il diritto commerciale d’oggi
     IX.1– gennaio-ottobre 2010

STUDÎ & COMMENTI

 

ANTONIO GIOVANNONI

Le Alternative Dispute Resolution
nel sistema finanziario italiano

“Like or not you are a negotiator. Negotiation is a fact of life. You discuss a raise with your boss. You try to agree with a stranger on a price for his house. Two Lawyers try to settle a lawsuit arising from a car accident. A group of oil companies plan a joint venture exploring for offshore oil. A city official meets with union leaders to avert a transit strike. The United States Secretary of State sits down with his Soviet counterpart to seek an agreement limiting nuclear arms. All these are negotiations.” (Roger Fischer and William Ury, of the Harvard Negotiation Project, “Getting to yes”, second edition, Penguin Book, 1991).

 

Sommario: 1. Premessa: opportunità di ricorrere alle Alternative Dispute Resolution nel sistema (del diritto) finanziario. - 2. Forme di Alternative Dispute Resolution nel sistema finanziario italiano: la delega “imperfetta” alla Banca d’Italia e della CONSOB. - 3. L’Arbitro Bancario della Banca d’Italia. -5. L’Organismo di Conciliazione ed Arbitrato presso la CONSOB. - 6. Le forme di Alternative Dispute Resolution private: il Conciliatore Bancario dell’A.B.I. – 7. Considerazioni finali.

 

   1. Premessa: opportunità di ricorrere alle Alternative Dispute Resolution nel sistema (del diritto) finanziario
   La centralità del fattore tempo nel diritto degli affari, ha permesso di qualificare, in concorrenza con gli strumenti tipici contrattuali e di vigilanza, quale rapporto di specialità vi sia tra il sistema del diritto privato, il sistema del diritto commerciale ed il sistema del diritto finanziario (1).
   Il fattore tempo, infatti, diventa determinante (e qualificante) ogni volta in cui ci troviamo di fronte schemi negoziali progressivamente più complessi, i cui risultati devono poter essere apprezzati nello spazio di un istante, in funzione della certezza del loro adempimento al momento stabilito, proprio in virtù del dato economico sottostante.
   E ciò è ancora di più vero se tra le parti in gioco ce n’è una più debole delle altre.
Il sistema finanziario, nel suo insieme, ha sviluppato e continua a sviluppare sempre maggiori strumenti informativi volti, per quanto possibile, a far conoscere sul mercato, inteso come “l’aggregato degli scambi potenzialmente interferenti” (2), le reali capacità di adempimento di ciascun soggetto, sia esso uno stato sovrano che emette dei titolo di debito o sia un soggetto privato (3).
   In altre parole, i soggetti che operano sul mercato finanziario, più di ogni altro, hanno la necessità di conoscere, o poter conoscere, se l’adempimento avverrà al momento stabilito, rappresentando quell’istante, oltre l’adempimento, la riaffermazione del sistema medesimo. Inoltre, i soggetti istituzionali hanno il preciso obbligo di dover adeguatamente informare e tenere informati al riguardo la parte debole del rapporto.
Viceversa, ogni qualvolta l’istante dell’adempimento non viene rispettato, si crea un duplice effetto negativo, uno nei confronti del singolo ed uno nei confronti del sistema.
   Da quel momento tanto il singolo quanto il sistema cercano di trovare una nuova certezza in ordine all’adempimento, il primo attraverso le idonee azioni recuperatorie previste dall’ordinamento, il secondo riclassificando il presumibile tempo dell’adempimento.
   È evidente, che, in questa ottica, assume preminenza la possibilità di poter ricorrere a degli strumenti, i quali offrano la possibilità di risolvere le controversie in campo finanziario nel più breve tempo possibile, “rimettendo sul mercato la lite”, ovvero rimettendo il contrasto alla libertà di scelta potenzialmente interferente tra le parti in conflitto, ma non solo.
   È altrettanto evidente che, proprio perché il sistema finanziario coinvolge il risparmio e gli investimenti del paese, si rende necessario, come stabilito dal Legislatore, che questi strumenti siano amministrati dagli organismi preposti al controllo ed alla vigilanza del sistema finanziario, ovverosia la Banca d’Italia e la Consob.
   In realtà, al momento il Legislatore ha anche previsto la competenza concorrente di organismi, estranei al sistema di vigilanza finanziario, di poter predisporre degli strumenti in tal senso, lasciando alle parti la possibilità di scelta a quale mezzo ricorrere.
   Per questi motivi è ragionevole ritenere che gli strumenti di alternative dispute resolution (in seguito anche solo “A.D.R.”) - intesi, per ora, nella più ampia accezione di strumenti alternativi al processo civile - saranno largamente utilizzati con profitto nel nostro ordinamento.
Pertanto il ricorso da parte del Legislatore ai predetti strumenti, più che lo sforzo di riappropriarsi da parte di esso Legislatore di quel presunto eccesso di tutela giurisdizionale, che difenderebbe l’investitore dagli abusi dal mercato ed anche da sé (4), sembra giustificato dal voler dare maggiore (ed immediata) tutela all’investitore, il quale potrà scegliere se ed in che modo ricorrere a forme alternative di giustizia.
   A si aggiunga che, se gli organismi di vigilanza, in passato, avessero potuto amministrare (ma non dirigere) in via preventiva la fase patologica di un rapporto fosse anche un piccolo contesto intermediario-investitore, ciò gli avrebbe probabilmente consentito di conoscere immediatamente eventuali comportamenti non virtuosi del sistema e correggerli.
   Proprio sotto questo aspetto le previsioni contenute negli artt. 27 e 29 Legge n. 262/05 (c.d. Legge sul risparmio) vanno apprezzata nel preciso momento storico in cui sono state emanate, ovverosia in conseguenza dei noti default finanziari, che si sono verificati nel sistema finanziario italiano e mondiale.
   Inoltre, gli strumenti di alternative dispute resolution non credo possano neppure classificarsi solo uno strumento deflattivo del contenzioso. Intendiamoci, è evidente (e di per sé auspicabile) che il ricorso a tali strumenti porterà dei benefici alla Giustizia italiana, riducendo il numero dei giudizi relativi che ogni anno vengono iscritti e la velocità con cui vengono celebrati, ma questo è un effetto.
   Viceversa, detti strumenti rappresentano un completamento dell’offerta di giustizia, nell’ambito della libertà della scelta dei cittadini in ordine alla tutela dei propri diritti soggettivi disponibili, tutela che uno Stato, nel mondo contemporaneo, può e deve offrire ai suoi cittadini.
   Se così non fosse, come potremmo spiegare che le procedure di alternative dispute resolution (in seguito anche solo “A.D.R.”) abbiano trovato la loro attuale e concreta applicazione in un sistema giudiziario notoriamente conosciuto per la sua efficienza quale è quello statunitense?
Infine, lo spirito che anima il presente studio non vuole essere in alcun modo quello della esaustività espositiva delle singole procedure, data per acquisita, ma è quello di provare ad evidenziare alcuni aspetti sistematici e di merito in un dibattito destinato a crescere nell’immediato futuro.

   2. Forme di alternative dispute resolution nel sistema finanziario italiano: la delega “imperfetta” alla Banca d’Italia ed alla CONSOB
   Ad oggi le procedure di alternative dispute resolution in materia di diritti soggettivi disponibili in Italia sono rappresentati sostanzialmente - ma non solo, come vedremo nel prosieguo - dalla mediazione e dall’arbitrato. Quest’ultimo istituto, già da tempo parte integrante nel nostro ordinamento non sarà oggetto di esame del presente studio.
   La mediazione (5), invece, (re-)introdotta nel 1992 per limitate materie, sta trovando una compiuta disciplina in questi mesi, dapprima con l’emanazione del d.lgs. n. 28/10 (6), in virtù della L. 69/09, e con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 258 in data 4 novembre 2010 del Decreto Ministeriale, 18 ottobre 2010 n. 180, “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione, nonché l’approvazione delle indennità spettanti agli organismi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo n. 28 del 2010”.
   Il Legislatore delegato, ritenendo essenziale il preventivo ricorso alla mediazione, tanto per i relativi costi contenuti, che per la concentrazione ed oralità del procedimento (caratteristiche proprie dello stesso processo civile), ha previsto addirittura all’art. 5, d.lgs. n. 28/10, che il tentativo di mediazione sarà condizione di procedibilità dal 21 marzo 2011, - ovverosia trascorsi dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto -, di controversie afferenti diritti soggettivi disponibili, salvo alcune eccezioni. Va, inoltre, sottolineato che la domanda di mediazione, depositata presso un Organismo di mediazione, pubblico o privato, iscritto nell’apposito registro ministeriale e redatta secondo determinati requisiti, interrompe 1) i termini di prescrizione ai sensi dell'art. 2943 c.c. e, per una sola, 2) volta impedisce la decadenza dal diritto. Infine, all’accordo di conciliazione, una volta conclusi, sono accordati diversi benefici fiscali.
   Occorre, però, fare un passo indietro e ricordare che, con l’introduzione del processo societario con d.lgs. n. 5/06 (processo societario che, come noto, è stato abrogato per intero con esclusione delle norme sulla conciliazione facoltativa), il legislatore societario aveva introdotto la conciliazione facoltativa prevedendo l’articolazione del vigente sistema di mediazione nelle controversie civili e commerciali. Per completezza rileviamo che l’art. 23 del d.lgs. n. 28/10 ha abrogato le norme sulla conciliazione societaria, con la sostituzione e l’applicazione delle norme contenute nel predetto decreto (7).
   Inoltre, sulla base della conciliazione societaria il Legislatore, con l’art. 27 Legge n. 262/05 (c.d. Legge sul risparmio), ha dato delega al Governo per istituire in materia di servizi di investimento delle procedure conciliative, mentre con l’art. 29 del predetto decreto ha introdotto l’art. 128-bis del T.U.B. (già più volte integrato e riformato) che istituisce le procedure di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari, demandando al C.I.C.R., sentita la Banca d’Italia, la determinazione dei criteri di svolgimento.
   Il Governo, successivamente, ha dato attuazione alle deleghe ricevute e con d.lgs. 179/07 ha creato la Camera di Conciliazione presso la Consob (8), così come il C.I.C.R., con delibera n. 275 del 28 luglio 2008, sentita la Banca d’Italia, ha fissato i criteri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie istituendo l’Arbitro Bancario Finanziario (9).
   In prima analisi, quindi, non possiamo non riaffermare il principio di specialità del diritto finanziario rispetto al diritto commerciale ed al diritto privato, avendo il Legislatore, non solo previsto l’istituzione di procedure di risoluzione delle controversie ad hoc, ma ne ha affidato la strutturazione e la gestione agli organismi di vigilanza di riferimento, ritengo per due motivi, entrambi validi, fra loro interdipendenti:
   1. il primo è di ordine pubblico, in quanto l’Ente di riferimento potrà prendere immediata conoscenza di comportamenti non virtuosi dell’intermediario e sanzionarli, prescindendo dal risultato del procedimento (10);
   2. il secondo è instaurare una procedura innanzi all’Ente di controllo, per forza di cose, riporta su un piano di maggiore equilibrio il rapporto tra soggetto qualificato e cliente/parte debole, rispetto ad instaurare una procedura innanzi ad un altro organismo. Quest’ultimo, infatti, avrà la possibilità di “fare leva” sulla sua controparte proprio per quanto detto sub. 1.
   In seconda battuta, però, non si può non rilevare che la delega di funzioni attribuite alla Consob ed alla Banca d’Italia è imperfetta, o meglio non è stata attribuita in via esclusiva alle stesse.
In altre parole, il Legislatore ha previsto che le Istituzioni di controllo del sistema finanziario dovessero, concedendo loro dei poteri sanzionatori nei confronto di soggetti controllati inadempienti, dotarsi di sistemi di risoluzione delle controversie alternative al processo civile, ma vi è, comunque, la possibilità che altri enti pubblici o privati possono istituire, come hanno peraltro già istituito (11), degli organismi di mediazione, ai quali è data facoltà di amministrare procedure anche in materia bancaria e finanziaria.
   Questa scelta, a mio modo di vedere, è una scelta felice e di sicuro aiuto al buon funzionamento delle A.D.R., in quanto la consapevole facoltà di ricorrere a degli strumenti procedimentali differenti dal processo civile (tralasciando che a breve sarà condizione di procedibilità) concede alle partila reale possibilità di poter (e voler) definire una lite.
In questa ottica, quindi, la scelta dello strumento alternativo e la scelta del soggetto che amministra e dirige il procedimento danno maggiore forza e credibilità ad una nuova e più completa offerta di Giustizia.
   Ultimo aspetto, ma non ultimo per importanza, è la concorrenza che potrà nascere tra i diversi organismi per essere scelti da parte degli utenti, con evidente beneficio per questi ultimi nella fruizione dei servizi.
Ricapitolando, quindi, le alternative dispute resolution esistenti nel sistema finanziario italiano possono così elencarsi:
   - la procedura innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario presso la Banca d’Italia;
   - la procedura di conciliazione e di arbitrato in materia di servizi di investimento innanzi la Camera di Conciliazione ed Arbitrato presso la Consob;
   - le procedure di mediazione e di arbitrato innanzi agli altri organismi pubblici e privati iscritti presso il registro degli organismi di conciliazione del Ministero della Giustizia.

   3. L’Arbitro Bancario e Finanziario presso la Banca d’Italia
   L’Arbitro Bancario e Finanziario (in seguito anche solo “A.B.F.”) presso la Banca d’Italia è uno strumento di risoluzione delle controversie istituito ai sensi dell’art. 128-bis T.U.B. secondo i criteri stabiliti dal C.I.C.R., sentita la Banca d’Italia, con delibera 29 luglio 2008.
   L’A.B.F., divenuto operativo il 15 ottobre 2009, è già stato oggetto di diversi studi in ambito scientifico (12) ed ha già assunto una serie di pronunce in ambito bancario e finanziario (13), nelle più diverse materie nel rapporto banca-cliente.
   La procedura dell’A.B.F. può così schematizzarsi: un cliente di un intermediario ex art. 115 del T.U.B. (14), che abbia preventivamente esperito il procedimento di reclamo interno se previsto dall’Istituto di riferimento relativo a controversie successive al 1 gennaio 2007, per cui non sia già pendente un giudizio o una procedura di A.D.R. e di valore non superiore ad euro 100.000,00, presenta, previo versamenti dei diritti di avvio della procedura, una ricorso all’A.B.F., depositando l’apposito modulo ad una filiale della Banca d’Italia (15) e spedendo immediatamente copia del ricorso all’intermediario, che ha quarantacinque giorni di tempo per inviare le controdeduzioni.
Successivamente la segreteria tecnica compie l’istruttoria esclusivamente sulle allegazioni delle parti e le rimette all’arbitro che è costituito da un collegio formato da quattro membri ed un presidente ed è così composto: il presidente e due membri designati dalla Banca d’Italia, uno designato dalle associazioni degli intermediari ed uno designato dalle associazioni rappresentative dei clienti.
   Il collegio si pronuncia entro sessanta giorni da quando l’intermediario ha inviato le proprie deduzioni ovvero dall’inutile spirare del termine per il deposito delle controdeduzioni medesime.
   La decisione, presa a maggioranza, viene comunicata alle parti entro trenta giorni e nel medesimo termine, qualora non sia previsto altrimenti, se il ricorso viene accolto in tutto od in parte l’intermediario può (o deve?) adeguarsi al decisum, pena la pubblicità del suo inadempimento.
   Il provvedimento emesso dal Arbitro Bancario e Finanziario non è in alcun modo vincolante né per il cliente e neppure per l’intermediario. Quest’ultimo, però, qualora sia soccombente in tutto in parte e non adempia spontaneamente, come sopra detto è soggetto a veder reso pubblico il suo inadempimento.
   Più precisamente la Delibera C.I.C.R. del 29 luglio 2008 e le disposizioni di attuazione della Banca d’Italia emanate il 18 giugno 2009 prevedono “che l’inadempimento venga reso pubblico a cura delle segreterie tecniche – le strutture organizzative costituite presso la Banca d’Italia per fornire supporto tecnico-amministrativo ai Collegi - sui siti internet dell’Arbitro e della Banca d’Italia nonché, a cura e spese dell’intermediario, in due quotidiani ad ampia diffusione nazionale.
   L’autonomia e l’indipendenza dei Collegi rispetto alla Banca d’Italia non consentono di entrare nel merito delle decisioni assunte dall’Arbitro; la pubblicità costituisce quindi effetto automatico dell’inadempimento e non presuppone alcuna valutazione discrezionale da parte delle segreterie tecniche” (16).
   A ciò si aggiunga che la Banca d’Italia può valutare i comportamenti dell’intermediario in ordine alla trasparenza ed al rispetto delle norme che la regolano, anche prescindendo dalla “soccombenza” dell’intermediario stesso.
   In estrema sintesi, la procedura innanzi all’A.B.F. è una procedura volontaria che può essere azionata da un cliente di un intermediario ex art. 115 T.U.B. per controversie di valore non superiore ad euro 100.000,00 ed il provvedimento emesso dall’A.B.F. non è vincolante per le parti, salvo la pubblicità negativa nei confronti dell’intermediari che non adempiano a quanto stabilito dall’Arbitro stesso.
   Esaminando più da vicino questa procedura ci si rende conto che la stessa è una procedura aggiudicativa (e cioè che dà ragione ad una parte) che nulla ha a che vedere con la mediazione e, pur essendo molto simile all’arbitrato, il provvedimento che ne scaturisce non è vincolante per le parti.
   Pur non sapendo quanto (in-)consapevolmente - dico (in-)consapevolmente perché non ho trovato riscontro diretto né negli atti normativi e regolamentari, né negli studi sino ad ora compiuti - il Legislatore, il C.I.C.R. e la Banca d’Italia abbiano operato questa scelta, ma sembrerebbe che il procedimento innanzi all’A.B.F. (ad eccezione dei profili di pubblicità dell’inadempimento dell’intermediario) è ispirato ad una procedura di A.D.R. nota nel mondo anglosassone con il nome di Mini-trial, ovvero di Mini-processo.
   Il Mini-trial o Mini-processo, infatti, è una procedura privata alternativa al processo in cui le parti presentano le loro ragioni e le loro prove davanti ad un terzo, esperto e neutrale, che dirige un breve ed informale “processo”, emettendo un provvedimento non vincolante per le parti, che dovrebbe “predire” alle parti medesime l’esito di un giudizio vero e proprio (17).
   Quindi nel nostro ordinamento sembrerebbe aver trovato ingresso una nuova forma di A.D.R. sino ad ora non largamente utilizzata e conosciuta.
   L’intento, quindi, dell’A.B.F. è quello di fornire alle parti, in particolare al cliente, un precedente non vincolante in diritto sul caso specifico, a costi molto contenuti ed in tempi ragionevolmente brevi, come metro di paragone.
Quello che lascia perplessi è la scelta di pubblicizzare l’eventuale inadempimento dell’intermediario ad una pronuncia, magari perché ritenuta ingiusta, non avente alcun valore legale, neppure inter partes. Sarebbe, forse, stato sufficiente prevedere la sola facoltà sanzionatoria in capo alla Banca d’Italia, qualora si fossero ravvisati dei comportamenti dell’intermediario contra legem.
   Anche perché cosa succederà se fosse il cliente a non voler ottenere l’adempimento da parte dell’intermediario sulla base di una pronuncia che ritiene non satisfattiva dei propri interessi, preferendo il cliente proseguire per vie giudiziarie (e dopo aver esperito il tentativo di conciliazione di cui al d.lgs. 28/10)?
Ed ancora, sarebbe risarcibile il danno all’immagine sopportato da un intermediario che, successivamente alla pubblicità del suo inadempimento ad ottemperare una decisione dell’A.B.F., dovesse poi avere ragione in sede del successivo giudizio?
   Infine, perché prevedere un limite di valore (entro euro 100.000,00) per adire l’A.B.F., quando l’art. 128-bis T.U.B. demanda al C.I.C.R. di determinare i soli criteri “di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione dell'organo decidente, in modo che risulti assicurata l'imparzialità dello stesso e la rappresentatività dei soggetti interessati. Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidità, l'economicità della soluzione delle controversie e l'effettività della tutela” e non di escludere delle controversie da un certo valore in su?
   Da ultimo, il procedimento dell’A.B.F. non è una procedura di mediazione e, quindi, il suo esperimento non integrerà, rebus sic stantibus, il tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 5 del d.lgs. 28/10.
   Pertanto, in considerazione anche dei positivi riscontri che sta avendo sino ad ora l’A.B.F., una analisi ulteriore dei suddetti interrogativi potrebbe essere utile ad uno suo ulteriore sviluppo.

   4. La Camera di Conciliazione ed Arbitrato presso la CONSOB.
   La Camera di Conciliazione ed Arbitrato presso la Consob è stata istituita con d.lgs. 197/07 ed il regolamento è stato adottato successivamente in data 29 dicembre 2009 con delibera Consob n. 16763 (18).
   I soggetti che possono ricorrere alla Camera sono esclusivamente gli investitori diversi dalle controparti qualificate di cui all'articolo 6, comma 2-quater, lettera d) e dai clienti professionali di cui ai successivi commi 2-quinquies e 2-sexies, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, che vogliono agire nei confronti degli intermediari per la violazione da parte di questi degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori medesimi.
   La conciliazione è una delle procedure di A.D.R. amministrate dalla Camera e segue un proprio regolamento.
La procedura è attivata dall’investitore per controversie che non siano state sottoposte ad altre procedure e per le quali l’investitore abbia preventivamente esperito, ove previsto, la il reclamo prevista dall’intermediario.
   Introdotta così la procedura di Conciliazione si svolge come segue: la Camera invita l’intermediario ad aderire, quest’ultimo provvede a depositare il proprio atto di replica corredato di tutti i documenti contrattuali. Al fine di garantire il diritto al contraddittorio cartolare, tutti gli atti e documenti depositati sono inviati all’investitore a cura dell’intermediario.
   La Camera nomina un Conciliatore tra quelli iscritti presso i propri elenchi, il quale a sua volta provvede ad inviare l’accettazione, con l’impegno a rispettare gli obblighi di cui al codice deontologico e comunque rivenienti dalla funzione di conciliatore.
   Tratti essenziali della procedura di conciliazione sono a) la neutralità ed imparzialità del Conciliatore, b) l’assoluta assenza di formalità procedurali e c) l’obbligo di riservatezza in capo a tutte le parti che prendono parte alla procedura di conciliazione (19).
   Il procedimento, diretto nella più ampia libertà di direzione dal Conciliatore, può durare al massimo sessanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza di conciliazione, salvo tre casi eccezionali: a) si siano verificati oggettivi impedimenti del conciliatore o delle parti; b) sia emersa la necessità di acquisire informazioni e documenti indispensabili ai fini dell’esperimento del tentativo di conciliazione; c) via sia la ragionevole possibilità di un esito positivo della procedura di conciliazione.
   La mediazione è una procedura mediativa, quindi non è aggiudicativa, né valutativa, - salvo che le parti chiedano al Conciliatore di formulare una proposta -, che si conclude con un contratto inter partes, ovvero con la redazione di un sintetico verbale di mancato accordo.
   Qualora la procedura si concluda con un accordo positivo, viene redatto processo verbale: al riguardo si rileva che questo veniva omologato dal Presidente del Tribunale e diventava titolo esecutivo ai sensi dell’art. 40 d. lgs. n. 5/03, ed ora, ai sensi dell’art. 12 d.lgs. 28/10,
«Il verbale di accordo, il cui contenuto non e' contrario all'ordine pubblico o a norme imperative, e' omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo. Nelle controversie transfrontaliere di cui all'articolo 2 della direttiva 2008/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2008, il verbale e' omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario l'accordo deve avere esecuzione.
2. Il verbale di cui al comma 1 costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale
».
   L’accordo di conciliazione beneficia delle agevolazioni fiscali previste all’art. 17 d.lgs. 28/10, ovverosia l’esenzione dal’imposta di bollo, l’esenzione dall’imposta di registro sino ad euro 50.000,00. Sono inoltre, deducibili le spese sostenute per la mediazione.
   Qualora, invece, la procedura non si concluda con l’accordo, se le parti lo richiedono, ovvero lo ritiene il conciliatore, quest’ultimo formula una proposta alle cui conclusioni ritiene che si debba conciliare. Di questa proposta ne terrà conto il giudice per la liquidazione della fase processuale della lite, liquidando le spese a carico della parte che non ha conciliato, se il giudizio corrisponde interamente alla proposta.
   Le spese da sostenere sono le spese di avvio della procedura e le spese per il conciliatore a carico di entrambe le parti, come determinate nella tabella delle indennità fissate dalla Camera.
   La Camera può, inoltre, amministrare l’arbitrato convenzionale ex art. 806 e ss. c.p.c., nonché l’arbitrato semplificato che è però ammissibile solo se finalizzato al ristoro del solo danno patrimoniale sofferto dal risparmiatore in conseguenza dell’inadempimento da parte dell’intermediario degli obblighi di informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con gli investitori, anche mediante la corresponsione di un indennizzo. Come ho già precisato in premessa, ricordo che l’arbitrato non è oggetto di esame in questa sede (20).
   In conclusione, riassumendo la Camera di Conciliazione ed Arbitrato istituita presso la Consob prevede la possibilità, ma non l’obbligo, per l’investitore di instaurare una procedura di conciliazione ed il cui accordo è soggetto alla disciplina del d.lgs. 28/10, in virtù delle abrogazioni di norme operate della conciliazione societaria dall’art. 23 del d.lgs. 28/10 e sostituzione, ope legis, con le nuove norme del richiamato decreto.
   Da ultimo rimane un dubbio, ovverosia, se la suddetta procedura di conciliazione, promossa innanzi ad un organismo che non è iscritto nel registro del Ministero della Giustizia possa soddisfare, o meno, la condizione di procedibilità ai sensi dell’art. 5 d.lgs. 28/10 e che entrerà a breve in vigore nel nostro ordinamento, non essendoci dei riferimenti normativi in tal senso.

   5. Le forme di Alternative Dispute Resolution: il Conciliatore Bancario dell’A.B.I., le Camere Arbitrali delle C.C.I.A.A. e gli organismi privati.
   Ultime, ma non certo perché di minore importanza, ma solo per ragioni espositive, sono le A.D.R. gestite da organismi privati o ad essi assimilati come il Conciliatore Bancario istituito dall’Associazione Bancaria Italiana, le Camere Arbitrali istituite in forma di aziende speciali e gli organismi gestiti da privati sotto forma di società di capitali e di associazioni.
   Premesso che, salvo specifiche condizioni contrattuali, la parte, se la controparte accetta, può adire indifferentemente qualsiasi organismo di conciliazione, esamineremo, sinteticamente le norme che regolano il Conciliatore Bancario dell’A.B.I.
   Il Conciliatore Bancario, costituito dall’Associazione Bancaria Italiana, è un’associazione privata per la soluzione stragiudiziale delle controversie in materia bancaria, finanziaria e societaria ed è iscritto al registro degli organismi di conciliazione presso il Ministero della Giustizia.
   Il Conciliatore Bancario gestisce le procedure dell’Ombudsman – Giurì Bancario (21), nonché procedure di conciliazione ed arbitrato nelle materie di sua competenza.
   Con riferimento all’Ombudsman – Giurì Bancario va precisato che il Conciliatore Bancario ne ha assunto la gestione dal 15 ottobre 2009, stessa data di inizio di attività dell’Arbitro Bancario e Finanziario. Lo stesso costituisce una sorta di giudice di appello avverso i procedimenti di reclamo interni alle banche per contesti relativi ai servizi ed alle attività di investimento e le altre tipologie di operazioni non assoggettate – ai sensi dell’art. 23, comma 4 del T.U.F. – al titolo VI del T.U.B. quindi escluse dal sistema di risoluzione stragiudiziale delle controversie disciplinato ai sensi dell’art. 128–bis del medesimo T.U.B. di competenza dell’A.B.F.
   Il funzionamento di questo organismo, che ha iniziato la propria operatività il 15 ottobre 2009 nella veste corrente, è stabilito dal regolamento per la trattazione dei reclami e dei ricorsi in materia di servizi e attività di investimento e le sue decisioni sono vincolanti per i soli istituti di credito e non per i clienti, ai quali è garantita la possibilità di adire comunque la giustizia ordinaria.
   Altra procedura amministrata dal Conciliatore Bancario è la procedura di conciliazione che, in base al regolamento di conciliazione ex art. 7 D.M. 23 luglio 2004 n. 222 adottato dall’ente, ha i requisiti richiesti del d.lgs. 5/03, ora d.lgs. 28/10.
   Infine, il Conciliatore Bancario ha adottato anche un regolamento arbitrale che gli permette di amministrate degli arbitrati aventi ad oggetto tutte le controversie insorte, o che dovessero insorgere, tra intermediari, bancari e finanziari, nonché tra questi e la clientela, che gli stessi, sulla base di una convenzione arbitrale o, in mancanza, attraverso concordi richieste scritte, hanno deciso o decidono di deferire ad arbitrato presso la Camera Arbitrale del Conciliatore Bancario.

   6. Considerazioni finali
   Tornando al punto di partenza, ovverosia alla centralità del fattore tempo nel sistema (di diritto) finanziario ed alla necessità di riuscire a dirimere le controversie nel minor tempo possibile, anche attraverso dei sistemi alternativi al processo civile, balza subito agli occhi che vi è un ampia offerta di giustizia alternativa nel campo finanziario.
   Questa offerta andrebbe, meglio, coordinata al fine di non arrivare al paradosso che divenga troppo complicato ricorrere alla Giustizia da parte di chi opera, in modo qualificato o meno, nel mercato finanziario.
In conclusione all’11 marzo 2011 la parte che vorrebbe agire, rebus sic stanti bus, nei confronti di un’altra in ambito finanziario dovrebbe:
   1. proporre il reclamo secondo le regole del singolo istituto;
   2. poi potrebbe agire innanzi all’Arbitro Bancario e Finanziario, all’Ombudsman – Gran Giurì Bancario, ovvero instaurare la procedura di conciliazione presso la Camera di Conciliazione della Consob;
   3. successivamente presentare istanza presso un organismo di conciliazione iscritto presso il registro del Ministero della Giustizia, come il Conciliatore Bancario, per esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione ex art. 5 d.lgs. 28/2010;
   4. solo all’esito, la parte potrebbe incardinare il giudizio vero e proprio.
   È evidente, a questo punto, che serve un lavoro di coordinamento legislativo, ma tanto deve essere anche fatto nella fase di predisposizione di condizioni generali di contratto delle associazioni di categoria ed anche in fase di specifica contrattazione inter partes.
   Mi sia consentito, quindi, ricordare l’illuminato insegnamento della Prof. Judith Resnik dell’Università di Southern California, che, pur in uno studio comparato, ebbe ad ammonirci nel 1997 sui rischi delle A.D.R.: “L’interesse per le A.D.R. va compreso nel contesto delle singole culture. Negli Stati Uniti, l’A.D.R. si inquadra nella tendenza della società a superare la intensa e faticosa attività di richiesta dal processo in controversie individuali e di minor rilievo. Nel sistema federale, i giudici nominati a vita, dotati di un potere che deriva dalla costituzione, riducono progressivamente le loro decisioni su controversie individuali e di valore relativamente limitato, e le delegano ai loro corrispondenti non nominati a vita: i giudici fallimentari ed i magistrates nelle corti federali, i giudici amministrativi nelle agenzie. L’A.D.R. costituisce uno dei molti fattori che determinano l’attribuzione delle attività di decisione sui fatti giuridici di livello sempre più basso, scarsamente esposto al giudizio della collettività. Ancora, pur essendo invocata quale mezzo per aprire molte porte e per favorire l’accesso dei litiganti alla giustizia, l’A.D.R. può anche venire usata come surrogato del processo giurisdizionale, in modo da chiudere – anziché aprire – le porte dei palazzi di giustizia.
   Mentre alcuni avevano sperato che l’A.D.R. avrebbe integrato e completato le procedure giudiziarie, in talune corti essa è divenuta di fatto un surrogato o una parte del proesso.
   In definitiva, bisogna sempre prestare attenzione alla relazione intercorrente tra le modificazioni operate nei sistemi processuali. E’ sempre necessario un elevato grado di consapevolezza nell’elaborazione di regole processuali come nella riforma dei sistemi giudiziari. Le modificazioni dei procedimenti statali di risoluzione delle controversie riflettono alcuni valori ed al tempo stesso li articolano; tutti coloro che si impegnano in quest’opera sono posti di fronte a scelte difficili” (22).
   In conclusione, quindi, l’auspicio è che il Legislatore e le Istituzioni coinvolte, consapevoli della svolta epocale nella trasformazione in fieri della giustizia civile, si rendano responsabili anche della (ri-)educazione di tutti i soggetti coinvolti nella cultura delle A.D.R., sfruttando in pieno le opportunità, sino ad ora rimaste sullo sfondo, che anche le nuove tecnologie possono offrire in termini di efficienza nella gestione delle A.D.R., o meglio O.D.R., cioè Online Dispute Resolution (23).

Note

   (1) Cfr. P. Ferro-Luzzi, “Il tempo nel diritto degli affari”, in B.B.T.C., 2000, 03, 407.

   (2) Cfr. P. Ferro-Luzzi, “Lezioni di diritto bancario”, Volume I, seconda edizione, Giappichelli, 2004, p. 61.

   (3) Si veda, ad esempio, la centralità del fattore tempo nella Circolare n. 139 dell’ 11 febbraio 1991“Centrale dei Rischi. Istruzioni per gli Intermediari Creditizi” – 13° Aggiornamento del 4 marzo 2010, cap. I, sez. II, § 5. Rilevazione dello status della clientela, pag. I.9 della Banca d’Italia “La Centrale dei rischi rileva informazioni qualitative sulla situazione debitoria della clientela nel momento in cui si verifica un cambiamento di stato (status). In particolare viene rilevato il passaggio dei crediti a sofferenza, la ristrutturazione del credito, nonché la regolarizzazione di posizioni in precedenza segnalate a sofferenza o oggetto di ristrutturazione.
   Gli intermediari sono tenuti a segnalare tali informazioni entro i tre giorni lavorativi successivi a quello in cui i competenti organi aziendali abbiano accertato lo stato di sofferenza del cliente, approvato la ristrutturazione del credito ovvero preso atto del venir meno della situazione di patologia. Parimenti, l’estinzione da parte del cliente o di terzi del credito appostato a sofferenza ovvero ristrutturato va segnalata entro tre giorni dal pagamento.
   Le informazioni sullo status aggiornano quelle raccolte con la rilevazione mensile; esse, pertanto, vengono comunicate agli intermediari che avanzano richiesta di prima informazione e agli intermediari che hanno ricevuto in risposta ad una prima informazione o nel flusso di ritorno la posizione globale di rischio del soggetto a cui lo status si riferisce”.

   (4) Cfr. Capriglione, “La giustizia nei rapporti bancari e finanziari”, in B.B.T.C. 2010, 03, 261.

   (5) Nel presente scritto si parlerà di mediazione (termine di provenienza anglosassone “mediation”) intesa come mediazione a fini conciliativi: tale espressione ha trovato finalmente certezza con l’emanazione del d.lgs. n. 28/10, avendo in passato il Legislatore utilizzato l’espressione conciliazione per indicare il procedimento di mediazione a fini conciliativi. Pertanto, quando si farà riferimento alla conciliazione, ad esempio nei riguardi dei regolamenti di conciliazione adottati in precedenza all’emanazione del d.lgs. 28/10, deve intendersi comunque come mediazione a fini conciliativi. I due termini sono, quindi, tra loro sinonimi.

   (6) Per una compiuta disamina sul d.lgs. n. 28/10 si veda Roberto Masoni, “L'esercizio della delega in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali di cui al d.lg. n. 28 del 2010”, in Giur. Merito 2010, 05, 1212.

   (7) L’art. 23, d.lgs. n. 28/10 dispone che “Sono abrogati gli articoli da 38 a 40 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, e i rinvii operati dalla legge a tali articoli si intendono riferiti alle corrispondenti disposizioni del presente decreto.
   Restano ferme le disposizioni che prevedono i procedimenti obbligatori di conciliazione e mediazione, comunque denominati, nonché le disposizioni concernenti i procedimenti di conciliazione relativi alle controversie di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile. I procedimenti di cui al periodo precedente sono esperiti in luogo di quelli previsti dal presente decreto”.

   (8) Cfr. Delibera Consob del 29 dicembre 2008 n. 16763 Adozione del regolamento disciplinante la Camera di Conciliazione ed Arbitrato istituita presso la Consob, reperibile sul sito della Consob: www.consob.it.

   (9) Cfr. le “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari” della Banca d’Italia, reperibili su www.bancaditalia.it.

   (10) Si Cfr. “Disposizioni sui sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari”, cit., pag. 16 laddovè è previsto che “Gli esiti dei ricorsi sono valutati dalla Banca d'Italia per i profili di rilievo che essi possono avere per l’attività di vigilanza” ed anche il art. 3, sesto comma, del Regolamento della Camera di Conciliazione ed Arbitrato presso la Consob “La Consob può chiedere alla Camera informazioni sulle attività e sui compiti istituzionali svolti …”.

   (11) Si pensi alle Camere Arbitrali istituite sotto forma di aziende speciali delle Camere di Commercio, al Conciliatore Bancario istituito dall’Associazione Bancaria Italiana e a tutti gli organismi di mediazione iscritti nel registro ministeriale.

   (12) Cfr. Ruperto, “L’Arbitro Bancario e Finanziario”, in B.B.T.C., 2010, 03, 325; Caradonna e Bossi, “L'arbitro bancario finanziario quale strumento di gestione delle liti fra gli intermediari finanziari e la propria clientela”, in Riv. dottori comm. 2010, 02, 283; Capriglione, cit.

   (13) Si pensi che dal 15 ottobre 2009 al 31 marzo 2010 sono stati esaminati dall’A.B.F. 1052 ricorsi. Le decisioni sono reperibili sul sito www.arbitrobancariofinanziario.it.

   (14) I soggetti di cui all’art. 115 T.U.B. sono le banche, gli intermediari finanziari iscritti negli elenchi previsti dagli artt. 106 e 107 del TUB, le banche e gli intermediari esteri che svolgono in Italia le operazioni e i servizi disciplinati dal Titolo VI del TUB, gi Istituti di Moneta Elettronica e le Poste Italiane per le attività di Bancoposta.

   (15) L’Arbitro Bancario e Finanziario si suddivide in tre collegi territoriali, la cui competenza vie determinata in base al domicilio del ricorrente: uno con sede a Milano è competente per la decisione sui ricorsi presentati da clienti aventi il proprio domicilio in una delle seguenti Regioni: Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta, Veneto; uno con sede a Roma è competente per la decisione sui ricorsi presentati da clienti aventi il proprio domicilio in: Abruzzo, Lazio, Marche, Sardegna, Toscana, Umbria. Il collegio è inoltre competente per i ricorsi presentati da clienti aventi il proprio domicilio in uno Stato estero; uno con sede a Napoli è competente per la decisione sui ricorsi presentati da clienti aventi il proprio in: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia.

   (16) Cfr. Comunicato stampa della Banca d’Italia del 26 ottobre 2010 sul sito www.bancaditalia.it.

   (17) Brunet e Craver, “Alternative Dispute Resolution: The Advocate perspective: cases and materials”, second edition, LexisNexis, 2001, pagg. 1 e ss.

   (18) Amplius cfr. Carpi, “Servizi finanziari e tutela giurisdizionale”, Giur. comm. 2008, 06, 1049.

   (19) Sugli obblighi del mediatore cfr. art. 14 d.lgs. 28/10.

   (20) Per una ampia disamina del tema cfr. Bastianon, “La tutela dell'investitore (non professionale) alla luce delle nuove disposizioni in materia di conciliazione ed arbitrato presso la Consob”, in Resp. civ. e prev. 2010, 01, 4.

   (21) Per un approfondimento si veda Sangiorgio, “Problemi della pratica un esempio di giustizia “domestica” alternativa a quella dell’A.G.O.: l’Ombudsman – Giurì Bancario”, in B.B.T.C., 2009, 03, 344.

   (22) Resnik, “Risoluzione alternativa delle controversie e processo: uno sguardo alla situazione nordamericana”, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ. 1997, 03, 699.

   (23) Sul concetto di O.D.R. si veda Marangon, “I sistemi online di risoluzione delle controversie”, Dir. informatica 2006, 03, 375.

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