il diritto commerciale d’oggi
    II.5 – maggio 2003

Giurisprudenza

CORTE DI CASSAZIONE, 19 aprile 2002, n. 5716 – Criscuolo Presidente – Bonomo Estensore – Cherubini c. Centro Commerciale Imbarcadero s.r.l.
     È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale per la norma che prevede il reclamo contro il bilancio finale di liquidazione nelle società di capitali entro il termine di tre mesi decorrente dall’iscrizione dell’avvenuto deposito nel registro delle imprese, senza che occorra alcuna comunicazione ai soci.

Commento di G. Bertolotti

    Svolgimento del processo: (Omissis) Evidenziava in secondo luogo come fosse ormai decorso il termine trimestrale previsto dall’art. 2453 cod. civ. per il reclamo contro il bilancio finale di liquidazione. Nel merito, replicava alle censure ex adverso formulate denunciando anche la genericità dell’ultimo rilievo relativo a una non meglio precisata violazione delle norme in materia di bilanci.
     Con sentenza depositata il 20 gennaio 1997 il Tribunale dichiarava inammissibile il reclamo perché tardivo. Rilevato che la decorrenza dei termini di tre mesi per reclamare il bilancio finale di liquidazione decorreva dall’iscrizione del deposito del bilancio medesimo presso il Registro delle Imprese e che questa formalità si era compiuta il 23 settembre 1994, prendevano atto i giudici che la citazione era stata invece notificata solo nel maggio 1995.
     La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 25 novembre – 19 dicembre 1998, rigettava l’impugnazione proposta dal Cherubini, osservando, per quanto rileva in questa sede:
     a) che la legge prevedeva chiaramente che il termine di tre mesi per proporre reclamo contro il bilancio finale di liquidazione decorreva dall’iscrizione dell’avvenuto deposito dello stesso nell’ufficio del registro delle imprese;
     b) che l’iscrizione equivaleva all’effettiva conoscenza del fatto iscritto, considerato il sistema di pubblicità predisposto in materia societaria attraverso la creazione del registro delle imprese;
     c) che era manifestamente infondata la questione di costituzionalità prospettata dal Cherubini.
     Avverso la sentenza d’appello Ferrante Cherubini ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, illustrati con memoria.

Motivi della decisione: 1. con il primo mezzo d’impugnazione il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2453 e 2454 cod. civ., nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione.
     La Corte territoriale aveva condiviso l’opinione del tribunale sulla tardività del reclamo, perché la legge imponeva di aver riguardo quale dies a quo al giorno dell’iscrizione dell’avvenuto deposito del bilancio finale di liquidazione presso l’ufficio del registro delle imprese, con la conseguenza che l’atto doveva ritenersi conosciuto per il solo fatto della sua iscrizione. La Corte bresciana aveva rifiutato l’interpretazione logica e sistematica della norma di legge suggerita da ricorrente ed aveva anche ritenuto manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 2453, comma 3, cod. civ., sollevata dall’appellante in relazione all’art. 24 Cost., affermando che non erano riconducibili alla fattispecie le diverse pronunce della Corte costituzionale in tema di conoscibilità dell’atto con riferimento a norme in materia fallimentare (artt. 18, 98 e 99 legge fall.).
     L’iscrizione dell’avvenuto deposito del bilancio finale costituisce un quid pluris rispetto al deposito ed un adempimento successivo per il quale non è fissato alcun termine, con la conseguenza che la tutela del socio resterebbe solo apparente, non essendo dato sapere, in difetto di comunicazione, né quando (e se) si sia provveduto alla prevista iscrizione.

     2. Il motivo non è fondato.
     La sentenza impugnata correttamente considerato tardivo il reclamo con riferimento alla disciplina prevista dagli artt.2453 e 2454 cod. civ. In base al primo di essi, il bilancio, sottoscritto dai liquidatori e accompagnato dalla relazione dei sindaci, è depositato presso l’ufficio del registro delle imprese (comma secondo); nei tre mesi successivi all’iscrizione dell’avvenuto deposito, ogni socio può proporre reclamo davanti al tribunale in contraddittorio dei liquidatori (comma terzo); i reclami devono essere riuniti e decisi in unico giudizio, nel quale tutti i soci possono intervenire. La trattazione della causa ha inizio quando sia decorso il termine suddetto. La sentenza fa stato anche riguardo ai non intervenuti (comma quarto). L’art. 2454 stabilisce poi che, decorso il termine di tre mesi senza che siano stati proposti reclami, il bilancio si intende approvato.
     La tesi del ricorrente, secondo cui sarebbe necessaria la comunicazione del deposito all’interessato, è sfornita di qualsiasi sostegno normativo e non è coerente con l sistema delineato dalle riportate disposizioni.
     Il terzo comma dell’art. 2453 è chiaro nel senso che il termine di tre mesi per la proposizione del reclamo decorre dall’iscrizione dell’avvenuto deposito del bilancio presso l’ufficio del registro delle imprese.
     L’iscrizione è lo strumento attraverso il quale si realizza il sistema di pubblicità previsto dalla legge. Essa comporta la possibilità per i soci di prendere conoscenza dell’atto depositato. Ai sensi dell’art. 11, comma ottavo, del D.P.R. 7 dicembre 1995 n. 581 (regolamento di attuazione dell’art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in materia di istituzione del registro delle imprese di cui all’art. 2188 cod. civ.), l’iscrizione consiste nell’inserimento nella memoria dell’elaboratore elettronico e nella messa a disposizione del pubblico sui terminali per la visura diretta del numero dell’iscrizione e dei dati contenuti nel modello di domanda. L’iscrizione è seguita senza indugio e comunque entro il termine di dieci giorni dalla data di protocollazione della domanda.
     Il legislatore non ha previsto, per le società di capitali, nessuna comunicazione ai soci del bilancio finale di liquidazione (vedi invece art. 2311, secondo comma, cod. civ., per le società in nome collettivo).Secondo il sistema adottato dalla legge (art. 2453 cod. civ.), il termine fissato per la proposizione del reclamo decorre dallo stesso momento (iscrizione del deposito presso l’ufficio del registro delle imprese) nei confronti di tutti i soci e, trascorso tale termine senza che siano stati proposti reclami, il bilancio si intende approvato. Inoltre, gli eventuali reclami devono essere riuniti e decisi in un unico giudizio e la trattazione della causa ha inizio quando sia decorso il termine per il reclamo (art. 2453, quarto comma, cod. civ.).Tale sistema tiene evidentemente conto delle caratteristiche differenziali tra le società di persone e le società di capitali, nonché delle dimensioni che possono assumere le società di capitali, le quali hanno spesso un numero dei soci molto elevato. Qualora fosse richiesta la comunicazione del bilancio finale di liquidazione ai singoli soci, potrebbero esservi difficoltà nelle comunicazioni e tali difficoltà potrebbero tradursi in incertezze sull’avvenuta approvazione del bilancio per mancata proposizione del reclamo da parte di tutti i soci.
     I dubbi di costituzionalità prospettati dal ricorrente in relazione all’art. 24 Cost. appaiono manifestamente infondati, considerato che il socio è in grado di conoscere il bilancio finale di liquidazione nel termine sufficientemente lungo previsto dalla legge e può quindi agire in giudizio per la tutela dei suoi diritti. Il richiamo alla giurisprudenza costituzionale relativa agli articoli 18, 98 e 99 della legge fallimentare non assume rilievo perché il caso in esame si differenzia da quelle ipotesi per l’esistenza dello specifico sistema di pubblicità derivante dall’iscrizione dell’atto presso l’ufficio del registro delle imprese, nonché per esigenze di celerità non conciliabili con l’effettuazione di comunicazioni ad un numero rilevante di soci e con il meccanismo del reclamo quale disciplinato dalla legge. La questione di costituzionalità è anche manifestamente infondata in relazione all’art. 3 Cost., richiamato nella memoria del ricorrente, atteso che la diversa disciplina sul punto in tema di società di capitali è giustificata dalle differenze rispetto alle società di persone (Omissis)

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