il diritto commerciale d’oggi
    III.5 – maggio 2004

STUDÎ E COMMENTI

 

RICCARDO BENCINI

La tutela cautelare nel nuovo processo societario: brevi riflessioni

 

   SOMMARIO: 1. La tutela cautelare prevista dal d.lgs. n. 5/2003. — 2. La tutela cautelare nel procedimento arbitrale. — 3. Diritto societario riformato e nuovo procedimento cautelare: brevi spunti di riflessione fra luci ed ombre.

 

1. La tutela cautelare prevista dal d.lgs. n. 5/2003

   Come noto, il 1° gennaio 2004 è entrato in vigore, assieme al d.lgs. n. 6/2003, concernente la riforma del diritto societario, anche il d.lgs. n. 5 del 17 gennaio 2003 (1), in attuazione della delega di cui all’art. 12 l. 3 ottobre 2001, n. 366.
   L’intento di avviare la riforma del diritto societario assieme ad una peculiare disciplina processuale si era invero manifestato già nel corso dei lavori della Commissione “Mirone”, per proseguire successivamente nella Commissione “Rovelli”, nell’ambito della quale era stata appositamente istituita una sottocomissione denominata “Giustizia per le imprese” (2). Rispetto ai lavori svolti dalle predette commissioni che hanno preceduto la legge delega, la scelta del legislatore, come è stato già osservato (3), è stata quella di intervenire soltanto sul procedimento, abbandonando la via dell’istituzione di sezioni specializzate per la trattazione e decisione delle controversie in materia commerciale e societaria. A ciò si aggiunga che il testo del d.lgs. 5/2003 presenta molte soluzioni contemplate nel progetto predisposto dalla Commissione “Vaccarella” per la riforma del processo civile, a tal punto che il nuovo rito societario è stato considerato come una sorta di prova generale dei principi e dei criteri direttivi delineati in quel progetto. Ad ogni buon conto per ora il contenzioso societario, analogamente a quanto previsto per le controversie in materia di lavoro, si caratterizza per una autonoma e peculiare fisionomia processuale (4).
   Passando alle significative novità introdotte in materia cautelare, merita prestare particolare attenzione agli artt. 23 e 24 del d. lgs. n. 5/2003: in primo luogo ai profili innovativi presenti nella istanza cautelare ante causam, poi a quelli contenuti nella domanda formulata invece in corso di causa.
   Per quanto concerne la tutela cautelare ante causam, la più importante innovazione consiste nell’attenuazione (5) la regola della strumentalità circa la efficacia della misura concessa rispetto all’instaurazione della causa di merito da avviare entro un termine perentorio. L’art. 23, 1° comma, prevede infatti che «ai provvedimenti d’urgenza e agli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare gli effetti della decisione di merito non si applica l’art. 669 octies cod. proc. civ., ed essi non perdono la loro efficacia se la causa non viene iniziata». La misura cautelare conserva inoltre la propria autonomia anche in caso di estinzione del giudizio di merito (art. 23, 4° co.).
   È agevole preconizzare che questa disciplina — che introduce una distinzione tra misure cautelari anticipatorie e conservative — sarà oggetto di vivaci discussioni in dottrina ed in giurisprudenza (6). Ad oggi, ed a prescindere dalla qualificazione delle singole misure cautelari, sembra condivisibile l’opinione di chi ritiene applicabile la strumentalità attenuata ogni qual volta la misura cautelare generi degli effetti non necessariamente identici ma praticamente corrispondenti a quelli che si sarebbero potuti conseguire tramite la risoluzione definitiva della controversia (7).
   In ordine poi al destino del provvedimento cautelare nel caso in cui il giudizio di merito si concluda con un provvedimento di reiezione, è evidente che se il vizio che produce la conclusione in rito del procedimento di merito può propagare i suoi effetti anche sulla misura cautelare, questa deve perdere la propria efficacia. Per converso, se il vizio che inficia il giudizio di merito risulta del tutto estraneo al provvedimento cautelare, quest’ultimo deve restare efficace (8).
   Se il giudizio di merito non viene avviato, il legislatore prevede la possibilità di revocare o modificare l’ordinanza di accoglimento quando: a) è esaurita l’eventuale fase di reclamo (id est quando il reclamo è già stato trattato o sono decorsi i termini per proporlo) (9), e b) si verificano mutamenti nelle circostanze. Al riguardo, innovativa appare la possibilità di chiedere la revoca o la modifica dell’ordinanza anche in presenza di circostanze preesistenti alla concessione, ma ignote, ponendo a carico di colui che le invoca l’onere di dimostrare il momento di effettiva conoscenza.
   Quanto al procedimento di reclamo, merita segnalare come esso debba essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni decorrenti dalla comunicazione del provvedimento (10), ed altresì come siano stati attribuiti ampi poteri all’Organo Giudicante, il quale può d’ufficio «assumere informazioni e acquisire nuovi documenti». La prevista non invocabilità dell’autorità del provvedimento cautelare in un diverso processo delimita infine l’efficacia della misura, rendendola vincolante soltanto inter partes ed in merito alla specifica pretesa vantata.
   Venendo ora alle novità introdotte nell’ambito dell’istanza cautelare proposta nel corso del giudizio di merito (art. 24 del d. lgs. n. 5/2003), si evidenzia in primo luogo la presenza del c.d. giudizio abbreviato, modellato sulla falsariga di quanto previsto per il processo amministrativo dalla l. n. 205 del 2000. In buona sostanza, il legislatore introduce un procedimento accelerato con la finalità di evitare fasi in realtà inutili, in osservanza quindi dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo. Viene ribadito ancora una volta che «in ogni caso, l’estinzione del giudizio di merito non determina l’inefficacia dei provvedimenti di urgenza o degli altri provvedimenti cautelari idonei ad anticipare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito» (art. 24 n. 3).
   In estrema sintesi, e beninteso senza pretesa di completezza attesa l’estensione e la complessità della materia, possiamo osservare come il procedimento si svolga in una prima fase secondo le modalità di cui all’art. 669 sexies cod. proc. civ. All’udienza di comparizione delle parti il giudice, se ritiene che la causa sia matura per la decisione, ovvero che il giudizio sia comunque in condizione di essere definito, ne dà comunicazione alle parti invitando le stesse a precisare le conclusioni di rito e di merito, e pronuncia la sentenza al termine della relativa discussione. La misura cautelare viene dunque traslata nella sentenza conclusiva del giudizio, emessa in tempi estremamente rapidi. La proposizione dell’istanza cautelare può diventare così uno strumento per ottenere una più rapida decisione nel merito (11).
   Se la causa è invece complessa a tal punto da rendere difficoltosa la redazione della motivazione in udienza, il giudice può limitarsi a leggere il dispositivo, depositando successivamente la motivazione. Se poi l’urgenza non permette neppure un rinvio dell’udienza ovvero la pronuncia della sentenza, oppure se la discussione deve essere rinviata per qualsiasi altro motivo, il giudice emette in via immediata il provvedimento cautelare, rinviando in un secondo momento la pronuncia della sentenza.

 

2. La tutela cautelare nel procedimento arbitrale

   Di estrema rilevanza sono anche le novità introdotte dal legislatore in materia di tutela cautelare arbitrale. Gli arbitri, chiamati a decidere una controversia avente ad oggetto la validità di delibere assembleari, sono oggi muniti di poteri cautelari che consentono loro di sospendere l’efficacia di queste delibere con ordinanza non reclamabile (12). Il potere cautelare degli arbitri, compresi quelli irrituali, appare comunque limitato ad una richiesta di tutela urgente avanzata soltanto in corso di causa (13). Il provvedimento cautelare emanato in sede di giustizia arbitrale risulta inoltre privo di potestà coercitiva, che appare invece necessaria in caso di mancata ottemperanza della parte soccombente. Occorre comunque segnalare come il d. lgs. correttivo n. 37 del 6 febbraio 2004 abbia opportunamente previsto l’iscrizione del provvedimento arbitrale nel registro delle imprese al fine di renderne opponibile il contenuto anche nei confronti dei terzi (art. 35 bis, co. 5).
   Precludere poi la possibilità del reclamo (preclusione che ha peraltro già suscitato in dottrina dubbi di legittimità costituzionale) (14) può significare, come è stato osservato (15), evitare che il giudice, in sede di controllo, possa condizionare, anche indirettamente, il procedimento arbitrale.
   L’art. 35, 5° comma del d. lgs. n. 5/2003 sancisce infine l’utilizzabilità della tutela cautelare, a norma dell’art. 669 quinquies cod. proc. civ., anche quando le parti abbiano devoluto la controversia in arbitrato non rituale, a conferma di come la tutela cautelare arbitrale non escluda quella giudiziale.
   Soltanto a seguito di una verifica dei risultati applicativi sarà possibile valutare l’estensione del nuovo potere cautelare anche alle controversie pur sempre compromettibili in arbitri, ma non di tipo societario (16).

3. Diritto societario riformato e nuovo procedimento cautelare: brevi spunti di riflessione fra luci ed ombre

   Esaurita la breve panoramica sulle novità più significative introdotte in materia cautelare dal d. lgs. n.5/2003, pare adesso opportuno svolgere alcune brevi riflessioni su due istituti di diritto societario e sulle relative problematiche derivanti dalla loro applicazione pratica.
   Il pensiero corre anzitutto al provvedimento cautelare di revoca degli amministratori di società a responsabilità limitata. Come noto, non è più applicabile alle s.r.l. il procedimento di cui all’art. 2409 cod. civ. Il legislatore ha riconosciuto ad ogni socio il diritto di ottenere notizie dagli amministratori in merito allo svolgimento degli affari sociali e di procedere ad una diretta ispezione dei libri sociali, anche tramite un professionista di fiducia, e dei documenti concernenti l’amministrazione della società. Conseguentemente, ed alla luce di tale impostazione, è stato attribuito a ciascun socio il potere di promuovere l’azione sociale di responsabilità, chiedendo in via d’urgenza la revoca degli amministratori in caso di gravi irregolarità; ed al riguardo pare opportuno ricordare come il giudice possa subordinare il provvedimento alla prestazione di apposita cauzione (art. 2476, 3° comma, cod. civ.).
   Orbene, il provvedimento di revoca degli amministratori, così come descritto, pare configurarsi quale strumentale all’azione di responsabilità. Le norme applicabili sembrano dunque quelle sul procedimento cautelare uniforme combinate con quelle previste dagli artt. 23 e 24 del d. lgs. n. 5/2003. Possono però sorgere i seguenti interrogativi, la cui risposta appare rebus sic stantibus opinabile: a) se sia possibile una richiesta di revoca — formulata dal socio avverso un amministratore di s.r.l. — ante causam ex art. 669 ter cod. proc. civ. ed art. 23 d.lgs 5/2003 (17) e, in caso positivo, se vi sia o meno la ultrattività della misura d’urgenza; b) se la misura cautelare possa essere concessa in presenza di un danno potenziale ovvero soltanto già in essere (18); c) quale sia lo spazio entro cui delineare il fumus boni iuris (il diritto al risarcimento del danno vantato nel merito, ovvero le gravi irregolarità di gestione); d) quale sia l’esatta qualificazione del periculum in mora (soltanto irregolarità gestorie, oppure anche la violazione del diritto di informazione) (19); e) quale sia, in presenza di istanza formulata in corso di causa, la natura (anticipatoria ovvero conservativa) del provvedimento richiesto, ai fini della stabilità dello stesso in caso di estinzione del giudizio di merito (art. 24 n. 3 d.lgs. 5/2003) (20).
   Negare la natura anticipatoria, aderendo quindi alla impostazione che privilegia la strumentalità, significa infatti, nel caso in cui non si riesca a provare il danno, ovvero a dimostrare il nesso causale tra la condotta degli amministratori ed il danno, che ai soci non è concesso alcun rimedio per paralizzare le irregolarità degli amministratori (21). Per converso, accogliere la soluzione opposta (id est attribuire efficacia anticipatoria al provvedimento di revoca, separando quindi la sua efficacia dagli esiti della azione di responsabilità) può significare legittimare l’utilizzazione del procedimento cautelare posto in essere al fine esclusivo di revocare gli amministratori. A ciò si aggiunga che al giudice della cautela non è stato neppure attribuito il potere, una volta revocati gli amministratori, di nominare l’amministratore giudiziario. Spetterà pertanto all’assemblea, ovvero a chi detiene tale potere in virtù dell’atto costitutivo, nominare i nuovi amministratori. Ed in caso di contrasti fra i soci, si dovrà procedere alla liquidazione della società per impossibilità di funzionamento dell’assemblea.
   Occorre infine prestare attenzione alla sospensione dell’esecuzione della deliberazione impugnata ex art. 2378 cod. civ. L’art. 24 n. 8 d. lgs. 5/2003 prevede espressamente che «l’istanza di sospensione proposta a norma dell’art. 2378 del codice civile è disciplinata dalle disposizioni di cui al presente articolo. La società ricevuta la notifica dell’istanza di sospensione, ne dà notizia agli amministratori e ai sindaci». Con ciò viene quindi estesa l’applicazione delle particolari norme sul rito abbreviato anche all’istanza, avente natura cautelare, di sospensione delle delibere assembleari
Il procedimento c.d. abbreviato risulta in questo caso di sicura utilità, atteso che solitamente le impugnazioni delle delibere implicano una pronuncia di mero diritto, senza richiedere lo svolgimento di una complessa attività istruttoria. In buona sostanza, nel caso in cui la concessione della cautela soddisfi la domanda di giustizia, risulta senza alcun dubbio superfluo lo svolgimento di una fase di merito. Il medesimo non pare tuttavia subordinato all’accertamento di presupposti tipici e predeterminati, poiché alle parti che non abbiano ancora richiesto la fissazione dell’udienza può essere imposto dal giudice — qualora ritenga che il giudizio possa essere già definito — di precisare le conclusioni di rito e di merito. È tuttavia evidente come possa sussistere il rischio che un procedimento così accelerato, con una trattazione così ridotta, si traduca in una decisione tanto rapida quanto affrettata.
   Difficile, ad oggi, trarre conclusioni. La disciplina del nuovo rito qui esaminata appare senz’altro aderente alle avvertite esigenze di celerità dei procedimenti; solo un fisiologico periodo di assestamento, necessario anche al fine di poter chiarire in via interpretativa i problemi di coordinamento fra diritto sostanziale e disciplina processuale, permetterà comunque di comprenderne a pieno gli effetti ed i relativi limiti.

 

NOTE

(1) D. lgs. n. 5 del 17 gennaio 2003 in Gazzetta Ufficiale del 22 gennaio 2003, n. 17, supp. ord. n. 8/L.

(2) In merito v. amplius COSTANTINO, Il nuovo processo commerciale: la cognizione ordinaria in primo grado, in Riv. dir. proc. 2003, 387 ss.

(3) LIUZZI, Il nuovo rito societario: il procedimento di primo grado davanti al tribunale, in www. judicium.it

(4) In merito all’ambito di applicazione del nuovo rito societario v. in dettaglio art. 1 del d. lgs. n. 5/200

(5) Attenuazione e non eliminazione della regola della strumentalità che continua a permanere, così come si evince dal richiamo all’art. 669 novies, 3° comma c.p.c.

(6) COSTANTINO, I procedimenti cautelari in Riv. dir. proc. 2003, 654, pare ammettere la possibilità che la disciplina della strumentalità attenuata possa applicarsi anche ai sequestri. Per converso, ARIETA, DE SANTIS, Diritto Processuale societario, Padova, 2004, 387 ss. escludono che i provvedimenti di sequestro, sia giudiziario sia conservativo possano sopravvivere al mancato inizio del giudizio di merito.

(7) Così SALETTI, in La riforma delle società, il processo a cura di SASSANI, Torino, 2003, 224.

(8) In questo senso SASSONI – TISCINI, Il nuovo processo societario. Prima lettura del d. lgs. n.5/2003 in Giust .civ. 2003, 63 ss.

(9) E ciò anche al fine di evitare ogni possibilità di “judicial shopping”, così Olivieri, in La tutela cautelare ante causam e in corso di causa nella riforma del processo societario in www.judicium.it

(10) Con tale precisazione, il legislatore ha dunque operato una scelta eterogenea a quella effettuata per la disposizione di cui all’art. 669 terdecies c.p.c. che prevede, richiamando l’art. 739 c.p.c. la decorrenza del termine di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento.

(11) In questo senso DE SANTIS, Il rito abbreviato societario, in www.judicium.it

(12) Il potere cautelare risulta circoscritto alle sole delibere assunte dalla assemblea, con esclusione pertanto delle delibere degli altri organi sociali.

(13) Discussa è la possibilità per l’impugnante di chiedere al presidente del Tribunale, nell’attesa che il collegio arbitrale si costituisca e si pronunzi sull’istanza di sospensione, l’emanazione di un provvedimento di sospensione, giustificato da una eccezionale urgenza. Contra ARIETA, DE SANTIS, Diritto processuale societario, cit. 665. RUFFINI, La riforma dell’arbitrato societario, in Corr. Giur. 2003, 11, 1535 sostiene invece che l’istanza di sospensione possa essere proposta dapprima dinanzi al giudice ordinario e successivamente dinanzi agli arbitri.

(14) CORSINI, L’arbitrato nella riforma del diritto societario, in Giur. it. 2003, 1298; contra RUFFINI, La riforma dell’arbitrato societario, cit. 1535, secondo cui «la compromissione in arbitri della controversia ben può giustificare la perdita di un grado cautelare».

(15) SASSANI – TISCINI, Il nuovo processo societario, cit. pag. 71.

(16) In questo senso v. BRIGUGLIO, Conciliazione e arbitrato nelle controversie societarie, in www.judicium.it

(17) Contra PARRELLA, in La riforma delle società, a cura di SANDULLI e SANTORO, Torino, 2003, pag. 132, secondo cui il legislatore sembra aver voluto circoscrivere il potere del socio di chiedere al giudice la revoca dell’amministratore nella sola ipotesi in cui la domanda cautelare sia esperita all’interno di un giudizio di responsabilità già intrapreso, invocando a tal proposito il parallelismo con la procedura (venuta meno) di cui all’art. 2409 c.c.

(18) Ammette la concessione del provvedimento cautelare in presenza di un danno soltanto potenziale, PANZANI, L’azione di responsabilità ed il coinvolgimento del gruppo di imprese dopo la riforma, Relazione al Seminario permanente di diritto commerciale e fallimentare, tenutosi a Roma il 10 ottobre 2002, dattiloscritto.

(19) Per D’AMBROSIO, La denuncia al Tribunale per gravi irregolarità dopo la riforma, in Le Società on line – speciale riforma delle società, ed in Le Società 2004, 4, 443, in ordine al periculum in mora sono irrilevanti le «irregolarità idonee a cagionare danno alla società, quali ad esempio le omissioni in materia di informazione verso i soci». L’ A. ritiene che «il socio di società a responsabilità limitata potrà chiedere la revoca sia quale misura strumentale all’azione di responsabilità dallo stesso promossa – e quindi ante causam o in corso di causa – sia quale misura autonoma in ipotesi di violazione da parte degli amministratori di norme che regolano l’agire gestorio, analogamente a quanto è legittimato a fare il socio di società di persone nell’ipotesi di esistenza di una giusta causa di revoca ai sensi dell’art. 2259, terzo comma, c.c.».

(20) In merito alle problematiche concernenti la stabilizzazione degli effetti v. TRICOMI, Definizioni sprint con il nuovo sistema cautelare in Guida al Diritto, il Sole 24 Ore, Dossier mensile, 4, 2003, 133 ss.

(21) Così OLIVIERI, La tutela cautelare ante causam e in corso di causa nella riforma del diritto societario, cit.

 

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