il diritto commerciale d’oggi
    III.7-8 – luglio-agosto 2004

STUDÎ E COMMENTI

 

GIROLAMO BONGIORNO

Prospettive di riforma della legge fallimentare

 

    Intervento nel dibattito su
GIOVANNI CABRAS – Riforma delle procedure concorsuali ed economia di mercato

 

1. Gli organi delle procedure concorsuali

  Secondo la concezione del vecchio Bonelli, il fallimento si atteggiava ad ente giuridico; segnatamente una persona giuridica amministrata da “persone ad essa preposte” e precisamente dal curatore (sindaco), dalla delegazione dei creditori e dal giudice delegato, “organi immediati del fallimento”; mentre il tribunale veniva considerato “organo superiore dell’ente giuridico fallimento”.
  La legge fallimentare del 1942 ha inquadrato sotto un unico titolo gli organi preposti al fallimento. Sicchè numerosi studiosi hanno ritenuto di considerare il tribunale fallimentare, il giudice delegato, il curatore e il comitato dei creditori come una categoria a se stante; correlativamente è stata costruita la figura astratta dell’ufficio fallimentare (o concorsuale) pluriorganico che, sostituendosi ai poteri e ai diritti dell’imprenditore insolvente e disponendo delle azioni spettanti ai singoli creditori, acquisisce e ricostituisce il patrimonio responsabile per amministrarlo e liquidarlo. Più precisamente tale ufficio viene configurato come un ente soggettivo complesso, investito della funzione di attuare coattivamente la par condicio creditorum attraverso i suoi quattro organi, che si integrerebbero e si limiterebbero vicendevolmente in un concorso di attività convergenti nel perseguimento dello scopo comune della tutela giurisdizionale del credito.
  Da cotesto atteggiarsi dell’ufficio fallimentare come “complessità soggettiva opponibile all’esterno” della quale lo Stato si servirebbe per raggiungere il fine pubblicistico di rimuovere il dissesto nell’interesse generale del credito e del commercio, discende inevitabilmente una svalutazione dei poteri dei singoli organi “preposti al fallimento”, i quali finirebbero per operare, di volta in volta, nell’ambito delle specifiche funzioni ad essi attribuite dalla legge, solo avvalendosi della legittimazione indiretta dell’ufficio.
  La tendenza ad identificare gli organi della procedura con l’ufficio (soggetto tipo del processo) e a considerare unitariamente le quattro figure disciplinate nel titolo secondo della l.fall. è stata decisamente combattuta da autorevoli studiosi i quali, dopo avere posto in evidenza la diversità del processo di fallimento dallo schema tradizionale delle situazioni soggettive ricorrenti nell’ordinario giudizio di cognizione (dove l’ufficio e le parti si vengono a trovare in un rapporto costante, rispettivamente di supremazia e di soggezione), hanno osservato come il carattere preminente pubblicistico attribuito all’istituto abbia provocato una svalutazione della posizione dei soggetti privati a vantaggio dell’ufficio.
  Ma proprio nel momento in cui si prende atto che dall’analisi della struttura e della funzione degli atti compiuti dal tribunale, dal giudice delegato, dal comitato dei creditori e dal curatore (singolarmente considerati, oppure in combinazione tra loro nell’esercizio delle specifiche competenze) emerge la mancanza di un vero e proprio legame interorganico, si riconosce ad un tempo che sussistono validissime ragioni per considerare la teoria dell’ente soggettivo complesso come un mero relitto storico.
  Tutto ciò tuttavia non impedisce di continuare a chiamare “organi preposti alle procedure concorsuali” o “ufficio concorsuale” le figure attraverso le quali si esprime la legge propria delle crisi dell’impresa, a condizione che non si rimanga invischiati nelle implicazioni svianti di tali espressioni.
  Il legislatore del 2004 nel disciplinare le procedure di composizione concordata della crisi e di liquidazione concorsuale non ha ritenuto di abbandonare l’espressione “delegazione degli organi della procedura”.
  Pertanto si ritrovano le figure del tribunale (tout court), del giudice delegato, del curatore e del consiglio dei creditori.

2. Considerazioni di carattere generale sulla nuova distribuzione delle competenze giurisdizionali in materia di procedure concorsuali

  Per tutte le materie oggetto della nuova legge di riforma delle procedure concorsuali è prevista la istituzione di sezioni specializzate presso i tribunali e presso le corti di appello.
  È inoltre previsto che alla trattazione e decisione delle controversie derivanti dalla medesima legge possono essere destinati magistrati non assegnati alle sezioni specializzate quando è stabilito che uno o più magistrati non possano partecipare al procedimento a garanzia della terzietà e imparzialità del giudice.
  Le sezioni specializzate sono composte da un numero di giudici non inferiori a quattro, designati tra magistrati dotati di competenze specifiche. Ma, per riconosciute esigenze di servizio ai giudici assegnati alle sezioni può essere attribuita anche la trattazione di altri affari.
  Il tribunale nel cui circondario si trova la sede effettiva dell’impresa o la residenza del debitore nell’esecuzione concorsuale minore è competente per la trattazione e decisione del procedimento di composizione concordata della crisi, di liquidazione concorsuale e di ogni controversia che ne derivi, nonché per la esecuzione concorsuale minore e per le procedure semplificate.

3. Istituti di allerta e prevenzione

  È previsto che se le iniziative assunte dalla società non sono idonee ad assicurare la continuità dell’impresa, l’organo di controllo deve segnalare, per iscritto, i fatti dei quali è a conoscenza al tribunale competente e comunicare alla Camera di Commercio, Industria Artigianato e Agricoltura l’avvenuta segnalazione alla autorità giudiziaria.
  Il tribunale convoca gli amministratori e i sindaci affinché riferiscano sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società, eventualmente delegando ad un giudice l’audizione.
  Se emergono fatti di insolvenza, si applicano le disposizione di cui all’art.4.1.6 terzo comma, ovvero quelle di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n.270; se emergono fatti rivelatori di una situazione di crisi, il tribunale può invitare gli amministratori a valutare l’opportunità di accedere alla procedura di composizione concordata della crisi.

4. Procedura di composizione concordata della crisi

  Il tribunale competente, presso il quale l’imprenditore abbia depositato la prescritta dichiarazione relativa allo stato di crisi nel quale versa l’impresa, dopo la verifica della sussistenza dei requisiti di accesso alla procedura, entro cinque giorni dal deposito della dichiarazione deve:
  a) delegare un giudice alla procedura;
  b) nominare uno o tre commissari giudiziali;
  c) nominare il consiglio dei creditori, dopo aver sentito il debitore;
  d) se ci è stata richiesta motivata da parte del debitore, ordinare la convocazione dei creditori.
  Laddove non sussistano i requisiti per l’accesso alla procedura, il tribunale, con decreto motivato, soggetto a reclamo, se sussiste l’insolvenza avvia la procedura di liquidazione concorsuale.
  Nella procedura di composizione concordata della crisi:
  - il giudice delegato vigila sugli atti del commissario e del consiglio dei creditori; se il piano prevede la suddivisione in classi o gruppi e ritiene ce la loro formazione a cura del debitore non sia coerente rispetto a quanto disposto negli articoli 1.2 lett.g e 3.1.4, il giudice delegato invita il debitore ad apportare eventuali variazioni;
  - il commissario giudiziale esercita il controllo sull’amministrazione del patrimonio del debitore e dei soci illimitatamente responsabili nelle società in cui sono previsti, riferisce al giudice delegato ogni fatto rilevante per la prosecuzione della procedura e informa il consiglio dei creditori;
  - il consiglio dei creditori sorveglia la gestione dell’impresa, approva gli atti di straordinaria amministrazione e collabora con il commissario giudiziale e il debitore in modo da favorire l’utile prosecuzione della procedura.
  Gli organi della procedura inoltre provvedono in ordine alla sua cessazione, alla approvazione e omologazione del piano di composizione della crisi.
  Eventualmente alla risoluzione e/o all’annullamento del piano.

5. Procedura di liquidazione concorsuale. Incompetenza

  Innanzitutto va segnalata una importante regola: se il ricorso per l’apertura di liquidazione concorsuale è proposto ad un tribunale diverso da quello nel cui circondario si trova la sede effettiva dell’impresa o la residenza del debitore (nell’esecuzione concorsuale minore), il tribunale adito dichiara con sentenza la propria incompetenza e indica il tribunale competente, nonché il termine per la riassunzione non superiore a trenta giorni.
  Avverso la sentenza che dichiara l’incompetenza del tribunale adito per l’apertura della procedura di liquidazione concorsuale è ammesso esclusivamente regolamento di competenza ad istanza di parte (art.42 c.p.c.).
  Laddove il tribunale proceda d’ufficio, con la sentenza con la quale dichiara la propria incompetenza pronuncia contestuale decreto con il quale dispone l’immediata trasmissione degli atti al tribunale ritenuto competente.
  In seguito alla tempestiva riassunzione o di trasmissione degli atti, il tribunale indicato come competente se, a sua volta, si ritenga incompetente deve sollevare regolamento di competenza ex art.45 c.p.c.

6. Il tribunale

  Il tribunale risolve tutti i conflitti insorti, giudica della legittimità degli atti e dei provvedimenti assunti dagli organi della procedura. La cognizione del tribunale si estende al merito laddove il reclamo proposto riguardi l’opportunità o la convenienza degli atti.
  Il tribunale conosce di tutte le controversie che, anche nei confronti di terzi, derivano dalla procedura; provvede alla nomina ed alla revoca o sostituzione, per giustificati motivi, degli organi della procedura, quanto non è prevista la competenza del giudice delegato.
  Alle controversie che hanno ad oggetto diritti soggettivi di terzi si applica il nuovo rito societario.
  Il tribunale solitamente giudica in composizione monocratica; giudica in composizione collegiale nelle azioni in cui all’art.1, primo comma, lett. a del d.lgs. 17.1.2003, n.5 e cioè per i rapporti societari, ivi compresi quelli concernenti le società di fatto, l’accertamento, la costituzione, la modificazione o l’estinzione di un rapporto societario, le azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i liquidatori e i direttori generali delle società, delle mutue assicuratrici e delle società cooperative.

7. Il giudice delegato

  Il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza e di controllo sulla regolarità della procedura e sull’operato del curatore, nonché le altre funzioni espressamente previste nella presente legge.
  Al giudice delegato sono altresì attribuiti:
  a) il potere di autorizzare il curatore a stare in giudizio secondo quanto disposto dall’articolo 4.2.2 secondo comma;
  b) la nomina dei difensori, consulenti e stimatori e la liquidazione del loro compenso;
  c) la risoluzione dei conflitti fra il curatore e il consiglio dei creditori;
  d) il potere di autorizzare l’azione di responsabilità nei confronti del curatore.
  Nelle materie oggetto delle sue decisioni il giudice delegato provvede con decreto motivato depositato in cancelleria.
  Avverso il decreto del giudice delegato, salvo disposizione contraria, può essere proposto reclamo al tribunale dal curatore, dal debitore, dal consiglio dei creditori e da chiunque vi abbia interesse.
  Il procedimento si svolge nelle forme camerali.
  Le domande di partecipazione al concorso sono decise dal giudice delegato con decreto.   Avverso tale provvedimento è consentito proporre opposizione, impugnazione o revocazione; i relativi giudizi si propongono con ricorso e si svolgono nelle forme di procedimenti in camera di consiglio e vengono decisi dal tribunale con sentenza soggetta a ricorso per cassazione.

8. Il curatore. Motore delle procedure concorsuali

  Viene nominato dal tribunale, che opera una scelta tra i professionisti, gli studi professionali associati e le società di professionisti con esperienza nella materia.
  Non possono essere nominati come curatore il coniuge e i parenti e affini entro il quarto grado del debitore, i suoi creditori, chi ha prestato attività professionale a favore dell’imprenditore o si è ingerito nell’impresa nei due anni anteriori l’apertura della procedura, nonché chiunque si trovi in conflitto di interessi con la gestione della procedura di liquidazione concorsuale.
  Per quanto attiene all’esercizio delle funzioni esercitate, il curatore è pubblico ufficiale.
  Il curatore viene considerato dalla nuova legge come il vero motore della procedura di liquidazione concorsuale.
  Svolge personalmente le funzioni di amministrazione e liquidazione del patrimonio del debitore; il giudice delegato può autorizzare il curatore a delegare ad altri tali funzioni, ferma restando la responsabilità del curatore e senza aggravio di spese per la procedura.
  Se è nominato curatore uno studio professionale associato o una società tra professionisti, deve essere designato il soggetto persona fisica responsabile della procedura. In questo caso non è ammessa la nomina di coadiutori ai sensi del quarto comma del presente articolo.
  Il curatore, con l’autorizzazione dei consiglio dei creditori, può farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone, compreso lo stesso debitore, sotto la propria responsabilità.
  Se nel patrimonio del debitore sono compresi beni produttivi, il curatore provvede alla loro gestione conservativa, fatte salve le disposizioni in materia di esercizio provvisorio.
  Il curatore non può assumere l’incarico di avvocato nei giudizi che riguardano la procedura concorsuale.
  Il curatore viene autorizzato a stare in giudizio dal giudice delegato, il quale inoltre provvede alla nomina del difensore della procedura.
  Per le controversie relative all’accertamento del passivo e per i procedimenti in camera di consiglio il curatore viene autorizzato a stare in giudizio dal consiglio dei creditori.
  Va ancora detto che il curatore, assunto il parere del consiglio dei creditori e sentito il debitore ove possibile, può consentire riduzioni di crediti, fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizioni di diritti dei terzi, cancellare ipoteche, restituire pegni, svincolare cauzioni ed accettare eredità e donazioni.
  Se tali atti sono di valore indeterminato o superiore a 50.000,00 euro, è necessaria la motivata autorizzazione del consiglio dei creditori. Il limite è adeguato ogni tre anni con decreto del Ministero della giustizia sulla base degli indici ISTAT sul costo della vita.
  Il giudice delegato, su richiesta motivata del consiglio dei creditori, può ordinare al curatore di non consentire riduzioni di crediti, stipulare transazioni, compromessi, rinunce alle liti, ricognizioni di diritti dei terzi, cancellare ipoteche, restituire pegni, svincolare cauzioni ed accettare eredità e donazioni.
Relazione al giudice
  Il curatore, entro un mese dal decreto con il quale è reso esecutivo lo stato passivo, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause e circostanze del dissesto, sulla diligenza spiegata nell’esercizio dell’impresa, sulle responsabilità del debitore o di altri.
  Se il debitore è una società, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte sulla responsabilità degli amministratori, dei sindaci, dei soci e, eventualmente, di estranei alla società.
  La relazione è diretta al giudice delegato ed è ostansibile solo al consiglio dei creditori o a ciascuno dei suoi componenti.
  Ogni sei mesi il curatore deve presentare al giudice delegato un’esposizione sommaria della sua amministrazione, la descrizione dell’andamento della liquidazione e delle modalità di soddisfazione dei creditori; se richiesto, deve altresì esibire i documenti giustificativi.
  Il curatore ha diritto di richiedere ai soggetti che hanno intrattenuto rapporti patrimoniali con il debitore, copia della documentazione relativa al rapporto corrispondendo le spese di estrazione della copia; in caso di rifiuto, il curatore, se indica analiticamente i documenti oggetto della richiesta, può procedere ai sensi dell’articolo 633 e seguenti del codice di procedura civile.
  Il curatore deve osservare quanto disposto dall’articolo 331 del codice di procedura penale e non è tenuto a fare espressa menzione nella relazione del contenuto della denuncia.
Reclamo contro gli atti del curatore
  Contro gli atti amministrativi del curatore, il debitore ed ogni altro interessato possono proporre reclamo, per qualsiasi ragione, al giudice delegato che decide con decreto motivato, sentito in ogni caso il consiglio dei creditori.
Responsabilità del curatore
  Il curatore deve adempiere ai doveri imposti dalla legge con la diligenza richiesta dalla natura professionale dell’incarico.
  Il curatore è responsabile verso il debitore, i creditori o i terzi dei danni derivanti dalla inosservanza dei doveri impostigli per legge.
  L’azione di responsabilità nei confronti del curatore che sia stato revocato (v. infra) è promossa dal curatore successivamente nominato, previa autorizzazione del giudice delegato.
  Le azioni del debitore, dei creditori o dei terzi nei confronti del curatore per il risarcimento dei danni causati durante il procedimento di liquidazione concorsuale possono essere esercitate soltanto dopo il provvedimento di chiusura, se concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata; in questo caso sull’ammissibilità decide il tribunale in camera di consiglio con decreto motivato su ricorso di chi intende promuovere l’azione assunte le informazioni necessarie.
Revoca del curatore
  Il tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su richiesta del consiglio dei creditori, revocare il curatore.
  Il tribunale provvede con decreto, sentiti il curatore e il pubblico ministero.
  Il curatore non può dimettersi dal suo ufficio dopo che ha ricevuto la comunicazione della sua convocazione in camera di consiglio per la revoca.
  Contro il decreto di revoca è ammesso reclamo alla corte di appello nel termine di quindici giorni dalla sua comunicazione.
  Il procedimento davanti al tribunale e alla corte d’appello si svolge nelle forme camerali (art. 4.2.13 e seguenti).
Compenso al curatore
  Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se la procedura cessa in conseguenza della omologazione del piano di regolazione dell’insolvenza, sono liquidati con decreto del tribunale, su relazione del giudice delegato, secondo le disposizioni stabilite con decreto del Ministro della giustizia.
  La liquidazione del compenso è effettuata dopo l’approvazione del rendiconto e, se è stato omologato, dopo l’esecuzione del piano di regolazione dell’insolvenza. Il tribunale in considerazione della durata dell’incarico e dell’andamento della liquidazione può accordare al curatore acconti sul compenso.
  Se nell’incarico si sono succeduti più curatori, il compenso è stabilito secondo criteri di proporzionalità ed è liquidato, in ogni caso, al termine della procedura, salvi eventuali acconti.
  Il curatore non può pretendere alcuna forma di retribuzione oltre a quella liquidata dal tribunale. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sono nulli ed è sempre ammessa la ripetizione di ciò che è stato pagato indipendentemente dall’eventuale esercizio dell’azione penale.

9. Il consiglio dei creditori

  Si tratta dei soggetti che in passato sono stati chiamati agenti (codice francese del 1807), sindaci (codice albertino del 1842), delegazione dei creditori (codice di commercio del 1882), comitato dei creditori (legge fallimentare del 1942).
  Non ha mai funzionato; tant’è che i suoi componenti sono stati definiti “convitati di pietra”.
  La nuova legge prevede che il consiglio dei creditori venga nominato con decreto immediatamente successivo a quello con il quale viene reso esecutivo lo stato passivo ovvero anche prima, in via provvisoria, se sussiste la necessità di acquisirne il parere; in questo caso la nomina deve essere confermata o modificata.
  Il consiglio rappresenta categorie diverse di creditori per posizione giuridica e interessi omogenei; il numero dei suoi componenti può variare a seconda dell’entità del passivo, ma deve essere dispari.
  Il giudice delegato designa altresì uno o più componenti supplenti. I creditori possono designare un professionista perché li rappresenti nel consiglio dei creditori.
  Le deliberazioni del consiglio dei creditori sono validamente assunte a maggioranza dei componenti; il voto può essere espresso in riunioni collegiali ovvero per mezzo telefax o con altro mezzo elettronico o telematico, purché sia possibile conservare la prova della manifestazione di voto.
  Il consiglio dei creditori coadiuva il curatore nell’esercizio delle sue funzioni ed esercita i conseguenti poteri di controllo e di informazione. Il consiglio esprime il parere sull’attività del curatore e lo autorizza al compimento di atti di amministrazione; il parere è vincolante solo ove espressamente previsto.
  Il curatore può richiedere al giudice delegato la sostituzione del componente del consiglio, se ravvisa un conflitto di interessi in relazione allo svolgimento della procedura o al compimento di singoli atti.
  Ai componenti del consiglio dei creditori spetta il diritto al rimborso delle spese con le modalità indicate dal giudice delegato. Nel caso di procedimenti particolarmente complessi e di attivo sufficiente a soddisfare almeno in parte i creditori concorrenti, ai componenti del consiglio può spettare un compenso liquidato dal giudice delegato in misura no superiore al dieci per cento del compenso liquidato al curatore.
  I componenti del consiglio sono responsabili nei confronti degli altri creditori per i danni ad essi cagionati, in violazione dei doveri loro imposti dalla presente legge, nell’esercizio delle attività che hanno ad oggetto le funzioni cui sono preposti.
  Le azioni del debitore, dei creditori o dei terzi nei confronti dei componenti del consiglio per il risarcimento dei danni causati durante il procedimento di liquidazione concorsuale possono essere esercitate soltanto dopo il provvedimento di chiusura, se concorrono specifiche circostanze tali da farla apparire giustificata; in questo caso sull’ammissibilità decide il tribunale in camera di consiglio con decreto motivato su ricorso di chi intende promuovere l’azione assunte le informazioni necessarie.

 

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