame.
   4. Se sono state proposte opposizioni ovvero se è stata presentata la richiesta di omologazione, si procede ai sensi dell’articolo 26, quinto, sesto, settimo e ottavo comma, in quanto compatibili.
   5. Il tribunale provvede con decreto motivato pubblicato a norma dell’articolo 17.
   6. Quando sono previste diverse classi di creditori, il tribunale, riscontrato il raggiungimento della maggioranza di cui all’articolo 128, primo comma, primo periodo, può omologare il concordato nonostante il dissenso di una o più classi di creditori, se la maggioranza delle classi ha approvato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili.
   7. Al fine di quanto previsto dal settimo comma, le classi di creditori non ammessi al voto ai sensi del secondo comma dell’articolo 127 sono considerate favorevoli ai soli fini del requisito della maggioranza delle classi.
Art. 130 – Sentenza di omologazione del concordato
   1. Il tribunale accerta l’osservanza delle prescrizioni di legge per l’ammissione e per la validità del concordato, esamina il merito delle proposte e la serietà delle garanzie offerte e decide su tutte le opposizioni con unita sentenza, omologando o respingendo il concordato.
   2. La sentenza che omologa il concordato stabilisce le modalità per il pagamento delle somme dovute ai creditori in esecuzione del concordato, o rimette al giudice delegato di stabilirle con decreto successivo non soggetto a reclamo.
   3. Se nel concordato sono state concesse ipoteche a garanzia del concordato il tribunale, nel pronunciare l’omologazione, fissa un breve termine per l’iscrizione delle ipoteche da eseguirsi dal curatore.
   4. La sentenza è pubblicata ed affissa a norma dell’articolo 17.
   5. Essa è provvisoriamente esecutiva. Tuttavia, alle scadenze stabilite per i pagamenti, se la sentenza non è passata in giudicato, le somme dovute per l’adempimento del concordato devono essere depositate presso un istituto di credito designato dal giudice delegato.
Art. 130 – Efficacia del decreto
   1. La proposta di concordato diventa efficace dal momento in cui scadono i termini per opporsi all’omologazione, o dal momento in cui si esauriscono le impugnazioni previste dall’articolo 129.
   2. Quando il decreto di omologazione diventa definitivo, il curatore rende conto della gestione ai sensi dell’articolo 116 ed il tribunale dichiara chiuso il fallimento.
Art. 131 – Appello contro la sentenza
   1. Contro la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli opponenti e il fallito entro quindici giorni dall’affissione.
   2. L’atto d’appello deve essere notificato al curatore, al fallito e alle parti costituite.
   3. La sentenza d’appello è pubblicata a norma dell’articolo 17, e il termine per ricorrere per cassazione è ridotto della metà e decorre dall’affissione.
   4. Con il passaggio in giudicato della sentenza che omologa il concordato la procedura di fallimento è chiusa.
Art. 131 – Reclamo
   1. Il decreto del tribunale è reclamabile dinanzi alla corte di appello che pronuncia in camera di consiglio.
   2. Il reclamo è proposto con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte d’appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del decreto.
   3. Il presidente designa il relatore e fissa l’udienza di comparizione delle parti entro sessanta giorni dal deposito, assegnando al ricorrente un termine perentorio non inferiore a dieci giorni dalla comunicazione del decreto per la notifica del ricorso e del decreto al curatore e alle altre parti; assegna altresì alle parti resistenti termine perentorio per il deposito di memorie non inferiore a trenta giorni.
   4. Il curatore dà immediata notizia agli altri creditori del deposito del reclamo e dell’udienza fissata.
   5. All’udienza il collegio, nel contraddittorio delle parti, assunte anche d’ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie, provvede con decreto motivato.
   6. Il decreto, comunicato al debitore e pubblicato a norma dell’articolo 17, può essere impugnato entro il termine di trenta giorni avanti la corte di cassazione.
Art. 132 – Intervento del pubblico ministero
   1. Il pubblico ministero interviene sia nel giudizio di primo grado sia nel giudizio di appello.
Art. 132
Abrogato
Art. 133 – Spese per omologazione
   1. Alle spese di omologazione si provvede con le somme liquide del fallimento, mediante prelevamenti disposti dal giudice delegato.
   2. [Comma abrogato].
Art. 133
[Abrogato]
Art. 134 – Rendiconto del curatore
   1. Appena la sentenza di omologazione è passata in giudicato, il curatore deve rendere il conto a norma dell’articolo 116.
Art. 134
[Abrogato]
Art. 135 – Effetti del concordato
   1. Il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi.
   2. I creditori conservano la loro azione per l’intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso.
Art. 135 – Effetti del concordato
   1. Il concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le garanzie date nel concordato da terzi.
   2. I creditori conservano la loro azione per l’intero credito contro i coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di regresso.
Art. 136 – Esecuzione del concordato
   1. Dopo la omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di omologazione.
   2. Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato.
   3. Accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia.
   4. Il provvedimento è pubblicato ed affisso ai sensi dell’articolo 17. Le spese sono a carico del debitore.
Art. 136 – Esecuzione del concordato
   1. Dopo la omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione.
   2. Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato.
   3. Accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia e adotta ogni misura idonea per il conseguimento delle finalità del concordato.
   4. Il provvedimento è pubblicato ed affisso ai sensi dell’articolo 17. Le spese sono a carico del debitore.
Art. 137 – Risoluzione del concordato
   1. Se le garanzie promesse non vengono costituite in conformità del concordato o se il fallito non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dal concordato e dalla sentenza di omologazione, il curatore deve riferirne al tribunale. Questo ordina la comparizione del fallito e dei fideiussori, se ve ne sono, e con sentenza emessa in camera di consiglio e non soggetta a gravame pronunzia la risoluzione del concordato. Nello stesso modo provvede il tribunale su ricorso di uno o più creditori o anche d’ufficio.
   2. Con la sentenza che risolve il concordato, il tribunale riapre la procedura di fallimento.
   3. La risoluzione non può essere pronunziata trascorso un anno dalla scadenza dell’ultimo pagamento stabilito nel concordato.
   4. Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.
Art. 137 – Risoluzione del concordato
   1. Se le garanzie promesse non vengono costituite in conformità del concordato o se il proponente non adempie regolarmente agli obblighi derivanti dal concordato e dal decreto di omologazione, il curatore e il comitato dei creditori devono riferirne al tribunale. Questo procede a norma dell’articolo 26 sesto, settimo e ottavo comma. Al procedimento partecipa anche l’eventuale garante. Nello stesso modo provvede il tribunale su ricorso di uno o più creditori o anche d’ufficio.
   2. Il decreto che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutivo.
   3. Il decreto è reclamabile ai sensi dell’articolo 131.
   4. Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato.
   5. Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.
   6. Non possono proporre istanza di risoluzione i creditori del fallito verso cui il terzo, ai sensi dell’articolo 124, non abbia assunto responsabilità per effetto del concordato.
Art. 138 – Annullamento del concordato
   1. Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. Nessun’altra azione di nullità è ammessa.
   2. La sentenza che annulla il concordato riapre la procedura del fallimento ed è provvisoriamente esecutiva.
   3. L’azione di annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza dell’ultimo pagamento stabilito nel concordato.
Art. 138 – Annullamento del concordato
   1. Il concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo. Non è ammessa alcuna altra azione di nullità. Si procede a norma dell’articolo 137.
   2. Il decreto che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed è provvisoriamente esecutivo. Esso è reclamabile ai sensi dell’articolo 131.
   3. Il ricorso per l’annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato.
Art. 139 – Provvedimenti conseguiti alla riapertura
   1. La sentenza che riapre la procedura a norma degli articoli 137 e 138 dispone in conformità del secondo comma dell’articolo 121. Si applicano inoltre le disposizioni dei commi successivi dello stesso articolo.
Art. 139 – Provvedimenti conseguiti alla riapertura
   1. La sentenza che riapre la procedura a norma degli articoli 137 e 138 provvede ai sensi dell’articolo 121.
Art. 140 – Effetti della riapertura
   1. Gli effetti della riapertura sono regolati dagli articoli 122 e 123.
   2. Possono essere riproposte le azioni revocatorie già iniziate e interrotte per effetto del concordato.
   3. I creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute in base al concordato risolto o annullato e non sono tenuti a restituire quanto hanno già riscosso.
   4. Essi concorrono per l’importo del primitivo credito, detratta la parte riscossa in parziale esecuzione del concordato.
Art. 140 – Effetti della riapertura
   1. Gli effetti della riapertura sono regolati dagli articoli 122 e 123.
   2. Possono essere riproposte le azioni revocatorie già iniziate e interrotte per effetto del concordato.
   3. I creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad essi dovute in base al concordato risolto o annullato e non sono tenuti a restituire quanto hanno già riscosso.
   4. Essi concorrono per l’importo del primitivo credito, detratta la parte riscossa in parziale esecuzione del concordato.
Art. 141 – Nuova proposta di concordato
   1. Reso esecutivo il nuovo stato passivo, il fallito è ammesso a proporre un nuovo concordato. Questo non può essere omologato se prima dell’udienza a ciò destinata non sono depositate, nei modi stabiliti del giudice delegato, le somme occorrenti per il suo integrale adempimento.
Art. 141 – Nuova proposta di concordato
   1. Reso esecutivo il nuovo stato passivo, il proponente è ammesso a presentare una nuova proposta di concordato. Questo non può tuttavia essere omologato se prima dell’udienza a ciò destinata non sono depositate, nei modi stabiliti del giudice delegato, le somme occorrenti per il suo integrale adempimento o non sono prestate garanzie equivalenti.
CAPO IX – Della riabilitazione civile
CAPO IX – Della esdebitazione
Art. 142 – Effetti della riabilitazione
   1. La riabilitazione civile fa cessare le incapacità personali che colpiscono il fallito per effetto della sentenza dichiarativa di fallimento.
   2. Essa è pronunciata dal tribunale nei casi previsti dagli articoli seguenti, su istanza del debitore o dei suoi eredi, sentito il pubblico ministero, con sentenza in camera di consiglio.
   3. La sentenza che pronunzia la riabilitazione ordina la cancellazione del nome del fallito dal registro previsto dall’articolo 50 ed è comunicata all’ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione.
Art. 142 – Esdebitazione
   1. Il fallito persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizione che:
   1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
   2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
   3) non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48;
   4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;
   5) non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
   6) non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all’esito di quello penale.
   2. L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali.
   3. Restano esclusi dall’esdebitazione:
   a) gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti non compresi nel fallimento ai sensi dell’articolo 46;
   b) i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti estinti.
   4. Sono salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso.
Art. 143 – Condizioni per la riabilitazione
   1. La riabilitazione può essere concessa al fallito:
   1) che ha pagato interamente tutti i crediti ammessi nel fallimento, compresi gli interessi e le spese;
   2) che ha regolarmente adempiuto il concordato, quando il tribunale lo ritiene meritevole del beneficio, tenuto conto delle cause e circostanze del fallimento, delle condizioni del concordato e della misura della percentuale. La riabilitazione non può essere concessa se la percentuale stabilita per i creditori chirografari è inferiore al venticinque per cento, oltre gli interessi se la percentuale dev’essere pagata in un termine maggiore di sei mesi;
   3) che ha dato prove effettive e costanti di buona condotta per un periodo di almeno cinque anni dalla chiusura del fallimento.
Art. 143 – Procedimento di esdebitazione
   1. Il tribunale, con il decreto di chiusura del fallimento o su ricorso del debitore presentato entro l’anno successivo, verificate le condizioni di cui all’articolo 142 e tenuto altresì conto dei comportamenti collaborativi del medesimo, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara inesigibili nei confronti del debitore già dichiarato fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integralmente.
   2. Contro il decreto che provvede sul ricorso, il debitore, i creditori non integralmente soddisfatti, il pubblico ministero e qualunque interessato possono proporre reclamo a norma dell’articolo 26.
Art. 144 – Procedimento di riabilitazione
   1. L’istanza di riabilitazione è pubblicata mediante affissione alla porta esterna del tribunale. Il tribunale può ordinare altre forme di pubblicità.
   2. Chiunque intende opporsi alla riabilitazione può depositare in cancelleria, nel termine di trenta giorni dall’affissione, le sue deduzioni.
   3. Decorso tale termine, il tribunale provvede accordando o negando la riabilitazione.
   4. Contro la sentenza è ammesso reclamo alla Corte di appello, la quale pronuncia in camera di consiglio entro quindici giorni dall’affissione, da parte del debitore istante o dei suoi eredi, degli opponenti e del pubblico ministero.
Art. 144 – Esdebitazione per i crediti concorsuali non concorrenti
   1. Il decreto di accoglimento della domanda di esdebitazione produce effetti anche nei confronti dei creditori anteriori alla apertura della procedura di liquidazione che non hanno presentato la domanda di ammissione al passivo; in tale caso, l’esdebitazione opera per la sola eccedenza rispetto a quanto i creditori avrebbero avuto diritto di percepire nel concorso.
Art. 145 – Condanne penali che ostano alla riabilitazione
   1. In nessun caso la riabilitazione può essere concessa se il fallito è stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro il patrimonio, la fede pubblica, l’economia pubblica, l’industria e il commercio, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione prevista dalla legge penale.
   2. Se è in corso il procedimento per uno di tali reati, il tribunale sospende di pronunziare sull’istanza fino all’esito del procedimento.
Art. 145
[Abrogato]
CAPO X – Del fallimento delle società
CAPO X – Del fallimento delle società
Art. 146 – Amministratori, direttori generali, sindaci liquidatori
   1. Gli amministratori e i liquidatori della società sono tenuti agli obblighi imposti al fallito dall’articolo 49. Essi devono essere sentiti in tutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito.
   2. L’azione di responsabilità contro gli amministratori, i sindaci, i direttori generali e i liquidatori, a norma degli articoli 2393 e 2394 del codice civile, è esercitata dal curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori.
   3. Il giudice delegato, nell’autorizzare il curatore a proporre l’azione di responsabilità, può disporre le opportune misure cautelari.
Art. 146 – Amministratori, direttori generali, componenti degli organi di controllo, liquidatori e soci di società a responsabilità limitata
   1. Gli amministratori e i liquidatori della società sono tenuti agli obblighi imposti al fallito dall’articolo 49. Essi devono essere sentiti in tutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito.
   2. Sono esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori:
   a) le azioni di responsabilità contro gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i direttori generali e i liquidatori;
   b) l’azione di responsabilità contro i soci della società a responsabilità limitata, nei casi previsti dall’articolo 2476, comma settimo, del codice civile.
Art. 147 – Società con soci a responsabilità illimitata
   1. La sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a responsabilità illimitata produce anche il fallimento dei soci illimitatamente responsabili.
   2. Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili il tribunale, su domanda del curatore o d’ufficio, dichiara il fallimento dei medesimi, dopo averli sentiti in camera di consiglio.
   3. Contro la sentenza del tribunale è ammessa l’opposizione a norma dell’articolo 18.
   4. Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle società cooperative.
Art. 147 – Società con soci a responsabilità illimitata
   1. La sentenza che dichiara il fallimento di una società appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili.
   2. Il fallimento dei soci di cui al comma primo non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati. La dichiarazione di fallimento è possibile solo se l’insolvenza della società attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsabilità illimitata.
   3. Il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, deve disporne la convocazione a norma dell’articolo 15.
   4. Se dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito, dichiara il fallimento dei medesimi.
   5. Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile.
   6. Contro la sentenza del tribunale è ammesso appello a norma dell’articolo 18.
   7. In caso di rigetto della domanda, contro il decreto del tribunale l’istante può proporre reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 22.
Art. 148 – Fallimento della società e dei soci
   1. Nel caso previsto dall’articolo precedente, il tribunale nomina, sia per il fallimento della società, sia per quello dei soci, un solo giudice delegato e un solo curatore, ma può nominare più comitati dei creditori.
   2. Il patrimonio della società e quello dei singoli soci devono essere tenuti distinti.
   3. Il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l’intero anche nel fallimento dei singoli soci. Il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all’integrale pagamento, salvo il regresso fra i fallimenti dei soci per la parte pagata in più della quota rispettiva.
   4. I creditori partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori.
   5. Ciascun creditore ha diritto di contestare i crediti dei creditori con i quali si trova in concorso.
Art. 148 – Fallimento della società e dei soci
   1. Nei casi previsti dall’articolo 147, il tribunale nomina, sia per il fallimento della società, sia per quello dei soci un solo giudice delegato e un solo curatore, pur rimanendo distinte le diverse procedure. Possono essere nominati più comitati dei creditori.
   2. Il patrimonio della società e quello dei singoli soci sono tenuti distinti.
   3. Il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società si intende dichiarato per l’intero e con il medesimo eventuale privilegio generale anche nel fallimento dei singoli soci. Il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all’integrale pagamento, salvo il regresso fra i fallimenti dei soci per la parte pagata in più della quota rispettiva.
   4. I creditori particolari partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori.
   5. Ciascun creditore può contestare i crediti dei creditori con i quali si trova in concorso.
Art. 149 – Fallimento dei soci
   1. Il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il fallimento della società.
Art. 149 – Fallimento dei soci
   1. Il fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce il fallimento della società.
Art. 150 – Versamenti dei soci a responsabilità limitata
   1. Nei fallimenti delle società con soci a responsabilità limitata il giudice delegato può, su proposta del curatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.
Art. 150 – Versamenti dei soci a responsabilità limitata
   1. Nei fallimenti delle società con soci a responsabilità limitata il giudice delegato può, su proposta del curatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.
   2. Contro il decreto emesso a norma del primo comma può essere proposta opposizione ai sensi dell’articolo 645 del codice di procedura civile.
Art. 151 – Società cooperative
   1. Nel fallimento di una società cooperativa con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci, il giudice delegato, dopo la pronuncia del decreto previsto dall’articolo 97, può autorizzare il curatore a chiedere ai soci il versamento delle somme necessarie per l’estinzione delle passività a norma dell’articolo 2263 del codice civile. I contributi dei soci non ritenuti agevolmente solventi sono posti a carico degli altri soci.
   2. A tale fine il curatore forma un piano di riparto e lo deposita nella cancelleria del tribunale dandone notizia ai soci mediante raccomandata con avviso di ricevimento. I soci che intendono proporre osservazioni e contestazioni, anche relativamente alla qualità di socio o all’estensione della propria responsabilità, devono depositarle presso la cancelleria entro quaranta giorni dal deposito del piano di riparto. Il giudice delegato, sentito il curatore e tenuto conto delle osservazioni e delle contestazioni, apporta al piano di riparto le modificazioni e integrazioni che ritiene necessarie. Il piano di riparto è dichiarato esecutivo con decreto del giudice ed è depositato in cancelleria, dove ogni interessato può prenderne visione.
   3. Chi ha contestato la qualità di socio o l’estensione della propria responsabilità può, entro quindici giorni dal deposito del piano di riparto in cancelleria, proporre opposizione davanti al tribunale in contraddittorio del curatore. L’opposizione non sospende l’esecuzione del piano di riparto nemmeno nei confronti dell’opponente. In ogni altro caso è ammesso il reclamo a norma dell’articolo 26.
   4. Se l’esazione di alcuna delle quote comprese nel piano di riparto risulti non facilmente realizzabile, può essere formato un piano di riparto supplementare secondo le disposizioni dei commi precedenti.
   5. Resta salva l’azione di regresso tra i soci a norma dell’articolo 1299 del codice civile, nonché il diritto di rimborso delle somme che residuano dopo l’estinzione delle passività.
   6. Al fine di assicurare la riscossione dei contributi dovuti dai soci, il giudice delegato su proposta del curatore, può in qualunque tempo ordinare con decreto il sequestro dei beni dei soci stessi.
Art. 151 – Fallimento di società a responsabilità limitata: polizza assicurativa e fideiussione bancaria
   1. Nei fallimenti di società a responsabilità limitata il giudice, ricorrendone i presupposti, può autorizzare il curatore ad escutere la polizza assicurativa o la fideiussione bancaria rilasciata ai sensi dell’articolo 2464, quarto e sesto comma, dei codice civile.
Art. 152 – Proposta di concordato
   1. La proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale.
   2. La proposta e le condizioni del concordato nelle società in nome collettivo e in accomandita semplice devono essere approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale, e nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative devono essere approvate dall’assemblea straordinaria, salvo che tali poter siano stati delegati agli amministratori.
Art. 152 – Proposta di concordato
   1. La proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale.
   2. La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell’atto costitutivo o dello statuto:
   a) nelle società di persone, sono approvate dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale;
   b) nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, sono deliberate dagli amministratori.
   3. In ogni caso, la decisione o la deliberazione di cui alla lettera b), del secondo comma deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata ed iscritta nel registro delle imprese a norma dell’articolo 2436 del codice civile.
Art. 153 – Effetti del concordato della società
   1. Salvo patto contrario, il concordato fatto da una società con soci a responsabilità illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci e fa cessare il loro fallimento. Tuttavia i creditori particolari possono opporsi a norma dell’articolo 129, secondo comma, alla chiusura del fallimento del socio loro debitore.
   2. Sull’opposizione decide il tribunale con sentenza in camera di consiglio non soggetta a gravame.
Art. 153 – Effetti del concordato della società
   1. Salvo patto contrario, il concordato fatto da una società con soci a responsabilità illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci e fa cessare il loro fallimento.
   2. Contro il decreto di chiusura del fallimento del socio è ammesso reclamo a norma dell’articolo 26.
Art. 154 – Concordato particolare del socio
   1. Nel fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascuno dei soci dichiarato fallito può proporre un concordato ai creditori sociali e particolari concorrenti nel proprio fallimento.
Art. 154 – Concordato particolare del socio
   1. Nel fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata, ciascuno dei soci dichiarato fallito può proporre un concordato ai creditori sociali e particolari concorrenti nel proprio fallimento.
CAPO XI – Del procedimento sommario
CAPO XI – Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare
Art. 155 – Presupposti e norme applicabili
   1. Se all’atto della dichiarazione di fallimento o dell’accertamento del passivo risulta che le passività del debitore non superano lire 1.500.000, il tribunale con la sentenza dichiarativa di fallimento, o con decreto successivo da pubblicarsi a norma dell’articolo 17, dispone che il fallimento si svolga o prosegua con procedimento sommario.
   2. Tuttavia, se successivamente risulta che l’ammontare del passivo supera lire 1.500.000, il giudice deve informare il tribunale, che dispone la prosecuzione del fallimento con le norme ordinarie, restando fermi gli atti compiuti.
   3. Nel procedimento sommario si applicano le disposizioni stabilite per il fallimento, in quanto compatibili con le norme seguenti.
Art. 155 – Patrimoni destinati ad uno specifico affare
   1. Se è dichiarato il fallimento della società, l’amministrazione del patrimonio destinato previsto dall’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile è attribuita al curatore che vi provvede con gestione separata.
   2. Il curatore provvede a norma dell’articolo 107 alla cessione a terzi del patrimonio, al fine di conservarne la funzione produttiva. Se la cessione non è possibile, il curatore provvede alla liquidazione del patrimonio secondo le regole della liquidazione della società in quanto compatibili.
   3. Il corrispettivo della cessione al netto dei debiti del patrimonio o il residuo attivo della liquidazione sono acquisiti dal curatore nell’attivo fallimentare, detratto quanto spettante ai terzi che vi abbiano effettuato apporti, ai sensi dell’articolo 2447-ter, primo comma, lettera d), del codice civile.
Art. 156 – Organi e provvedimenti conservativi
   1. [Comma abrogato]
   2. È facoltativa la nomina del comitato dei creditori. Può essere omessa l’apposizione dei sigilli.
Art. 156 – Patrimonio destinato incapiente; violazione delle regole di separatezza
   1. Se a seguito del fallimento della società o nel corso della gestione il curatore rileva che il patrimonio destinato è incapiente provvede, previa autorizzazione del giudice delegato, alla sua liquidazione secondo le regole della liquidazione della società in quanto compatibili.
   2. I creditori particolari del patrimonio destinato possono presentare domanda di insinuazione al passivo del fallimento della società nei casi di responsabilità sussidiaria o illimitata previsti dall’articolo 2447-quinquies, terzo e quarto comma, del codice civile.
   3. Se risultano violate le regole di separatezza fra uno o più patrimoni destinati costituiti dalla società e il patrimonio della società medesima, il curatore può agire in responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della società ai sensi dell’articolo 146.
Art. 157 – Accertamento del passivo
   1. Il curatore forma l’elenco dei creditori in base alle scritture contabili, alle dichiarazioni del debitore e alle altre notizie che può assumere.
   2. L’elenco, con i documenti giustificativi, è trasmesso al giudice, il quale procede alla formazione dello stato passivo e lo rende esecutivo con decreto. Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato in cancelleria, e chiunque può prenderne visione.
   3. Il curatore dà notizia mediante lettera raccomandata a ciascun creditore, entro tre giorni dal deposito, del provvedimento che lo riguarda.
   4. Entro quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria i creditori non ammessi possono proporre reclamo avanti al giudice. Nello stesso termine possono essere proposte le contestazioni dei creditori ammessi da parte di altri creditori.
   5. Il giudice stabilisce l’udienza di discussione delle contestazioni e dei reclami. Egli tenta di definire amichevolmente le questioni e, in caso di risultato negativo, pronuncia unica sentenza.
Art. 157
Abrogato
Art. 158 – Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili
   1. Le disposizioni dell’articolo precedente si applicano anche alle domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute dal fallito.
Art. 158
Abrogato
Art. 159 – Concordato
   1. La proposta del concordato è approvata se riporta il consenso della maggioranza di numero e di somma dei creditori che hanno diritto al voto.
   2. Il giudice, accertato il concorso delle maggioranze indicate nel comma precedente e qualora ritenga tuttora conveniente il concordato, lo approva con decreto e dispone per la sua esecuzione. Contro il decreto che approva o respinge il concordato non è ammesso gravame.
Art. 159
Abrogato

Segue:
TITOLO III – Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione (artt. 160-186)
TITOLO IV [abrogato]
TITOLO V - Della liquidazione coatta amministrativa (artt. 194-215)
TITOLO VI – Disposizioni penali (artt. 216-241)

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