La sentenza della Cassazione civile n. 11443/2003 in materia di successione delle leggi nel tempo, si è pronunciata per la prima volta, a quanto consta dai precedenti reperibili, sulla applicabilità all’azione di regresso-surroga di un’impresa di assicurazione del termine prescrizionale più breve introdotto a seguito dell’entrata in vigore della L. 428/1990 (T.U. in materia doganale).
I giudici di legittimità hanno premesso essere pacifico nel nostro ordinamento che l’efficacia delle leggi nel tempo è regolata dal divieto di retroattività, a norma dell’art. 11 disposizioni sulla legge in generale, ma che tale principio trova applicazione al fatto compiuto, i cui effetti siano esauriti al tempo di entrata in vigore della nuova normativa.
Pure per la dottrina il limite intrinseco alla retroattività delle nuove norme infatti è quello costituito dalla intangibilità degli effetti perfetti, derivante dall’affidamento prestato dalle parti, principio che si esprime nella formula dei diritti quesiti.
La Suprema Corte ha osservato peraltro che la nuova norma deve essere applicata sia ai rapporti in via di formazione, sia agli effetti non esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente, quando la norma sia diretta a disciplinare tali effetti, prescindendo dal fatto o atto giuridico che li ha generati.
La sentenza n. 11443/2003 ha affermato che in caso di successione di più leggi nel tempo, che regolino diversamente il termine di prescrizione relativamente a particolari materie, se il termine prescrizionale è ancora in corso al momento dell’entrata in vigore della legge successiva, la fattispecie prescrizionale non può considerarsi ancora compiuta. Ne consegue che l’applicabilità della nuova legge, con cui siano stabiliti nuovi termini di prescrizione, discende dalla naturale efficacia normativa delle nuove disposizioni e non comporta una deroga al criterio del divieto di retroattività delle leggi.
Tale enunciazione è pienamente condivisibile, solo che si consideri che la prescrizione è una fattispecie a formazione progressiva, in quanto comincia a formarsi con decorrenza dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e si completa (ed esaurisce) con il decorso del tempo e per effetto del mancato esercizio del diritto per il tempo determinato dalla legge; compiendosi ed esaurendosi unicamente con la scadenza del termine stabilito dalla legge.
Lo ius superveniens in materia di prescrizione agisce solo sulle fattispecie compiute; i precedenti editi della Suprema Corte hanno infatti affrontato la fattispecie dei termini prescrizionali più elevati introdotti dalla nuova legge: cfr. Cass. 1152/1995 e 741/1989, la quale ultima ha osservato che, ove alla data di entrata in vigore il termine di prescrizione sia ancora in corso è applicabile il nuovo più ampio termine di prescrizione, senza che ciò implichi violazione dell’art. 11 delle preleggi.
La sentenza ha poi ribadito l’altro principio, già espresso dalla sentenza 1413/1997 e in applicazione della statuizione delle S.U. della Corte nella decisione n. 499/1993, secondo cui l’ammissione dello spedizioniere operatore doganale al regime del pagamento periodico e/o differito attiene solo a una modifica delle modalità di “solutio”; l’obbligazione garantita resta pur sempre il debito d’imposta gravante sul proprietario imprenditore e quindi l’azione di surroga e di regresso dell’assicuratore ha lo stesso contenuto. Conformemente all’orientamento della Suprema Corte in tema di azione dell’assicuratore “il diritto di surrogazione dell’assicuratore che ha pagato un’indennità all’assicurato danneggiato ex art. 1916 c.c. si risolve in una peculiare forma di successione nel diritto di credito dell’assicurato verso il terzo responsabile (nella specie, il diritto del destinatario di ottenere dal vettore il risarcimento del danno per la perdita del carico, ai sensi dell’art. 1963 c.c.), che non incide sull’identità oggettiva del credito; ne consegue che, in tema di prescrizione, rimane applicabile il termine previsto dalla legge in relazione all’originaria natura del credito (nella specie, un anno, ai sensi dell’art. 2951, comma 1, c.c.) (Cass. civ. Se. III, 3.12.2002, n. 17157)