1. Contestualità dell’autenticazione secondo il diritto italiano
L’autenticazione prevista nel codice civile dall’art. 2703 consiste nella dichiarazione da parte del Notaio (1) che una sottoscrizione (2) è stata apposta in sua presenza, previo accertamento dell’identità personale del sottoscrittore.
Nel nostro ordinamento il concetto stesso di autenticazione si fonda su un ineludibile principio di contestualità, nel presupposto che la data di autentica della firma/sottoscrizione è quella stessa in cui viene apposta: non ne è quindi possibile un differimento temporale.
Si ha per riconosciuta, infatti, quella sottoscrizione autenticata (art.2703 c.c.) di cui si certifica la verità in quel preciso momento storico della sua apposizione e che ad esso deve necessariamente corrispondere.
Lo scopo è quello di escludere la possibilità di contestazione di alcuni dei dati relativi ai soggetti in essi coinvolti, al fine di garantire sicurezza ai rapporti giuridici nella loro proiezione economica.
L’autenticazione pertanto si configura come un’equipollente del riconoscimento, secondo quanto stabilito dalla giurisprudenza (3); sotto questo profilo la scrittura privata autenticata non costituisce un tertium genus rispetto alla scrittura privata non autenticata e all’atto pubblico, atteso che l’autenticazione opera esclusivamente sul piano della prova e non della validità sostanziale dell’atto.
Sul piano probatorio l’autentica comporta l’effetto di escludere la possibilità di disconoscere la sottoscrizione, la cui autenticità è contestabile solo tramite querela di falso.
Nell’ordinamento italiano, il Notaio, che autentica la sottoscrizione, deve altresì esercitare un inderogabile controllo di legalità e liceità ex art. 28 della legge notarile (Legge 16 febbraio 1913 n.89) sul contenuto della scrittura privata autenticata, ovvero che non possa autenticare quelle scritture il cui contenuto sia espressamente proibito dalla legge o manifestamente contrario all’ordine pubblico (4).2. L'autentica della sottoscrizione nell’ordinamento lussemburghese: la Légalisation
Rispetto alle autenticazione delle sottoscrizioni il principio di contestualità non sembra costituire un presupposto imprescindibile in altri ordinamenti giuridici quale, ad esempio, quello del Lussemburgo.
“LEGALIZATION” (nell’accezione inglese) può riguardare semplicemente la paternità della firma apposta su un documento, prescindendo dalla data in cui essa sia intervenuta da parte del sottoscrittore, con riferimento al contenuto del documento firmato.
In Lussemburgo, tramite la “légalisation”, il Notaio può certificare e riconoscere la veridicità e l’autenticità della firma apposta in calce ad un atto, accertandosene in vari modi, indipendentemente dalla data in cui la stessa è stata apposta: una contemporaneità tra la data di apposizione della firma e quella della certificazione di autenticità può anche non sussistere.
Questa dissociazione è assolutamente divergente dal principio di contestualità esclusivo e proprio dell’ordinamento italiano: nel nostro sistema giuridico la certezza della data di sottoscrizione si coniuga indissolubilmente con la sua autenticità, nel senso che rappresentano due elementi propri di uno stesso tempo.
La Légalisation della sottoscrizione ha dunque la funzione di certificare esclusivamente la veridicità della sottoscrizione.
A conforto dell’opinione espressa la Corte di Cassazione, invece, in tema di scrittura privata autenticata all’estero, ha fissato il seguente principio giuridico: “il rispetto della lex fori italiana richiede che dall’autenticazione sia chiaramente desumibile che la sottoscrizione sia stata apposta alla presenza del notaio e che questi abbia accertato l’identità del sottoscrittore, mentre è irrilevante che l’autenticazione non sia intervenuta contestualmente alla sottoscrizione ma successivamente” (5).3. L’Apostille
Quando un documento pubblico, ovvero una scrittura privata autenticata devono circolare all’estero, si deve espletare la procedura della legalizzazione.
Introdotta dalla legge n.15 del 4 gennaio 1968 ed ora disciplinata dagli artt. 30-33 del D.P.R. 445/2000, la legalizzazione consiste nell’attestazione ufficiale della legale qualità del soggetto che ha formato o autenticato l’atto e dell’autenticità della firma apposta da costui.
Per gli atti formati all’estero la legalizzazione è compiuta dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all’estero, quindi è opera di un’autorità dello Stato di destinazione dell’atto estero e non già dello Stato di formazione dell’atto.
Se la ratio della legalizzazione è come detto quella di rendere utilizzabile un documento in un ordinamento statuale diverso da quello di formazione, la sua natura giuridica è quella di atto di certificazione, la quale riguarda tuttavia solo l’autenticità della sua provenienza e non già la sua validità.
La legalizzazione è considerata quale condicio iuris di efficacia dell’atto, valendo come requisito indispensabile per procedere alla trascrizione o iscrizione dell’atto straniero nei registri immobiliari italiani, come espressamente richiesto agli artt. 2657, 2674, 2837 e 2843 c.c.
La Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961 ha sostituito la Legalizzazione con la formula dell’Apostille: ad essa hanno aderito tutti quegli Stati “desiderosi di sopprimere la legalizzazione diplomatica degli atti pubblici esteri” (6) come si evince dal documento allegato al testo della stessa Convenzione.
Anche in tal caso si tratta di un atto di certificazione sia della qualità di pubblico ufficiale firmatario dell’atto, sia dell’autenticità della firma di costui (7).
La certificazione è effettuata dall’Autorità interna del Paese di provenienza dell’atto, senza alcun controllo esterno ad opera dell’agente consolare o diplomatico del paese in cui l’atto deve essere utilizzato, come accade di contro per la legalizzazione.
La procedura di legalizzazione vive una sua complessità caratterizzata dal fatto che, in relazione all’atto stesso, alle attestazioni di autenticità di competenza degli Uffici dello Stato di provenienza “seguono” ulteriori controlli da parte delle Autorità diplomatiche del Paese dal quale l’atto deve essere recepito, al fine di una circolazione che assicuri garanzie senza presentare incertezze (8).
Risulta evidente che entrambe le procedure, sia la legalizzazione in senso proprio che la apposizione del timbro di cui alla Convenzione dell’Aja (cd. Apostille), intervenendo successivamente al rilascio dei documenti pubblici, si configurano rispetto a questi ultimi, quali adempimenti successivi affinché gli atti relativi possano produrre efficacia all’estero.
Trattandosi, inoltre, come per la legalizzazione, di elemento esterno di efficacia e non già di requisito di validità formale dell’atto, si ritiene che l’Apostille possa essere apposta in ogni tempo con efficacia ex nunc, mentre l’atto mantiene i suoi originari effetti ex tunc: ciò comporta peraltro che, se apposta successivamente all’utilizzazione dell’atto, ne sana il difetto di operatività.
Tutti i documenti pubblici provenienti da quegli Stati che hanno già aderito alla citata Convenzione Internazionale, devono quindi recare a margine il ‘timbro Apostille’, mentre per gli Stati che non hanno aderito alla predetta Convenzione rimane in essere il procedimento di legalizzazione.
Autentica della firma/sottoscrizione e Apostille rappresentano quindi elementi imprescindibili di una fattispecie a formazione progressiva, tesa a tutelare la circolazione in sicurezza dei documenti all’estero, in un preciso ordine in cui l’Apostille deve seguire necessariamente la autentica della firma/sottoscrizione.Note
(1) o di un pubblico ufficiale autorizzato;
(2) Userò, indifferentemente, il termine “sottoscrizione” in alternativa a quello di “firma”;
(3) Cfr. Cass. Civ. 10375/2000;
(4) Gli articoli 2702 e 2703 c.c. integrano pertanto la disciplina contenuta nella legge notarile e nel regolamento, disponendo, per l’appunto, che il notaio deve attestare che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza e che la data della scrittura privata autenticata è certa e computabile riguardo ai terzi.
Anche alla luce della recente legge 28 novembre 2005 n. 246, che prescrive l’obbligo di conservazione delle scritture private autenticate soggette a pubblicità commerciale ed immobiliare, il legislatore riconosce sempre più un ruolo fondamentale alla scrittura privata autenticata nel regime di circolazione dei beni e della pubblicità, avvicinandolo, sotto più di un aspetto, all’atto pubblico;(5) S.U. Cass.n.10132/2006 e Cass. n.13228/2008;
(6) la cui portata soggettiva è definita nell’art. 1 della Convenzione;
(7) Si riportano due visualizzazioni grafiche di apostille;
(8) Per gli Stati che hanno aderito alla Convenzione dell’Aja, in luogo della legalizzazione, si procede, invece, alla semplice apposizione, a margine del documento, di un timbro - delle dimensioni e con le scritte individuate dalla citata Convenzione - da parte delle competenti Autorità centrali dello Stato in cui è l’atto è stato rilasciato, al quale nessun altro adempimento segue se non la cosiddetta APOSTILLA.