dircomm.it luglio-agosto 2002 |
Studî e commenti |
ANTONIO GIOVANNONI
Nota a Cass., 23 giugno 2001, n. 8621 (sulla configurazione dell’azienda)
Con la sentenza del 23 giugno 2001, n. 8621 la Corte di Cassazione stabilisce alcuni interessanti principi in tema di trasferimento dazienda in sede fallimentare.
In via preliminare la Suprema Corte ha deciso che non è accoglibile la tesi secondo la quale non può configurarsi cessione dazienda ma solo cessione di singoli cespiti, qualora lattività imprenditoriale della ditta fallita non venga continuata successivamente alla dichiarazione di fallimento, e tale statuizione viene fondata ex art. 2119 cod. civ., il quale stabilisce che non costituisce giusta causa di risoluzione dei rapporti di lavoro il fallimento dellimprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dellazienda. Conseguentemente, gli stessi rapporti possono cessare soltanto a seguito dei licenziamenti operati dal curatore o a seguito della «dissoluzione della realtà aziendale», atteso che «il sistema normativo è chiaramente nel senso che i rapporti di lavoro continuano con lazienda in quanto tale».
È indubbio che il bene giuridico azienda, inteso come il complesso degli elementi materiali e giuridici organizzati al fine dellesercizio dellimpresa, può permanere anche quando gli organi concorsuali non ricorrano allesercizio provvisorio dellimpresa, in quanto lorganizzazione aziendale non viene meno per la mera cessazione dellattività per un periodo più o meno lungo, addirittura, la cessazione e, quindi, la dissoluzione del patrimonio aziendale è evitata dal trasferimento dellazienda posto in essere nellambito della procedura concorsuale.
Risulta inoltre applicabile, anche nellambito del trasferimento coattivo in sede concorsuale, lart. 2112, 1° comma, cod. civ., il quale sancisce che il rapporto di lavoro in corso con lazienda ceduta continua con il cessionario; tale soluzione si fonda sulla circostanza che la nozione di trasferimento dazienda prescinde dallesistenza di un rapporto contrattuale come nel caso di trasferimento coattivo in quanto assume «esclusivo rilievo non il mezzo giuridico in concreto impiegato ma soltanto che il nuovo imprenditore diventi titolare del complesso organizzato nel suo nucleo essenziale (cfr. ex pluribus Cass., n. 14568)». Las Suprema Corte ha ritenuto, inoltre, che alla suddetta soluzione non ostano: a) lart. 47, 5° comma, legge 29 dicembre 1990, n. 428, in quanto tale norma consente modifiche peggiorative in deroga allart. 2112 cod. civ. per salvaguardare loccupazione nel caso di trasferimento dazienda di impresa insolvente, purché limprenditore cessionario eserciti il potere modificativo sulla base di un contratto collettivo o individuale, ferma restando la continuazione dei rapporti di lavoro; b) il richiamo alla Direttiva 77187/CE, nellinterpretazione della Corte di Giustizia del 25 luglio 1991 n. C-362/1989 e 7 dicembre 1995 n. C-472/1993, atteso che tale Direttiva precisa i limiti di salvaguardia dei diritti dei lavoratori nel caso di trasferimento di aziende di imprese insolventi, ma non impedisce la previsione da parte delle legislazioni interne di maggiori livelli di tutela.
La Suprema Corte ha, infine, ritenuta fondata la motivazione del Tribunale, mediante la quale lo stesso era giunto alla conclusione che loggetto del trasferimento coattivo fosse costituito da un complesso funzionale di beni idoneo a consentire la prosecuzione della stessa attività imprenditoriale dellimpresa insolvente, alla stregua dei seguenti criteri: la formale designazione quale azienda dellesercizio commerciale ceduto sia nel bando dasta che nella proposta dacquisto da parte del cessionario; la considerazione unitaria dellimmobile, delle attrezzature, degli arredi e delle merci quale punto vendita con relativa autorizzazione amministrativa e relativo avviamento, adeguatamente stimato; la circostanza che lacquirente avesse sottoposto la proposta dacquisto alla condizione peraltro non accolta nellaggiudicazione e nel relativo decreto di trasferimento che non vi fossero rapporti di lavoro in atto, condizione che, pur non essendo preclusa dallart. 2112 cod. civ., come sopra rilevato, dimostrava che il proponente aveva inteso acquisire un complesso organizzato di beni