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ottobre 2002

Studî e commenti

CARLA GROSSI

Cartolarizzazione degli immobili di enti previdenziali
e diritto di prelazione del conduttore

     La legge 23 novembre 2001, n. 401 ha convertito il decreto 25 settembre 2001, n. 351 recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo di fondi comuni di investimento immobiliare. L’art. 3 della legge di conversione prevede che i beni degli enti pubblici non territoriali ed i beni strumentali già attribuiti a società a totale partecipazione pubblica siano trasferiti a titolo oneroso a società, appositamente costituite, aventi ad oggetto la realizzazione di una o più operazioni di cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio dello Stato e degli enti pubblici come sopra individuati. Le società di cartolarizzazione provvedono, di poi, alla vendita degli immobili a loro trasferiti secondo le modalità contenute nei decreti emessi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
     L’art. 3, n. 5 della legge n. 401/2001 espressamente prevede: «Il diritto di prelazione eventualmente spettante ai sensi di legge ai conduttori delle singole unità immobiliari ad uso diverso da quello residenziale può essere esercitato unicamente nel caso di vendita frazionata degli immobili. ( …) Le modalità di esercizio della prelazione sono determinati con decreti di cui al comma 1 (id est, i decreti ministeriali)».
     La legge cui fa riferimento il testo sopra riportato è la n. 392/78 (cd. “legge sull’equo canone”), art. 38, laddove si attribuisce ai conduttori di immobili adibiti ad uso diverso dall’abitativo il diritto di prelazione in caso di vendita dell’immobile locato.
     Negli anni trascorsi della entrata in vigore della Legge 392/78, la Suprema Corte ha costantemente affermato che nel caso in cui la vendita abbia ad oggetto l’intero immobile, da cielo a terra (vendita in blocco) «sebbene l’edificio si articoli in una pluralità di unità immobiliari autonome, tuttavia non è possibile, quando si voglia vendere l’edificio nella sua interezza, procedere alla separazione delle singole unità né sul piano fisico né su quello giuridico e pertanto al conduttore di una di tali unità non potrà spettare la prelazione né sull’unità stessa, che non è separabile dal tutto, né sull’intero edificio, che è un bene diverso da quello locato» (Cass., sez. III, 19 maggio 1990 n. 4519, Tecnomeccanica s.n.c. c. Butti Bruno ed altri).
     Non vi è dubbio, infatti, che l’oggetto del diritto di prelazione non può che essere il medesimo bene oggetto del contratto di locazione.
     Ma la Cassazione ha specificato che sarebbe troppo semplicistico concludere che ogni qualvolta non via sia identità tra l’oggetto della vendita e quello del contratto di locazione, il conduttore perda il diritto di prelazione. E, infatti, nel caso in cui oggetto della vendita siano più beni, tra i quali anche quello locato, ciascuno con una propria autonomia, «si è in realtà in presenza di una vendita cumulativa. In tal caso, applicando lo stesso principio, si dovrà negare al conduttore di una delle unità il diritto di prelazione solo quando risulti inequivocabilmente accertato, in concreto e con riferimento a fattori di carattere obbiettivo, che gli immobili posti in vendita, tra cui quello locato, possono considerarsi strutturalmente omogenei e funzionalmente coordinati così da costituire un unicum, un’entità patrimoniale cioè, distinta e diversa dal bene oggetto della locazione. Tale accertamento, che è l’unico che possa giustificare l’esclusione dello jus praelationis, deve ovviamente essere effettuato in relazione alla situazione esistente al momento della denuntiatio, in cui nasce il diritto di prelazione o, in mancanza di denuntiatio, al momento della compravendita, in cui nasce il succedaneo diritto di riscatto». (Cass. 19 maggio 1990, n. 4519, cit. Cfr. anche, nel medesimo senso, Cass., sez. III, 23 febbraio 1991, n. 1956, Avagliano c. Leone; Cass., sez. III, 3 novembre 1993, n. 10835, Istituto Bancario S. Paolo di Torino c. Immobiliare Vanvitelli s.p.a.).
     La Legge 410/2001 ha esattamente recepito il dettato normativo, così come interpretato e applicato dalla Corte di Cassazione, laddove ha previsto che in caso di vendita frazionata degli immobili trasferiti alle società di cartolarizzazione, i conduttori degli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione hanno diritto di prelazione.
     I problemi sorgono, invece, dal contenuto dai decreti emanati dal Ministero dell’Economia per regolamentare le procedure di vendita.
     Nell’allegato 3 del decreto 18 dicembre 2001 il Ministero dell’Economia ha dettato le procedure per la vendita degli immobili a carattere commerciale facenti parte del piano straordinario di dismissione, trasferiti alle società di cartolarizzazione. La procedura di vendita prevede due distinte fasi. Nella prima di esse «ciascun immobile è offerto in vendita in blocco, in un lotto singolo (ciascuno un “Lotto singolo”), mentre nella seconda fase gli immobili sono offerti in vendita in lotti aggregati (ciascuno un “Lotto aggregato”). … In caso di offerta di lotti aggregati, l’avviso di asta specifica anche il prezzo base d’asta per ciascuno degli immobili facenti parte del lotto aggregato» (D.M. 18 dicembre 2001, allegato 3, art. 1).
     Il decreto precisa, inoltre, che «gli immobili non venduti in lotti singoli nel corso della prima fase, sono organizzati in lotti aggregati ed offerti in vendita nella seconda fase, in più turni successivi di aste».
     L’interpretazione del D.M. 18 dicembre 2001 è di difficile soluzione. In primo luogo, la locuzione «immobili a carattere commerciale» è usata in modo improprio. Infatti tale locuzione potrebbe riferirsi solo agli immobili adibiti ad attività commerciale, restando esclusi gli immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione ma ad attività diverse da quella commerciale (uffici, studi professionali, scuole private, agenzie di assicurazione, etc.); inoltre, se il decreto avesse voluto riferirsi ai soli immobili adibiti ad attività commerciale, non ha specificato se in tale categoria debbano essere compresi anche gli immobili adibiti ad attività non avente diretto contatto con il pubblico.
     L’anomalia di tale locuzione deve essere sembrata evidente anche allo stesso Ministero dell’Economia il quale in data 15 marzo 2002 ha emanato un decreto contenente integrazioni interpretative al decreto ministeriale del 18 dicembre 2001; il Ministero ha dunque precisato che per beni a carattere commerciale si devono intendere tutte le unità immobiliari facenti parte del piano straordinario di dismissione, trasferite alle società di cartolarizzazione, con esclusione delle unità immobiliari locate con contratto di locazione, in tutto o in parte, ad uso abitativo.
     Ciononostante, il DM 18 dicembre 2001 è comunque di difficilissima interpretazione ed ha causato il ricorso all’autorità giudiziaria di alcuni conduttori di locali adibiti ad uso diverso di abitazione che lamentavano la violazione del proprio diritto di prelazione.
     È accaduto, infatti, che le società di cartolarizzazione abbiano proceduto alla vendita degli immobili loro trasferiti, mettendo all’asta dei “lotti singoli” composti non dall’intero immobile (da cielo a terra) bensì da un insieme di immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione, siti nel medesimo edificio, senza offrire i detti immobili in prelazione ai rispettivi conduttori. Questi hanno adito l’autorità giudiziaria con ricorso ex art. 700 cod. proc. civ., per impedire che gli immobili, aggiudicati al termine dell’asta, fossero trasferiti in proprietà agli acquirenti.
     Occorre premettere che molto si è discusso, in dottrina e giurisprudenza, circa la possibilità di inibire in via cautelare e d’urgenza la vendita di un immobile per mancato rispetto del diritto di prelazione del conduttore; senza tediare a lungo il lettore, la giurisprudenza è concorde nel negare la possibilità del ricorso al procedimento ex art. 700 cod. proc. civ. in quanto «il diritto di prelazione non può considerarsi leso fino a quando l’immobile non viene venduto in concreto, in violazione della normativa posta a tutela del diritto stesso. (…) Il sistema legislativo appare congegnato in maniera tale che le sanzioni previste (il diritto di riscatto, n.d.r.) operino soltanto in caso di avvenuta vendita in violazione della normativa sulla prelazione» (T. Roma, sezione 6°, n. R.G. 11449/02, G. Martinelli ord. 19 marzo 2002, SCIP s.r.l. c. Carriage 26 s.r.l.).
     In altre parole, giacché la tutela accordata dal procedimento cautelare è anticipatoria rispetto alla tutela ordinaria del successivo giudizio di merito, se nel giudizio ordinario non è possibile ottenere una sentenza che impedisca al proprietario di vendere, seppure abbia violato il diritto di prelazione del conduttore, il giudice del provvedimento cautelare non può emettere un provvedimento che non potrà poi essere confermato nel giudizio di merito. Dunque, al conduttore leso non resta altro che attendere l’avvenuta vendita dell’immobile oggetto del contratto di locazione e poi agire per vedere riconosciuto il proprio diritto al riscatto dell’immobile od al risarcimento del danno.
     A prescindere da tale questione, squisitamente processuale, i giudici che si sono trovati ad applicare la Legge n. 410/2001 ed i regolamenti ministeriali ad essa collegati, hanno avuto non poche difficoltà a comprendere l’esatto significato da attribuire al termine “in blocco” accostato a “lotto singolo”.
     Nell’ordinanza sopra citata il giudice ha concluso che, laddove nel regolamento ministeriale è usato il termine “immobile”, deve intendersi la singola unità immobiliare perché, se così non fosse, «allora non soltanto per immobile non potrebbe intendersi altro che intero edificio e i lotti aggregati dovrebbero essere formati unicamente mediante aggregazione di interi edifici, ma sarebbe anche vero che l’indicazione del prezzo base d’asta del singolo edificio sarebbe finalizzata solo a salvaguardare la possibilità del diritto di prelazione da parte dei conduttori di interi edifici, che, come è noto, sono più unici che rari: veramente non sta in piedi!» (T. Roma, sezione 6°, n. R.G. 11449/02, G. Martinelli ord. 19 marzo 2002, SCIP s.r.l. c. Carriage 26 s.r.l.).
     Il giudice del reclamo non ha condiviso tale interpretazione ed ha concluso che «quando nell’allegato 3 (al D.M. 18 dicembre 2001 , n.d.r.) nel disciplinare le modalità della vendita degli immobili a carattere commerciale, si discorre di immobile offerto in vendita non può che ritenersi che oggetto della vendita sia l’intero stabile» e pertanto il conduttore della singola unità immobiliare non ha diritto di prelazione (T. Roma, sezione feriale, n. R.G. 53181/2002, ord. 7 agosto 2002, SCIP c. Carriage 26 s.r.l.) .
     Le conclusioni del Tribunale che ha esaminato il reclamo sembrerebbero inappuntabili ma non è così; dalla lettura del testo della Legge n. 410/2001 e dei successivi decreti ministeriali si giunge a conclusioni opposte a quelle assunte dai giudici del reclamo.
     Non si può concordare con quanti hanno sostenuto che le vendite disciplinate dall’allegato 3 al DM 18 dicembre 2001 abbiano ad oggetto edifici interi, da cielo a terra (“in blocco”); nell’art. 4 di tale decreto, infatti, si legge che gli immobili a carattere commerciale sono alienati nel rispetto degli eventuali diritti di prelazione e che da tali immobili sono escluse le unità immobiliari ad uso abitativo o locate ad uso abitativo. Dunque, quando nel DM 18 dicembre 2001 si parla di immobili a carattere commerciale, non si intende la vendita dell’intero edificio giacché si ipotizza che nel medesimo edificio esistano unità immobiliari ad uso abitativo, escluse dalle modalità di vendita dettate dall’allegato 3. Se ne deve concludere che, nel primo esperimento di vendita previsto nel DM 18 dicembre 2001, allegato 3, n. 1, laddove si dice che i beni immobili a carattere commerciale sono «offerti in vendita in blocco, in un lotto singolo», la vendita dovrebbe avere ad oggetto singole unità immobiliari ad uso diverso dall’abitativo, offerte in un medesimo esperimento di asta.
     Tale conclusione è confermata dal contenuto del DM 16 luglio 2002 laddove si precisa che per vendita “in blocco” «deve intendersi che nella prima fase devono essere offerte in vendita congiuntamente (in blocco) tutte le unità immobiliari ad uso diverso dall’abitazione (…) site in un medesimo edificio o in un medesimo complesso immobiliare, che costituiscono nel loro insieme un lotto singolo, con riferimento al quale sono fissati i termini e le condizioni di vendita».
     Il Ministero ha anche precisato che «i riferimenti nei punti 3 e 4 dell’allegato 3 (…) a diritti di prelazione dei conduttori per i lotti singoli o per i lotti aggregati offerti in vendita si intendono come riferimenti al diritto di prelazione eventualmente spettante al conduttore in relazione a ciascun lotto da questi condotto interamente in locazione, offerto in vendita come tale o in forma aggregata e non in relazione alle singole unità immobiliari facenti parte di detto lotto singolo».
     Dunque è definitivamente chiarito che le vendite operate dalle società di cartolarizzazione non sono vendite cd. “in blocco” ma “cumulative”; ciò posto, ci si chiede se una tale modalità di vendita, che pregiudica i diritti di prelazione dei conduttori delle singole unità immobiliari costituenti il “blocco”, sia legittima.
     È mio parere che così non sia e che le modalità di vendita sopra illustrate, alla luce delle più recenti interpretazioni fornite dal Ministero dell’Economia, violino l’art. 38 della Legge n. 392/8 nonché l’art. 3, n. 5 della Legge n. 410/2001.
In primo luogo, si noti che i regolamenti ministeriali che hanno disciplinato le procedure di vendita, hanno previsto che le società di cartolarizzazioni procedano solo a vendite cumulative, escludendo la possibilità di vendite frazionate, come pure previsto dall’art. 3 n. 5 della Legge n. 410/2001e, e, in definitiva, l’esercizio del diritto di prelazione. Né si può validamente eccepire che i decreti ministeriali prevedono l’esercizio del diritto di prelazione, giacché l’ipotesi ivi contenuta (unico conduttore di una serie di unità ad uso diverso dall’abitativo – e dunque negozi, uffici, studi professionale, etc. – site in un medesimo edificio o, addirittura, in un medesimo complesso immobiliare), non è solo residuale ma appare assolutamente fantastica.
     Non è di maggiore pregio l’osservazione che giustifica la vendita delle singole unità immobiliari in una sola vendita cumulativa in quanto esse costituirebbero un unicum; in realtà non si può affermare che il coacervo di unità poste in vendita in unico lotto, secondo le previsioni del DM 18 dicembre 2001 costituiscano una unità patrimoniale strutturalmente omogenea, così come costantemente precisato dalla Corte di Cassazione. Difatti, l’unico elemento comune alle singole unità immobiliari costituite in lotto si individua nell’essere state trasferite alle società di cartolarizzazione, ma questo elemento non può certamente attribuire alle somma degli immobili quel carattere unitario individuato dalla giurisprudenza.
     La ragione di tali artificiose procedure di vendita deve forse ricercarsi nell’intento di eludere il diritto di prelazione dei conduttori di singole unità immobiliari a favore dei grandi investitori; ma seppure questa fosse la ratio che ha determinato il Ministero a disciplinare i procedimenti per la vendita dei beni trasferiti alle società di cartolarizzazione, ciononostante non costituirebbe valida e legittima motivazione per sacrificare il diritto di prelazione.
     La Cassazione ha precisato, infatti, che «il diritto di prelazione, quale ius ad rem connesso ex lege al diritto di godimento a titolo di locazione (…) non ha carattere eccezionale. Da ciò consegue che carattere eccezionale invece deve essere riconosciuto alla limitazione all’esercizio dello jus praelationis che la giurisprudenza ammette nell’ipotesi di vendita in blocco dell’intero edificio. Dal che deriva l’ulteriore conseguenza che il principio giurisprudenziale deve essere interpretato restrittivamente. La distinzione tra vendita cumulativa di più beni e vendita di un intero edificio poggia essenzialmente sul fatto che nella prima ipotesi la individualità delle singole unità immobiliari poste in vendita non solo non può essere annullata, ma assume carattere dominante: e se in ordine a ciascuna di esse a ad alcuna soltanto sussiste altra situazione giuridica, accanto a quella relativa al diritto di proprietà, e cioè la situazione giuridica derivante dall’essere il bene oggetto di un contratto di locazione, tale situazione giuridica non può subire condizionamenti dalla cessione a terzi del bene unitamente ad altri» (Cass. 19 maggio 1990, n. 4519, cit.).
     Si deve concludere, alla luce di quanto sin qui considerato, che le modalità di alienazione degli immobili degli enti previdenziali, trasferiti alle società di cartolarizzazione, nel prevedere la vendita cumulativa delle unità immobiliari ad uso commerciale non strutturalmente omogenee, violino il diritto di prelazione dei conduttori previsto dall’art 38 della L. 392/78 e l’art. 3 n. 5 della Legge 410/01 nella parte in cui prevede che i conduttori hanno diritto di prelazione in caso di vendita frazionata.
     Un’ultima osservazione: laddove si volesse comunque affermare la legittimità delle modalità di vendita sin qui esaminate, le disposizioni normative e regolamentari sarebbero comunque affette da vizio di incostituzionalità. Difatti, i conduttori delle unità immobiliari considerate nei testi normativi esaminati vedrebbero pregiudicato l’esercizio del diritto di prelazione unicamente perché oggetto del diritto sono beni immobili trasferiti alle società di cartolarizzazione, nonostante essi abbiano stipulato contratti di locazione in tutto e per tutto identici a quelli sottoscritti da conduttori di beni immobili non trasferiti alle società di cartolarizzazione, conduttori che potranno esercitare il diritto di prelazione.
     La violazione dell’art. 3 della Costituzione non sembra possa trovare giustificazione in alcuna effettiva disparità di diritto sostanziale; al contrario, la manifesta diversità di trattamento di situazioni sostanzialmente identiche legittima il ricorso alla Corte Costituzionale a tutela dei diritti dei conduttori lesi dalle procedure di vendita previste nel D.M. 18 dicembre 2001.

 

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