il diritto commerciale d’oggi
    III.11 – novembre 2004

STUDÎ & COMMENTI

 

ANTONIO GIOVANNONI

Inderogabilità del modello arbitrale societario e problemi di diritto intertemporale
(nota a Trib. Latina, 22 giugno 2004)

 

   La sentenza del Trib. Latina, 22 giugno 2004 affronta il tema, piuttosto d’attualità in dottrina, della validità, o meno, delle clausole compromissorie contenute negli statuti delle società che ancora non siano state adeguate alla nuova normativa in tema di arbitrato societario, introdotta dagli art. 34 e ss. del d.lgs. n. 5/2003.
   In realtà l’ambito di discussione afferente la disciplina del nuovo arbitrato endosocietario è assai più ampio (1). Ad ogni modo, la sentenza in commento offre alcuni spunti di riflessione, tali da poter chiarire diversi aspetti della questione, con particolare riferimento alla nullità delle clausole statutarie difformi. A tal riguardo, va rilevato come il tribunale di prime cure abbia affrontato il problema scindendolo in due aspetti fra loro gradatamente dipendenti:
   a) nullità della clausola compromissoria per contrasto con la disciplina cogente di cui all’art. 34, II comma, del d. lgs. n. 5/2003;
   b) inapplicabilità dell’art. 1419, II comma, cod. civ.
   Con riferimento alla questione sub a) il Tribunale di Latina ha fatto proprie le conclusioni già espresse da parte della dottrina e dalla prassi notarile (2), recidendo alla radice ogni dubbio interpretativo circa l’ambito di applicazione dell’art. 223-bis.
   Il Collegio, infatti, sancisce il principio secondo cui l’art. 223-bis d. lgs. n. 6/2003, che prevede la possibilità di differire gli adeguamenti statutari al 30 settembre 2004, sia riferibile esclusivamente alle materie riformate all’interno del predetto decreto, ovverosia al diritto societario c.d. sostanziale; mentre, mancando una previsione uguale, o quanto meno un richiamo all’art. 223-bis, all’interno della nuova disciplina del processo societario, si deve intendere che la stessa sia immediatamente applicabile a partire dal 1° gennaio 2004.
   Va sul punto rilevato, però, che parte della dottrina ha affermato correttamente – a parere di chi scrive – che il richiamo operato dal legislatore con riferimento ai quorum agevolativi fissati dagli artt. 223-bis e 223-duodecies, per la modificazione delle clausole compromissorie già previste negli statuti, anche se implicitamente, dovrebbe mantenere operanti le stesse fino alla scadenza del termine per le modifiche statutarie previsto dalle ricordate norme di attuazione (3).
   Ad ogni modo, bisogna segnalare che il Tribunale non ha, di converso, provato a risolvere la fattispecie in esame alla luce della possibile applicabilità delle norme del codice di rito in materia di arbitrato.
   Pertanto, con riferimento a tale ultimo aspetto, nel silenzio della motivazione della sentenza, si potrebbe desumere la conseguenza per la quale ogni controversia che ricada nell’ambito di applicazione del nuovo arbitrato societario (4) non sia più compromettibile seguendo le regole proprie per l’arbitrato c.d. di diritto comune (5), salvo gli espressi richiami normativi (6), pena la nullità della clausola compromissoria.
   Infatti, gli artt. 34 e ss. del d.lgs. n. 5/2003 hanno contribuito alla creazione di una compiuta species arbitrale, che si differenzia sotto molteplici aspetti rispetto a quanto previsto da codice di procedura civile, offrendo così un strumento da recepire in toto all’interno degli statuti.
   In estrema sintesi, le clausole compromissorie eventualmente inserite negli statuti delle società diverse da quelle ricorrenti al mercato del capitale di rischio devono necessariamente prevedere, a pena di nullità, la designazione del collegio da parte di terzi imparziali; e ciò al fine, attesa la pluralità di interessi direttamente o indirettamente coinvolti, di rendere possibile, senza pregiudizio delle concrete possibilità di difesa, l’intervento volontario di terzi nel procedimento arbitrale (e, nel caso questi rivestano qualità di soci, anche a norma degli articoli 106 e 107 c.p.c.) (7).
   Per quanto concerne il punto sub b) il collegio giudicante pronunciandosi sull’eventuale intercorsa nullità parziale della clausola compromissoria per la parte non conforme alla nuova disciplina e, quindi, sulla relativa operatività del rimedio generale di cui all’art. 1419, 2° comma, cod. civ. – in forza del quale le clausole di un contratto contrarie a norme imperative di legge, sono da queste ultime sostituite di diritto (8) - ne ha dichiarato l’inapplicabilità.
   Sotto tale profilo, la corte non ha ritenuto applicabile il principio sopra ricordato al caso di specie in quanto ha riconosciuto carattere cogente esclusivamente all’art. 34, II comma, ultimo periodo, d.lgs. n. 5/2003, laddove statuisce che «Ove il soggetto designato non provveda, la nomina è richiesta al presidente del tribunale del luogo in cui la società ha la sede legale», escludendo così la sostituzione di tutta la materia in tema di arbitrato societario (9).
   Il collegio giudicante, quindi, ha voluto evitare che si creasse la consuetudine delle società inadempienti all’onere di adeguamento delle clausole preesistenti di mutuare esclusivamente una norma di chiusura, quale per l’appunto il deferimento della nomina degli arbitri al presidente del tribunale, e non già la disciplina nella sua interezza. Ciò anche in forza del principio per cui nel caso di nullità di una clausola contrattuale per vizio di una parte di essa, la sostituzione della norma imperativa deve avvenire rispetto all’intera clausola, e non già mediante la trasfusione di una parte soltanto della norma in quella parte della clausola che ne determina la nullità (10).
   Peraltro, nota il Tribunale, l’inerzia da parte della società potrebbe qualificarsi come specifica volontà sociale di rinuncia alla devoluzione delle controversie sociali ad un arbitrato. Di tal che, non sarebbe legittima una pronuncia la quale statuisca l’ultrattività della clausola per effetto della sua sostituzione con la conseguenza di incidere sulla volontà dei soci.
   A fronte della diversità delle due ricordate tipologie di arbitrato non sembra conforme al principio di libertà negoziale delle parti imporre automaticamente una disciplina la quale implichi degli effetti originariamente non voluti, come, ad esempio, la nomina degli arbitri da parte di un terzo. Va, in tal senso notato, che per adeguare le clausole compromissorie è richiesta – salvo quanto già detto per i quorum agevolativi di cui all’artt. 223-bis – un maggioranza altamente qualificata e che per i soci dissenzienti è prevista la facoltà di recedere ai sensi dell’art. 34, ultimo comma, d.lgs. n. 5/2003 per il quale “Le modifiche dell’atto costitutivo, introduttive o soppressive di clausole compromissorie, devono essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale. I soci assenti o dissenzienti possono, entro i successivi novanta giorni, esercitare il diritto di recesso”. Appare, quindi, evidente come il principio espresso dal Tribunale di Latina sia conforme alla ratio di fondo della riforma del diritto societario ovverosia la tutela della volontà dei soci (11).

 

NOTE

   (1) Per una puntuale ricostruzione dei contrasti interpretativi cfr. Cabras, “Arbitrato societario: una sola chance da non perdere”, in questa rivista, 2004, n. 9.

   (2) Cfr. Massima n. 3 del Consiglio Notarile di Milano, Adeguamento della clausola compromissoria:
   «L’ultrattività prevista dal quarto comma [N.d.R. ora quinto comma] dell’art. 223 bis disp. att. cod. civ. (in base al quale le previgenti disposizioni dell’atto costitutivo e dello statuto conservano la loro efficacia sino al 30 settembre 2004, anche se non conformi alle nuove disposizioni inderogabili) è riferita unicamente alla disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 6/2003 e pertanto la clausola compromissoria, contenuta in statuto societario, che non risulti conforme alla disciplina introdotta dal secondo comma dell’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003, deve essere considerata, dopo il 1° gennaio 2004, contraria a disposizioni inderogabili di legge.
   La deliberazione assembleare di adeguamento di tale clausola, adottata dopo il 1° gennaio 2004, non richiede le maggioranze previste dall’art. 34 del D.Lgs. n. 5/2003 e può essere adottata dall’assemblea straordinaria a maggioranza semplice, qualunque sia la parte di capitale rappresentata dagli intervenuti, ai sensi del secondo comma [N.d.R. ora terzo comma] dell’art. 223 bis citato.
   Qualora invece la deliberazione assembleare preveda - anche mediante l’adozione di un nuovo testo di statuto - l’introduzione della clausola compromissoria sarà richiesta, limitatamente all’adozione di quest’ultima, la maggioranza qualificata prevista dall’art. 34, quinto comma, del D.Lgs. n. 5/2003».

   (3) Cfr. Cabras, op. cit.; Gabrielli, Clausole compromissorie e statuti sociali, in Rivista di diritto civile, 2004, n.1, p. 94; Morellini, “Artt. 34 ss., d. lgs. n. 5: ambito di applicazione e nullità della clausola compromissoria”, in Le società,2004, n. 8, 998, ove l’autore auspica un’applicazione del limite previsto periodo transitorio di cui agli artt. 223-bis e 223-duodecies anche alle società di persone.

   (4) Cfr. art. 34 del d.lgs. n. 5/2003. Morellini, Artt. 34 ss., d. lgs. n. 5: ambito di applicazione e nullità della clausola compromissoria, in Le società, 2004, n. 8, 998.

(5) Di diverso avviso Nela, Commento all’art. 34, in Il nuovo processo societario, commentario diretto da Sergio Chiarloni, Bologna, 2004, pp. 929 e ss, per il quale «le clausole compromissorie, dunque, non necessariamente devono essere adeguate; quelle adeguate sono ultrattive e ad esse si applicano senz’altro le norme dell’arbitrato che definiremo di “diritto comune”».

   (6) Ad es. cfr. art. 35, II comma, secondo periodo, del d. lgs. n. 5/2003.

   (7) Relazione al d. lgs. n. 5/2003.

   (8) Cfr. la sentenza qui in commento.

   (9) Di diverso avviso Dalmotto, Commento all’art. 41, in Il nuovo processo societario, commentario diretto da Sergio Chiarloni, Bologna, 2004, p. 1097, per il quale «la clausola che dovesse continuare a prevedere la nomina degli arbitri ad opera delle parti, e non di un soggetto terzo, sarà destinata a perdere, sul punto, la propria efficacia a partire dal 1° gennaio 2004, ma da quella data, ai sensi del 2° co. dell’art. 1409 (1419, n.d.r.) cod. civ., potrà applicarsi al suo posto il 2° co. dell’art. 34».

   (10) Cfr. Cass., 16 ottobre 1983, n. 1184.

   (11) Cfr. Relazione al d. lgs. n. 5/2003, «Infine, poiché la disciplina di attuazione del decreto recante disposizioni di diritto sostanziale delle società commerciali fa riferimento – ai fini della necessità di adeguamento – alla disciplina inderogabile contenuta anche nel coevo testo di diritto processuale, si è creduto di dover espressamente esentare dalle conseguenze destinate a prodursi a regime (in particolare, la possibilità di recesso del socio dissenziente) l’adeguamento della eventuale clausola già presente nello statuto al nuovo profilo dell’arbitrato societario».

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