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giugno 2002

Studî e commenti

RANIERI RAZZANTE

Le agenzie in attività finanziarie: un nuovo intermediario?

     In pochi, a dire il vero, manifestarono perplessità quando lessero questo nome, «agenzie in attività finanziaria», nell’elenco dei soggetti obbligati ad alcuni degli adempimenti antiriciclaggio nel decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374. Un po’, vogliamo credere, perché non prestarono la necessaria attenzione alla materia, sapendo che essa doveva essere oggetto di completamento a mezzo di successivi decreti ministeriali; un po’ per ignoranza sulla configurazione di questo nuovo soggetto (1). Oggi, il Decreto del Ministro dell’Economia 13 dicembre 2001, n. 485, ci aiuta a meglio comprendere il contenuto di quest’attività, e possiamo esprimere – al riguardo – una più documentata considerazione.
     L’art. 2, infatti, dice che è «agente in attività finanziaria» chi (persona fisica o giuridica) (2) «viene stabilmente incaricato da uno o più intermediari finanziari di promuovere e concludere contratti riconducibili all’esercizio delle attività finanziarie previste dall’art. 106, co. 1, del TUB, senza disporre di autonomia nella fissazione dei prezzi e delle altre condizioni contrattuali».
     Non si considerano tali le attività di distribuzione di carte di pagamento e la promozione – da parte di fornitori di beni e servizi – di contratti compresi nell’esercizio delle attività finanziarie di cui all’art. 106, Co 1, del TUB (unicamente, però, per l’acquisto di propri beni e servizi sulla base di apposite convenzioni stipulate con intermediari finanziari).
     Ricordiamo che le attività di cui trattasi, e quindi esercitabili sotto forma di agenzie della specie, sono:
     1) l’assunzione di partecipazioni;
     2) la concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma;
     3) la prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi, tutti questi svolti nei confronti del pubblico.
     Se non erriamo, quindi, nell’interpretazione della norma del decreto in commento, essa crea delle sottospecie di “appendici” degli intermediari di cui all’elenco UIC ex art. 106 TUB. Delle “articolazioni operative”, come potremmo definirle, ovvero, ad abundantiam, una sorta di franchising di queste attività, con il dichiarato intento di diffonderle il più possibile, cosa che non si è evidentemente ritenuta sufficiente nella forma primigenia creata dal TUB (rectius: dalle norme di cui alla legge n. 197/1991, dalle quali, come noto, promanano gli artt. 106-107 citati).
     Delle esenzioni menzionate, mentre è in qualche modo giustificabile quella della distribuzione di carte di credito (3), la seconda non è proprio comprensibile, anche perché se consistesse in ciò che ci è dato di desumere (ossia fornitori di beni e servizi che stipulano convenzioni, ad esempio, per la concessione di finanziamenti ai loro clienti per l’acquisto dei propri beni e/o servizi), essa parrebbe – a nostro avviso – fuori luogo, dato che dette attività già hanno una precisa qualificazione (cioè più commerciale che finanziaria, laddove quest’ultima assume solo un connotato di accessorietà).
     Francamente, non rinveniamo nelle norme del decreto in esame altra ratio se non quella di permettere ad ulteriori soggetti, persone fisiche (con l’unico requisito della cittadinanza italiana e del diploma) e giuridiche (società di capitali con sede e direzione generale nel territorio della Repubblica, requisiti di onorabilità e professionalità di soci ed esponenti aziendali, svolgimento dell’attività per il tramite di persone fisiche iscritte nell’elenco), di avvicinarsi ad attività finanziarie.
     Sembrerebbe più un decreto “a sfondo occupazionale” che finanziario, se ci si passa il termine, che vuole in realtà farci dire, assumendoci la responsabilità di quanto andiamo affermando, che questa species «agenzia in attività finanziaria» proprio non ci convince.
     Ciò a maggior ragione se si va oltre nell’esame di questo decreto, che all’art. 3 istituisce un (altro!) elenco presso l’UIC, nel quale sono per l’appunto iscritte queste agenzie.
     Verranno iscritte sia le persone fisiche che quelle giuridiche in possesso dei requisiti che abbiamo sopra menzionato, laddove – per le società – si precisa ulteriormente che «rilevano i requisiti patrimoniali e di forma giuridica previsti nel codice civile». Quest’ultima frase ci crea quantomeno sconcerto, ed abbiamo almeno due quesiti per chi l’ha formulata:
     a) parlare contemporaneamente di «requisiti patrimoniali e forma giuridica» fa escludere che si possano utilizzare le formule delle società di persone, le quali – come noto – non necessitano di capitale minimo per la loro costituzione?
     b) come si concilierebbe l’adozione di tali formule, che prevedono patrimoni esigui, rispetto a quelli più rilevanti (di cinque volte, per la precisione) richiesti alle spa di origine?
     Che senso ha, poi, chiedere alle persone fisiche che lavorano per le agenzie in forma societaria l’iscrizione nel medesimo albo? Quale si ritiene che sia, allora, la vera scriminante tra le due forme di esercizio dell’attività de qua?
     L’art. 4 disciplina la possibilità, per soggetti esteri, di svolgere attività finanziaria in Italia. Essi dovranno avere una «stabile organizzazione» (4) nel nostro Paese, i requisiti di onorabilità, e dimostrare di adottare le prescrizioni del GAFI contro il riciclaggio (5).

Conclusioni.
     Le nostre convinzioni (o meglio, perplessità) circa questo nuovo provvedimento si confermano, in quanto ad incertezza e sensazione di inutilità, con la lettura del successivo art. 5. Esso abilità le agenzie ad altre attività, «strumentali e connesse» (ma a cosa?!): chiediamo pubblicamente di spiegarci cosa si intende «altre attività professionali per le quali sia richiesta l’iscrizione in altri elenchi, ruoli o albi tenuti da pubbliche autorità, ordini o consigli professionali, secondo il regime proprio di ciascuna». Ci appelliamo all’UIC, che dovrebbe stare per emanare ulteriori disposizioni di attuazione in materia, affinché ci fornisca la torcia per addentrarci in questa caverna così buia!

 

NOTE 

     (1) Si veda il nostro La nuova regolamentazione antiriciclaggio per le attività finanziarie cosiddette a rischio, in Impresa c.i., n. 10/1999, p. 1552.

     (2) La possibilità di opzione tra la configurazione personale o societaria era già stata prevista dall'art. 3 del d. lgs. n. 374/1999.

     (3) Anche se qui bisogna vedere se il legislatore intende riferirsi al profilo oggettivo dell'attività (mera “distribuzione”, quindi non finanziaria?), oppure “soggettivo” (coloro che distribuiscono dette carte sono, ipso facto, già intermediari finanziari).

     (4) Ma ciò, andando a memoria, non stride con qualche nostra norma fiscale, nonché con quelle europee sulla libera prestazione di servizi?

     (5) Detti principi sono commentati nel nostro La normativa antiriciclaggio in Italia, Torino, 1999.

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