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ottobre 2002

Giurisprudenza

I

TRIBUNALE ROMA, ordin. 17 luglio 2002 – Falabella G.U. – Balducci Cadeaux s.r.l. c. Scip s.r.l. ed altri
     Nella procedura di dismissione del patrimonio pubblico, ai sensi della legge n. 410 del 2001, per vendita in blocco deve intendersi la contestualità della vendita di singole unità immobiliari e non la vendita del complesso di unità immobiliasri ubicate nel medesimo stabile, con la conseguenza che la mancata offerta in vendita dei lotti, senza indicazione del prezzo base della singola unità al momento della messa all’asta del lotto aggregato costituiscono lesione del diritto di prelazione previsto a favore del conduttore dalla legge n. 392 del 1978.

II

TRIBUNALE ROMA, ordin. 7 agosto 2002 – Fucci Presidente – Rossi Estensore – Scip s.r.l. c. Carriage 26 s.r.l.
     Nella procedura di dismissione del patrimonio pubblico, ai sensi della legge n. 410 del 2001, per vendita in blocco deve intendersi la vendita dell’intero stabile, cioè una vendita in massa, senza tener conto dei singoli beni che costituiscono la partita; il conduttore di uno degli immobili compresi nella vendita in blocco non ha perciò diritto né alla prelazione né al riscatto previsti dalla legge n. 392 del 1978.

Commento di Carla Grossi

I

     (Omissis) Anzitutto può ritenersi che l’odierna istante vanti il diritto di prelazione ex art. 38 l. n. 392/1978 con riferimento a entrambe le unità immobiliari di cui al ricorso. ai fini di un tale convincimento, suscettibile di basarsi su un dato di verosimiglianza – attesa la natura sommaria della cognizione del presente procedimento – rilevano: a) la circostanza per cui la Balducci Cadeaux pare condurre in locazione non solo l’unità immobiliare posta al piano terra, ma anche quella ubicata al primo piano, come si ricava dalla missiva in data 23.2.2001 dell’INAIL, originaria proprietaria dei beni di cui trattasi; b) il fatto che quella di “oreficeria e orologeria”, menzionata in entrambi i documenti contrattuali prodotti in causa, è attività imprenditoriale implicante, per regola, il diretto contatto con un pubblico di utenti e consumatori.
     Ciò posto, è da osservare che, nei casi di dismissione del patrimonio immobiliare disciplinati dalla l. n. 410/2001 il diritto di prelazione del conduttore sussiste nel solo caso di vendita frazionata (art. 3, 5° co. l. cit.). Il dettaglio della procedura di alienazione e il coordinamento tra questa e l’esercizio della prelazione è poi contenuta nell’allegato 3 del d.m. 18.12.2001. Secondo quanto condivisibilmente affermato da questo stesso Tribunale in altri procedimenti, è da credere che la procedura di alienazione si articoli in due fasi: la prima di queste vede l’offerta in vendita delle singole unità immobiliari mediante “lotti singoli”, eventualmente aggiudicati in via provvisoria, condizionatamente al mancato esercizio della prelazione; nella seconda fase sono posti invece all’asta i “lotti aggregati”, composti da più unità immobiliari, con indicazione del prezzo base di ciascuno di esse. Letta in tal modo la norma regolamentare ha una sua logica precisa: il meccanismo della preliminare messa in vendita dei lotti singoli (e cioè delle singole unità immobiliari, partitamente intese), con aggiudicazione solo provvisoria, e – in caso di mancata aggiudicazione – il sistema dell’offerta dei lotti aggregati con indicazione del prezzo base dei vari immobili che detto lotto compongono consentano all’avente diritto di esercitare il proprio diritto di prelazione: segnatamente, quest’ultimo accorgimento rende possibile lo scorporo, dal lotto aggregato, dell’unità su cui la prelazione debba essere esercitata e la ricomposizione del lotto stesso con indicazione del nuovo prezzo base.
     Diverse soluzioni interpretative non paiono appaganti. Così, non sembra decisivo il riferimento, contenuto nel decreto, alla “vendita in blocco”. L’espressione non è certamente felice, ma essa non indica altro, e di più, che la contestualità delle singole vendite all’incanto. Non è plausibile, infatti, che con tale locuzione si sia voluto indicare che l’asta debba riguardare sin dall’inizio il complesso delle unità immobiliari destinate ad uso non abitativo che sono ubicate nel medesimo stabile (in tal senso argomenta la S.C.I.P. in memoria difensiva). Se così fosse i lotti aggregati dovrebbero essere formati dal complesso delle unità immobiliari site in più fabbricati e, cosa ancora più incomprensibile, al momento di mettere all’asta siffatti, abnormi, compendi andrebbe specificato il prezzo base d’asta dei lotti singoli, come sopra definiti: l’articolata procedura studiata per l’esercizio della prelazione dovrebbe quindi valere per le ipotesi, del tutto residuali, e sicuramente eccezionali, in cui si possa individuare un soggetto che sia conduttore della totalità delle unità immobiliari destinate ad uso non abitativo situate nello stesso stabile. A tacere del fatto, poi, che l’indicata soluzione ermeneutica poggia, in ultima analisi, sullo stravolgimento del significato proprio del temine “immobile” (da offrire in vendita in lotto singolo): che se è del tutto naturale assimilare detto termine a quello di “unità immobiliare” ed è pure possibile, ma in modo atecnico, qualificare “immobile” l’intero fabbricato, non pare lecito attribuire al vocabolo in discorso il senso che si vorrebbe annettergli la difesa della S.C.I.P., e cioè quello di insieme di unità immobiliari ubicate nel medesimo stabile ma caratterizzate dall’omogeneità della destinazione d’uso.
     Ora, appare evidente che come in altra occasione puntualmente rilevato (Trib. Roma, ard. 2.7.2002, est. Martinelli), la mancata offerta in vendita in lotti singoli, la mancata indicazione del prezzo base della singola unità immobiliare al momento della messa all’asta del lotto aggregato e la mancata offerta in prelazione del bene locato (circostanze, queste, che sono state tutte edotte dal ricorrente e non sono state contestate) determinino una lesione del diritto che il conduttore vanta a norma dell’art. 38 l. n. 92/1978.
     Né la Balducci Cadeaux potrebbe far salvo il diritto in questione mediante l’esercizio del riscatto: e invero, come sopra rilevato, la legge esclude la prelazione (e quindi, il retratto) in caso di vendita cumulativa; detta soluzione non è contraddittoria rispetto al riconoscimento del diritto di prelazione nell’ipotesi di violazione delle disposizioni regolamentari circa l’alienazione: il sistema si preoccupa infatti di realizzare un contemperamento tra le esigenze del terzo, che a fronte di una vendita cumulativa coltiva un ragionevole e incolpevole affidamento sull’inesistenza del diritto di prelazione (e ha un interesse, meritevole di tutela, quanto alla conservazione del compendio definitivamente acquistato – con regolare contratto di compravendita – ”in blocco”), e quelle del locatario, il cui diritto è leso dall’inosservanza delle regole procedurali di cui qui si dibatte. È da aggiungere, poi, che in concreto all’esperibilità del riscatto osta un’altra circostanza: e invero, essendo l’immobile venduto insieme ad altri, a un controvalore unitario, ne rimane indeterminato il prezzo.
     L’esistenza del fumus boni juris trova quindi conferma.
     Oggetto di positivo riscontro è anche il periculum in mora: appare ben dubbio che, una volta perfezionatasi la vendita, lo strumento risarcitorio sia in grado di ripristinare integralmente lo status quo ante: ciò in quanto all’indisponibilità del bene (un immobile in cui viene esercitata un’avviata attività di impresa) si riconnette un pregiudizio, patrimoniale, ben difficilmente quantificabile e riparabile in tutte le sue derivazioni.
     Ora, se la S.C.I.P. non ha il diritto, nei confronti dell’istante, di vendere l’immobile senza che siano rispettate le procedure fissate normativamente (e preordinate anche a salvaguardare il diritto di prelazione del conduttore), ciò significa che, quantomeno, la Balducci Cadeaux possa ottenere una pronuncia di mero accertamento sul punto. e se il diritto può essere tutelato con una sentenza dichiarativa, per certo può emettersi una tutela ex art. 700 della medesima natura, ove sussistono ragioni di urgenza: ove, cioè, nell’assenza di quella certezza che il provvedimento giurisprudenziale dovrà porre, in salvo al giudizio di merito, possano essere nel frattempo assunte delle iniziative che arrechino un grave pregiudizio alla parte che è titolare del diritto controverso. La locataria può tuttavia ottenere anche una vera e propria inibitoria: deve infatti riconoscersi, con la migliore dottrina, che siffatta tutela, di tipo preventivo, non ha l’attributo della tipicità, risultando piuttosto attingibile in tutti quei casi in cui lo strumento risarcitorio si mostri sostanzialmente, e nel complesso, inadeguato (come è nella fattispecie). A onor del vero, la tutela inibitoria non offre molto di più dell’accertamento: il divieto di stipulare il contratto di compravendita è infatti in concreto con coercibile e in presenza della sua violazione non è certo ipotizzabile l’esecuzione in forma specifica prevista dall’art. 2933 cod. civ. Vero è, piuttosto che l’inibitoria è la declaratoria del diritto, costituiscono, entrambi, strumenti idonei a provocare, nella pratica, l’adempimento della resistente all’obbligo di non facere, insorgere dalla riconosciuta violazione dello jus prelationis
(Omissis)

 

II

     Rilevato in atto che:
     con ricorso ex art. 700 cod. proc. civ. depositato il 7 maggio 2002, la srl Carriage 26, conduttrice di un immobile di proprietà dell’INPDAI ricompreso nel programma di cartolarizzazione degli immobili dello Stato e degli altri enti pubblici, chiedeva l’emissione di un provvedimento di urgenza con il quale ordinare alla SCIP srl, società addetta all’operazione di cartolarizzazione, alla Aptafin spa risulta aggiudicataria del lotto del quale fa parte l’immobile condotto in locazione dalla ricorrente, al Consorzio G 6 Advisor, al notaio Luigi La Gioia di «non procedere alla stipula del rogito della compravendita dell’unità immobiliare ricompresa nel Lotto 117 e condotta dalla ricorrente; osservando tutti gli obblighi che ne derivano – così richiesti all’Ill.mo Tribunale di Roma – al fine di permettere alla ricorrente l’esercizio del diritto di prelazione, nei modi e termini di legge»;
     a fondamento del ricorso deduceva: la irregolarità della procedura seguita dalla SCIP che, in violazione della disciplina prevista dal DM 18 dicembre 2001 e, in particolare, dell’allegato 3 del decreto, aveva omesso di procedere alla vendita delle singole unità immobiliari prevista dalla prima fase di cui al suddetto allegato, non aveva consentito l’esercizio del diritto di prelazione, spettante al conduttore di immobile adibito ad uso non abitativo (art. 38 legge 392/78), aveva indicato quale prezzo base dell’incanto il prezzo del coacervo degli immobili posti in vendita e non delle singole unità immobiliari;
     deduceva quindi la sussistenza del fumus boni juris consistente nella titolarità del diritto di prelazione leso dalla irregolarità della procedura svolta;
     in ordine al periculum, rilevava la sussistenza del pregiudizio grave ed irreparabile derivante dalla stipulata dell’atto di trasferimento della proprietà dell’immobile condotto in locazione e dalla impossibilità di far valere il diritto di prelazione;
si costituiva la SCIP srl chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependo, in via preliminare, la nullità/inammissibilità del ricorso per non avere la ricorrente indicato il giudizio di merito in vista del quale è stato chiesto il provvedimento cautelare; in particolare, la carenza delle conclusioni di merito e della indicazione del petitum e della causa petendi del giudizio; in ordine al fumus boni juris, rilevava che – a voler ritenere oggetto del giudizio di merito – l’accertamento e la declaratoria della sussistenza del diritto di prelazione, il ricorso non poteva essere accolto non essendo data, nel nostro ordinamento, tutela cautelare alle domande dichiarative ; contestava , inoltre, la sussistenza del diritto di prelazione della ricorrente rilevando che l’allegato 3 del DM 18 dicembre 2001 prevedeva la dismissione del patrimonio immobiliare mediante offerta di vendita in blocco degli immobili; che la ratio della normativa predisposta al fine di consentire la (rapida) acquisizione di liquidità alle casse dello Stato non avrebbe potuto ritenersi compatibile con l’ipotesi di vendita frazionata (di singole unità immobiliari); che, in contrario, la finalità perseguita era quella di favorire i grossi investitori interessati all’acquisto di più unità; che il diritto di prelazione poteva ritenersi sussistente solo nell’ipotesi del cd. monoconduttore, ossia solo nel caso di unico conduttore dell’intero lotto posto all’incanto; contestava, infine, la sussistenza del periculum;
     con provvedimento in data 2 luglio 2002 il giudice accoglieva il ricorso respingendo l’eccezione di nullità del ricorso, potendosi evincere dal complessivo contesto del ricorso, «l’oggetto della futura richiesta di merito che, nel caso, … è facilissimo individuare, in quanto non può che essere l’emissione di una sentenza che confermi il provvedimento cautelare che inibisce la vendita»; nel merito, riteneva sussistente il requisito del fumus, dovendosi ritenere non rispettata dalla SCIP la procedura prevista dall’allegato 3 del DM 18 dicembre 2001: in particolare, la distinzione nelle due fasi di vendita: la prima di “lotti singoli” – ossia singole unità immobiliari – da porre all’incanto; la seconda di lotti aggregati, la mancata indicazione del prezzo base della singola unità immobiliare, la mancata offerta in prelazione agli aventi diritto al prezzo base, con conseguente impossibilità di esercizio del diritto di prelazione da parte del conduttore della singola unità immobiliare. riteneva altresì sussistente il requisito del periculum in quanto «il manato acquisto della cosa condotta in locazione può comportare un danno non soltanto di carattere economico e, quindi, almeno in parte non riparabile»;
avverso il provvedimento d’urgenza ha proposto reclamo la società SCIP censurando, innanzitutto, la decisione del giudice designato in relazione alla individuazione della domanda di merito connessa al procedimento cautelare e lamentando la violazione del disposto dell’art. 112 cod. proc. civ.; nel merito, contestando la sussistenza del fumus e del periculum riconosciuti, invece, nel provvedimento reclamato;
     si è costituita la società Carriage 26 deducendo la infondatezza del reclamo e chiedendo la conferma del provvedimento cautelare;
     discussa la controversia, il Collegio si riservava la decisone, previa acquisizione del fascicolo della precedente fase cautelare;
     osserva in diritto:
     la funzione strumentale, rispetto alla cognizione, rappresenta una delle caratteristiche peculiari del provvedimento d’urgenza ed è evidenziata dalla formulazione letterale della norma dell’art. 700 cod. proc. civ.: «chi ha fondato motivo di temere che durante il tempo occorrente a far valere il suo diritto in via ordinaria, questo sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile, può chiedere con ricorso al giudice i provvedimenti d’urgenza … più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito».
     La giurisprudenza, di merito e di legittimità, ha costantemente affermato la natura strumentale dei provvedimenti d’urgenza di cui all’art. 700 cod. proc. civ., in quanto rivolti ad evitare che la natura pronuncia del giudice possa restare pregiudicata dal tempo necessario ad ottenerla.
     Sotto il profilo oggettivo, il limite alla concessione del provvedimento (anche ove si voglia ritenere che questo possa avere un contenuto qualitativamente diverso da quello della futura decisione di merito) è segnato dalla domanda della parte istante, i cui effetti e la misura cautelare deve anticipare.
     Dalla caratteristica testé illustrata del provvedimento cautelare, e in particolare, del provvedimento di urgenza (volto a offrire tutela cautelare a situazioni atipiche, “non codificate”), discende che la parte che chiede la misura cautelare ha l’onore di indicare – con sufficiente specificazione – il giudizio possa valutare la idoneità del provvedimento richiesto a tutelare il diritto di cui la parte si assume titolare, ovvero possa emettere una pronuncia che si attagli utilmente al caso concreto, sia perché con la tutela d’urgenza non può conseguirsi un risultato maggiore e diverso da quello conseguente alla pronuncia emessa all’esito della cognizione ordinaria.
     Orbene, nel caso di specie, la Carrige 26 non ha indicato specificamente, nel ricorso cautelare, le conclusioni che intende proporre nel giudizio di merito indicandone il petitum e la causa petendi, ma non ha neppure offerto elementi sufficienti per consentire al giudice quell’attività di interpretazione dell’atto che, superando la angustie del formalismo, conduce alla emissione del provvedimento ed a regolare il caso concreto sottoposto alla sua cognizione.
     Non va inoltre trascurato di rilevare che l’art. 669 novies cod. proc. civ. dispone che il provvedimento cautelare diventa inefficace se il procedimento di merito – quello appunto indicato nel ricorso cautelare – non è iniziato nel termine perentorio fissato dal giudice. La vaghezza o genericità della indicazione del ricorrente, sul punto, importerebbe la impossibilità anche di questa ulteriore, successiva, verifica.
     Il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato, decidendo sulla eccezione di nullità/inammissibilità del ricorso ha ritenuto che dal contesto complessivo del ricorso si desume, agevolmente, che «l’oggetto della futura richiesta di merito» non può che essere «l’emissione di una sentenza che confermi il provvedimento cautelare che inibisce la vendita».
     A parere del Collegio, la motivazione, oltre che tautologica, appare anche in contrasto con le stesse deduzioni della ricorrente.
     Ed infatti, la Carrige 26, nell’unico punto nel quale fa riferimento al giudizio di merito, deduce che sussiste il pregiudizio nelle more del «giudizio ordinario al fine di far valere e riconoscere il proprio diritto di prelazione».
Non è dunque (e non potrebbe esserlo) la vendita fra SCIP ed Aptafin oggetto del futuro giudizio di merito, ma il diritto di prelazione riconosciuto al conduttore della normativa della legge 392/78 e di cui la ricorrente assume di essere titolare anche nell’ipotesi di vendita disposta ai sensi del dm 18/12/2001.
     Non può, di certo, ritenersi sufficiente alla verifica della strumentalità l’affermazione di voler «far valere e riconoscere» un diritto.
     In assenza della indicazione delle conclusioni di merito, del petitum e della causa petendi, la richiesta cautelare potrebbe essere ritenuta collegata ad un’azione dichiarativa del diritto di prelazione (e il nostro ordinamento prevede sentenze di mero accertamento). Questa interpretazione urta, però, con le conclusioni del ricorso cautelare, con il quale non è stato chiesto un mero accertamento, e dall’altro induce, come effetto, il venir meno della funzione propria dello strumento cautelare d’urgenza che è quella di assicurare concretamente in via provvisoria, gli effetti della decisione sul merito.
     In conclusione, ritiene il collegio che il ricorso cautelare presentato dalla Corriage 26 srl, in quanto privo della indicazione del giudizio di merito, sia inammissibile e, pertanto, il reclamo merita accoglimento.
     Per completezza di motivazione, deve osservarsi che questo Collegio ritiene comunque insussistente il requisito del fumus necessario per l’emissione del provvedimento di urgenza.
     Ed invero, contrariamente a quanto sostenuto dal giudice della precedente fase del procedimento cautelare, nella fattispecie in esame, deve ritenersi che la conduttrice non possa esercitare il diritto di prelazione di cui all’art.38 della legge 392/78 indipendentemente dal recente intervento interpretativo del DM 16 luglio 2002 – pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 24 luglio c.a. – di cui si è discusso nel corso dell’udienza di comparizione delle parti, deve infatti ritenersi che, sulla base delle disposizioni che regolano la materia della privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico , la SCIP abbia correttamente proceduto alla vendita del lotto 117 e che la conduttrice reclamata non può esercitare – in ragione di quanto si dirà – il diritto di prelazione di cui all’art.38 legge 392/78.
     Il Collegio non condivide, infatti, l’interpretazione che il giudice della precedente fase cautelare ha ritenuto di adottare con riguardo alle prescrizione contenute nell’allegato 3 al DM 18 dicembre 2001.
     L’allegato 3 al DM 18 dicembre 2001, nel disciplinare la procedura per la vendita dei beni immobili a carattere commerciale facenti parte del piano straordinario di dismissione trasferiti alle società di cartolarizzazione, al punto 1, prevede che questi siano venduti mediante l’esperimento di procedure articolate in due fasi. Nella prima fase, «ciascun immobile è offerto in vendita in blocco in un lotto singolo», mentre nella seconda sono offerti in vendita lotti aggregati.
Secondo l’interpretazione del giudice della precedente fase, il quale nel provvedimento richiama le argomentazioni esposte nel provvedimento in data 19 marzo 2002, «l’esame attento dell’intero testo dell’Allegato 3 rivela con sufficiente chiarezza che per “lotto singolo” deve intendersi lotto formato da una singola unità immobiliare e che il termine “immobile” è adoperato nel senso, del resto più usuale, di singola unità immobiliare».
     Ritiene invece il Collegio che l’interpretazione del testo dell’Allegato 3 non possa prescindere dalla lettura del DM 18 dicembre 2001 e, prima ancora del dl 351/01 convertito nella legge 410/01 al fine di ricercare se, nella complessiva disciplina che regola la materia, sia possibile evidenziare l’uso di una differente terminologia per distinguere il singolo immobile (oggetto del singolo contratto di locazione) dal fabbricato nel quale lo stesso è posto.
     L’attenzione del Collegio si è appuntata, in particolare, sull’art .3 del decreto 351/01: al punto 3 dell’articolo in questione si legge: « È riconosciuto in favore dei conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale il diritto di opzione per l’acquisto … a prezzo determinato… »; al punto 5 dello stesso articolo, in relazione ai contratti ad uso diverso da quello residenziale, è previsto che «il diritto di prelazione eventualmente spettante ai sensi di legge ai conduttori delle singole unità immobiliari ad uso diverso da quello residenziale può essere esercitato unicamente nel caso di vendita frazionata degli immobili». Infine, al punto 9 si legge: «La determinazione esatta del prezzo di vendita di ciascun bene immobile e unità immobiliare … » è demandata all’Agenzia del territorio o a società aventi particolare esperienza nel settore immobiliare.
     Nel decreto 351 è quindi presente ed evidenziata la differenza tra unità immobiliare ed immobile.
     Il DM 18 dicembre 2001 riprende la terminologia adoperata nel dl 351 e, infatti, l’art. 4, laddove discorre di beni immobili a carattere commerciale trasferiti alle società di cartolarizzazione, dispone che «Agli effetti del presente
decreto e del primo decreto del Ministro dell’economia, dagli immobili di cui al precedente capoverso sono escluse le unità immobiliari ad uso abitativo o con contratto di locazione ad uso abitativo».
     Quando, dunque, nell’allegato 3, nel disciplinare le modalità della vendita degli immobili a carattere commerciale, si discorre di «immobile offerto in vendita» non può che ritenersi che oggetto della vendita sia l’intero stabile.
     Deve peraltro osservarsi che l’uso dell’espressione “in blocco” – ciascun immobile è offerto in vendita in blocco – non può ritenersi priva di significato e non è in contraddizione con la precedente “ciascun immobile”.
     Ed invero, premesso che anche nel linguaggio comune per immobile si può intendere un intero prefabbricato e non soltanto la singola unità immobiliare e premesso ancora che, per quanto sopra visto, i termini immobile ed unità immobiliare sono utilizzati con riferimento a fattispecie diverse, ove si fosse voluto procedere alla dismissione degli immobili a carattere commerciale mediante vendita di singole unità immobiliari, non avrebbe avuto senso aggiungere l’espressione “in blocco”. Per vendita in blocco si intende infatti la vendita in massa, tutto insieme, senza tener conto delle singole cose che costituiscono la partita.
     Pertanto, considerato che ai sensi dell’art. 3 punto 5 del dl 351/01, il diritto di prelazione del conduttore può essere esercitato unicamente nel caso di vendita frazionata e che nelle ipotesi di vendita in blocco la giurisprudenza della Cassazione (vedi, fra le altre, Cass. 2 ottobre 1998 n.9788, Cass. 21 ottobre n.10427) ha costantemente affermato che «In tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello d’abitazione, nel caso di vendita in blocco dell’intero edificio nel quale si trova l’immobile locato, il conduttore di questo non ha diritto alla prelazione ed al riscatto previsti dagli art. 38 e 39 l. 27 luglio 1978 n.392 né sulla singola unità immobiliare, per non essere separabile dal tutto, né sull’intero edificio, trattandosi di bene diverso da quello locato» (Cassazione civile sez. III, 2 ottobre 1998, n. 9788), il reclamo deve essere accolto ed il provvedimento revocato.
(Omissis)  

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