il diritto commerciale d’oggi
    II.11– dicembre 2003

 

Giurisprudenza

CORTE CASSAZIONE, 23 luglio 2003, n. 11443 – Fiduccia Presidente – Purcaro Estensore – Lloyd Italico Assicurazioni s.p.a. c. NRG Italia s.p.a.
     La compagnia di assicurazione che, in adempimento della polizza fideiussoria prestata abbia pagato i tributi doganali così garantuti, ha diritto di surrogazione e regresso nei confronti del proprietario importatore, diritto che si prescrive nel termine più breve termine stabilito dalla nuova normativa in materia, ancorché il più lungo termine prescrizionale stabilito dalla previgente normativa non si fosse ancora esaurito.

Nota di Flavia de Zigno

 

     Svolgimento del processo – Con decreto in data 21 maggio 1993 il Presidente del tribunale di Milano ingiunse alla Rex Rotary Italia s.p.a. di pagare alla società Lloyd Italico Assicurazioni s.p.a. la somma di lire 36.625.510 dovuta a titolo di regresso e rivalsa, in quanto pagata all’amministrazione doganale per tributi maturati in relazione all’importazione di merce di proprietà della stessa Rex Rotary Italia per cono dello spedizioniere doganale Spedizioni Virgin Trans s.r.l., ammesso dalla dogana al beneficio del pagamento differito.
     Contro tale decreto propose opposizione davanti al tribunale di Milano la NRG Italia s.p.a. quale incorporante della Rex Rotary Italia s.p.a.
Con sentenza depositata il 14 aprile 1997, il giudice adito accolse l’opposizione e, per l’effetto, revocò il decreto ingiuntivo opposto.
     La Corte di appello di Milano, investita del gravame proposto dalla soccombente, pur accogliendo alcuni motivi dell’appello, confermò la revoca del d.i., osservando in parte motiva: — che, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prima cure, dai documenti prodotti si ricavava la prova univoca del pagamento, ad opera dell’appellante, dei diritti richiesti; — che anche il motivo principale dell’appello era fondato, dovendo la società appellante ritenersi legittimata, in conformità di quanto statuito da questo S.C. (15 gennaio 1993, n. 499 — S.U. — e 14 febbraio 1997, n. 1871) a proporre la domanda di surrogazione e di regresso nei confronti del proprietario importatore delle merci; — che non vi era alcuna preclusione processuale ad esaminare l’eccezione di prescrizione, atteso che il tribunale, avendo accertato in senso negativo i fatti costitutivi del diritto in contestazione, non poteva giudicare sulla sopravvenuta estinzione del credito per maturata prescrizione, in quanto già in radice era stato negato che il credito era venuto ad esistenza in capo al soggetto che aveva agito in giudizio; — che era fondata l’eccezione di prescrizione, sollevata dall’opponente, atteso che l’art. 29 della legge 29 dicembre 1990 n. 428, che riduceva i termini di prescrizione di cui all’art. 84 della legge doganale da cinque a tre anni, era applicabile alla fattispecie in esame, in quanto, al momento di entrata in vigore della legge, la fattispecie prescrizionale non poteva considerarsi ancora compiuta, posto che il termine di cui alla legge precedente non era ancora scaduto.
     Per la cassazione di tale sentenza la società Lloyd Italico assicurazioni ha proposto ricorso, sulla base di quattro motivi, cui ha resistito con controricorso la società N.R.G. Italia s.p.a., la quale ha, a sua volta, proposto ricorso incidentale condizionato.

     Motivi della decisione – 1) Va disposta preliminarmente la riunione dei due ricorsi, ex art. 335 cod. proc. civ., trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza.
     2) Deve essere esaminato prioritariamente, sotto il profilo logico, il quarto motivo del ricorso principale, con il quale, deducendosi violazione e falsa applicazione degli artt. 1949, 1950, 1951 c.c., nonché contraddittorietà della motivazione, si assume che, erroneamente la corte di appello aveva affermato che alla surrogazione ed al regresso del fideiussore si applicava la stessa prescrizione prevista dall’art. 84 del T.U. n. 43/1973 e non l’ordinaria prescrizione decennale. Al contrario, la compagnia assicuratrice aveva esercitato sia l’azione di surroga spettante al fideiussore ex art. 1203 – 1494 c.c., sia la distinta ed autonoma azione di regresso contro il debitore ex art. 1950 c.c.. Era, quindi, limitativo considerare il diritto di regresso come effetto dinamico del diritto di surroga, posto che l’art. 1950 c.c. configura, rispetto a quella di cui al precedente art. 1949 c.c., un’azione autonoma, che consegue al pagamento effettuato, con portata obbiettiva diversa. Dal che conseguiva che il diritto di regresso del fideiussore si prescrive, ai sensi all’art. 2946 c.c., solo dopo la decorrenza di dieci anni dalla data del pagamento.
     Il motivo è infondato.
     Questa corte, con la sentenza 14 febbraio 1997, n. 1413 ha affermato, in subiecta materia, il seguente principio: «Allorché lo spedizioniere doganale, nell’eseguire le operazioni in dogana per conto del proprietario della merce, si avvale della facoltà di differire il pagamento dei tributi doganali ai sensi degli artt. 78 e 79 del T.U. 23 gennaio 1973, n. 43, stipulando all’uopo una polizza fideiussoria sostitutiva della cauzione, la società di assicurazione che ha prestato la fideiussione ed è costretta al pagamento dell’ammontare dei tributi medesimi, ha diritto di surrogazione e regresso (artt. 1949 – 1951 cod. civ.) nei confronti del proprietario importatore, il quale, nonostante il ricorso all’attività dello spedizioniere (che assume la veste di condebitore in solido), rimane soggetto passivo del rapporto tributario e, quindi, dell’obbligazione garantita. Detti diritti di surrogazione e regresso, dato il rapporto di identità oggettiva dell’obbligazione del proprietario nei confronti del fideiussore e dell’amministrazione finanziaria, si prescrivono nello stesso termine di cinque anni previsto dall’art. 84 del citato d. P.R. n. 43 del 1973 pre la prescrizione dell’azione dello Stato per la riscossione dei diritti doganali».
     Siffatto principio, che si fonda, sostanzialmente, su quanto statuito dalle S.U. di questa corte, con la sentenza n. 499/1993, è pienamente condiviso dal collegio e deve, pertanto, trovare ulteriore conferma nella fattispecie in esame, con conseguente rigetto della doglianza in esame.
     3) Con il primo motivo, la ricorrente principale lamenta violazione, erronea e falsa applicazione degli artt. 10-11 preleggi e dell’art. 84 D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia. Deduce che la corte milanese aveva ritenuto applicabile nella fattispecie il minor termine triennale di prescrizione, introdotto dall’art. 29 L. 29 dicembre 1990 n. 428 ed aveva erroneamente escluso l’operatività del divieto di irretroattività della legge di cui all’art. 11 peleggi. La legge n. 428/1990 era entrata in vigore (ex art. 84 T.U.L.D., aveva espressamente posticipato la propria efficacia al 90° giorno successivo e, pertanto, al 27 aprile1991. Come risultava dagli atti, l’ultima diffida interruttiva della prescrizione era stata ricevuta dalla controparte il 31 gennaio 1989, dopodiché, a quattro anni di distanza, in data 28 giugno 1993, era stato notificato il decreto ingiuntivo opposto. Trattandosi di obbligazione tributaria assolta dal fideiussore mediante il pagamento effettuato il 9 gennaio 1989 e, dunque, ben prima dell’entrata in vigore della legge 428/1990, nella fattispecie non poteva trovare applicazione la nuova disciplina della prescrizione triennale, bensì l’originaria formulazione dell’art. 84 TULD, che prevedeva la prescrizione quinquennale. La corte d’appello aveva, al contrario, del tutto disatteso il principio dell’irretroattività della legge di cui all’art. 11 preleggi, affermando che, nel caso di successione di leggi nel tempo che regolino diversamente il termine di prescrizione, se tale termine è ancora in corso al momento dell’entrata in vigore della legge successiva, la fattispecie prescrizionale non può considerarsi compiuta.
     Con il secondo motivo la ricorrente principale, lamentando violazione di norme di legge (artt. 29 L. 29 dicembre 1990 n. 428 e 12 preleggi), nonché omessa e contraddittoria motivazione in ordine a più punti decisivi della controversia, deduce che la corte di appello aveva erroneamente interpretato, in violazione dell’art. 12 preleggi, la norma che aveva istituito il minor termine triennale di prescrizione, desumendo dalla sua formulazione un’inesistente intenzione del legislatore volta ad attribuire efficacia immediata alla nuova disciplina, per tutte le fattispecie ove il più lungo termine di prescrizione vigente non si fosse ancora consumato alla data di entrata in vigore della nuova legge. Al contrario, non solo il legislatore non aveva in alcun modo manifestato l’intenzione di derogare nella fattispecie al principio di irretroattività della legge (volontà che avrebbe, comunque, dovuto risultare in maniera espressa), ma addirittura la stessa legge n. 428/1990, in altro comma dello stesso articolo riferito ad altra fattispecie, aveva manifestato chiaramente l’intenzione di derogare al principio di irretroattività della legge. Infatti, secondo la ricorrente, l’art. 29, 1° comma, nel disciplinare il termine di prescrizione dell’art. 84 D.P.R. 23 gennaio 1973 n. 43, nonché il termine di decadenza del rimborso spettante al contribuente per diritti doganali pagati in eccesso, di cui all’art. 91 della stessa legge n. 43/1973, testualmente recita: «A decorrere dal 90 giorno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge, il predetto termine ed il termine di prescrizione dell’art. 84 dello stesso testo unico sono ridotti a tre anni»; al contrario, l’art., 29 VII comma, nel disciplinare la diversa fattispecie di rimborso al contribuente di diritti doganali, imposte di fabbricazione e di consumo ed altri dritti riscossi in base a norme nazionali incompatibili con norme comunitarie (rimborso previsto dall’art. 29 IV commaà, testualmnete recita: “la disponibilità contenuta nel comma II si applica anche quando il rimborso concerne somme versate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge”. Orbene, sia interpretando tali norme secondo un criterio letterale, sia secondo i criteri logico-sistematico e storico, si perveniva alla medesima ed inequivocabile conclusione.
     I motivi, da esaminare congiuntamente essendo strettamente connessi, sono infondati.
     Costituisce, nell’ambito della giurisprudenza di questo S.C., ius receptum il principio secondo cui l’intervento di una norma di legge che prolunghi la durata di un termine prescrizionale, quale già fissata da precedente legge, e che entri in vigore prima che tale periodo di durata sia già integralmente decorso (prima, quindi, che si sia verificato l’effetto estintivo del diritto soggetto a prescrizione), esplica la sua efficacia sulla situazione giuridica ancora pendente e, dunque, su un rapporto giuridico non ancora esaurito, e vale, naturalmente, a prolungare quel termine per la durata stabilita dalla nuova norma.
     È fuori discussione che la regola contenuta nell’art. 11 delle preleggi, in forza del quale «la legge non dispone che per l’avvenire; essa non ha efficacia retroattiva», che sancisce l’irretroattività della legge, costituisce un principio generale dell’ordinamento giuridico, per cui il contrario principio della retroattività della legge rappresenta un’eccezione, alla quale si può e si deve ricorrere solo in caso di estrema necessità, con la conseguenza che, in generale, la nuova norma non può essere applicata a rapporti già esauriti o agli effetti già avverati di un fatto passato.
     Problema diverso, peraltro, è quello di stabilire se la nuova norma possa essere applicata a rapporti ancora in corso di formazione al momento della sua entrata in vigore o agli effetti non ancora verificatisi di un determinato fatto, quando la norma stessa è dettata per regolare ex novo non già il fatto generatore del rapporto, ma le conseguenze giuridiche che ne scaturiscono. A tale problema è stata data risposta affermativa, alla stregua della teoria denominata dei facta praeterita, secondo cui la nuova norma deve essere applicata, oltre che ai rapporti in via d formazione, anche agi effetti non esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente,qualora la stessa sia diretta a disciplinare tali effetti, prescindendo dal fatto o dall’atto giuridico che li generò.
     Da questi rilievi deriva l’infondatezza della tesi sostenuta dalla ricorrente, atteso che con tale tesi si intende, in definitiva, sostenere che la nuova norma di cui art. 29 L. 29 dicembre 1990 n. 428, con la quale è stato previsto un termine di prescrizione più breve (tre anni) di quello (cinque) prima stabilito dalla legge doganale, non debba incidere anche su quei diritti, come quello di cui alla fattispecie, che non si siano ancora esauriti al momento dell’entrata in vigore della medesima, per non essere ancora decorso il termine di prescrizione fissato dalla norma precedente. Invero, una norma che — come l’art. 29 della legge citata — diminuisce la durata di un termine prescrizionale, quale già fissata da una precedente norma, e che entri in vigore prima che tale periodo prescrizionale sia già integralmente decorso, cioè prima che si sia verificata l’estinzione del diritto soggetto a prescrizione, esplica senza dubbio la sua efficacia sul rapporto giuridico ancora pendente e perciò, non potendo considerarsi retroattiva, vale a diminuire il termine precedente per la nuova durata da essa stabilita.
     Considerato che, con la disposizione di legge in esame, il legislatore ha inteso regolare gli effetti e non il fatto generatore del diritto, si deve ritenere che proprio la conclusione invocata dalla ricorrente verrebbe a violare quel principio generale di certezza dei rapporti giuridici che costituisce un cardine fondamentale dell’ordinamento giuridico. In conclusione, si deve affermare che solo se, al momento dell’entrata in vigore della nuova disposizione di legge, sia già decorso il termine di prescrizione stabilito dalla disposizione precedente, il diritto va considerato ormai irrimediabilmente estinto, mentre la nuova disposizione deve trovare applicazione, quando, non essendo il rapporto ancora esaurito, il termine di prescrizione sia ancora in corso.
     Poiché, nella specie, pacificamente ricorre questa ultima ipotesi, non merita censura la sentenza impugnata, la quale, facendo esatta applicazione dei suindicati principi di diritto, ha ritenuto applicabile il nuovo termine prescrizionale previsto dall’art. 29 L. 428/1990, non essendo, sulla base della precedente normativa (art. 84 del D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), ancora prescritto il diritto.
     4) Con il terzo motivo del ricorso principale, lamentando violazione dell’art. 252 disp. att. cod. civ., nonché omessa e contraddittoria motivazione, si deduce che, in base a detta norma, una deroga all’irretroattività della legge è configurabile solo quando il legislatore abbia inteso applicare l’ambito di esercizio o le possibilità di acquisto di un diritto, non quando l’applicazione di una nuova norma ad una fattispecie già in corso comporti la restrizione di esercizio del diritto o la perdita del diritto stesso.
     Il motivo, alla stregua delle considerazioni che precedono,essendosi dimostrato che nella specie non si versa in un’ipotesi di applicazione retroattiva di una disposizione di legge, deve ritenersi sostanzialmente assorbito.
     Non senza considerare che, comunque, la norma menzionata regola, solo ed esclusivamente il regime transitorio fra le leggi anteriori al codice ed il codice medesimo, e non fra questo e le leggi posteriori.
(Omissis)

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