il diritto commerciale d’oggi
    IV.4– aprile 2005

STUDÎ & COMMENTI

 

RICCARDO BENCINI
Riflessioni sulla fase introduttiva del nuovo processo societario: esigenza di celerità e tutela del diritto di difesa (1)

SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. Instaurazione del procedimento, costituzione delle parti e strategia processuale. — 3. Mutamento di rito: preclusioni probatorie e rimessione in termini. — 4. Istanza di fissazione di udienza: dichiarazione di ammissibilità e profili di incostituzionalità. — 5. Consulenza tecnica d’ufficio ed esigenza di celerità. — 6. Considerazioni conclusive.

1. Introduzione.
   I provvedimenti in esame rappresentano alcune recenti applicazioni del nuovo modello processuale, disciplinato, come noto, dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5 (2), ed in vigore, assieme alla riforma del diritto societario (3), dal 1° gennaio 2004.
   Il decreto appena menzionato contiene numerose e significative soluzioni contemplate nel progetto, predisposto dalla c.d. Commissione Vaccarella, per la riforma del processo civile, a tal punto da essere considerato come una sorta di prova generale per il nuovo contenzioso civile. Comunque e come già osservato (4), l’art. 1 del citato decreto sembra conferire alle controversie di tipo societario una peculiare fisionomia processuale, così come l’art. 409 c.p.c. individua lo specifico ambito di applicazione del rito del lavoro. La finalità del nuovo modello processuale appare poi la medesima di quella ispiratrice il rito del lavoro: la rapida ed efficace definizione dei procedimenti (5).
   Proprio per questo il legislatore ha previsto due fasi essenziali: l’una caratterizzata dal diretto contraddittorio fra le parti chiamate a delineare e precisare il thema decidendum e probandum; l’altra indotta a seguito dell’istanza di fissazione di udienza spiegata dalla parte interessata, tesa invece alla discussione, istruzione e decisione della lite. Conseguentemente, la citazione non è più strutturata con l’invito a comparire ad udienza fissa, ma contiene adesso l’indicazione di un termine, previsto dalla legge solo nella durata minima, entro il quale il convenuto deve predisporre e notificare all’avversario il proprio atto difensivo. Segue poi uno scambio di scritture preparatorie tra le parti, fino a quando non è spiegata, dalla parte più diligente, l’istanza di fissazione di udienza collegiale.
   In breve, le parti (e quindi i loro difensori) hanno il pieno dominio sulla gestione della fase introduttiva del nuovo processo societario. Il legislatore, giova osservare, ha così introdotto un modello in netta controtendenza rispetto alle discipline processuali di altri Paesi (6), ove è prevalente la presenza ed il potere di direzione del giudice, correndo il rischio quindi di vedere trasformato il processo in un gioco, dove purtroppo può risultare vincitore non la parte che ha ragione, ma colui che ha mostrato sul terreno di scontro maggiore abilità (7).
   Senza ambizione di esaurire il tema, ma solo di fornire qualche spunto di riflessione, cerchiamo qui, illustrando alcuni profili fondamentali della fase introduttiva del nuovo modello processuale, di mostrare come la scelta strategica impostata ab initio dal difensore e variabile in itinere, costituisca punto cardinale e chiave di lettura delle singole regole del procedimento.

2. Instaurazione del procedimento, costituzione delle parti e strategia processuale
   Il primo “contatto” delle parti con il giudice, salvo casi particolari (8), avviene, come abbiamo già anticipato, a seguito della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza ex art. 8 d. lgs. n. 5/2003. Infatti, decorsi dieci giorni dal deposito dell’istanza di fissazione dell’udienza, il cancelliere presenta al presidente del tribunale il fascicolo d’ufficio contenente tutti gli atti ed i documenti depositati dalle parti. Il presidente provvede quindi alla designazione del giudice relatore, il quale, entro cinquanta giorni dalla designazione, deposita in cancelleria il decreto di fissazione di udienza collegiale ai sensi dell’art. 12 comma 2.
   L’organo giudicante, come è stato osservato (9), sembra assumere la veste di ospite d’onore cui riservare le portate più importanti, evitandogli la sequenza degli antipasti ritenuti evidentemente non gustosi ma defatiganti. Incombe allora alle parti instaurare il dialogo processuale preparatorio, ben consapevoli che le preclusioni dipendono – sotto un profilo temporale – dalla condotta e dalla strategia utilizzata.
   In sintesi, e senza pretesa di completezza (10), questa la fase iniziale prevista dal nuovo rito: parte attrice notifica atto di citazione al convenuto, provvedendo poi al deposito dell’atto introduttivo e dei documenti ad esso allegati presso la cancelleria del giudice competente, entro dieci giorni dalla notificazione. In caso di pluralità di convenuti, il termine per la costituzione decorre dall’ultima notificazione ex art. 3, comma 2. L’attore assegna in citazione al convenuto un termine, non inferiore a sessanta giorni dalla notificazione, per la notifica al difensore dell’attore della comparsa di risposta. Qualora il termine assegnato sia omesso o inferiore, esso viene fissato per legge in sessanta giorni.
   Per converso, il convenuto provvede a redigere e notificare la propria comparsa di risposta all’attore, assegnando allo stesso un termine non inferiore a trenta giorni dalla notificazione per eventuale replica. Specularmente, il legislatore prevede che in caso di omessa o insufficiente indicazione, il termine sia comunque di trenta giorni (art. 4, comma 2). Il convenuto deve poi costituirsi in cancelleria entro dieci giorni dalla notifica della comparsa di risposta, ovvero dalla scadenza del termine di cui all’art. 3, comma 2.
   Negli atti introduttivi devono essere indicati il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronica presso cui il difensore dichiara di voler ricevere le comunicazioni e le notificazioni nel corso del procedimento. Tale rilevante novità mostra la peculiare dinamicità del nuovo modello processuale, già predisposto per il processo civile telematico (11).
   Merita segnalare, sotto un profilo di strategia processuale, come il convenuto, in assenza di formulazione di domande riconvenzionali, di eccezioni non rilevabili d’ufficio e di chiamata in causa di terzi, possa notificare all’attore l’istanza di fissazione dell’udienza a partire «dalla data della propria costituzione in giudizio, ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare, ovvero dalla scadenza del relativo termine» (art. 8, comma 2, lett. c). In altri e più chiari termini, qualora il convenuto — in presenza dei suddetti presupposti — riuscisse a predisporre una comparsa esaustiva, corredata di tutti i documenti necessari, ben potrebbe, subito dopo la propria costituzione in giudizio, notificare all’attore l’istanza di fissazione di udienza, impedendo conseguentemente a controparte di «proporre nuove eccezioni, di precisare o modificare domande o eccezioni già proposte, nonché di formulare ulteriori istanze istruttorie e depositare nuovi documenti» (art. 10, comma 2). In presenza di una citazione scarna, predisposta ad esempio con l’intenzione di completare nel corso del procedimento il supporto documentale, è di tutta evidenza il pregiudizio che potrebbe subire parte attrice, costretta ad assistere alla cristallizzazione della propria posizione giuridica.
   In buona sostanza e seguendo tale strategia, controparte potrebbe venir colta di sorpresa e lo sbarramento attivato dal convenuto potrebbe precluderle la possibilità di completare e rafforzare le proprie difese (sul punto v. infra §5). Una delle molteplici linee difensive utilizzabili del convenuto potrebbe quindi consistere nell’attuare il consiglio che in una nota canzone veniva dato a Piero che andava a fare la guerra: colpire ora, per evitare di essere colpiti più duramente dopo (12).
   Altrimenti la fase preparatoria può proseguire con la memoria di replica dell’attore notificata al convenuto, con una seconda memoria difensiva del convenuto, con una ulteriore replica da parte dell’attore e conseguente controreplica del convenuto, così come analiticamente previsto dagli artt. 6 e 7 d. lgs. n. 5/2003.
   Giova evidenziare come ciascun atto sia comunque connesso ad un determinato sviluppo della trattazione scritta e pur sempre rimesso alla tattica difensiva scelta da ciascuna parte (13). Ancora una volta, risulta quindi fondamentale in questa fase processuale — ove, ricordiamo, la figura del giudice è espunta — l’impostazione strategica adottata dalle parti.

3. Mutamento di rito, preclusioni probatorie e rimessione in termini
   Può accadere che il difensore dell’attore, nonostante l’oggetto della controversia sia contemplato dall’art. 1, predisponga l’atto introduttivo inserendo erroneamente l’invito a comparire ad udienza fissa. Viene dunque avviata una causa con rito ordinario al posto di quello speciale (14).
   In questo caso il legislatore ha previsto (art. 1, comma 5) il mutamento di rito e la cancellazione della causa a ruolo (15). Il convenuto può dunque decidere di costituirsi all’udienza di prima comparizione eccependo l’errore di controparte nel rito prescelto (16). Atteso che «dalla comunicazione dell’ordinanza decorrono, se emessa a seguito dell’udienza di prima comparizione, i termini di cui all’articolo 6 ovvero, in ogni altro caso, i termini di cui all’art. 7; restano ferme le decadenze già maturate» egli può, una volta emanata l’ordinanza di mutamento di rito — sempre alla luce della sopra indicata linea strategica — notificare all’attore l’istanza di fissazione di udienza, paralizzando ogni ulteriore avversa attività.
   Tale comportamento processuale appare peraltro conforme al dettato normativo, così come confermato dalla seconda massima del primo provvedimento in epigrafe. La barriera sollevata con rapidità dal convenuto può dunque fortemente ostacolare il diritto di difesa di controparte. D’altronde, se a seguito della conversione dal rito ordinario a quello societario decorrono i termini di cui all’art. 6 e 7, ciò significa che gli atti introduttivi (id est citazione e comparsa di risposta) non richiedono rinnovazione e modifica alcuna per valere nel rito societario (17).
   Merita tuttavia segnalare come l’errore nell’individuazione del rito possa essere considerato, alla luce di quanto statuito nella quarta ordinanza in esame, quale irregolarità procedimentale, legittimante l’accoglimento della richiesta di rimessione in termini ex art. 13, comma 5, e quindi consentire alla parte attrice di articolare le proprie difese e richieste istruttorie. Condivisibile appare d’altronde la motivazione del giudice relatore, il quale evidenzia come i) se la parte avesse scelto il rito corretto, verosimilmente avrebbe dedotto, fin dall’atto introduttivo, i mezzi di prova ritenuti utili e ii) non sia volontà del legislatore riconnettere all’errore nel rito conseguenze negative per l’autore dello stesso. In questo caso il diritto di difesa assume quindi una posizione privilegiata a scapito della primaria esigenza ispiratrice del modello processuale in esame, quella cioè di celerità.

4. Istanza di fissazione di udienza: dichiarazione di ammissibilità e profili di incostituzionalità
   L’istanza di fissazione di udienza trova espressa disciplina negli artt. 8, 9, 10 e 11. In particolare, l’art. 8 indica, fra l’altro, i casi in cui l’istanza può essere notificata dall’attore, dal convenuto e dal terzo. In questa sede la disamina è tuttavia limitata all’ipotesi prevista dal comma 2, lettera c) dell’art. 8 [id est «il convenuto può notificare alle altri parti istanza di fissazione di udienza, entro venti giorni(…) c) al di fuori dei casi precedenti, dalla data della propria costituzione in giudizio, ovvero dalla data della notifica dello scritto difensivo delle altre parti al quale non intende replicare ovvero dalla scadenza del relativo termine»].
   Come più volte evidenziato, a seguito della notificazione dell’istanza di fissazione di udienza, si interrompe lo scambio di memorie tra le parti, instaurandosi la fase processuale apud iudicem. Soltanto tramite l’istanza, il giudice può infatti prendere piena conoscenza della materia del contendere (18) e provvedere conseguentemente all’emanazione del decreto di fissazione di udienza collegiale ex art. 12 .
   L’istanza di fissazione di udienza delinea al tempo stesso un confine oltre il quale non è più possibile per le parti proporre nuove eccezioni, precisare o modificare domande o eccezioni già proposte, formulare ulteriori istanze istruttorie e depositare nuovi documenti (art. 10, comma 2).
Giova peraltro precisare come «la decadenza può essere dichiarata soltanto su eccezione della parte interessata, da proporsi nella prima istanza o difesa successiva a norma dell’art. 157 del codice di procedura civile» (19) (art. 10, comma 2). Il che rappresenta, come rilevato (20), il punto maggiormente innovativo della disciplina sulle preclusioni, consentendo alle parti di attribuire o meno rilievo al vizio.
   Come ricordato in precedenza (§ 2), il modello processuale in esame consente al convenuto che non abbia svolto domande riconvenzionali, sollevato eccezioni non rilevabili d’ufficio, né chiamato in causa terzi, di notificare all’attore l’istanza nel momento immediatamente successivo alla propria costituzione in giudizio, senza dover quindi attendere la replica di controparte. L’attore viene così rinchiuso nel recinto delle preclusioni di cui all’art. 10, comma 2. Neppure le note di cui al primo comma del medesimo articolo possono essere di aiuto: è infatti impedito alle parti di modificare, con tali note, le proprie istanze e conclusioni di rito e di merito già proposte.
   Sembra dunque configurarsi, almeno per alcuni autorevoli autori (21), un’evidente violazione del diritto di difesa, a tal punto da suscitare perplessità sulla conformità della norma in questione all’art. 24 della nostra Carta Costituzionale. E a questo proposito giova ricordare come il comportamento assunto dal convenuto sia comunque perfettamente conforme al dettato normativo, riflesso pedissequamente nei primi provvedimenti presidenziali (cfr. provv. n. I e III); pertanto l’istanza di fissazione di udienza notificata nell’immediatezza della costituzione in giudizio non è neppure sanzionabile con la dichiarazione di inammissibilità di cui all’art. 8, comma 5, trattandosi di ipotesi espressamente stabilita dalla norma.
   Il vulnus al diritto di difesa dell’attore ha indotto quindi alcuni difensori a sollevare la questione di legittimità costituzionale ritenendo violati gli artt. 24 e 3 Cost.. Sul punto, a quanto consta (22), non si è ancora pronunciato alcun giudice.
   Occorre però ricordare come sino ad oggi le numerose istanze spiegate al presidente del tribunale al fine di ottenere la dichiarazione giudiziale di inammissibilità dell’istanza siano state integralmente respinte, e proprio per i motivi sopra esposti. In merito invece alla suddetta eccezione di incostituzionalità, possiamo sottolineare come nei provvedimenti indicati in epigrafe il presidente del tribunale dichiari al riguardo la propria incompetenza, ritenendo tale materia oggetto di delibazione del collegio.
   Cercando di fornire un’interpretazione del decreto in esame conforme alle norme costituzionali relative al diritto di azione e difesa, parte della dottrina sostiene che se il convenuto nella comparsa svolge difese cui l’attore può replicare con attività processuali precluse in virtù dell’art. 10, comma 2, è necessario che sia assegnato il termine per la memoria ex art. 6; ed il convenuto deve sempre attendere, per proporre istanza di fissazione, il decorso del periodo che l’attore ha per replicare, non potendo quindi mai utilizzare, per la proposizione dell’istanza di fissazione, il termine di venti giorni dalla propria costituzione di cui all’art. 8, comma 2, lett. c). (23)Altri autori ritengono invece non sussistente il dubbio di costituzionalità della disposizione in esame per presunta violazione dell’art. 24 Cost., basandosi sulla conformità e coerenza della previsione normativa al complessivo sistema del rito societario (24). In questa ultima prospettiva viene sottolineato che non può configurarsi alcuna violazione del diritto di difesa in quanto ciascuna parte — ove conosca correttamente le dinamiche del processo — sa bene che da un momento all’altro potrebbe subire gli effetti preclusivi dell’istanza di fissazione di udienza (25).
   Tale impostazione sembra trovare il proprio fondamento nella volontà del legislatore, il quale ben può predisporre strutture processuali che impongano — come nel rito del lavoro — l’immediata propalazione delle domande e dei mezzi istruttori, al fine di perseguire l’obiettivo primario della rapidità e della concentrazione dei giudizi.
   Alle medesime considerazioni sembra essere giunto recentemente il Tribunale di Ivrea (26) in materia di nullità della citazione per incompleta indicazione dell’editio actionis. L’organo giudicante ha infatti ritenuto inapplicabili, nel nuovo rito societario, i rimedi previsti per sanare le nullità della citazione. La regressione del processo alla fase preparatoria produrrebbe, ad avviso del tribunale, un’ingiustificata compressione della posizione del convenuto che avesse deciso di chiedere, con l’istanza di fissazione dell’udienza, la pronuncia del giudice: ciò risulterebbe dunque in palese contrasto con la ratio del rito speciale. L’esigenza di celerità assume quindi al riguardo un ruolo preminente.
   Segnaliamo come il recentissimo intervento del legislatore abbia consentito l’inserimento, nell’art. 10, del comma 2- bis, secondo cui «la notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza rende pacifici i fatti allegati dalle parti ed in precedenza non specificatamente contestati».
   Sembra allora configurarsi un’estensione del campo di applicazione della ficta confessio, attualmente prevista per il processo contumaciale (art. 13, comma 2). Secondo i primi commentatori, questo intervento legislativo avrebbe proprio la specifica finalità di superare i ricordati dubbi di legittimità costituzionale, sollevati per disparità di trattamento (27).
   È tuttavia indubbio come nel caso in cui il convenuto decida con astuzia di ampliare in comparsa l’oggetto del processo, proponendo poi con celerità l’istanza di fissazione di udienza, debba essere assicurato all’attore il giusto diritto di replica (28).
   Indipendentemente dalla fondatezza delle sovra esposte oscillazioni del pendolo, appare comunque fondamentale in questa fase il ruolo rivestito dal difensore, il quale, in assenza del giudice guardiano, deve essere sempre pronto — nella propria officina forense — a forgiare con rapidità atti il più possibile completi, al fine di evitare di rimanere inchiodato alle proprie omissioni.

5. Consulenza tecnica d’ufficio ed esigenza di celerità
Il provvedimento in epigrafe n. V merita di essere segnalato in quanto prevede l’ingresso, nel nuovo rito, della consulenza tecnica di ufficio. Nel caso di specie, la materia del contendere si connota per peculiare ed elevato tecnicismo (id est: intermediazione finanziaria); condivisibile appare pertanto la scelta compiuta dal giudice relatore di utilizzare, ove il supporto documentale prodotto si riveli insufficiente a chiarire gli aspetti (tecnici) essenziali per la risoluzione della vicenda, lo strumento della consulenza d’ufficio.
   D’altronde, è noto come la consulenza tecnica d’ufficio possa costituire fonte oggettiva di conoscenza tutte le volte in cui operi come strumento di accertamento di situazioni di fatto rilevabili esclusivamente attraverso il ricorso a determinate cognizioni tecniche. Ed è altrettanto noto come tale strumento istruttorio, sottratto alla disponibilità delle parti e rimesso alla discrezionalità del giudice, incontri il limite del divieto di servirsene per sollevare le parti dal rispettivo onus probandi (29).
   Nel caso di specie il consulente, come si può evincere dal decreto di fissazione di udienza, è dunque chiamato ad accertare i) la effettiva provenienza dal mercato dei titoli in contestazione e ii) gli elementi in possesso della banca per valutare vuoi il grado di propensione al rischio del cliente, vuoi il grado di rischio del prodotto intermediato. E tutto ciò, si noti, al fine di comprendere l’adeguatezza dell’investimento proposto e la rilevanza dell’informazione fornita dall’intermediario. Un’attività quindi, indubbiamente complessa e per l’effetto realizzabile in un arco di tempo sicuramente non breve.
   Vi è allora da chiedersi come tale strumento processuale possa interagire nel nuovo rito societario, rispettando la nota ed ispiratrice esigenza di celerità.
   All’organo giudicante è indubbiamente attribuito non soltanto il compito di setacciare con ponderazione le richieste di c.t.u., respingendo quelle eminentemente esplorative, ma altresì quello di coordinare i tempi di studio del processo, quelli di discussione ed istruzione della causa al fine di renderli «ragionevoli» e «compatibili» con il sistema complessivo del nuovo rito (30).
   Possiamo comunque rilevare come la possibilità di ammettere una c.t.u., espressa dal giudice relatore nel proprio decreto, non permetta de plano l’ingresso nel processo della consulenza tecnica in discorso.È infatti necessario che la decisione di disporre la consulenza tecnica d’ufficio ottenga il placet del collegio ai sensi dell’art. 16, comma 4.

6. Considerazioni conclusive
   Riassumendo, possiamo osservare a conclusione della presente disamina che:
   a) il legislatore ha introdotto un modello processuale teso ad assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti;
   b) la fase preparatoria del nuovo rito societario è rimessa all’esclusiva gestione delle parti, le quali, senza la collaborazione dell’intervento del giudice, definiscono il thema decidendum e probandum;
   c) il sistema delle preclusioni è conseguentemente assoggettato all’iniziativa delle parti ed è quindi destinato a mutare in relazione alla strategia impostata;
   d) ogni parte ha quindi la possibilità di accelerare lo svolgimento del processo, rinunciando all’utilizzazione dei termini di cui è beneficiaria;
   e) per l’effetto, la parte è indotta a redigere i propri atti nel modo più completo possibile, non conoscendo a priori la tattica difensiva dell’avversario;
   f) si esalta dunque la responsabile valutazione del difensore in merito alla maturità della controversia ovvero all’opportunità di cogliere di sorpresa controparte qualora questa non abbia articolato in modo efficace la propria strategia di attacco o di difesa (31);
   g) l’attività dell’avvocato nel processo societario implica quindi lo studio di scelte sofisticate nelle strategie difensive; tattiche a «geometria variabile» (32) all’interno del procedimento e pur sempre elaborate sulla base del singolo caso concreto, sulla falsariga di un abito di sartoria;
   h) il giudice è chiamato a studiare la causa solo al momento della preparazione del decreto di fissazione di udienza, con evidente risparmio di tempo ed energie;
   i) il giudice conserva la pienezza dei suoi poteri; l’esercizio degli stessi viene soltanto spostato in avanti rispetto a quanto non accada nel sistema oggi vigente (33).
   Pur rimanendo valido il principio secondo cui «non è mai esistita legge processuale tanto cattiva da impedire la realizzazione di un buon processo e, viceversa non è mai esistita una legge tanto buona da impedire, nella prassi, un processo cattivo» (34), si evidenzia al riguardo il rischio che:
   I. l’attività svolta dalle parti nella fase preparatoria potrebbe essere vanificata qualora il giudice, al momento della redazione del decreto di fissazione di udienza, dovesse rilevare un questione di rito o di merito, quale a titolo esemplificativo, competenza, giurisdizione, interesse ad agire (sulla quale poi le parti dovranno giocoforza interloquire);
   II. la necessità di predisporre atti completi, al fine di evitare di essere colti di sorpresa dall’avversario, potrebbe indurre il difensore a confezionare atti fortificati a tal punto da presentare argomentazioni tra loro contraddittorie e/o del tutto inutili;
   III. interpretare lo svolgimento della fase preparatoria in modo anelastico potrebbe alterare dimensioni fondamentali della giustizia quali «time, cost and accuracy» (35).
   In conclusione, risulta evidente come la fase introduttiva del nuovo rito attribuisca al difensore il ruolo di assoluto protagonista, onerandolo di elevate responsabilità.È dunque auspicabile una sempre più stretta collaborazione tra classe forense e classe giudiziaria affinché il processo possa realmente servire alla giustizia, evitando così la nota equiparazione «processo e giuoco, carte bollate e carte da giuoco» (36).

Note

   (1) Il presente lavoro, pubblicato anche sulla rivista Il Foro Toscano, è dedicato a YOGESH KUMAR GUPTA e SHAILEE ARYA.

   (2) Decreto Legislativo 17 gennaio 2003, n. 5. Definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell’art. 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366; modificato dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2004, n. 37, Modifiche ed integrazioni ai decreti legislativi numeri 5 e 6 del 17 gennaio 2003, recanti la riforma del diritto societario, nonché al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo n. 385 del 1° settembre 1993, e al testo unico dell’intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998, integrato e corretto con il Decreto Legislativo 28 dicembre 2004 n. 310.

   (3) Decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366, successivamente corretto con l’errata corrige pubblicata in G.U. 4 luglio 2003, n. 153, modificato dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2004, n.37, integrato e corretto con il Decreto Legislativo 28 dicembre 2004 n. 310.

   (4) R. BENCINI, La tutela cautelare nel nuovo processo societario: brevi riflessioni, in www.dircomm.it.

   (5) Al riguardo, si segnala come il Tribunale di Latina, con sentenza 22 giugno 2004 n. 1917 (inedita), abbia definito – con rito abbreviato disciplinato dall’art. 24 d. lgs. n. 5/2003 – la controversia ad esso devoluta in meno di tre mesi dall’introduzione del giudizio. Vedasi amplius R. MAZZEI, Nuovo processo senza proroghe in Il Sole 24 ore, 11 agosto 2004. Si evidenzia altresì come al 30 giugno 2004 in Italia risultavano pendenti 8.942.932 processi, di cui 3.365.000 civili e 5.580.000 penali. Nel 2003, è stato stimato in 872 giorni il tempo necessario per concludere una controversia civile innanzi al Tribunale. Cfr. amplius G. NEGRI, Otto anni per il civile, cinque al penale, processi avanti al passo di «lumaca» in Guida al dir., 2005, 3, pp. 12 ss. In merito alla durata del processo connessa anche all’attività del giudice e dell’avvocato, vedasi G. SCARSELLI, La ragionevole durata del processo civile, in Foro it., 2003, V, col. 126 ss.

   (6) Le recenti modifiche introdotte in materia processuale negli Stati Uniti (Case Management) ed in Inghilterra (Lord Woolf) presentano proprio la caratteristica di ridurre la portata della discovery, e la gestione delle parti della fase pre trial, con conseguente ampliamento dei poteri del giudice. Sul punto, cfr. amplius S. CHIARLONI, Relazioni tra le parti i giudici e i difensori, in Riv. dir. proc. 2004, I, pp. 25 ss; C. CEA, La bozza Vaccarella tra dubbi e perplessità, in Foro it., 2003, V, col. 151 ss e A. DONDI, Complessità ed adeguatezza nella riforma del processo societario - Spunti minimi di raffronto comparato in Riv. dir. e proc. civ. 2004, I, pp. 137 ss. ove si afferma in particolare che «la configurazione della fase introduttiva e in ogni caso preparatoria del nuovo procedimento societario italiano appare molto lontana dalle modalità generalmente adottate negli ordinamenti da tempo attrezzatisi al riguardo allo scopo di realizzare efficacemente finalità di trattazione e di istruzione probatoria efficaci in questo genere di controversie; e ciò proprio sotto il profilo del ruolo, invece in larga prevalenza molto attivo e rilevante, nonché tendenzialmente manageriale, attribuito al giudice specie nella fase preparatoria di questo tipo di controversie.».

   (7) In questo senso vedasi S. CHIARLONI, Relazioni tra le parti i giudici e i difensori, cit., pp. 31 ss.

   (8) Si consideri ad esempio l’ipotesi prevista dall’art. 8, comma 5, d. lgs. n. 5/2003 in tema di inammissibilità dell’istanza di fissazione di udienza.

   (9) M. FABIANI, La partecipazione del giudice al processo societario in Riv. dir. proc. 2004, I, p. 156.

(10) In merito alla fase preparatoria del nuovo rito societario, v. amplius M. GIORGETTI, Fase introduttiva e fissazione dell’udienza nel processo societario, in www.judicium.it; A. CARRATTA, in AA.VV. Il nuovo processo societario a cura di S. CHIARLONI, Torino, 2004 e G. ARIETA – IETAE SANTIS, Diritto processuale societario, Padova, 2004.

   (11) Si veda all’uopo il decreto ministeriale del 14 ottobre 2004 Regole tecnico – operative per l’uso degli strumenti informatici e telematici nel processo civile.

   (12) Tale espressione è utilizzata da L. STANGHELLINI, La struttura economica delle rimesse bancarie, in AA.VV., La revocatoria delle rimesse bancarie, Quaderni Cesifin, Torino, 1999.

   (13) Così A. DIDONE, Appunti sul nuovo processo societario di cognizione (con l’ausilio del «commento anticipato» del Mortara e del Ricci), in Giur. it., 2003, pp. 1978 ss.

   (14) Si evidenzia a titolo esemplificativo, come a Roma nel primo semestre 2004, su 174 cause da svolgersi secondo il nuovo modello processuale, ben 30 sono state avviate erroneamente, mentre a Palermo 18 su 54. Sul punto v. amplius M. BELLINAZZO– LLINARTA, Processo societario, debutto difficile in Il Sole 24 Ore, 17 gennaio 2005.

   (15) In ordine al mutamento di rito, v. amplius D. BUONCRISTIANI, Profili sistematici e problemi pratici del nuovo rito speciale societario, in www.judicium.it

   (16) In materia di mutamento di rito ed opposizione a decreto ingiuntivo nel nuovo processo, si segnala Trib. L’Aquila, 16 aprile 2004, in Foro it., 2004, I, pp. 1922 ss. ed amplius Trib. L’Aquila, 2 luglio 2004 in Le Società, 2005, 2, pp. 241ss.

   (17) In questo senso anche A. RONCO, Opposizione a decreto ingiuntivo, istanza ex art. 648 c.p.c. e conversione del rito da ordinario a societario (si salvi il salvabile) in Giur. it. 2004, 11, pp. 2100 ss.

   (18) Si ricorda a tal proposito R. TISCINI, Commento all’art. 10 in AA.VV., La riforma delle società, Il processo, a cura di B. SASSANI, Torino, 2003, p. 109 che afferma che: «L’istanza di fissazione di udienza rappresenta il “giro di boa” del processo: con essa – dopo il più o meno intenso scambio di scritti difensivi tra le parti (atto di citazione, comparsa di risposta, repliche dell’attore, controrepliche del convenuto, seconde repliche e controrepliche, e così via) – il gioco passa al giudice.».

   (19) In ordine ai problemi interpretativi concernenti tale disposizione, v. E. PICARONI, La riforma del diritto societario, i procedimenti (d. lgs. 17 gennaio 2003 n.5) a cura di G. LO CASCIO, Milano, 2003, pp. 118 ss.

   (20) R. TISCINI, Commento all’art. 10 cit, pagg. 115 ss.

   (21) Cfr. A. CARRATTA, in AA.VV. Il nuovo processo societario, cit. pp. 260 ss. e TRISORIO LIUZZI, Il nuovo rito societario: il procedimento di primo grado davanti al tribunale, in www.judicium.it, che rileva come «non sembra rispettoso del principio di difesa sancito dall’art. 24 Cost. non consentire all’attore di replicare non solo alle difese del convenuto (difese che ben potrebbero far sorgere l’interesse a sollevare eccezioni, a formulare domande, a chiamare in causa terzi, a chiedere mezzi di prova in precedenza non indicati, a produrre documenti), ma anche e ancor più alle eccezioni rilevabili d’ufficio sollevate dal convenuto.». All’uopo, si evidenzia come «il vulnus al diritto di difesa dell’attore è tanto più vasto, quanto più ampia è la fascia delle eccezioni rilevabili d’ufficio», così M. FABIANI, La partecipazione del giudice al processo societario, cit., pag. 166. Cfr. amplius C. CECCHELLA, Il nuovo rito ordinario per le liti societarie: un’anticipazione della riforma del processo civile, in www.judicium.it, secondo cui: « la possibilità che, per l’iniziativa dell’altra parte, la preclusione maturi nella sua interezza e per tutte le possibili difese (domande, allegazioni e prove) con l’atto introduttivo, rischia di soffocare in modo eccessivo la difesa in relazione a fattispecie governate dal principio di atipicità, quali sono quelle destinate al rito in esame (a differenza dei riti speciali del lavoro e delle locazioni, rivolte a contratti fortemente tipizzati.)» e G. ALPA - PA EALLETTO, Processo, arbitrato e conciliazione nelle controversie societarie, bancarie e del mercato finanziario, Milano, 2004, pp. 66 ss.

   (22) Si segnala , sotto diverso profilo, Trib. Brescia, 18 ottobre 2004, in Le Società, 2005, 1, pp. 85 ss ove si statuisce che “non è manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale del d. lgs. n.5/2003, limitatamente al titolo II, capo I, agli artt. 2 -17, in relazione agli artt. 3, 76, 97 e 111, primo e secondo comma, Cost.”.

   (23) In questo senso D. AMADEI - ADEIOLDATI, Il processo societario, Milano, 2004, pp. 22 ss.

   (24) Così G. ARIETA – IETAE SANTIS, Diritto processuale societario, cit. pp. 166 ss., ove si afferma che: «la ratio della previsione che consente al convenuto che svolga soltanto mere difese di «bloccare» il «gioco» delle allegazioni difensive al momento della comparsa di risposta è conforme e coerente al complessivo sistema del rito societario, che spinge le parti (e, nel caso di specie, l’attore) alla massima completezza possibile degli atti introduttivi. Il diritto di replica dell’attore sorge solo in caso di allargamento, da parte del convenuto, del thema decidendum (con proposizione anche di una sola eccezione atta a produrre tale effetto), in quanto funzionale alle possibili controdifese dell’attore, e, in specie, alla possibilità di proporre nuove domande e nuove eccezioni conseguenziali alle difese del convenuto. Quando, invece, non si verifica alcun allargamento del thema decidendum, la replica dell’attore può essere adeguatamente contenuta nella nota conclusionale di cui all’art. 10, primo comma, del decreto legislativo.».

   (25) In questo senso R. TISCINI, Commento all’art. 10 cit, p. 116.

   (26) Trib. Ivrea, 1° dicembre 2004, in D&G, 2005, 2, pp. 18 ss. ove si statuisce che “Nel nuovo rito societario, notificato al convenuto con atto di citazione nullo per incompleta indicazione della editio actionis, se il convenuto eccepisce immediatamente la nullità, chiedendo contestualmente la fissazione dell’udienza, il vizio dell’atto introduttivo resta cristallizzato, e l’attore non può più rinunziarvi, salva rinunzia dell’altra parte all’eccezione”.

   (27) Cfr. L. TRICOMI, Estesa l’operatività del «ficta confessio» quando non ci sono contestazioni fra le parti in Guida al dir., 2005, 3, pp. 46 ss.; e sul punto vedasi anche la Relazione Governativa al decreto legislativo 310/2004, ove si afferma che «l’art. 4 modifica l’art. 10 del citato decreto, estendendo la regola della presunzione legale di utilizzabilità dei fatti non contestati (attualmente prevista solo per il processo contumaciale all’art. 13, comma 2) a tutte le ipotesi in cui la notificazione dell’istanza di fissazione dell’udienza interrompa lo scambio delle memorie tra le parti costituite.».

   (28) In questo senso v. G. ARIETA, Tra le parti decisivo il gioco d’anticipo, in Il Sole 24 Ore, 17 gennaio 2005 ove si afferma che:«il diritto di replica dell’attore sorge (ed è sacrosanto) solo in caso di allargamento, da parte del convenuto, dell’oggetto del processo.».

   (29) Così, ex multis, Cass. 8 gennaio 2004, n. 88, in Mass. Giur. it., 2004; Cass. 9 ottobre 1998, n.10063, ivi, 1998.

   (30) A tal proposito, cfr. E. RIVA CRUGNOLA, Le attività del giudice nel nuovo «processo societario» di cognizione di primo grado: fissazione dell’udienza, istruzione, fase decisoria in Le Società, 2003, 6, pag. 791.

   (31) In questo senso A. PROTO PISANI, La nuova disciplina del processo societario (note a prima lettura), in Foro it., 2003, V, col. 1 ss.

   (32) Così in punto di preclusioni A. CARRATTA, Il ruolo del giudice e delle parti nella fase preparatoria e le prospettive di riforma del processo civile, in Giur. it. 2004, pp. 1765 ss.

   (33) In questo senso A. PROTO PISANI, Intervento breve sulla giustizia civile in Foro it. 2004, 5.

   (34) Così riportato da A. PROTO PISANI, Verso la riforma del c.p.c.? Prospettive di un tema di processi a cognizione piena e sommaria in un recente disegno di legge delega in Foro it. 1981,V, col. 226.

   (35) Cfr. A. DIDONE, Il nuovo processo societario di cognizione e la Corte Europea dei diritti dell’uomo in Giur. it. 2004, 3, pag. 489 e A. C. REYNOLD, Dimensions of Justice in Italy: a Pratical Review, in Global Jurist Advances, Iussue 2, 2003, in www.bepress.com.

   (36) Così CALAMANDREI, Il processo come giuoco in Riv. dir. proc., 1950, I , p. 51.

 

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