il diritto commerciale d’oggi
    V.5 – maggio 2006

DOCUMENTI

 

AS338 - DISCIPLINA DELLO “IUS VARIANDI” NEI CONTRATTI BANCARI
Roma, 26 Maggio 2006
Presidente del Senato della Repubblica
Sen. Franco MARINI
Presidente della Camera dei Deputati
On. Fausto BERTINOTTI
Presidente del Consiglio dei Ministri
Prof. Romano PRODI
Comitato Interministeriale del Credito e del
Risparmio
Ministro dell’Economia e delle Finanze
Prof. Tommaso PADOA-SCHIOPPA
Banca d’Italia
Prof. Mario DRAGHI

   L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, a fronte della riscontrata sussistenza di problematiche concorrenziali e di mercato conseguenti alle modalità con cui la generalità delle banche applica la disciplina in materia di ius variandi nei contratti bancari, ritiene necessario, ai sensi degli artt. 21 e 22 della legge n. 287/90, indicare con la presente segnalazione le distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato derivanti dalla normativa costituita in particolare dall’art. 118 del D.Lgs 1 settembre 1993, n. 385, recante Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB) (1) e dalla parte attuativa del suddetto articolo contenuta nella delibera del Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio (CICR) del 4 marzo 2003, recante Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari (2).
   Infatti, dai primi risultati dell’Indagine conoscitiva riguardante i prezzi alla clientela dei servizi bancari (IC/32) avviata, in data 18 gennaio 2006 ai sensi dell’art.12, comma 2, della legge n. 287/90, a seguito di numerose segnalazioni effettuate da parte di correntisti e associazioni di consumatori, l’Autorità sta constatando come la concreta modalità di applicazione della suddetta disciplina comporti l’instaurarsi di ostacoli allo sviluppo concorrenziale del mercato dei servizi bancari (3).

Il quadro normativo vigente in materia di ius variandi, con particolare riferimento ai contratti per i servizi bancari
   Come noto, l’istituto dello ius variandi consiste nella facoltà di una delle parti, nel corso di un rapporto di natura contrattuale, di modificare le originarie condizioni normative e/o economiche espressione della volontà negoziale raggiunta al momento della conclusione del contratto stesso.
Tale istituto è correttamente oggetto di particolare attenzione da parte della specifica normativa posta a tutela del consumatore, in ragione dell’assimilazione di tale ultimo soggetto ad una parte contraente “debole”.
   Al riguardo, la normativa sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori (artt. 1469-bis e ss. del Codice Civile), da ultimo trasfusa nel Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante “Codice del consumo, a norma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229” (4) stabilisce, in linea generale, che sono abusive, e quindi illecite, le clausole che impongono un significativo squilibrio a sfavore del consumatore nei diritti e negli obblighi derivanti dal contratto. In particolare, l’art. 33, comma 2, tipizza in via esclusiva alcune fattispecie che si presumono abusive, salvo prova contraria, indicando fra queste, alla lettera m) del suddetto articolo, proprio la clausola che consente all’impresa di effettuare modifiche unilaterali senza l’indicazione di un giustificato motivo.
   Parallelamente, riconoscendo un rilievo particolare ai contratti di servizi finanziari, la normativa generale vigente, pur consentendo all’impresa che offre siffatti servizi di effettuare, sulla base di un giustificato motivo, modifiche unilaterali, la obbliga necessariamente a dare, di tali modifiche, un congruo preavviso al cliente; l’art. 33, comma 3, lettera b), pur prevedendo che il professionista possa «modificare, qualora sussista un giustificato motivo, le condizioni del contratto», ha richiesto che ciò avvenga «preavvisando entro un congruo termine il consumatore, che ha diritto di recedere dal contratto».
   Conseguentemente, anche per i contratti bancari rivolti ai consumatori, in quanto ricompresi nella più generale categoria di contratti per servizi di natura finanziaria, la disciplina generale del Codice del Consumo, e in particolare il citato art. 33 consente quindi variazioni unilaterali alle condizioni contrattuali: (i) in presenza di un giustificato motivo, (ii) informando adeguatamente e con congruo preavviso il cliente. Con riferimento ai suddetti servizi bancari, peraltro, la materia risulta altresì specificamente normata in primo luogo dal testo unico bancario (TUB d’ora in avanti), in particolare dal richiamato art. 118, e secondariamente, in attuazione di tale normativa primaria, dalla delibera CICR del 4 marzo 2003, recante “Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari». In particolare, ai sensi dell’art.118 TUB, comma 1, «… è convenuta la facoltà [da parte delle banche] di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni, le variazioni sfavorevoli sono comunicate [ai clienti] nei modi e nei termini stabiliti dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio». Il successivo comma 3 prevede che «Entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta, ovvero dall’effettuazione di altre forme di comunicazione attuate ai sensi del comma 1, il cliente ha diritto di recedere dal contratto senza penalità e di ottenere, in sede di liquidazione del rapporto, l’applicazione delle condizioni precedentemente praticate».
   Successivamente il CICR, con la delibera sopra richiamata, ha stabilito all’art. 11 che: «1. Nei contratti di durata, le variazioni sfavorevoli al cliente, riguardanti tassi di interesse, prezzi e altre condizioni delle operazioni e dei servizi, sono comunicate al cliente con la chiara evidenziazione delle variazioni intervenute. 2. Le variazioni sfavorevoli generalizzate possono essere comunicate alla clientela in modo impersonale, mediante apposite inserzioni nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, anche ai fini dell’esercizio del diritto di recesso previsto dall’articolo 118, comma 3, del testo unico bancario. 3. Le variazioni di cui al comma 2 sono in ogni caso comunicate individualmente al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche o di quelle riguardanti operazioni specifiche».
   Vale osservare quindi che la normativa settoriale (art. 118 TUB e la delibera CICR del 4 marzo 2003) appare contenere modalità non pienamente conformi con quanto previsto dal Codice del Consumo in quanto: (i) non contiene alcun riferimento al “giustificato motivo”, (ii) non dispone una informazione adeguata e con congruo preavviso verso il cliente, in quanto consente la comunicazione impersonale tramite pubblicazione in G.U. delle variazioni intervenute, e limita a soli quindici giorni il tempo di preavviso per l’esercizio del diritto di recesso da parte di quest’ultimo.
   A tale riguardo, l’Autorità ritiene che, in un contesto interpretativo secondo il quale, pacificamente, la normativa generale a tutela del consumatore, e quindi le disposizioni in materia di giustificato motivo e di congrua informativa preventiva, debbano considerarsi valere anche per i contratti rientranti nell’ambito di applicazione del TUB, conformemente peraltro a quanto stabilito dalla giurisprudenza5, l’obiettivo di promozione e tutela della concorrenza nel mercato dei servizi bancari richieda una specifica modifica in tal senso della normativa applicabile, che, peraltro, non appare trovare analogie né nella normativa né nella prassi prevalente a livello internazionale.
   In relazione a tale ultimo aspetto, in particolare, rileva osservare che l’applicazione concreta dello ius variandi nei contratti bancari effettuata in Italia appare del tutto peculiare rispetto ai principali paesi europei. Si può qui ricordare che, differentemente dall’Italia, all’estero non risulta contemplato l’istituto della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per la comunicazione delle variazioni contrattuali sfavorevoli di carattere generalizzato; è invece previsto che qualsiasi modifica contrattuale sia comunicata personalmente al cliente, al quale è consentito di recedere prima che le nuove previsioni vengano applicate dalla banca.
   Ad esempio, vale ricordare che nel sistema anglosassone è prevista una comunicazione personale almeno trenta giorni prima della variazione con diritto di recesso entro sessanta giorni, mentre nel sistema francese vi è obbligo di comunicare al cliente le variazioni unilaterali almeno tre mesi prima della loro entrata in vigore; quest’ultimo ha il diritto di recedere entro due mesi (6).

Gli effetti anticompetitivi della prassi nazionale vigente nei contratti bancari in materia di ius variandi
   Nel contesto italiano, la richiamata esigenza di modifica normativa trova il suo fondamento concorrenziale nell’esigenza di eliminare gli effetti distorsivi di una prassi applicativa nazionale, caratterizzata, fra le altre, dalla quasi completa uniformità di condotte nei rapporti contrattuali con i clienti da parte delle imprese bancarie.
In tal senso, l’Autorità intende in effetti richiamare alcuni elementi dei comportamenti di prassi seguiti dal sistema bancario nazionale nei rapporti contrattuali con la clientela, così come essi emergono dalle preliminari analisi svolte nell’ambito della richiamata Indagine conoscitiva riguardante i prezzi alla clientela dei servizi bancari (IC/32) .
In primo luogo, operando nei limiti consentiti dalla normativa settoriale più sopra descritta, la quasi totalità delle banche italiane, pur con l’eccezione di alcuni istituti, ricorre con grande ampiezza allo strumento dello ius variandi, superando anche il numero di venti comunicazioni di variazioni in un biennio7; utilizza questo strumento per numerose voci contrattuali, nonché per l’introduzione di nuove voci di costo, talvolta per variazioni di carattere individuale e non generalizzate8, oppure arrivando in alcuni casi a vere e proprie modifiche della stessa struttura del contratto (9).
Con riferimento alle modalità di comunicazione, le banche di regola non forniscono alcuna motivazione alle variazioni delle condizioni contrattuali, neanche nel caso in cui queste comportino l’introduzione di una nuova voce di costo; infine, ricorrono quasi esclusivamente alla comunicazione impersonale attraverso la pubblicazione in G.U., dalla data della quale decorre il termine per l’esercizio del diritto di recesso. Tale termine appare, in ogni caso, insufficiente a consentire al consumatore di recedere dal contratto, in particolare, nei casi, pure emersi, in cui le variazioni peggiorative vengono comunicate a ridosso di periodi festivi.
In effetti, in relazione ai comportamenti dei correntisti, l’indagine conoscitiva ha dimostrato che il numero di questi che si è concretamente avvalso del diritto di recesso previsto dall’art. 118 è stato, nell’ultimo biennio, assolutamente marginale.
L’Autorità intende quindi sottolineare gli effetti anticoncorrenziali derivanti dalle suddette condotte delle imprese bancarie, che si attuano in un contesto di mercato strutturalmente caratterizzato dalla presenza di ostacoli alla mobilità della clientela.
In primo luogo, per effetto della disposizione che consente lo ius variandi senza ancorarlo alla sussistenza di un giustificato motivo, e di quella che prevede la pubblicazione delle variazioni sfavorevoli generalizzate in G.U. con possibilità di recesso da esercitarsi nel ristretto limite temporale di quindici giorni, il cliente bancario viene posto nella condizione di non poter scegliere il proprio fornitore con la piena conoscenza delle caratteristiche e dei costi del servizio, anche in confronto con la corrispondente offerta di altri operatori del mercato. Tale fenomeno accresce gli ostacoli alla mobilità della clientela tra i diversi soggetti, contribuendo ad ingessare il mercato e a ridurre lo stimolo competitivo. La presenza di ostacoli alla mobilità della clientela attenua infatti il grado di sostituibilità tra i prodotti offerti da operatori concorrenti, riducendo per tal verso l’elasticità della domanda dei consumatori al prezzo ed innalzando le barriere all’ingresso per i potenziali entranti.
In secondo luogo, la maggioranza delle imprese bancarie, attraverso il ricorso allo strumento della comunicazione impersonale in GU, risultano sfruttare strategicamente le suddette difficoltà di comparazione da parte del correntista, al fine di ridurre il confronto competitivo; ciò anche in un contesto in cui questa modalità non risulta strettamente necessitata, come appare dimostrato dal riscontro di casi, sia pure eccezionali, in cui le banche ricorrono a comunicazioni solo individuali.
In definitiva, a fronte dei comportamenti sopradescritti, la disciplina nazionale dello ius variandi, incentrata sull’istituto della pubblicazione della variazione contrattuale nella G. U. e conseguente decorrenza del termine per l’esercizio del diritto di recesso dalla data della suddetta pubblicazione, configura un sistema fortemente limitativo della competizione tra banche e alquanto gravoso per la clientela bancaria.
Le disposizioni in esame, dunque, producono l’effetto di favorire il mantenimento di una situazione di mercato nella quale le banche detengono un potere di mercato tale da poter praticare condizioni di offerta peggiori di quelle che si realizzerebbero in presenza di una dinamica competitiva.

Primi suggerimenti per la promozione della concorrenza nei servizi bancari
Le auspicabili modifiche normative che conseguono dalle problematiche fin qui evidenziate, essenzialmente consistenti nella limitazione delle variazioni unilaterali ai casi di un giustificato motivo, nel superamento dello strumento della comunicazione impersonale tramite G.U. e nel prolungamento del periodo minimo per l’esercizio del diritto di recesso, se pure indispensabili per garantire un contesto competitivo, non appaiono idonee a eliminare tutti gli ostacoli esistenti alla mobilità della clientela connessi ad altri profili normativi e di condotta delle banche.
In particolare, sulla base dei primi dati acquisiti nel corso della citata Indagine conoscitiva sui servizi bancari, l’Autorità ha finora individuato una serie di elementi problematici che riguardano le politiche di offerta dei servizi in questione e che andrebbero rimossi, al fine di creare le condizioni per un contesto più competitivo di mercato.
In particolare, tali elementi possono essere sintetizzati come nel seguito:
(i) Difficoltà di conoscere le variazioni contrattuali e di comprenderne concretamente la portata economica: la comunicazione oggetto del documento di sintesi (la quale contiene tutti i valori attuali, tra cui quelli variati) nella sua struttura non permette di individuare immediatamente le voci modificate al correntista, il quale si deve inoltre attivare per valutarne l’entità e l’impatto sulla spesa complessiva di tenuta del conto corrente.
(ii) Impedimento alla ricerca di condizioni di offerta alternative in tempi rapidi e con costi contenuti: le condizioni contrattuali di conto corrente presentano una elevata eterogeneità nelle voci di costo tali da rendere di difficile lettura il contenuto dei singoli contratti offerti dalle banche, limitando quindi la possibilità di comparare le diverse proposte contrattuali.
(iii) Impossibilità di fare affidamento su un contratto avente condizioni contrattuali con durata minima nota, fatta eccezione per i casi di variazione con giustificato motivo: la molteplicità delle variazioni unilaterali comunicate dalle banche crea uno stato di incertezza sulla permanenza delle condizioni contrattuali prescelte tale da disincentivare la ricerca e il passaggio a migliori offerte alternative, che potrebbero anch’esse non essere durature.
(iv) Disincentivo al trasferimento verso altra banca a causa della difficoltà di esercitare il recesso con tempi e costi contenuti: i tempi e i costi di trasferimento del rapporto di conto corrente risultano strettamente dipendenti da numerosi altri servizi offerti al correntista dalla medesima banca (domiciliazione delle utenze, carta di credito, eventuali finanziamenti e mutui, conto titoli, ecc.), ognuno dei quali, pur basandosi su un singolo rapporto contrattuale, cessa di regola di essere erogato in caso di recesso dal contratto di conto corrente. Il derivante ulteriore incremento dei tempi e dei costi di uscita risulta spesso il frutto di una scelta strategica delle banche che mina alla radice la stessa possibilità di mobilità dal lato della domanda.
In linea più generale, l’Autorità intende sottolineare che lo sviluppo competitivo di un mercato, quale quello dei servizi bancari, di primaria importanza per tutta l’economia, richiede il superamento di numerosi ostacoli alla concorrenza, la cui analisi costituisce l’oggetto dell’indagine conoscitiva attualmente in corso, dalle cui conclusioni potranno emergere ulteriori indicazioni per la promozione della concorrenza nel settore.
In conclusione, l’Autorità auspica che il Parlamento, il Governo e le Autorità competenti vogliano riesaminare la normativa vigente in materia di ius variandi, tenendo in adeguata considerazione le suesposte osservazioni, al fine di tutelare e promuovere nella maniera più efficace e opportuna la concorrenza in un settore, quale quello in discussione, di primaria rilevanza per l’economia nazionale.
IL PRESIDENTE
Antonio Catricalà


1 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 settembre 1993, n.230, S.O.
2 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 27 marzo 2003, n.72.
3 Si ricorda che sulle medesime problematiche concorrenziali l’Autorità è già intervenuta in passato in occasione della valutazione di un’intesa in materia di norme contrattuali uniformi notificata dall’ABI, Cfr. caso I592, Associazione Bancaria Italiana, provv. n. 13697, in Boll. N. 44/2004.
4 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 ottobre 2005, n. 235 - Supplemento Ordinario n. 162.
5 «E’ vero che l’art. 118 t.u. in materia bancaria e creditizia …prevede [lo ius variandi] senza limiti diversi dalla pattuizione preventiva. Tuttavia, la previsione va integrata con la (successiva) disciplina in tema di clausole vessatorie, ancora una volta ammissiva del diritto di variare le condizioni economiche in presenza di un giustificato motivo, che dalla clausola in questione è del tutto espunto». (sentenza della Corte di Appello di Roma, 24 settembre 2002).
6 In particolare, in Gran Bretagna la normativa riguardante l’ambito dei rapporti tra intermediari bancari e clienti per l’offerta di prodotti e servizi bancari si basa su un codice di autodisciplina adottato dalla British Bankers’ Association: il Banking Code. Esso, con riferimento all’ipotesi di variazione dei termini e delle condizioni contrattuali sfavorevoli al cliente, prevede che la variazione debba essere annunciata al cliente almeno trenta giorni prima mediante comunicazione personale. Il cliente avrà diritto entro sessanta giorni dall’annuncio di poter optare per un altro tipo di rapporto o di estinguere il rapporto esistente senza preavviso, spese o interessi passivi aggiuntivi. In Francia, per quanto concerne specificamente i conti di deposito, il Code monetaire et financier prevede che qualunque modifica delle condizioni economiche dei prodotti e servizi contemplati dalla convenzione deve essere resa nota al cliente mediante comunicazione scritta, almeno tre mesi prima della sua entrata in vigore. In mancanza di opposizione nei successivi due mesi il nuovo regime tariffario si ritiene accettato dal cliente. Inoltre, in caso di modifica sostanziale della convenzione e, in particolare delle tariffe applicate, il cliente può chiedere la chiusura o il trasferimento del proprio conto senza l’addebito di spese. Anche nell’ambito del diritto tedesco si trovano previsioni analoghe a quelle richiamate. In particolare, con riferimento alle modalità di modifica dei prezzi relativi ai contratti di durata, è stabilito che per i crediti a tasso variabile tale modifica avvenga nei termini previsti dall’accordo raggiunto con il cliente, mentre per gli altri servizi (come ad es. il conto corrente e il deposito titoli) la banca può disciplinare unilateralmente secondo il principio del Billigem Ermessen. Le modifiche devono essere comunicate al cliente, che in caso di modifica sfavorevole ha diritto di recedere entro sei settimane dalla comunicazione.
7 Ciascuna delle comunicazioni può contenere anche più variazioni di voci di costo/condizioni contrattuali per il correntista.
8 Ad esempio, l’eliminazione di sconti e altre agevolazioni originariamente oggetto di negoziazione individuale fra banca e correntista.
9 Ad esempio, in alcuni casi è emersa la tendenza a ridurre il numero di operazioni a forfait dei conti correnti c.d. a pacchetto, con comunicazioni in GU.

 

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