il diritto commerciale d’oggi
    V.2 – febbraio 2006

NUOVE LEGGI E PROGETTI DI LEGGE

 

Riforma della legge fallimentare

Testo vigente della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267)
testo coordinato con il D. lgs. 9 gennaio 2006, n. 5

PARTE PRIMA (artt. 1-83)

Sommario:
Titolo I – Disposizioni generali (artt. 1-4)
TITOLO II – Del fallimento: Capi I-III (artt. 5-83) ; Capi IV-XI (artt. 84-159)
TITOLO III – Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione (artt. 160-186)
TITOLO IV [abrogato]
TITOLO V - Della liquidazione coatta amministrativa (artt. 194-215)
TITOLO VI – Disposizioni penali (artt. 216-241)

Legge fallimentare finora vigente
Legge fallimentare
testo coordinato con il d. lgs. n. 5/2006
TITOLO I – DISPOSIZIONI GENERALI
TITOLO I – DISPOSIZIONI GENERALI
Art. 1 –Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo
   1. Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e sull’amministrazione controllata gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori.
   2. Sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un’attività commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai fini della imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile. Quando è mancato l’accertamento ai fini dell’imposta di ricchezza mobile sono considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti una attività commerciale nella cui azienda risulta essere stato investito un capitale non superiore a lire novecentomila. In nessun caso sono considerate piccoli imprenditori le società commerciali.
Art. 1 – Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo
   1. Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.
   2. Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti un’attività commerciale in forma individuale o collettiva che, anche alternativamente:
   a) hanno effettuato investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a euro trecentomila;
   b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro duecentomila.
   3. I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento.
Art. 2 – Liquidazione coatta amministrativa e fallimento
   1. La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla.
   2. Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga.
   3. Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell’articolo 196.
Art. 2 – Liquidazione coatta amministrativa e fallimento
   1. La legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta amministrativa può essere disposta e l’autorità competente a disporla.
   2. Le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga.
   3. Nel caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni dell’articolo 196.
Art. 3 – Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione controllata
   1. Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e di amministrazione controllata, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’articolo 195.
   2. Le imprese esercenti il credito non sono soggette all’amministrazione controllata prevista da questa legge.

Art. 3 – Liquidazione coatta amministrativa e concordato preventivo
   1. Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell’articolo 195.

Art. 4 – Rinvio a leggi speciali
   1. L’agente di cambio è soggetto al fallimento nei casi stabiliti dalle leggi speciali.
   2. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali circa la dichiarazione di fallimento del contribuente per debito d’imposta.
Art. 4
[Abrogato].
TITOLO II – DEL FALLIMENTO
CAPO I – Della dichiarazione di fallimento
TITOLO II – DEL FALLIMENTO
CAPO I – Della dichiarazione di fallimento
Art. 5 – Stato d’insolvenza
   1. L’imprenditore che si trova in stato d’insolvenza è dichiarato fallito.
   2. Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Art. 5 – Stato d’insolvenza
   1. L’imprenditore che si trova in stato d’insolvenza è dichiarato fallito.
   2. Lo stato d’insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Art. 6 – Iniziativa per la dichiarazione di fallimento
   1. Il fallimento è dichiarato su richiesta del debitore su ricorso di uno o più creditori, su istanza del pubblico ministero oppure d’ufficio.
Art. 6 – Iniziativa per la dichiarazione di fallimento
   1. Il fallimento è dichiarato su ricorso del debitore, di uno o più creditori o su richiesta del pubblico ministero.
   2. Nel ricorso di cui al primo comma l’istante può indicare il recapito telefax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla presente legge.
Art. 7 – Stato d’insolvenza risultante in sede penale
   1. Quando l’insolvenza risulta dalla fuga o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore, il procuratore della Repubblica che procede contro l’imprenditore deve richiedere il tribunale competente per la dichiarazione di fallimento.
Art. 7 – Iniziativa del pubblico ministero
   1. Il pubblico ministero presenta la richiesta di cui al primo comma dell’articolo 6:
   1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga, dalla irreperibilità o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa, dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte dell’imprenditore;
   2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia rilevata nel corso di un procedimento civile.
Art. 8 – Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile
   1. Se nel corso di un giudizio civile risulta l’insolvenza di un imprenditore che sia parte nel giudizio, il giudice ne riferisce al tribunale competente per la dichiarazione del fallimento.
Art. 8
[Abrogato]
Art. 9 – Competenza
   1. Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa.
   2. L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, può essere dichiarato fallito nel territorio dello Stato anche se è stata pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero.
   3. Sono salve le convenzioni internazionali.
Art. 9 – Competenza
   1. Il fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l’imprenditore ha la sede principale dell’impresa.
   2. Il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza.
   3. L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, può essere dichiarato fallito nella Repubblica italiana anche se è stata pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero.
   4. Sono fatte salve le convenzioni internazionali e la normativa dell’Unione europea.
   5. Il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdizione italiana, se è avvenuto dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 o la presentazione della richiesta di cui all’articolo 7.
Art. 9-bis – Disposizioni in materia di incompetenza
   1. La sentenza che dichiara l’incompetenza è trasmessa in copia al tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone con decreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvede il tribunale che dichiara la propria incompetenza.
   2. Il tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del giudice delegato e del curatore.
   3. Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti.
   4. Qualora l’incompetenza sia dichiarata all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, l’appello, per le questioni diverse dalla competenza, è riassunto, a norma dell’articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi alla corte di appello competente.
   5. Nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 24 dinanzi al tribunale dichiarato incompetente, il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice competente ai sensi dell’articolo 50 del codice di procedura civile e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.
Art. 9-ter – Conflitto positivo di competenza
   1. Quando il fallimento è stato dichiarato da più tribunali, il procedimento prosegue avanti al tribunale competente che si è pronunciato per primo.
   2. Il tribunale che si è pronunciato successivamente, se non richiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del codice di procedura civile, dispone la trasmissione degli atti al tribunale che si è pronunziato per primo. Si applica l’articolo 9-bis, in quanto compatibile.
Art. 10 – Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa
   1. L’imprenditore che per qualunque causa, ha cessato l’esercizio dell’impresa, può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’impresa, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.
Art. 10 – Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa
   1. Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.
   2. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma.
Art. 11 – Fallimento dell’imprenditore defunto
   1. L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.
   2. L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio.
   3. Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.
Art. 11 – Fallimento dell’imprenditore defunto
   1. L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.
   2. L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patrimonio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non e soggetto agli obblighi di deposito di cui agli articoli 14 e 16, secondo comma, n. 3).
   3. Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.
Art. 12 – Morte del fallito
   1. Se l’imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d’inventario.
   2. Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato.
   3. Nel caso previsto dall’articolo 528 del codice civile, la procedura prosegue in confronto del curatore dell’eredità giacente e nel caso previsto dall’articolo 641 del codice civile nei confronti dell’amministratore nominato a norma dell’articolo 642 dello stesso codice.
Art. 12 – Morte del fallito
   1. Se l’imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con beneficio d’inventario.
   2. Se ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato.
   3. Nel caso previsto dall’articolo 528 del codice civile, la procedura prosegue in confronto del curatore dell’eredità giacente e nel caso previsto dall’articolo 641 del codice civile nei confronti dell’amministratore nominato a norma dell’articolo 642 dello stesso codice.
Art. 13 – Obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti
   1. I pubblici ufficiali abilitati a levare protesti cambiari devono trasmettere ogni quindici giorni al presidente del tribunale, nella cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, un elenco dei protesti per mancato pagamento levati nei quindici giorni precedenti. L’elenco deve indicare la data di ciascun protesto, il cognome, il nome e il domicilio della persona alla quale fu fatto e del richiedente, la scadenza del titolo protestato, la somma dovuta ed i motivi del rifiuto di pagamento.
   2. Eguale obbligo hanno i procuratori del registro per i rifiuti di pagamento fatti in conformità della legge cambiaria.
Art. 13
[Abrogato]
Art. 14 – Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento
   1. L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili, il bilancio e il conto dei profitti e delle perdite per i due anni precedenti ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali mobiliari su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.
Art. 14 – Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento
   1. L’imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l’intera esistenza dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazione dei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre anni, l’elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l’indicazione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.
Art. 15 – Facoltà del tribunale di sentire il debitore
   1. Il Tribunale, prima di dichiarare il fallimento, può ordinare la comparizione dell’imprenditore in camera di consiglio e sentirlo anche in confronto dei creditori istanti.
Art. 15 – Istruttoria prefallimentare
   1. Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.
   2. Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.
   3. Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del quinto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso, e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi.
   4. Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie ed il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone, con gli accertamenti necessari, che l’imprenditore depositi una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata.
   5. I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza.
   6. Il tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede, senza indugio e nel rispetto del contraddittorio, all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.
   7. Le parti possono nominare consulenti tecnici.
   8. Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.
   9. Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro venticinquemila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’articolo 1.
Art. 16 – Sentenza dichiarativa di fallimento
   1. La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.
   2. Con la sentenza il tribunale:
   1) nomina il giudice delegato per la procedura;
   2) nomina il curatore;
   3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili, entro ventiquattro ore, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14;
   4) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su cose in possesso del fallito, un termine non maggiore di giorni trenta dalla data dell’affissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande;
   5) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui, nel termine di giorni 20 da quello indicato nel numero precedente, si procederà all’esame dello stato passivo.

   3. La sentenza è provvisoriamente esecutiva.
   4. Con la stessa sentenza o con successivo decreto il tribunale ordina la cattura del fallito o degli altri responsabili a carico dei quali sussistano le circostanze indicate dall’articolo 7 o altri indizi di colpevolezza per i reati previsti in questa legge. La sentenza o il decreto è comunicato al procuratore della Repubblica, che ne cura l’esecuzione.
Art. 16 – Sentenza dichiarativa di fallimento
   1. La sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di consiglio.
   2. Con la sentenza il tribunale:
   1) nomina il giudice delegato per la procedura;
   2) nomina il curatore;
   3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non è stato ancora eseguito a norma dell’articolo 14;
   4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procederà all’esame dello stato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sentenza;
   5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possesso del fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero precedente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.
   3. La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo 133, primo comma, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, secondo comma.
Art. 17 – Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento
1. La sentenza che dichiara il fallimento è comunicata per estratto, a norma dell’articolo 136 del codice di procedura civile, al debitore, al curatore e al creditore richiedente, non più tardi del giorno successivo alla sua data. L’estratto deve contenere il nome delle parti, il dispositivo e la data della sentenza.
2. Nello stesso termine, uguale estratto è affisso a cura del cancelliere alla porta esterna del tribunale e comunicato al pubblico ministero, all’ufficio del registro delle imprese per l’iscrizione da farsi non oltre il giorno successivo al ricevimento, e alla cancelleria del tribunale nella cui giurisdizione il debitore è nato o la società fu costituita. Si osservano inoltre le disposizioni del Codice di procedura penale, relative al casellario giudiziario.
3. L’estratto della sentenza è inoltre pubblicato nel foglio degli annunzi legali della provincia a cura del cancelliere.
Art. 17 – Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento
   1. Entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento è notificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civile al debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dall’articolo 15, ed è comunicata per estratto, ai sensi dell’articolo 136 del codice di procedura civile, al curatore ed al richiedente il fallimento. L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e la data del deposito della sentenza.
   2. La sentenza è altresì annotata presso l’ufficio del registro delle imprese ove l’imprenditore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispondente al luogo ove la procedura è stata aperta.
   3. A tale fine, il cancelliere, entro il termine di cui al primo comma, trasmette, anche per via telematica, l’estratto della sentenza all’ufficio del registro delle imprese indicato nel comma precedente.
Art. 18 – Opposizione alla dichiarazione di fallimento
   1. Contro la sentenza che dichiara il fallimento il debitore e qualunque interessato possono fare opposizione nel termine di quindici giorni dall’affissione della sentenza.
   2. L’opposizione non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento.
   3. L’opposizione è proposta con atto di citazione da notificarsi al curatore e al creditore richiedente.
   4. L’opposizione non sospende l’esecuzione della sentenza.
Art. 18 – Appello
   1. Contro la sentenza che dichiara il fallimento può essere proposto appello dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi entro trenta giorni presso la corte d’appello.
   2. L’appello non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dall’articolo 19, primo comma.
   3. Il termine per l’appello decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza a norma dell’articolo 17 e, per tutti gli altri interessati, dalla data della iscrizione nel registro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cui all’articolo 327, primo comma, del codice di procedura civile.
   4. Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, fissa con decreto, da comunicarsi al ricorrente, l’udienza di comparizione entro quarantacinque giorni dal deposito del ricorso, assegnando termine al ricorrente non superiore a dieci giorni dalla comunicazione per la notifica del ricorso e del decreto alle parti e al curatore, nonché un termine alle parti resistenti non superiore a cinque giorni prima dell’udienza per il deposito di memorie.
   5. All’udienza il collegio, sentite le parti presenti in contraddittorio tra loro ed assunti, anche d’ufficio, i mezzi di prova necessari ai fini della decisione, provvede con sentenza, emessa ai sensi dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare complessità, la corte può riservarsi di depositare la motivazione entro quindici giorni.
   6. La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se non opponente, e deve essere pubblicata, comunicata ed iscritta a norma dell’articolo 17.
   7. La sentenza che rigetta l’appello è notificata al ricorrente.
   8. Se il fallimento è revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi della procedura.
   9. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo.
Art. 19 – Sentenza nel giudizio di opposizione e gravami
   1. La sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se questi non è opponente, e deve essere pubblicata, comunicata, affissa ed iscritta a norma dell’articolo 17.
   2. La sentenza che rigetta l’opposizione è notificata all’opponente.
   3. In entrambi i casi il termine per appellare è di quindici giorni dalla notificazione della sentenza.
   4. Alla sentenza d’appello si applicano le disposizioni del primo e secondo comma.
Art. 19 – Sospensione della liquidazione dell’attivo
   1. Proposto l’appello, il collegio, su richiesta di parte, ovvero del curatore, può, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, in tutto o in parte, ovvero temporaneamente, la liquidazione dell’attivo.
   2. Se è proposto ricorso per cassazione i provvedimenti di cui al primo comma o la loro revoca sono chiesti alla Corte di appello.
   3. L’istanza si propone con ricorso. Il presidente, con decreto in calce al ricorso, ordina la comparizione delle parti dinanzi al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e del decreto sono notificate alle altre parti ed al curatore.
Art. 20 – Morte del fallito durante il giudizio di opposizione
   1. Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell’articolo 12, osservate le disposizioni degli articoli 299 e seguenti del codice di procedura civile.
Art. 20 – Morte del fallito durante il giudizio di opposizione
   1. Se il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio prosegue in confronto delle persone indicate nell’articolo 12, osservate le disposizioni degli articoli 299 e seguenti del codice di procedura civile.
Art. 21 – Revoca della dichiarazione di fallimento
   1. Se la sentenza dichiarativa di fallimento è revocata restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento.
   2. Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale con decreto non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato.
   3. [Comma abrogato dal d. lgs. n. 113/2002]
Art. 21
[Abrogato]
Art. 22 – Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento
   1. Il tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato.
   2. Contro il decreto il creditore istante può, entro quindici giorni dalla comunicazione, proporre reclamo alla corte d’appello, la quale provvede in camera di consiglio, sentiti il creditore istante e il debitore.
   3. Se la corte d’appello accoglie il ricorso, rimette d’ufficio gli atti al tribunale per la dichiarazione di fallimento.
Art. 22 – Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento
   1. Il tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto motivato, comunicato a cura del cancelliere alle parti.
   2. Entro quindici giorni dalla comunicazione, il creditore ricorrente o il pubblico ministero richiedente possono proporre reclamo contro il decreto alla Corte d’appello che, sentite le parti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il debitore non può chiedere in separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al risarcimento del danno per responsabilità aggravata ai sensi dell’articolo 96 del codice di procedura civile.
   3. Il decreto della Corte di appello è comunicato a cura del cancelliere alle parti del procedimento di cui all’articolo 15.
   4. Se la Corte d’appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministero richiedente, rimette d’ufficio gli atti al tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che, anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari.
   5. I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della Corte d’appello.
CAPO II – Degli organi preposti al fallimento
Sezione I – Del tribunale fallimentare
CAPO II – Degli organi preposti al fallimento
Sezione I – Del tribunale fallimentare
Art. 23 – Poteri del tribunale fallimentare
   1. Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dall’intera procedura fallimentare; provvede sulle controversie relative alla procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato; decide sui reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.
   2. Il tribunale può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori, e surrogare un altro giudice al giudice delegato.
   3. I provvedimenti del tribunale nelle materie previste da questo articolo sono pronunciati con decreto non soggetto a gravame.
Art. 23 – Poteri del tribunale fallimentare
    1. Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dell’intera procedura fallimentare; provvede alla nomina ed alla revoca o sostituzione, per giustificati motivi, degli organi della procedura, quando non è prevista la competenza del giudice delegato; può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il curatore, il fallito e il comitato dei creditori; decide le controversie relative alla procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato, nonché i reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.
   2. I provvedimenti del tribunale nelle materie previste da questo articolo sono pronunciate con decreto, salvo che non sia diversamente disposto.
Art. 24 – Competenza del tribunale fallimentare
   1. Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano qualunque ne sia il valore e anche se relative a rapporti di lavoro, eccettuate le azioni reali immobiliari, per le quali restano ferme le norme ordinarie di competenza.
Art. 24 – Competenza del tribunale fallimentare
   1. Il tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque ne sia il valore.
   2. Salvo che non sia diversamente previsto, alle controversie di cui al primo comma si applicano le norme previste dagli articoli da 737 a 742 del codice di procedura civile. Non si applica l’articolo 40, terzo comma, del codice di procedura civile.
Sezione II – Del giudice delegato
Sezione II – Del giudice delegato
Art. 25 – Poteri del giudice delegato
   1. Il giudice delegato dirige le operazioni del fallimento, vigila l’opera del curatore, ed inoltre:
   1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;
   2) emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio;
   3) convoca il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e quando lo ritiene opportuno;
   4) autorizza il curatore a nominare le persone la cui opera è richiesta nell’interesse del fallimento, salvo che la nomina sia a lui riservata per legge;
   5) provvede nel più breve termine sui reclami proposti contro gli atti del curatore;
   6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto; nomina gli avvocati ed i procuratori; autorizza il curatore a compiere gli atti di straordinaria amministrazione, salvo quanto disposto dall’articolo 35. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati, e per i giudizi deve essere data per ogni grado di essi;
   7) sorveglia l’opera prestata nell’interesse del fallimento da qualsiasi incaricato, revocandogli l’incarico se occorre, e ne liquida i compensi, sentito il curatore;
8) procede con la cooperazione del curatore all’esame preliminare dei crediti, dei diritti reali vantati dai terzi, e della relativa documentazione.
   2. I provvedimenti del giudice delegato sono dati con decreto.
Art. 25 – Poteri del giudice delegato
   1. Il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e:
   1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un provvedimento del collegio;
   2) emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti per la conservazione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione;
   3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qualvolta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura;
   4) su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito alle persone la cui opera è stata richiesta dal medesimo curatore nell’interesse del fallimento;
   5) provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori;
   6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto. L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rilasciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incarico conferito agli avvocati nominati dal medesimo curatore;
   7) su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge;
   8) procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi, a norma del capo V.
   2. Il giudice delegato non può trattare i giudizi che abbia autorizzato, né può far parte del collegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti.
   3. I provvedimenti del giudice delegato sono pronunciati con decreto motivato.
Art. 26 – Reclamo contro il decreto del giudice delegato
   1. Contro i decreti del giudice delegato, salvo disposizione contraria, è ammesso reclamo al tribunale entro tre giorni dalla data del decreto, sia da parte del curatore, sia da parte del fallito, del comitato dei creditori e di chiunque vi abbia interesse.
   2. Il tribunale decide con decreto in camera di consiglio.
   3. Il ricorso non sospende l’esecuzione del decreto.
Art. 26 – Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale
   1. Salvo che non sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del tribunale, può essere proposto reclamo al tribunale o alla corte di appello, che provvedono in camera di consiglio.
   2. Il reclamo è proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei creditori e da chiunque vi abbia interesse.
Il reclamo è proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato dei creditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento; per gli altri interessati, il termine decorre dall’esecuzione delle formalità pubblicitarie disposte dal giudice delegato. La comunicazione integrale del provvedimento fatta dal curatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica con garanzia dell’avvenuta ricezione in base al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, equivale a notificazione.
   3. Indipendentemente dalla previsione di cui al terzo comma, il reclamo non può proporsi decorsi novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.
   4. Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento.
   5. Il reclamo si propone con ricorso che deve contenere l’indicazione del tribunale o della corte di appello competente, del giudice delegato e della procedura fallimentare; le generalità del ricorrente e l’elezione del domicilio in un comune sito nel circondano del tribunale competente; la determinazione dell’oggetto della domanda; l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa il reclamo e le relative conclusioni; l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.
   6. Il presidente del collegio nomina il giudice relatore e fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti in camera di consiglio, assegnando al reclamante un termine per la notifica al curatore ed ai controinteressati del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza. Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere non meno di dieci giorni liberi e non più di venti; il resistente, almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata, deposita memoria difensiva contenente l’indicazione dei documenti prodotti.
   7. Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi gli interessati che intendono intervenire nel giudizio.
   8. Nel corso dell’udienza il collegio, sentiti il reclamante, il curatore e gli eventuali controinteressati, assume, anche d’ufficio, le informazioni ritenute necessarie, eventualmente delegando uno dei suoi componenti.
   9. Entro trenta giorni dall’udienza di convocazione delle parti, il collegio provvede con decreto motivato con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato.
Sezione III – Del curatore
Sezione III – Del curatore
Art. 27 – Ruolo degli amministratori giudiziari
[Il ruolo è stato soppresso dal d. lgs. C.p.S. 23 agosto 1946, n. 153]
Art. 27 – Nomina del curatore
   1. Il curatore è nominato con la sentenza di fallimento, o in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del tribunale.
Art. 28 – Requisiti per la nomina a curatore
   1. Non può essere nominato curatore e, se nominato, decade dal suo ufficio, l’interdetto, l’inabilitato, chi sia stato dichiarato fallito o chi sia stato condannato ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici.
   2. Non possono inoltre essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha prestato comunque la sua attività professionale a favore del fallito o in qualsiasi modo si è ingerito nell’impresa del medesimo durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Art. 28 – Requisiti per la nomina a curatore
   1. Possono essere chiamati a svolgere le funzioni di curatore:
   a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;
   b) studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all’atto dell’accettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della procedura;
   c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni, dando prova di adeguate capacità imprenditoriali e purché non sia intervenuta nei loro confronti dichiarazione di fallimento.
   2. Nel provvedimento di nomina, il tribunale indica le specifiche caratteristiche e attitudini del curatore.
   3. Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con il fallimento.
Art. 29 – Accettazione del curatore
   1. Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, comunicare al giudice delegato la propria accettazione.
   2. Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio, provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore.
Art. 29 – Accettazione del curatore
   1. Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della sua nomina, far pervenire al giudice delegato la propria accettazione.
   2. Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio, provvede d’urgenza alla nomina di altro curatore.
Art. 30 – Qualità di pubblico ufficiale
   1. Il curatore, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale.
Art. 30 – Qualità di pubblico ufficiale
   1. Il curatore, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale.
Art. 31 – Poteri del curatore
   1. Il curatore ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la direzione del giudice delegato.
   2. Egli non può stare in giudizio senza l’autorizzazione scritta dal giudice delegato, salvo in materia di contestazioni e di tardive denunzie di crediti e di diritti reali mobiliari.
   3. Il curatore non può assumere la veste di avvocato o di procuratore nei giudizi che riguardano il fallimento.
Art. 31 – Gestione della procedura
   1. Il curatore ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite.
   2. Egli non può stare in giudizio senza l’autorizzazione del giudice delegato, salvo che in materia di contestazioni e di tardive dichiarazioni di crediti e di diritti di terzi sui beni acquisiti al fallimento, e salvo che nei procedimenti promossi per impugnare atti del giudice delegato o del tribunale e in ogni altro caso in cui non occorra ministero di difensore.
   3. Il curatore non può assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il fallimento.
Art. 32 – Intrasmissibilità delle attribuzioni del curatore
   1. Il curatore esercita personalmente le attribuzioni del proprio ufficio e non può delegarle ad altri, tranne che per singole operazioni e previa autorizzazione del giudice delegato.
   2. Può essere autorizzato da questo, previo parere del comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso lo stesso fallito, sotto la propria responsabilità.
Art. 32 – Esercizio delle attribuzioni del curatore
   1. Il curatore esercita personalmente le funzioni del proprio ufficio e può delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizzazione del giudice delegato. L’onere per il compenso del delegato, liquidato dal giudice, è detratto dal compenso del curatore.
   2. Il curatore può essere autorizzato dal comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilità. Del compenso riconosciuto a tali soggetti si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso finale del curatore.
Art. 33 – Relazione al giudice
   1. Il curatore, entro un mese dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, sul tenore della vita privata di lui e della famiglia, sulla responsabilità del fallito o di altri e su quanto può interessare anche ai fini dell’istruttoria penale.
   2. Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito già impugnati dai creditori, nonché quelli che egli intende impugnare. Il giudice delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima del termine suddetto.
   3. Se si tratta di società, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte intorno alla responsabilità degli amministratori, dei sindaci, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società.
   4. Nei primi cinque giorni di ogni mese il curatore deve presentare al giudice delegato una esposizione sommaria della sua amministrazione ed esibire, se richiesto, i documenti giustificativi.
Art. 33 – Relazione al giudice
   1. Il curatore, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, sulla responsabilità del fallito o di altri e su quanto può interessare anche ai fini dell’istruttoria penale.
   2. Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito già impugnati dai creditori, nonché quelli che egli intende impugnare. Il giudice delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima del termine suddetto.
   3. Se si tratta di società, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte sulla responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società.
   4. Il giudice delegato ordina il deposito della relazione in cancelleria, disponendo la segretazione delle parti relative alla responsabilità penale del fallito e di terzi ed alle azioni che il curatore intende proporre qualora possano comportare l’adozione di provvedimenti cautelari, nonché alle circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera personale del fallito. Copia della relazione, nel suo testo integrale, è trasmessa al pubblico ministero.
   5. Il curatore, ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui al primo comma, redige altresì un rapporto riepilogativo delle attività svolte, con indicazione di tutte le informazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal conto della sua gestione. Copia del rapporto è trasmessa al comitato dei creditori, unitamente agli estratti conto dei depositi postali o bancari relativi al periodo. Il comitato dei creditori o ciascuno dei suoi componenti possono formulare osservazioni scritte. Altra copia del rapporto è trasmessa, assieme alle eventuali osservazioni, per via telematica all’ufficio del registro delle imprese, nei quindici giorni successivi alla scadenza del termine per il deposito delle osservazioni nella cancelleria del tribunale.
Art. 34 – Deposito delle somme riscosse
   1. Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore, dedotto quanto il giudice delegato con decreto dichiara necessario per le spese di giustizia e di amministrazione, devono essere depositate entro cinque giorni presso l’ufficio postale o presso un istituto di credito indicato dal giudice, con le modalità da lui stabilite.
   2. Il deposito deve essere intestato all’ufficio fallimentare e non può essere ritirato che in base a mandato di pagamento del giudice delegato.
   3. In caso di mancata esecuzione del deposito nel termine prescritto, il tribunale dispone la revoca del curatore.
Art. 34 – Deposito delle somme riscosse
   1. Le somme riscosse a qualunque titolo dal curatore sono depositate entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare aperto presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal curatore.
   2. La mancata costituzione del deposito nel termine prescritto è valutata dal tribunale ai fini della revoca del curatore.
   3. Se è prevedibile che le somme disponibili non possano essere immediatamente destinate ai creditori, su richiesta del curatore e previa approvazione del comitato dei creditori, il giudice delegato può ordinare che le disponibilità liquide siano impiegate nell’acquisto di titoli emessi dallo Stato.
   4. Il prelievo delle somme è eseguito su copia conforme del mandato di pagamento del giudice delegato.
Art. 35 – Integrazione dei poteri del curatore
   1. Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, può autorizzare con decreto motivato il curatore a consentire riduzioni di crediti, a fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizioni di diritti di terzi, a cancellare ipoteche, a restituire pegni, a svincolare cauzioni e ad accettare eredità e donazioni.
   2. Se gli atti suddetti sono di valore indeterminato o superiore a lire duecentomila, l’autorizzazione deve essere data, su proposta del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori, dal tribunale con decreto motivato non soggetto a gravame.
   3. In quanto possibile, deve essere sentito anche il fallito.
Art. 35 – Integrazione dei poteri del curatore
   1. Le riduzioni di crediti, le transazioni, i compromessi, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche, la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l’accettazione di eredità e donazioni e gli atti di straordinaria amministrazione sono effettuate dal curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori.
   2. Se gli atti suddetti sono di valore superiore a cinquantamila euro e in ogni caso per le transazioni, il curatore ne informa previamente il giudice delegato, salvo che gli stessi siano già stati approvati dal medesimo ai sensi dell’articolo 104-ter.
   3. Il limite di cui al secondo comma può essere adeguato con decreto del Ministro della giustizia.
Art. 36 – Reclamo contro gli atti del curatore
   1. Contro gli atti d’amministrazione del curatore il fallito e ogni altro interessato possono reclamare al giudice delegato, che decide con decreto motivato.
   2. Contro il decreto del giudice delegato è ammesso ricorso al tribunale entro tre giorni dalla data del decreto medesimo. Il tribunale decide con decreto motivato, sentito il curatore e il reclamante.
Art. 36 – Reclamo contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori
   1. Contro gli atti di amministrazione del curatore, contro le autorizzazioni o i dinieghi del comitato dei creditori e i relativi comportamenti omissivi, il fallito e ogni altro interessato possono proporre reclamo al giudice delegato per violazione di legge, entro otto giorni dalla conoscenza dell’atto o, in caso di omissione, dalla scadenza del termine indicato nella diffida a provvedere. Il giudice delegato, sentite le parti, decide con decreto motivato, omessa ogni formalità non indispensabile al contraddittorio.
   2. Contro il decreto del giudice delegato è ammesso ricorso al tribunale entro otto giorni dalla data della comunicazione del decreto medesimo. Il tribunale decide entro trenta giorni, sentito il curatore e il reclamante, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, con decreto motivato non soggetto a gravame.
   3. Se è accolto il reclamo concernente un comportamento omissivo del curatore, questi è tenuto a dare esecuzione al provvedimento della autorità giudiziaria. Se è accolto il reclamo concernente un comportamento omissivo del comitato dei creditori, il giudice delegato provvede in sostituzione di quest’ultimo con l’accoglimento del reclamo.
 
Art. 36-bis– Termini processuali
   1. Tutti i termini processuali previsti negli articoli 26 e 36 non sono soggetti alla sospensione feriale.
Art. 37 – Revoca del curatore
   1. Il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d’ufficio, revocare il curatore.
   2. Il tribunale provvede con decreto, sentiti il curatore ed il pubblico ministero.

Art. 37 – Revoca del curatore
   1. Il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d’ufficio, revocare il curatore.
   2. Il tribunale provvede con decreto motivato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori.
   3. Contro il decreto di revoca o di rigetto dell’istanza di revoca, è ammesso reclamo alla corte di appello ai sensi dell’articolo 26; il reclamo non sospende l’efficacia del decreto.

Art. 37-bis – Sostituzione del curatore e dei componenti del comitato dei creditori
   1. In sede di adunanza per l’esame dello stato passivo, i creditori presenti, personalmente o per delega, che rappresentano la maggioranza dei crediti allo stato ammessi, possono effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 40, nonché chiedere la sostituzione del curatore indicando al tribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale provvede alla nomina dei soggetti designati dai creditori salvo che non siano rispettati i criteri di cui agli articoli 28 e 40.
   2. Dal computo dei crediti, su istanza di uno o più creditori, sono esclusi quelli che si trovino in conflitto di interessi.
   3. Nella stessa adunanza, i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli allo stato ammessi, indipendentemente dall’entità dei crediti vantati, possono stabilire che ai componenti del comitato dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso delle spese di cui all’articolo 41, un compenso per la loro attività, in misura non superiore al dieci per cento di quello liquidato al curatore.
Art. 38 – Responsabilità del curatore
   1. Il curatore deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio. Egli deve tenere un registro, preventivamente vidimato senza spese dal giudice delegato, e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.
   2. Durante il fallimento l’azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato.
   3. Il curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il conto della gestione a norma dell’articolo 116.
Art. 38 – Responsabilità del curatore
   1. curatore adempie ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico. Egli deve tenere un registro preventivamente vidimato da almeno un componente del comitato dei creditori, e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative alla sua amministrazione.
   2. Durante il fallimento l’azione di responsabilità contro il curatore revocato è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, ovvero del comitato dei creditori.
   3. Il curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il conto della gestione a norma dell’articolo 116.
Art. 39 – Compenso del curatore
   1. Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro per la grazia e giustizia.
   2. La liquidazione del compenso è fatta dopo l’approvazione del rendiconto e, se del caso, dopo l’esecuzione del concordato. è in facoltà del tribunale di accordare al curatore acconti sul compenso per giustificati motivi.
   3. Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può essere preteso dal curatore, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli, ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale, se vi è luogo.
Art. 39 – Compenso del curatore
   1. Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro della giustizia.
   2. La liquidazione del compenso è fatta dopo l’approvazione del rendiconto e, se del caso, dopo l’esecuzione del concordato. è in facoltà del tribunale di accordare al curatore acconti sul compenso per giustificati motivi.
   3. Se nell’incarico si sono succeduti più curatori, il compenso è stabilito secondo criteri di proporzionalità ed è liquidato, in ogni caso, al termine della procedura, salvi eventuali acconti.
   3. Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può essere preteso dal curatore, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli, ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente dall’esercizio dell’azione penale.
Sezione IV – Del comitato dei creditori
Sezione IV – Del comitato dei creditori
Art. 40 – Nomina del comitato
   1. Il comitato dei creditori deve essere costituito entro dieci giorni dal decreto previsto dall’articolo 97; può essere costituito in via provvisoria anche prima di detto termine, se il giudice lo ritiene opportuno.
   2. Il comitato è nominato con provvedimento del giudice delegato ed è composto di tre o cinque membri scelti fra i creditori, fra i quali lo stesso giudice nomina il presidente del comitato.
   3. Il giudice delegato può sostituire i membri del comitato.
Art. 40 – Nomina del comitato
   1. Il comitato dei creditori è nominato dal giudice delegato entro trenta giorni dalla sentenza di fallimento sulla base delle risultanze documentali, sentiti il curatore e i creditori che, con la domanda di ammissione al passivo o precedentemente, hanno dato la disponibilità ad assumere l’incarico ovvero hanno segnalato altri nominativi aventi i requisiti previsti. Salvo quanto previsto dall’articolo 37-bis, la composizione del comitato può essere modificata dal giudice delegato in relazione alle variazioni dello stato passivo o per altro giustificato motivo.
   2. Il comitato è composto di tre o cinque membri scelti tra i creditori, in modo da rappresentare in misura equilibrata quantità e qualità dei crediti ed avuto riguardo alla possibilità di soddisfacimento dei crediti stessi.
   3. Il comitato, entro dieci giorni dalla nomina, provvede, su convocazione del curatore, a nominare a maggioranza il proprio presidente.
   4. La sostituzione dei membri del comitato avviene secondo le modalità stabilite nel secondo comma.
   5. Il componente del comitato che si trova in conflitto di interessi si astiene dalla votazione.
   6. Ciascun componente del comitato dei creditori può delegare in tutto o in parte l’espletamento delle proprie funzioni ad uno dei soggetti aventi i requisiti indicati nell’articolo 28, previa comunicazione al giudice delegato.
Art. 41 – Funzioni del comitato
   1. Il comitato può essere richiesto del suo parere, oltre che nei casi previsti dalla legge, quando il tribunale o il giudice delegato lo ritiene opportuno.
   2. Il presidente convoca il comitato ogni qualvolta ne sia richiesto il parere o quando lo crede opportuno.
   3. Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza di voti dei suoi membri.
   4. Il comitato ed ogni membro possono sempre ispezionare le scritture contabili e i documenti del fallimento, ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito.
   5. I membri del comitato hanno diritto solo al rimborso delle spese.
Art. 41 – Funzioni del comitato
   1. Il comitato dei creditori vigila sull’operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del tribunale o del giudice delegato, succintamente motivando le proprie deliberazioni.
   2. Il presidente convoca il comitato per le deliberazioni di competenza o quando sia richiesto da un terzo dei suoi componenti.
   3. Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza dei votanti, nel termine massimo di quindici giorni successivi a quello in cui la richiesta è pervenuta al presidente. Il voto può essere espresso in riunioni collegiali ovvero per mezzo telefax o con altro mezzo elettronico o telematico, purché sia possibile conservare la prova della manifestazione di voto.
   4. In caso di inerzia, di impossibilità di funzionamento del comitato o di urgenza, provvede il giudice delegato.
   5. Il comitato ed ogni componente possono ispezionare in qualunque tempo le scritture contabili e i documenti della procedura ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimenti al curatore e al fallito.
   6. I componenti del comitato hanno diritto al rimborso delle spese, oltre all’eventuale compenso riconosciuto ai sensi e nelle forme di cui all’articolo 37-bis, quarto comma.».
   7. Ai componenti del comitato dei creditori si applica, in quanto compatibile, l’articolo 2407 del codice civile. L’azione di responsabilità può essere proposta anche durante lo svolgimento della procedura.
CAPO III – Degli effetti del fallimento
Sezione I – Degli effetti del fallimento per il fallito
CAPO III – Degli effetti del fallimento
Sezione I – Degli effetti del fallimento per il fallito
Art. 42 – Beni del fallito
   1. La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento.
   2. Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi.
Art. 42 – Beni del fallito
   1. La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento.
   2. Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi.
   3. Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, può rinunciare ad acquisire i beni che pervengono al fallito durante la procedura fallimentare qualora i costi da sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzo dei beni stessi.
Art. 43 – Rapporti processuali
   1. Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore.
   2. Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico o se l’intervento è previsto dalla legge.

Art. 43 – Rapporti processuali
   1. Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore.
   2. Il fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali può dipendere un’imputazione di bancarotta a suo carico o se l’intervento è previsto dalla legge.
   3. L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo.

Art. 44 – Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento
   1. Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori.
   2. Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.
Art. 44 – Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento
   1. Tutti gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori.
   2. Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.
   3. Fermo quanto previsto dall’articolo 42, secondo comma, sono acquisite al fallimento tutte le utilità che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo e secondo comma.
Art. 45 – Formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento
   1. Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori.
Art. 45 – Formalità eseguite dopo la dichiarazione di fallimento
   1. Le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza effetto rispetto ai creditori.
Art. 46 – Beni non compresi nel fallimento
   1. Non sono compresi nel fallimento:
   1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale;
   2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;
   3) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli ed i redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare, salvo quanto è disposto dagli artticoli 170 e 326 del codice civile;
   4) i frutti dei beni costituiti in dote e i crediti dotati, salvo quanto è disposto dall’articolo 188 del codice civile;
   5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
   2. I limiti previsti nel n. 2 di questo articolo sono fissati con decreto del giudice delegato.
Art. 46 – Beni non compresi nel fallimento
   1. Non sono compresi nel fallimento:
   1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale;
   2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;
   3) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto è disposto dall’articolo 170 del codice civile;
   4) [soppresso];
   5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
   2. I limiti previsti nel primo comma, n. 2), sono fissati con decreto motivato del giudice delegato che deve tener conto della condizione personale del fallito e di quella della sua famiglia.
Art. 47 – Alimenti al fallito e alla famiglia
   1. Se al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, se è stato nominato, può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per lui e per la famiglia.
   2. La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività.
Art. 47 – Alimenti al fallito e alla famiglia
   1. Se al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per lui e per la famiglia.
   2. La casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria all’abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle attività.
Art. 48 – Corrispondenza diretta al fallito
   1. La corrispondenza diretta al fallito deve essere consegnata al curatore, il quale ha diritto di trattenere quella riguardante interessi patrimoniali.
   2. Il fallito ha diritto di prendere visione della corrispondenza. Il curatore deve conservare il segreto sul contenuto di questa estraneo agli interessi patrimoniali.
Art. 48 – Corrispondenza diretta al fallito
   1. L’imprenditore del quale sia stato dichiarato il fallimento, nonché gli amministratori o i liquidatori di società o enti soggetti alla procedura di fallimento sono tenuti a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ogni genere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento.
Art. 49 – Obbligo di residenza del fallito
   1. Il fallito non può allontanarsi dalla sua residenza senza permesso del giudice delegato, e deve presentarsi personalmente a questo, al curatore o al comitato dei creditori ogni qualvolta è chiamato, salvo che, per legittimo impedimento, il giudice lo autorizzi a comparire per mezzo di mandatario.
   2. Il giudice può far accompagnare il fallito dalla forza pubblica, se questi non ottempera all’ordine di presentarsi.
Art. 49 – Obblighi del fallito
L’imprenditore del quale sia stato dichiarato il fallimento, nonché gli amministratori o i liquidatori di società o enti soggetti alla procedura di fallimento sono tenuti a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio.
   Se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura, i soggetti di cui al primo comma devono presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al comitato dei creditori.
   In caso di legittimo impedimento o di altro giustificato motivo, il giudice può autorizzare l’imprenditore o il legale rappresentante della società o enti soggetti alla procedura di fallimento a comparire per mezzo di mandatario.
Art. 50 – Pubblico registro dei falliti
   1. Nella cancelleria di ciascun tribunale è tenuto un pubblico registro nel quale sono iscritti i nomi di coloro che sono dichiarati falliti dallo stesso tribunale, nonché di quelli dichiarati altrove, se il luogo di nascita del fallito si trova sotto la giurisdizione del tribunale.
   2. Le iscrizioni dei nomi dei falliti sono cancellate dal registro in seguito a sentenza del tribunale.
   3. Finché l’iscrizione non è cancellata, il fallito è soggetto alle incapacità stabilite dalla legge.
   4. Le norme per la tenuta del registro saranno emanate con decreto del Ministro per la grazia e giustizia. Fino all’istituzione del registro dei falliti le iscrizioni previste dal presente articolo sono eseguite nell’albo dei falliti attualmente esistente.
Art. 50
[Abrogato]
Sezione II – Degli effetti del fallimento per i creditori
Sezione II – Degli effetti del fallimento per i creditori
Art. 51 – Divieto di azioni esecutive individuali
   1. Salvo diversa disposizione della legge dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
Art. 51 – Divieto di azioni esecutive individuali
   1. Salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento.
Art. 52 – Concorso dei creditori
   1. Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.
   2. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge.
Art. 52 – Concorso dei creditori
   1. Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.
   2. Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1), nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge.
Art. 53 – Creditori muniti di pegno o privilegio su mobili
   1. I crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio a norma degli articoli 2756 e 2761 del codice civile possono essere realizzati anche durante il fallimento, dopo che sono stati ammessi al passivo con prelazione.
   2. Per essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice delegato, il quale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce con decreto il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all’incanto, e determinando le modalità relative.
   3. Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, può anche autorizzare il curatore a riprendere le cose sottoposte a pegno o a privilegio, pagando il creditore, o ad eseguire la vendita nei modi stabiliti dal comma precedente.
Art. 53 – Creditori muniti di pegno o privilegio su mobili
   1. I crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio a norma degli articoli 2756 e 2761 del codice civile possono essere realizzati anche durante il fallimento, dopo che sono stati ammessi al passivo con prelazione.
   2. Per essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice delegato, il quale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce con decreto il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad offerte private o all’incanto, e determinando le modalità relative.
   3. Il giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, può anche autorizzare il curatore a riprendere le cose sottoposte a pegno o a privilegio, pagando il creditore, o ad eseguire la vendita nei modi stabiliti dal comma precedente.
Art. 54 – Diritto dei creditori privilegiati nella ripartizione dell’attivo
   1. I creditori garantiti da ipoteca, pegno o privilegio fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti integralmente, concorrono, per quanto è ancora loro dovuto, con i creditori chirografari nelle ripartizioni del resto dell’attivo.
   2. Essi hanno diritto di concorrere anche nelle ripartizioni che si eseguono prima della distribuzione del prezzo dei beni vincolati a loro garanzia. In tal caso, se ottengono un’utile collocazione definitiva su questo prezzo per la totalità del loro credito, computati in primo luogo gli interessi, l’importo ricevuto nelle ripartizioni anteriori viene detratto dalla somma loro assegnata per essere attribuito ai creditori chirografari. Se la collocazione utile ha luogo per una parte del credito garantito, per il capitale non soddisfatto essi hanno diritto di trattenere solo la percentuale definitiva assegnata ai creditori chirografari.
   3. L’estensione del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli articoli 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all’atto di pignoramento.
Art. 54 – Diritto dei creditori privilegiati nella ripartizione dell’attivo
   1. I creditori garantiti da ipoteca, pegno o privilegio fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti integralmente, concorrono, per quanto è ancora loro dovuto, con i creditori chirografari nelle ripartizioni del resto dell’attivo.
   2. Essi hanno diritto di concorrere anche nelle ripartizioni che si eseguono prima della distribuzione del prezzo dei beni vincolati a loro garanzia. In tal caso, se ottengono un’utile collocazione definitiva su questo prezzo per la totalità del loro credito, computati in primo luogo gli interessi, l’importo ricevuto nelle ripartizioni anteriori viene detratto dalla somma loro assegnata per essere attribuito ai creditori chirografari. Se la collocazione utile ha luogo per una parte del credito garantito, per il capitale non soddisfatto essi hanno diritto di trattenere solo la percentuale definitiva assegnata ai creditori chirografari.
   3. L’estensione del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli articoli 2749, 2788 e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di fallimento all’atto di pignoramento. Per i crediti assistiti da privilegio generale, il decorso degli interessi cessa alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito è soddisfatto anche se parzialmente.
Art. 55 – Effetti del fallimento sui debiti pecuniari
   1. La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura del fallimento, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto è disposto dal terzo comma dell’articolo precedente.
   2. I debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento.
   3. I crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli articoli 95 e 113. Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale.
Art. 55 – Effetti del fallimento sui debiti pecuniari
   1. La dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura del fallimento, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto è disposto dal terzo comma dell’articolo precedente.
   2. I debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data di dichiarazione del fallimento.
   3. I crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli articoli 96, 113 e 113-bis. Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un obbligato principale.
Art. 56 – Compensazione in sede di fallimento
   1. I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento.
   2. Per i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra i vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore.
Art. 56 – Compensazione in sede di fallimento
   1. I creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti prima della dichiarazione di fallimento.
   2. Per i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra i vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore.
Art. 57 – Crediti infruttiferi
   1. I crediti infruttiferi non ancora scaduti alla data della dichiarazione di fallimento sono ammessi al passivo per l’intiera somma. Tuttavia ad ogni singola ripartizione saranno detratti gli interessi composti, in ragione del cinque per cento all’anno, per il tempo che resta a decorrere dalla data del mandato di pagamento sino al giorno della scadenza del credito.
Art. 57 – Crediti infruttiferi
   1. I crediti infruttiferi non ancora scaduti alla data della dichiarazione di fallimento sono ammessi al passivo per l’intiera somma. Tuttavia ad ogni singola ripartizione saranno detratti gli interessi composti, in ragione del cinque per cento all’anno, per il tempo che resta a decorrere dalla data del mandato di pagamento sino al giorno della scadenza del credito.
Art. 58 – Obbligazioni
   1. Le obbligazioni emesse dalle società per azioni si valutano al prezzo nominale detratti i rimborsi.
   2. Quelle rimborsabili per estrazione a sorte, con somma superiore al prezzo nominale, sono valutate nell’importo equivalente al capitale che si ottiene riducendo al valore attuale, sulla base dell’interesse composto del cinque per cento, l’ammontare complessivo delle obbligazioni non ancora sorteggiate. Il valore di ciascuna obbligazione è dato dal quoziente che si ottiene dividendo questo capitale per il numero delle obbligazioni non estinte. Non si può in alcun caso attribuire alle obbligazioni un valore inferiore al prezzo nominale, detratto ciò che è stato pagato a titolo di rimborso di capitale.
Art. 58 – Obbligazioni e titoli di debito
   1. I crediti derivanti da obbligazioni e da altri titoli di debito sono ammessi al passivo per il loro valore nominale detratti i rimborsi già effettuati; se è previsto un premio da estrarre a sorte, il suo valore attualizzato viene distribuito tra tutti i titoli che hanno diritto al sorteggio.
Art. 59 – Crediti non pecuniari
   1. I crediti non scaduti, aventi per oggetto una prestazione in danaro determinata con riferimento ad altri valori o aventi per oggetto una prestazione diversa dal danaro, concorrono secondo il loro valore alla data della dichiarazione di fallimento.
Art. 59 – Crediti non pecuniari
   1. I crediti non scaduti, aventi per oggetto una prestazione in danaro determinata con riferimento ad altri valori o aventi per oggetto una prestazione diversa dal danaro, concorrono secondo il loro valore alla data della dichiarazione di fallimento.
Art. 60 – Rendita perpetua e rendita vitalizia
   1. Se nel passivo del fallimento sono compresi crediti per rendita perpetua, questa è riscattata a norma dell’articolo 1866 del codice civile.
2. Il creditore di una rendita vitalizia è ammesso al passivo per una somma equivalente al valore capitale della rendita stessa al momento della dichiarazione di fallimento.
Art. 60 – Rendita perpetua e rendita vitalizia
   1. Se nel passivo del fallimento sono compresi crediti per rendita perpetua, questa è riscattata a norma dell’articolo 1866 del codice civile.
2. Il creditore di una rendita vitalizia è ammesso al passivo per una somma equivalente al valore capitale della rendita stessa al momento della dichiarazione di fallimento.
Art. 61 – Creditore di più coobbligati solidali
   1. Il creditore di più coobbligati in solido concorre nel fallimento di quelli tra essi che sono falliti, per l’intero credito in capitale e accessori, sino al totale pagamento.
2. Il regresso tra i coobbligati falliti può essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l’intero credito.
Art. 61 – Creditore di più coobbligati solidali
   1. Il creditore di più coobbligati in solido concorre nel fallimento di quelli tra essi che sono falliti, per l’intero credito in capitale e accessori, sino al totale pagamento.
2. Il regresso tra i coobbligati falliti può essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l’intero credito.
Art. 62 – Creditore di più coobbligati solidali parzialmente soddisfatto
   1. Il creditore che, prima della dichiarazione di fallimento, ha ricevuto da un coobbligato in solido col fallito o da un fideiussore una parte del proprio credito, ha diritto di concorrere nel fallimento per la parte non riscossa.
   2. Il coobbligato che ha diritto di regresso verso il fallito ha diritto di concorrere nel fallimento di questo per la somma pagata.
   3. Tuttavia il creditore ha diritto di farsi assegnare la quota di riparto spettante al coobbligato fino a concorrenza di quanto ancora dovutogli. Resta impregiudicato il diritto verso il coobbligato se il creditore rimane parzialmente insoddisfatto.
Art. 62 – Creditore di più coobbligati solidali parzialmente soddisfatto
   1. Il creditore che, prima della dichiarazione di fallimento, ha ricevuto da un coobbligato in solido col fallito o da un fideiussore una parte del proprio credito, ha diritto di concorrere nel fallimento per la parte non riscossa.
   2. Il coobbligato che ha diritto di regresso verso il fallito ha diritto di concorrere nel fallimento di questo per la somma pagata.
   3. Tuttavia il creditore ha diritto di farsi assegnare la quota di riparto spettante al coobbligato fino a concorrenza di quanto ancora dovutogli. Resta impregiudicato il diritto verso il coobbligato se il creditore rimane parzialmente insoddisfatto.
Art. 63 – Coobbligato o fideiussore del fallito con diritto di garanzia
   1. Il coobbligato o fideiussore del fallito, che ha un diritto di pegno o d’ipoteca sui beni di lui a garanzia della sua azione di regresso, concorre nel fallimento per la somma per la quale ha ipoteca o pegno.
   2. Il ricavato della vendita dei beni ipotecati o delle cose date in pegno spetta al creditore in deduzione della somma dovuta.
Art. 63 – Coobbligato o fideiussore del fallito con diritto di garanzia
   1. Il coobbligato o fideiussore del fallito, che ha un diritto di pegno o d’ipoteca sui beni di lui a garanzia della sua azione di regresso, concorre nel fallimento per la somma per la quale ha ipoteca o pegno.
   2. Il ricavato della vendita dei beni ipotecati o delle cose date in pegno spetta al creditore in deduzione della somma dovuta.
Sezione III – Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori
Sezione III – Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori
Art. 64 – Atti a titolo gratuito
   1. Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.
Art. 64 – Atti a titolo gratuito
   1. Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d’uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.
Art. 65 – Pagamenti
   1. Sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Art. 65 – Pagamenti
   1. Sono privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Art. 66 – Azione revocatoria ordinaria
   1. Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.
   2. L’azione si propone dinanzi al tribunale fallimentare, sia in confronto del contraente immediato, sia in confronto dei suoi aventi causa nei casi in cui sia proponibile contro costoro.
Art. 66 – Azione revocatoria ordinaria
   1. Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.
   2. L’azione si propone dinanzi al tribunale fallimentare, sia in confronto del contraente immediato, sia in confronto dei suoi aventi causa nei casi in cui sia proponibile contro costoro.
Art. 67 – Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie (*)
   1. Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore:
   1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
   2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
   3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
   4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
   2. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
   3. Non sono soggetti all’azione revocatoria:
   a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;
   b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
   c) le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;
   d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
   e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis;
   f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
   g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.
   4. Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali
   5. Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, agli istituti autorizzati a compiere operazioni di credito su pegno, limitatamente a queste operazioni, e agli istituti di credito fondiario. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
[* Articolo così modificato dall’art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge]
Art. 67 – Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie
   1. Sono revocati, salvo che l’altra parte provi che non conosceva lo stato d’insolvenza del debitore:
   1) gli atti a titolo oneroso compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;
   2) gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;
   3) i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;
   4) i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.
   2. Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.
   3. Non sono soggetti all’azione revocatoria:
   a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso;
   b) le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;
   c) le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;
   d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell’articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;
   e) gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, nonché dell’accordo omologato ai sensi dell’articolo 182-bis;
   f) i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;
   g) i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali di concordato preventivo.
   4. Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali
   5. Le disposizioni di questo articolo non si applicano all’istituto di emissione, agli istituti autorizzati a compiere operazioni di credito su pegno, limitatamente a queste operazioni, e agli istituti di credito fondiario. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Art. 67-bis – Patrimoni destinati ad uno specifico affare
   1. Gli atti che incidono su un patrimonio destinato ad uno specifico affare previsto dall’articolo 2447-bis, primo comma, lettera a) del codice civile, sono revocabili quando pregiudicano il patrimonio della società. Il presupposto soggettivo dell’azione è costituito dalla conoscenza dello stato d’insolvenza della società.
Art. 68 – Pagamento di cambiale scaduta
   1. In deroga a quanto disposto dall’articolo 67, secondo comma, non può essere revocato il pagamento di una cambiale, se il possessore di questa doveva accettarlo per non perdere l’azione cambiaria di regresso. In tal caso, l’ultimo obbligato in via di regresso, in confronto del quale il curatore provi che conosceva lo stato di insolvenza del principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale, deve versare la somma riscossa al curatore.
Art. 68 – Pagamento di cambiale scaduta
   1. In deroga a quanto disposto dall’articolo 67, secondo comma, non può essere revocato il pagamento di una cambiale, se il possessore di questa doveva accettarlo per non perdere l’azione cambiaria di regresso. In tal caso, l’ultimo obbligato in via di regresso, in confronto del quale il curatore provi che conosceva lo stato di insolvenza del principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale, deve versare la somma riscossa al curatore.
Art. 69 – Atti compiuti tra coniugi
   1. Gli atti previsti dall’articolo 67, compiuti tra coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava una impresa commerciale, sono revocati se il coniuge non prova che ignorava lo stato d’insolvenza del coniuge fallito.
   2. Se il marito esercitava un’impresa commerciale al tempo della celebrazione del matrimonio o se ha iniziato l’esercizio di un’impresa commerciale nell’anno successivo, l’ipoteca legale per la dote della moglie non si estende ai beni pervenuti al marito durante il matrimonio per titolo diverso da quello di successione o donazione.
   3. Nei casi suddetti la moglie non può esercitare nel fallimento alcuna azione per i vantaggi derivanti a suo favore dal contratto di matrimonio e i creditori non possono valersi dei vantaggi derivanti dallo stesso contratto a favore del marito.

Art. 69 – Atti compiuti tra coniugi
   1. Gli atti previsti dall’articolo 67, compiuti tra coniugi nel tempo in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale e quelli a titolo gratuito compiuti tra coniugi più di due anni prima della dichiarazione di fallimento, ma nel tempo in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale sono revocati se il coniuge non prova che ignorava lo stato d’insolvenza del coniuge fallito.

Art. 69-bis – Decadenza dall’azione
   1. Le azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto.
Art. 70 – Effetti della revocazione (*)
   1. La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione.
   2. Colui che, per effetto della revoca prevista dalle disposizioni precedenti, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito.
   3. Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.
[* Articolo così sostituito dall’art. 2 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge]
Art. 70 – Effetti della revocazione
   1. La revocatoria dei pagamenti avvenuti tramite intermediari specializzati, procedure di compensazione multilaterale o dalle società previste dall’articolo 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966, si esercita e produce effetti nei confronti del destinatario della prestazione.
   2. Colui che, per effetto della revoca prevista dalle disposizioni precedenti, ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimentare per il suo eventuale credito.
   3. Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito.
Art. 71 – Effetti della revocazione
   1. Colui che per effetto della revoca prevista nelle disposizioni precedenti ha restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimento per il suo eventuale credito.
Art. 71
[Abrogato]
Sezione IV – Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti
Sezione IV – Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti
Art. 72 – Vendita non ancora eseguita da entrambi i contraenti
  1. Se un contratto di vendita è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando il compratore è dichiarato fallito, il venditore ha diritto a compiere la sua prestazione, facendo valere nel passivo del fallimento il suo credito per il prezzo.
  2. Se egli non intende valersi di tale diritto, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino a quando il curatore, con la autorizzazione del giudice delegato, dichiari di subentrare in luogo del fallito nel contratto assumendone tutti gli obblighi relativi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.
  3. Il venditore può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore ad otto giorni, decorso il quale il contratto s’intende sciolto. In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Se la cosa venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la scelta fra l’esecuzione e lo scioglimento del contratto.
  4. In caso di scioglimento del contratto il compratore ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto risarcimento del danno. Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
   5. Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
Art. 72 – Rapporti pendenti
   1. Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo.
   2. Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.
   3. La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell’articolo 72-bis.
   4. In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento.
   5. L’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l’efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V.
   6. Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.
   7. Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
72-bis – Contratti relativi ad immobili da costruire
   1. In caso di situazione di crisi del costruttore ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 2 agosto 2004, n. 210, il contratto si intende sciolto se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore abbia comunicato di voler dare esecuzione al contratto.
[Articolo introdotto dall’art. 11 del D. lgs. 20 giugno 2005, n. 122]
Art. 72-bis – Fallimento del venditore e contratti relativi ad immobili da costruire
   1. In caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie.
   2. Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, a norma dell’articolo 72, scelga lo scioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno. All’acquirente spetta il privilegio di cui all’articolo 2775-bis del codice civile, a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
   3. In caso di situazione di crisi del costruttore ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 2 agosto 2004, n. 210, il contratto si intende sciolto se, prima che il curatore comunichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione a garanzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresì comunicazione al curatore. In ogni caso, la fideiussione non può essere escussa dopo che il curatore ha comunicato di voler dare esecuzione al contratto.
Art. 72-ter – Effetti sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare
   1. Il fallimento della società determina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all’articolo 2447-bis, primo comma, lettera b), del codice civile quando impedisce la realizzazione o la continuazione dell’operazione.
   2. In caso contrario, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, può decidere di subentrare nel contratto in luogo della società assumendone gli oneri relativi.
   3. Ove il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore può chiedere al giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o di continuare l’operazione, in proprio o affidandola a terzi; in tale ipotesi il finanziatore può trattenere i proventi dell’affare e può insinuarsi al passivo del fallimento in via chirografaria per l’eventuale credito residuo.
   4. Nelle ipotesi previste nel secondo e terzo comma, resta ferma la disciplina prevista dall’articolo 2447-decies, terzo, quarto e quinto comma, del codice civile.
   5. Qualora, nel caso di cui al primo comma, non si verifichi alcuna delle ipotesi previste nel secondo e nel terzo comma, si applica l’articolo 2447-decies, sesto comma, del codice civile.
Art. 72-quater – Locazione finanziaria
   1. Al contratto di locazione finanziaria si applica, in caso di fallimento dell’utilizzatore, l’articolo 72. Se è disposto l’esercizio provvisorio dell’impresa il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi sciogliere dal contratto.
   2. In caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene ed è tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo in linea capitale; per le somme già riscosse si applica l’articolo 67, terzo comma, lettera a).
   3. Il concedente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene.
   4. In caso di fallimento delle società autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto forma di locazione finanziaria, il contratto prosegue; l’utilizzatore conserva la facoltà di acquistare, alla scadenza del contratto, la proprietà del bene, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito.
Art. 73 – Vendita a termine o a rate
   1. In caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l’autorizzazione del giudice delegato; ma il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale.
   2. Nella vendita a rate con riserva della proprietà il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto.
Art. 73 – Vendita a termine o a rate
   1. In caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con l’autorizzazione del comitato dei creditori; ma il venditore può chiedere cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale.
   2. Nella vendita a rate con riserva della proprietà il fallimento del venditore non è causa di scioglimento del contratto.
Art. 74 – Contratto di somministrazione
   1. Nelle vendite a consegne ripartite e nel contratto di somministrazione si applicano le disposizioni dei commi secondo, terzo e quarto dell’articolo 72.
   2. Tuttavia il curatore che subentra deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute.
Art. 74 – Contratto di somministrazione
   1. Nelle vendite a consegne ripartite e nel contratto di somministrazione si applicano le disposizioni dell’articolo 72, primo e secondo comma.
   2. Se il curatore subentra, deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne già avvenute o dei servizi già erogati.
Art. 75 – Restituzione di cose non pagate
   1. Se la cosa mobile oggetto della vendita è già stata spedita al compratore prima della dichiarazione di fallimento di questo, ma non è ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, né altri ha acquistato diritti sulla medesima, il venditore può riprenderne il possesso, assumendo a suo carico le spese e restituendo gli acconti ricevuti, sempreché egli non preferisca dar corso al contratto facendo valere nel passivo il credito per il prezzo, o il curatore non intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale.
Art. 75 – Restituzione di cose non pagate
   1. Se la cosa mobile oggetto della vendita è già stata spedita al compratore prima della dichiarazione di fallimento di questo, ma non è ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, né altri ha acquistato diritti sulla medesima, il venditore può riprenderne il possesso, assumendo a suo carico le spese e restituendo gli acconti ricevuti, sempreché egli non preferisca dar corso al contratto facendo valere nel passivo il credito per il prezzo, o il curatore non intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale.
Art. 76 – Contratto di borsa a termine
   1. Il contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, è risolto alla data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale e il valore delle cose o dei titoli alla data di dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario.
Art. 76 – Contratto di borsa a termine
   1. Il contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, si scioglie alla data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale e il valore delle cose o dei titoli alla data di dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario.
Art. 77 – Associazione in partecipazione
   1. La associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell’associante. L’associato ha diritto di far valere nel passivo il credito per quella parte dei conferimenti, la quale non è assorbita dalle perdite a suo carico.
   2. Egli è tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle perdite che sono a suo carico.
   3. Nei suoi confronti è applicata la procedura prevista dall’articolo 150.
Art. 77 – Associazione in partecipazione
   1. La associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento dell’associante. L’associato ha diritto di far valere nel passivo il credito per quella parte dei conferimenti, la quale non è assorbita dalle perdite a suo carico.
   2. L’associato è tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle perdite che sono a suo carico.
   3. Nei suoi confronti è applicata la procedura prevista dall’articolo 150.
Art. 78 – Conto corrente, mandato, commissione
   1. I contratti di conto corrente, di mandato e di commissione si sciolgono per il fallimento di una delle parti.
Art. 78 – Conto corrente, mandato, commissione
   1. I contratti di conto corrente, anche bancario, e di commissione, si sciolgono per il fallimento di una delle parti.
   2. Il contratto di mandato si scioglie per il fallimento del mandatario.
   3. Se il curatore del fallimento del mandante subentra nel contratto, il credito del mandatario è trattato a norma dell’articolo 111, primo comma, n. 1), per l’attività compiuta dopo il fallimento.
Art. 79 – Possesso del fallito a titolo precario
   1. Se le cose delle quali il fallito deve la restituzione non si trovano più in suo possesso il giorno della dichiarazione di fallimento e il curatore non può riprenderle, l’avente diritto può far valere nel passivo il credito per il valore che la cosa aveva alla data della dichiarazione del fallimento.
   2. Se il possesso della cosa è cessato dopo l’apposizione dei sigilli, l’avente diritto può chiedere l’integrale pagamento del valore della cosa.
   3. Sono salve le disposizioni dell’articolo 1706 del codice civile.
Art. 79 – Possesso del fallito a titolo precario
   1. Se le cose delle quali il fallito deve la restituzione non si trovano più in suo possesso dal giorno della dichiarazione di fallimento e il curatore non può riprenderle, l’avente diritto può far valere nel passivo il credito per il valore che la cosa aveva alla data della dichiarazione del fallimento.
   2. Se il possesso della cosa è cessato dopo l’apposizione dei sigilli, l’avente diritto può chiedere l’integrale pagamento del valore della cosa e il credito è regolato a norma dell’articolo 111, primo comma, n. 1).
   3. Sono salve le disposizioni dell’articolo 1706 del codice civile.
Art. 80 – Contratto di locazione di immobili
   1. Il fallimento del locatore, salvo patto contrario non scioglie il contratto di locazione d’immobili, ma il curatore subentra nel contratto.
   2. In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un giusto compenso, che nel dissenso fra le parti è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il credito per il compenso è privilegiato a norma dell’articolo 2764 del codice civile.
Art. 80 – Contratto di locazione di immobili
   1. Il fallimento del locatore non scioglie il contratto di locazione d’immobili e il curatore subentra nel contratto.
   2. In caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che nel dissenso fra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il credito per l’indennizzo è regolato dall’articolo 111, primo comma, n. 1), e dall’articolo 2764 del codice civile.
Art. 80-bis – Contratto di affitto d’azienda
   1. Il fallimento non è causa di scioglimento del contratto di affitto d’azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta giorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, è determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo dovuto dalla curatela è regolato dall’articolo 111, primo comma, n. 1).
Art. 81 – Contratto di appalto
   1. Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, a meno che il curatore, sentito il comitato dei creditori, se è stato nominato, e con l’autorizzazione del giudice delegato, non dichiari di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni venti dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie.
   2. La prosecuzione del rapporto non è consentita nel caso di fallimento dell’appaltatore, quando la considerazione della sua persona è stato un motivo determinante del contratto.
   3. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche.
Art. 81 – Contratto di appalto
   1. Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori non dichiara di voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giorni sessanta dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie.
   2. Nel caso di fallimento dell’appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la considerazione della qualità soggettiva è stata un motivo determinante del contratto, salvo che il committente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto. Sono salve le norme relative al contratto di appalto per le opere pubbliche.
Art. 82 – Contratto di assicurazione
   1. Il fallimento dell’assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l’applicazione dell’articolo 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio.
   2. Se il contratto continua, il credito dell’assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Art. 82 – Contratto di assicurazione
   1. Il fallimento dell’assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l’applicazione dell’articolo 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio.
   2. Se il contratto continua, il credito dell’assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Art. 83 – Contratto di edizione
   1. Gli effetti del fallimento dell’editore sul contratto di edizione sono regolati dalla legge speciale.
Art. 83 – Contratto di edizione
   1. Gli effetti del fallimento dell’editore sul contratto di edizione sono regolati dalla legge speciale.
Art. 83-bis – Clausola arbitrale
   1. Se il contratto in cui è contenuta una clausola compromissoria è sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento arbitrale pendente non può essere proseguito.

Segue:
TITOLO II: Capi IV-XI (artt. 84-159)
TITOLO III – Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione (artt. 160-186)
TITOLO IV [abrogato]
TITOLO V - Della liquidazione coatta amministrativa (artt. 194-215)
TITOLO VI – Disposizioni penali (artt. 216-241)

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Rivista diretta da Giovanni Cabras e Paolo Ferro-Luzzi