OPA
(Offerta pubblica d’acquisto)
Proposta
di acquisto avente ad oggetto
un determinato quantitativo di
azioni (emesse da una società)
ovvero un determinato quantitativo
di altri strumenti finanziari
ad un prezzo determinato,
proposta rivolta pubblicamente
a tutti i possessori di tali titoli.
LOPA può avere una
pluralità di scopi, quali
quello di effettuare un investimento
finanziario, ovvero di acquisire
il controllo della società
emittente i titoli, ovvero eliminare
gli azionisti di minoranza della
stessa società (squeeze-out).
Nella
maggior parte dei paesi industrializzati
il procedimento dellOPA
è disciplinato al fine
di assicurare trasparenza, serietà
e correttezza delloperazione.
Nei vari ordinamenti, peraltro,
sono riscontrabili posizioni sostanzialmente
diverse con riguardo ai diritti
degli azionisti di minoranza in
caso di offerte pubbliche di acquisto
che comportino lacquisizione
del controllo di una società.
Secondo un primo approccio (c.d.
Market Rule) lordinamento
non interviene nelle scelte del
mercato (Stati Uniti). Un altro
approccio (Equal Opportunity
Rule) persegue il principio
di pari opportunità economiche
fra azionista di maggioranza ed
azionisti di minoranza, disponendo
lobbligo a carico
di chi acquisisca il controllo
di una società (o superi
una determinata soglia quantitativa
di partecipazione al capitale
della società con diritto
di voto) di lanciare unOPA
nei confronti di tutti i portatori
dei titoli della società
(Inghilterra, Francia e Italia)
ad un prezzo che include in tutto
o in parte il premio di
controllo (ossia il prezzo
pagato al precedente controllante,
normalmente più alto di
quello di mercato delle azioni).
Fonti: artt. 102 e ss.
d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58
TUF-testo unico della intermediazione
finanziaria
URL:
http://www.consob.it
Operazione
finanziaria / Attività
finanziaria
Manca una definizione giuridica,
una “nozione” normativa
di “operazione/attività
finanziaria”. In senso ampio
può ritenersi “finanziaria”
l’operazione programmaticamente
organizzata dalle parti in modo
da iniziare e terminare con il
denaro, questo così costituendo
l’oggetto fondamentale dell’interesse
delle stesse parti.
Ben può
essere che nello svolgimento di
una operazione “finanziaria”
nel senso indicato intervengano
altri beni, altri valori, ma allora
in via strumentale alla realizzazione
di un interesse che sempre ha
per oggetto il denaro. Ad esempio,
una “gestione” di
patrimoni può avere come
strumento titoli ed anche beni
(metalli preziosi, ed altro),
ma non sono questi l’oggetto
dell’interesse delle parti,
intervenendo invece, appunto,
come strumenti per accrescere,
e conservare, una somma di denaro.
Sul piano
generale, può tentarsi
una classificazione delle operazioni
finanziarie, fondata sul fattore
intermedio tra il denaro iniziale
e quello finale. Si avranno così
operazioni creditizie, se il fattore
intermedio è il “tempo”
necessario perché taluno
goda, appunto, temporalmente,
della disponibilità di
una somma di denaro; operazioni
di pagamento, se tra il denaro
iniziale e quello finale si interpone
un fattore “spazio”;
operazioni di cambio, quando manca
un fattore spaziale o temporale.
Costituisce
un derivato dalla nozione di operazione
finanziaria, così individuata,
la nozione di “attività
finanziaria”, consistente
nel compimento, sistematico, e
per ciò organizzato, di
operazioni finanziarie.
Infine,
la qualifica di “finanziaria”
per una operazione o una attività
è funzionale all’applicazione
di discipline “speciali”
rispetto al sistema generale privatistico,
ed è in principio indipendente,
se pur possa interferire con la
qualifica, e relativa disciplina,
dei singoli atti, negozi giuridici,
che possono intervenire nel suo
svolgimento.
Diverso,
se pur connesso, dalla qualifica
come finanziaria di una attività,
è l’esame sotto il
profilo finanziario, possibile
per ogni attività di impresa,
ben potendosi ogni attività
di impresa considerarsi sotto
l’aspetto dell’ingresso,
ed uscita, di mezzi finanziari.
Opt-in
e opt-out (clausole di/regole
di/lista di)
Criterio
discretivo (convenzionale o legislativo)
in base al quale una determinata
regola (o conseguenza) si applica
soltanto se la parte interessata
esprime la sua adesione (opt-in)
ovvero non si applica soltanto
la parte interessata esprime la
sua opposizione (opt-out).
Ad
esempio, in tema di trattamento
dei dati personali da parte di
privati (trattamento che solitamente
sta alla base delle comunicazioni
postali o elettroniche, c.d. spamming)
il nostro ordinamento richiede
il consenso espresso dell’interessato
(opt-in); mentre altri
ordinamenti seguono il criterio
opt-out, basandosi sulla
libertà di comunicazione
fino a dichiarazione contraria
dell’interessato. La Direttiva
CE sul commercio elettronico considera
la questione dello spamming,
lasciando agli Stati membri di
stabilire che l’inserimento
di un utente in una lista avvenga
esclusivamente con il suo consenso
espresso (opt-in) oppure
che la cancellazione dell’utente
da una lista avvenga solo dietro
sua richiesta (opt-out).
Il sistema
opt-in/opt-out
è utilizzato ampiamente
dalla riforma del diritto societario
(d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6)
per regolare la sfera di autonomia
privata, quando si prevede che
una determinata regola legale
si applichi ad una società
soltanto se lo statuto ne disponga
l’applicazione (opt-in;
ad es. art. 2348: lo statuto può
creare diverse categorie di azioni)
o, al contrario, che si applichi
una regola legale, salvo che lo
statuto disponga diversamente
(opt-out; ad es., art.
2409-bis: salvo diversa
disposizione statutaria, il controllo
contabile è esercitato
da un revisore contabile o da
una società di revisione).
Si tratta di una tecnica normativa
che pretermina e, quindi, delimita
l’autonomia privata e, in
particolare, la libertà
di scelta, come avviene anche
in altri rapporti giuridici. Più
precisamente, adottando la soluzione
opt-out, la riforma societaria
esprime una agevolazione legislativa
per l’operatività
della regola legale, che si applica
in difetto di una diversa determinazione
statutaria e che può trovare
così grande diffusione.
D’altro canto, con la soluzione
opt-in, l’autonomia
privata trova, sia pure indirettamente,
una limitazione ancora più
forte, poiché in tal modo
il legislatore consente alle parti
di adottare solo regole espressamente
previste dalla novella.
URL: http://www.club-cmmc.it/attivita/normative.htm
Marchetti,
Le linee generali della riforma
Outsourcing
Processo
aziendale (denominato anche “esternalizzazione”)
con cui un’impresa dismette
la gestione di parte della propria
attività produttiva, di
un servizio o di una funzione
aziendale per affidarne la gestione
ad un’altra impresa (denominata
outsourcer, ovvero provider).
La medesima espressione di outsourcing
designa pure il contratto, con
cui il provider si impegna
a svolgere quella fase produttiva,
quel servizio o quella funzione
aziendale a favore della prima
impresa, utilizzando le strutture
ed solitamente anche il personale
dismessi dalla medesima; tale
contratto, pur comprendendo prestazioni
simili a quelle di un contratto
di appalto o di somministrazione,
assume nella pratica una sua tipizzazione.
Qualora
il provider, per lo svolgimento
dell’incarico affidato in
outsourcing, assuma lavoratori
che già svolgevano l’attività
o servizio nell’impresa
rifornita, si discute circa la
configurazione dell’operazione
come cessione di ramo
aziendale (e, quindi, circa
l’applicabilità degli
strumenti a tutela dei lavoratori
previsti per quest’ultimo
caso). Nell’ambito della
riforma Biagi del lavoro, è
prevista la responsabilità
solidale tra committente ed appaltatore,
con rinvio all’art. 1676
cod. civ., nel caso in cui un’impresa
affidi ad altra impresa un appalto
da eseguire utilizzando il ramo
d’impresa ceduto (art. 32
del d. lgs. 10 settembre 2003,
n. 276, che ha introdotto il 6°
comma dell'art. 2112 cod. civ.).
L’outsourcing
serve per focalizzare l’impresa
sull’attività principale
(perciò può essere
accostato all’operazione
di
spin-off), ossia
il c.d. core business
e può presentarsi pure
in attività non imprenditoriali,
come nel caso della Pubblica Amministrazione,
per l’affidamento a terzi
di servizi non caratteristici
della stessa Amministrazione (vedi,
da ultimo, la “esternalizzazione”
dei servizi prescritta alle aziende
sanitarie ed ospedaliere dall’art.
49 del decreto-legge 30 settembre
2003, n. 269).
L’operazione
in questione si distingue dal
decentramento produttivo, con
cui un’impresa smette di
essere produttrice dei propri
prodotti, affidandone la realizzazione
su commissione a tante piccole
imprese (c.d. “terziste”).
Fonti: art. 29 della legge
28 dicembre 2001, n. 448 (modificata
dalla legge 16 gennaio 2003, n.
3); art.
32 del d. lgs. 10 settembre 2003,
n. 276
URL: http://www.unitec.it/ita/tesi/venturini/index.html;
www.tesoro.it/Documentazione/AreeDoc/Dipartimenti/
DPAG/quaderno/quaderni.pdf