il diritto commerciale d’oggi
    IV.7.8 – luglio-agosto 2005

GIURISPRUDENZA

 

TRIBUNALE PADOVA, ordin. 8 giugno 2005 – Giud. Del. Amenduni; ABN AMRO Bank N.V. c. Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a.

   

Commento di A. Giovannoni

Il Giudice designato,
   sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 6 giugno 2005, letti i ricorsi presentati da ABN AMRO Bank N.V. e da CONSOB per la sospensione della deliberazione dell’assemblea ordinaria dei soci di Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. del 30.4.2005, lette le memorie depositate dalla Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a., da Banca Popolare di Lodi s.c.a r.l., da Paolo Sinigaglia, visti i documenti allegati, rileva quanto segue.
1. In ordine alla riunione dei procedimenti cautelari
   Il provvedimento di riunione assunto all’udienza del 6.6.2005 va confermato.
   Ed invero, afferma la migliore dottrina che se il legislatore ha inteso prescrivere, con il comma 5 dell’art. 2378 cod. civ., che «tutte le impugnazioni relative alla medesima deliberazione, anche se separatamente proposte … devono essere istruite congiuntamente e decise con un’unica sentenza», evidentemente ha ritenuto che l’opportunità e l’economicità del simultaneus processus e l’esigenza di evitare giudicati contraddittori siano particolarmente rilevanti quando si tratta di identificare il medesimo contenuto del comportamento negoziale di una persona giuridica e, soprattutto, di garantire l’efficienza dell’organizzazione dell’impresa in considerazione dei molteplici interessi che essa coinvolge.
   Quindi, se è necessario, per il legislatore, che una determinata delibera esista o non esista, che abbia o non abbia un determinato contenuto, identico per tutti coloro che verranno a contatto con la società, è altrettanto necessario che nei confronti di tutti essa sia provvisoriamente efficace o, viceversa, sospesa e perciò improduttiva di effetti sino alla decisione finale; sicché si deve affermare che, pur nel silenzio della legge, nella fase cautelare l’esigenza, sopra riferita, viene addirittura ad enfatizzarsi.

2. In ordine alla eccepita incompetenza del Giudice designato a sospendere inaudita altera parte la deliberazione impugnata
   Ritenuta la questione rilevabile d’ufficio, giova, preliminarmente, riferire i termini del problema: l’art. 2378 cod. civ., al comma 2° prevede che «in caso di eccezionale e motivata urgenza, il presidente del tribunale, omessa la convocazione della società convenuta, provvede sull’istanza con decreto motivato, che deve altresì contenere la designazione del giudice per la trattazione della causa di merito e la fissazione, davanti al giudice designato, entro quindici giorni, dell’udienza per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emanati con il decreto, nonché la fissazione del termine per la notificazione alla controparte del ricorso e del decreto»; l’art. 24 del D. lgs. 5/2003, all’ultimo comma, stabilisce, poi, che l’istanza di sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare, proposta ai sensi dell’art. 2378 cod. civ. «è disciplinata dalle disposizioni di cui al presente articolo»; i primi tre commi dell’art. 24 stabiliscono che «La domanda cautelare in corso di causa si propone con ricorso depositato nella cancelleria del giudice già designato a norma dell’art. 12, comma 2, ovvero dall’art. 18, comma 2; altrimenti, il presidente designa, senza indugio il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento. Il giudice designato, se la domanda cautelare è proposta anteriormente al decreto di cui all’articolo 12, con lo stesso decreto che fissa l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé, le invita a depositare i documenti che ritiene rilevanti anche in relazione alla decisione della causa a norma dei commi 4 e seguenti. Può anche fissare termini per il deposito di documenti, memorie e repliche. Il giudice designato procede a norma dell’articolo 669 sexies del codice di procedura civile. In ogni caso, l’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia dei provvedimenti d’urgenza o degli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare provvisoriamente gli effetti, della decisione di merito»; l’art. 2378, al 3° e 4° co., cod. civ. prevede che sull’istanza di sospensione provvede «il giudice designato per la trattazione del merito».
   Come fortemente sottolineato dalla dottrina processualcivilistica, tra la norma sostanziale e la previsione dell’art. 24 del D. lgs. 5/2003 vi è stato da pare del medesimo legislatore delegato un difetto di coordinamento; questo Giudice non disconosce l’attualità del dibattito sviluppatosi in dottrina attorno ai numerosi problemi che presentano le due norme, sia in ordine all’individuazione del tipo di giudice competente a trattare il procedimento cautelare (monocratico o collegiale), sia in ordine alla competenza a decidere sull’eventuale adozione del provvedimento cautelare inaudita altera parte: quanto al primo problema, si ritiene di dover individuare nel giudice monocratico l’organo competente a trattare il procedimento cautelare, anche se per la causa di merito risulti competente il giudice collegiale ai sensi dell’art. 1 d. lgs. 5/2003, in ragione della lettera dell’art. 24, co. 1, — «altrimenti, il presidente designa, senza indugio il magistrato al quale è affidata la trattazione del procedimento» — che intende richiamare solo ed unicamente il procedimento cautelare.
In ordine alla seconda questione — la competenza a decidere inaudita altera parte —, e alle soluzioni propugnate, in dottrina si registra una pluralità di posizioni, tutte di alto profilo: a chi sostiene che prevalga il disposto dell’art. 2378 cod. civ. replica altra autorevole tesi, esattamente in termini opposti; altri ancora tengono ferma l’attribuzione al presidente del tribunale del potere di provvedere inaudita altera parte, facendo riferimento per il resto alla norma processuale.
Tuttavia, si ritiene che debba preferirsi, per il pregio della coerenza sistematica che essa mostra, la tesi che considera prevalente (ma non in via esclusiva) sul disposto dell’art. 2378 cod. civ. la disciplina generale richiamata dall’art. 24, 8 co., con applicazione integrale della norma di cui all’art. 669 sexies cod. proc. civ.
La situazione che può svilupparsi è la seguente: il presidente (o il presidente di sezione, ove il tribunale sia diviso in più sezioni), ove ritenga sussistenti le ragioni di urgenza, provvede sull’istanza di sospensione della deliberazione impugnata con decreto motivato, omessa la convocazione della società convenuta, designando il giudice e fissando l’udienza di comparizione dinanzi a quest’ultimo per la conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emanati; si badi che l’art. 2378 cod. civ. non prevede la possibilità per il presidente di assumere sommarie informazioni come previsto dal secondo comma dell’art. 669 sexies cod. proc. civ.: ciò sta implicitamente a significare (come sottolineato dalla difesa della Banca Antonveneta) che il legislatore, quando ha fatto riferimento alla competenza del presidente, ha voluto con ciò assicurare un meccanismo processuale rapidissimo, sganciato sia dall’osservanza delle regole ordinamentali – tabellari (circa la ripartizione degli affari giudiziari tra i magistrati dell’ufficio), sia da ogni altra formalità di natura processuale; questa soluzione non è in conflitto con la possibilità per il giudice designato dal presidente (ove quest’ultimo non abbia adottato il provvedimento inaudita altera parte) di emanare il decreto ex art. 669 sexies, II co., cod. roc. civ.: diversamente, si finirebbe per mortificare arbitrariamente il rinvio all’art. 669 sexies cod. proc. civ. che opera l’art. 24, III co., d. lgs. 5/2003.
Rileva, infine, questo Giudice che la questione di specie è destinata a perdere di pratico significato allorché si ponga mente, da un lato, alla mancanza di effetti negativi discendenti dall’eventuale riconoscimento dell’illegittimità del provvedimento reso inaudita altera parte — attesa la non contestabile competenza del giudice designato a decidere sull’istanza cautelare, a contraddittorio instaurato —, e dall’altro lato, all’orientamento della Suprema Corte che riconosce al presidente del tribunale la facoltà di delegare le attività giurisdizionali che la legge gli riserva a titolo di competenza funzionale (cfr. Cass. 23.4.2004 n. 7764).

3. In ordine all’audizione degli amministratori e dei sindaci ex art. 2378, IV co. cod. civ.
L’art. 2378 cod. civ. prescrive al giudice investito dell’istanza di sospensione della delibera impugnata di ascoltare amministratori e sindaci.
Tuttavia, nonostante una parte autorevole della dottrina ritenga che «la mancata audizione è causa di nullità o di revoca del provvedimento sospensivo», senza tuttavia spiegare sulla base di quale norma o principio debba comminarsi una sanzione così forte, considerato, tra l’altro, che il Giudice della cautela può omettere ogni formalità non essenziale al contraddittorio (una parte della giurisprudenza è orientata a ritenere che, in caso di omessa audizione, non vi sia lesione del principio di integrità del contraddittorio né vizio del relativo provvedimento cautelare (cfr. Trib. Chiavari 24.8.1992, in Le Società 1993, 351; Trib. Teramo 7.6.1966, in Dir. Fall. 1968, II, 431), questo Giudice ritiene che tale adempimento non sia necessario nel caso in cui l’impugnazione riguardi proprio la deliberazione assembleare con la quale sono stati nominati gli organi sociali: se è vero, infatti, che l’audizione in parola è concepita dal legislatore in funzione dell’acquisizione di informazioni in ordine alla deliberazione impugnata e alla richiesta di sospensione, essa appare priva di utilità pratica, atteso che nel caso di specie si controverte proprio della deliberazione di nomina degli stessi organi sociali; anzi, potrebbe affermarsi che, essendo costoro portatori di un interesse giuridicamente rilevante al mantenimento della delibera, tanto da poter intervenire nel procedimento di impugnazione seppure ad adiuvandum delle argomentazioni svolte dalla società convenuta (cfr. Trib. Perugia 28.2.1950, in Foro It. 1951, I, 1447; Trib. Milano 9.8.1954, in Foro pad. 1955, I, 222), la loro audizione andrebbe ad incidere sull’integrità e sulla regolarità del contraddittorio.
Tuttavia, la questione de qua circa gli effetti della mancata audizione degli organi sociali si risolve nel caso concreto in un falso problema: se è sufficiente che gli amministratori ed i sindaci siano stati regolarmente convocati, sebbene poi non siano comparsi (perché diversamente, afferma autorevole dottrina, «si concederebbe loro la possibilità di frustrare l’istanza di sospensione»), e tenuto conto che l’ultimo inciso del comma 8 dell’art. 24 del d. lgs. 5/2003 prescrive che «la società, ricevuta la notifica dell’istanza di sospensione, ne dà notizia agli amministratori e ai sindaci», allora si deve concludere che è onere degli organi sociali comparire all’udienza per essere ascoltati, senza che vi sia la necessità di una convocazione ad hoc da parte del ricorrente ovvero d’ufficio.
Ed invero, la notificazione alla società (banca Antonveneta) da parte del ricorrente del decreto di sospensione della deliberazione impugnata, nonché la notificazione sempre alla società del ricorso ex art. 2378 cod. civ. promosso da Consob, unitamente alla presenza in giudizio di un componente del c.d.a. rappresentano circostanze che univocamente provano la conoscenza (o conoscibilità) della pendenza del procedimento cautelare e dell’udienza del 6 giugno 2005 per la conferma, modifica o revoca del decreto di sospensione.
Infine, l’audizione degli organi sociali, qualora si dovesse intendere che essa è in funzione dell’acquisizione da parte del giudice di elementi utili al giudizio di comparizione imposto dall’art. 2378 cod. civ., nel caso di specie risulta non necessaria per i motivi e per la soluzione che viene fornita appresso in tema di periculum in mora, cui si fa rinvio.

4. In ordine alla legittimazione delle parti e ai poteri processuali esercitabili (anche da parte degli intervenienti)
In primo luogo, va affermata la legittimazione della CONSOB a richiedere al Tribunale ex art. 2378 cod. civ. un provvedimento di sospensione dell’efficacia della deliberazione assembleare impugnata, ancorché dal combinato disposto degli artt. 14 e 122 del T.U.F. risulti richiamata esclusivamente la norma dell’art. 2377 cod. civ.: questa soluzione interpretativa trova la sua giustificazione nel rilievo secondo cui la cautela tipica dell’art. 2378 cod. civ. è espressione della medesima ratio sottesa alla disciplina codicistica richiamata dal D. lgs. 58/98, per cui le due norme del codice civile devono considerarsi intimamente connesse, con la conseguenza che il richiamo operato dal T.U.F. deve intendersi implicitamente esteso alla norma cautelare.
In merito alla legittimazione a spiegare un intervento ex art. 105 cod. proc. civ. da parte dei soci interessati al riconoscimento della validità e dell’efficacia della deliberazione impugnata, nonché, nel caso di specie, delle persone fisiche destinate a ricoprire le cariche sociali, si è già affermato nel provvedimento del 27.5.2005 che la loro posizione processuale può solo essere inquadrata nella figura dell’intervento adesivo dipendente (cfr. ex multis Cass. 16.9.1980 n. 5365, in Foro it. Rep. 1981, voce Società, n. 202), dal momento che la loro attività processuale (cautelare, per quello che qui importa) può esplicarsi nei limiti delle argomentazioni e delle richieste svolte dalla parte processuale adiuvata (id est la banca Antoniana).
È opportuno, allora, trattare la questione processuale con maggiore compiutezza, dal momento che la sua soluzione è destinata ad incidere significativamente sulla delimitazione dell’ambito oggettivo delle domande cautelari all’esame del giudice.
Posto che nel giudizio ex art. 2377 cod. civ. la legittimazione passiva spetta esclusivamente alla società, nella cui sfera giuridica è destinato a produrre i propri effetti tipici e diretti il provvedimento giudiziale, dal momento che «l’oggetto del giudizio di annullamento è il prodotto sorto dal negozio il cui annullamento viene domandato» e che titolare di questo rapporto è proprio la società, il socio interessato al mantenimento e alla prosecuzione di questo rapporto è, al massimo, titolare di un rapporto giuridico dipendente.
Se questa da ultimo riferita è la situazione sostanziale del socio, sul piano processuale egli non può che rivendicare una posizione derivata rispetto a quella della società (fatta eccezione per quei casi in cui oggetto dell’impugnativa è una deliberazione che incide positivamente, direttamente ed immediatamente sulla sfera giuridica del socio: si pensi, ad esempio, alle deliberazioni con cui venga decisa la distribuzione di utili, o che limiti il diritto di voto degli azionisti etc.).
Tutto ciò ricorre nella fattispecie all’esame del Tribunale.
Ed infatti, i soci intervenienti Banca popolare di Lodi e Paolo Sinigaglia non possono dirsi portatori di un interesse diverso e autonomo rispetto a quello della società, Banca Antonveneta, dal momento che la deliberazione impugnata non ha alcun effetto diretto nella loro sfera giuridica, poiché la delibera di nomina degli organi sociali non determina affatto la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto giuridico di cui il socio possa dirsi titolare in via diretta.
L’intervento di Banca popolare di Lodi e Paolo Sinigaglia (anche quale amministratore), pertanto, va ricompreso nella figura dell’intervento adesivo dipendente ex art. 105, co. 2, cod. proc. civ.
Non convince la soluzione propugnata autorevolmente dalla difesa di costoro, secondo la quale, essendosi appiattite su un’unica posizione processuale le difese delle parti c.d. necessarie (i ricorrenti Abn Amro e Consob, da una parte, e la resistente Antonveneta, dall’altra), l’intervento di Banca popolare di Lodi e di Paolo Sinigaglia non potrebbe affatto dirsi adesivo dipendente, presentando, invece, caratteristiche di autonomia e di alterità rispetto alla società, per aver deciso quest’ultima, nella persona del curatore speciale, di non contrastare la domanda cautelare e di non difendere la validità e l’efficacia della deliberazione impugnata.
Registra il Giudice che la tesi degli intervenuti si basa su un ragionamento secondo il quale, per individuare la legittimazione ad intervenire nonché le deduzioni proponibili dalla parte interveniente, si deve fare riferimento alla posizione sostanziale della parte adiuvata e non già alla difesa da essa concretamente svolta nel giudizio; tale affermazione non convince, in quanto, a parere del giudicante, è affetta da un duplice vizio logico-giuridico: da un lato, l’interveniente si fa interprete esclusivo ed autentico dell’interesse sostanziale della società e, dall’altro, finisce per sovvertire i principi e le regole che presiedono alla determinazione dell’ambito soggettivo ed oggettivo della domanda giudiziale.
Infine, quanto alla stranezza del presente procedimento, sottolineata con enfasi dalle parti intervenute, circa il fatto che la società convenuta abbia aderito alle richieste del socio impugnante, ritiene il Giudice che nel caso di specie il Curatore speciale, nel rappresentare la propria posizione e nell’articolare la propria difesa, si sia fatto interprete (ed a ciò era legittimato dalla nomina presidenziale ex art. 78 cod. proc. civ.) proprio dell’interesse della società (e non dei singoli soci) al rispetto della legalità: appare, quindi, assurdo sostenere che un simile interesse debba considerarsi alieno rispetto ad una società, per di più quotata in borsa e che esercita un’attività bancaria; non è detto, infatti, che la società, di fronte all’iniziativa di un socio per l’annullamento di una deliberazione sociale, non possa rivedere il suo deliberato (quasi in forma di autotutela) in modo conforme alle censure del socio impugnante: è lo stesso legislatore a ritenere ciò una evenienza normale, tant’è che nello stesso art. 2377 cod. civ. stabilisce che l’annullamento della deliberazione non può aver luogo se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge o dello statuto.
Così inquadrata la posizione dei terzi intervenuti, la questione, per il Giudice, si riduce al circoscrivere il potere di allegazione, quello di deduzione di eccezioni in senso proprio e quello di impugnazione del provvedimento giudiziale, ove i titolari della situazione pregiudiziale prestino ad esso acquiescenza.
Tralasciando l’esame della questione sotto il profilo del potere di impugnazione, in ordine ai poteri esercitabili dal terzo (interveniente adesivo dipendente)la giurisprudenza ritiene che questi siano limitati e circoscritti ad un’attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata; pertanto, egli potrà sviluppare solo quelle deduzioni ed eccezioni che siano ricompresse nell’ambito delle domande e delle eccezioni dedotte dalla parte adiuvata, fatto salvo il potere di allegare fatti a fondamento di eccezioni rilevabili d’ufficio (cfr. Cass. 04.07.1994 n. 6309; Cass. 16.04.1994 n. 3616). E l’arresto della Suprema Corte citato da parte interveniente Banca popolare di Lodi fa esatta applicazione dei principi appena riferiti, ed appare pertanto in conferente ai fini rivendicati nella relativa difesa.
Pertanto, le domande di merito promosse dalle parti intervenute sono inammissibili.

5.Fumus bonis iuris
L’indagine circa l’esistenza di tale presupposto è stata compiuta già nel decreto del 21.5.2005 cui si fa richiamo quanto alle motivazioni, da intendersi qui integralmente riportate.
Si deve aggiungere, inoltre, che anche a voler considerare utilizzabili i documenti prodotti dalle parti intervenute (ancorché incompatibili con la posizione della parte principale adiuvata), dilatando fino all’inverosimile il principio di acquisizione della prova, la prova della pendenza di un giudizio dinanzi al TAR Lazio per l’annullamento della deliberazione CONSOB n. 15029 del 10.5.2005 (con la quale è stata accertata “l’avvenuta stipulazione di un patto parasociale avente per oggetto l’acquisto concertato di azioni ordinarie della Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a. e l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante sulla Banca stessa, per il quale non sono stati adempiuti gli obblighi di cui all’art. 122 del d. lgs. n. 58 del 1998, tra: la BANCA POPOLARE DI LODI s.c.a r.l., il sig. EMILIO GNUTTI, la FINGRUPPO HOLDING s.p.a., la G.P. FINANZIARIA s.p.a., il sig. TIBERIO LONATI, il sig. FAUSO LONATI, il sig. ETTORE LONATI, il sig. DANILO COPPOLA, (per il tramite di FINPACO PROJECT s.p.a. e di TIKAL PLAZA s.a.); ciò nei tempi, nei modi e per le motivazioni indicati nell’Atto di accertamento” che è unito alla presente delibera della quale forma parte integrante e necessaria. Il patto è stato stipulato quantomeno in data 18.4.2005, con superamento della soglia rilevante ai sensi dell’art. 106, comma 1, del d. lgs. n. 58 del 1998, in data 19 aprile 2005”) non conferisce alcunché di significativo in ordine al giudizio sul valore probatorio di tale atto amministrativo, efficace ed esecutivo, e non oggetto di sospensiva da parte del giudice amministrativo. Né si può pretendere, come fanno gli intervenuti, che il giudice designato proceda ad un giudizio, incidenter tantum, sulla legittimità dell’atto dell’autorità amministrativa, allo scopo di disporne la disapplicazione, considerato che ciò è incompatibile con la natura del giudizio cautelare, a tacer d’altro circa la possibilità o meno per il terzo intervenuto di richiedere un simile giudizio nel silenzio della parte adiuvata.
In conclusione, è dimostrato che la deliberazione dell’assemblea ordinaria di Antonveneta del 30.4.2005 è stata adottata con il voto determinante di alcuni soci, i quali, secondo l’accertamento dell’autorità di vigilanza, erano paciscenti di un patto parasociale avente per oggetto l’acquisto concertato di azioni ordinarie della Antoniana e l’esercizio anche congiunto di un’influenza dominante sulla Banca stessa, nullo in quanto non comunicato ai sensi dell’art. 122 T.U.F.; considerato che l’art. 122 T.U.F. prevede quale ulteriore sanzione quella della sospensione dell’esercizio del diritto di voto, l’invalidità della deliberazione in parola discende dalla circostanza che le azioni dei paciscenti sono risultate determinanti sia in ordine alla determinazione del quorum costitutivo, sia in ordine alla votazione (c.d. prova di resistenza).

6. Periculum in mora
L’accertamento di questo presupposto, che ha trovato già trattazione nel provvedimento del 21.5.2005 (da intendersi richiamato in parte qua), deve necessariamente prendere le mosse dalla novità legislativa rappresentata dal d. lgs. 6/2003 che ha riformulato l’art. 2378 cod. civ.
È indubbio che il legislatore delegato nel riformulare la norma dell’art. 2378 cod. civ. abbia inteso far riferimento a tutte quelle preoccupazioni che la dottrina e la giurisprudenza avevano messo in evidenza in sede di valutazione dei «gravi motivi» di cui alla vecchia formulazione; ed infatti, nel farsi carico di ciò, il legislatore del 2003 ha positivizzato ed imposto al giudice di valutare comparativamente il pregiudizio che subirebbe il socio impugnante ove la sospensione non fosse concessa con quello che, invece, verrebbe a patire la società per effetto della concessione del provvedimento cautelare tipico.
Orbene, il giudizio posto alla base della valutazione comparativa compiuta nel provvedimento del 21.5.2005 (non contrastata dal curatore speciale della Banca Antonveneta), si arricchisce di un ulteriore elemento che vale da solo a risolvere il problema dell’individuazione dell’elemento del periculum.
Come già sopra affermato, sussiste la legittimazione della Consob sia ai fini dell’impugnativa ex art. 2377 cod. civ., sia per la tutela cautelare ex art. 2378 cod. civ.
Si tratta di una legittimazione che la migliore dottrina definisce «speciale, cioè in deroga a quella ordinariamente stabilita dall’art. 2377 cod. civ., a tutela di un interesse diverso da quello del socio dissenziente o astenuto»; questo interesse, nella fattispecie concreta di cui all’art. 122 T.U.F., «non è l’interesse sociale, ma un interesse che lo trascende a tal punto da assoggettare la società ad un’impugnativa della deliberazione anche quando la deliberazione è vantaggiosa ed è invece dannosa l’impugnazione, per fatti addebitabili non alla società, bensì al comportamento dei soci».
In altre, parole, l’interesse perseguibile dalla Consob attraverso l’impugnazione è espressione di esigenze di trasparenza del mercato e di correttezza della gestione societaria, della cui tutela l’autorità indipendente è investita.
Ne discende, quale corollario, che l’interesse del mercato ad una completa e corretta informazione prevale sull’interesse dell’impresa in sé considerato.
Questa soluzione interpretativa non è un’opzione priva di importanza giuridica: la previsione da parte del legislatore di un sistema normativo a tutela di un doppio interesse, quello particolare del socio assente o dissenziente, e quello più generale alla correttezza e alla trasparenza dei comportamenti riferiti alle vicende societarie (la cui specialità ed estraneità rispetto al primo sono comprovate dalla diversità del termine previsto per l’impugnazione), non può non determinare in subiecta materia l’attenuazione della misura del giudizio comparativo imposto dall’art. 2378 cod. civ., fino quasi a perdere di rilevanza giuridicamente apprezzabile la valutazione del pregiudizio che subirebbe la società dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione.
E questa conclusione, che il Giudicante intende seguire, trova la sua premessa nella tesi autorevolmente affermata in dottrina secondo la quale il potere di impugnativa riconosciuto dal T.U.F. alla Consob (e dal T.U.B. alla Banca d’Italia) è stato concepito non tanto in funzione di eliminare il vizio di un atto i cui effetti siano incompatibili in via diretta ed immediata con gli interessi di cui sono portatori i due organi di vigilanza, quanto, piuttosto, nella prospettiva di sanzionare comportamenti scorretti, così da fungere da vero e proprio deterrente per analoghi comportamenti.
Infatti, se la legislazione di settore e le particolarità in essa contenute rilevano come dati normativi che evidenziano sempre più una “marcata divaricazione di regime giuridico e di interessi protetti, pur nell’apparente uniformità tipologica” tra società disciplinate dal solo codice civile e società che sono assoggettate a norme speciali, non si può non sostenere che le norme generali — quelle contenute nel codice civile — ancorché di recente riformulazione, debbano impegnare l’interprete in uno sforzo esegetico allo scopo di assicurare la validità e l’efficacia di mezzi e forme di tutela a presidio di interessi extra societari.
Il venir meno del giudizio di comparazione nel caso di specie determina, quale ulteriore corollario, l’inutilità dell’audizione degli amministratori in funzione informativa nei termini sopra riferiti.

7. Sulla richiesta di modifica del decreto 21.5.2005
Il Curatore speciale di Antonveneta nella propria memoria di costituzione ha richiesto al Giudice la modifica del proprio provvedimento “in modo da escludere una sua possibile (e di fatto verificatasi) lettura riduttiva, quale provvedimento che si sia limitato a sospendere la nomina degli amministratori e sindaci, e non quale provvedimento che ha sospeso le deliberazioni assembleari del 30 aprile 2005, e che pertanto ha sospeso tutti gli effetti giuridici di quelle deliberazioni, sia quelli relativi alla ricostituzione dell’organo amministrativo e di controllo, sia quelli relativi alla cessazione dei vecchi amministratori e sindaci”. Questa richiesta è stata fatta propria dalla ricorrente ABN AMRO.
Orbene, la soluzione che viene sollecitata al Giudice designato postula la precisazione di alcuni principi.
Già nel decreto 21.5.2005 si è affermato che è possibile adottare un provvedimento di sospensione ex art. 2378 cod. civ. anche per le deliberazioni self-executing, ravvisando il fondamento logico-giuridico di tale soluzione nella considerazione secondo la quale non vi può essere una distinzione tra efficacia sostanziale della delibera e mera esecuzione della stessa; si è detto poi che al massimo potrebbe rappresentare un limite ostativo alla sospensione la circostanza che gli effetti, diretti e indiretti, della deliberazione si siano definitivamente esauriti.
Ed invero, se l’ammissibilità della sospensione della delibera dipende esclusivamente dalla sua perdurante efficacia sostanziale (di facile percezione nelle delibere di nomina degli organi sociali), e se, quindi, l’ambito sul quale va ad incidere il provvedimento cautelare, con tutte le conseguenze giuridiche di esso, deve essere determinato avendo riguardo agli aspetti sostanziali del negozio deliberativo, il risultato pratico del provvedimento cautelare che investa deliberazioni self-executing ovvero che abbiamo già avuto materiale esecuzione è la sospensione della “situazione effettuale che la volontà espressa della delibera è intesa a creare”.
Se così è, allora, la sospensione dell’efficacia della delibera non può che operare dal momento della sua produzione e cioè dal momento dell’adozione della deliberazione, perché si tratta di un’efficacia (e non di effetti) permanente e perdurante che non tollera soluzioni temporali.
Ne discende, quale conseguenza di legge, che, sospesa l’efficacia della deliberazione ab initio, risulta sospeso anche l’effetto della ricostituzione del consiglio di amministrazione (ai sensi dell’art. 2385, II co., cod. civ.) e del collegio sindacale (ai sensi dell’art. 2400, I co., cod. civ.).
Tuttavia, tale accertamento non può rappresentare oggetto del presente procedimento, attesa la tipicità e l’esclusività della misura cautelare prevista dall’art. 2378 cod. civ.

P.Q.M.

1. CONFERMA il provvedimento del 21.5.2005 con il quale è stata disposta la sospensione dell’efficacia della deliberazione dell’assemblea ordinaria dei soci della BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA s.p.a. tenutasi il 30 aprile 2005, con la quale è stato nominato il nuovo consiglio di amministrazione, nelle persone dei signori Giustina Mistrello Destro, Mario Bonsembiante, Tommaso Cartone, Zeno Soave, Gianpiero Fiorani, Romeo Chiaretto, Mario Moretti Polegato, Paolo Sinigaglia, Antonio Aiello, Giovanni Benevento, Arturo Lattanti, Alfredo Bianchini, Vendemmiano Sartor, Gianfranco Macchini e Alberto Varett, e il nuovo Collegio sindacale, nelle persone dei signori Gianandrea Gioisis, Guido Penso, Stefano Burighel, Gianni Cagnoni e Alberto Dalla Libera.

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