il diritto commerciale d’oggi
    V.6 – giugno 2006

GIURISPRUDENZA

 

   CORTE DI GIUSTIZIA CE, 2 maggio 2006, causa C-341/04 – Skouris Presidente – Jann Relatore – Eurofood IFSC Ltd c. Bank of America
   Quando è insolvente una società controllata con sede statutaria in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la società madre, la presunzione, secondo cui il centro degli interessi principali di detta controllata è collocato nello Stato membro in cui si trova la sua sede statutaria, può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella statutaria, senza che sia sufficiente a tal fine il fatto che le scelte gestionali della controllata siano o possano essere controllate dalla società madre stabilita in un altro Stato membro.

(Omissis). –
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento»).
2 Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una procedura di insolvenza relativa alla società di diritto irlandese Eurofood IFSC Ltd (in prosieguo: la «Eurofood»).
Contesto normativo
La normativa comunitaria
3 Ai sensi del suo art. 1, n. 1, il regolamento si applica «alle procedure concorsuali fondate sull’insolvenza del debitore che comportano lo spossessamento parziale o totale del debitore stesso e la designazione di un curatore».
4 L’art. 2 del regolamento, rubricato «definizioni», prevede:
«Ai fini del presente regolamento, s’intende per:
«a) “Procedura di insolvenza”, le procedure concorsuali di cui all’articolo 1, paragrafo 1. L’elenco di tali procedure figura nell’allegato A;
b) “Curatore”, qualsiasi persona o organo la cui funzione è di amministrare o liquidare i beni dei quali il debitore è spossessato o di sorvegliare la gestione dei suoi affari. L’elenco di tali persone e organi figura nell’allegato C;
(…)
e) “Decisione”, in relazione all’apertura di una procedura d’insolvenza o alla nomina di un curatore, la decisione di qualsiasi giudice competente a aprire tale procedura o a nominare un curatore;
f) “Momento in cui è aperta la procedura di insolvenza”, il momento in cui la decisione di apertura, sia essa definitiva o meno, comincia a produrre effetti;
(…)».
5 L’allegato A al regolamento, relativo alle procedure di insolvenza di cui all’art. 2, lett. a), dello stesso, menziona, per l’Irlanda, la procedura di liquidazione coatta («compulsory winding up by the Court»).
L’allegato C al medesimo regolamento indica per tale Stato membro, tra i curatori di cui all’art. 2, lett. b), il «provisional liquidator».
6 Quanto alla determinazione del giudice competente, l’art. 3, nn. 1 e 2, del regolamento prevede:
«1. Sono competenti ad aprire la procedura di insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria.
2. Se il centro degli interessi principali del debitore è situato nel territorio di uno Stato membro, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura di insolvenza nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro. Gli effetti di tale procedura sono limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio».
7 Quanto alla determinazione della legge applicabile, l’art. 4, n. 1, del regolamento prevede:
«Salvo disposizione contraria del presente regolamento, si applica alla procedura di insolvenza e ai suoi effetti la legge dello Stato membro nel cui territorio è aperta la procedura (…)».
8 Circa il riconoscimento della procedura di insolvenza, l’art. 16, n. 1, del regolamento stabilisce quanto segue:
«La decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro, competente in virtù dell’articolo 3, è riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui la procedura è aperta».
9 L’art. 17, n. 1, del regolamento prevede:
«La decisione di apertura di una procedura di cui all’articolo 3, paragrafo 1, produce in ogni altro Stato membro, senza altra formalità, gli effetti previsti dalla legge dello Stato di apertura (…)».
10 Tuttavia, ai sensi dell’art. 26 del regolamento:
«Uno Stato membro può rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro o di eseguire una decisione presa nell’ambito di detta procedura, qualora il riconoscimento o l’esecuzione possano produrre effetti palesemente contrari all’ordine pubblico, in particolare ai principi fondamentali o ai diritti e alle libertà personali sanciti dalla costituzione».
11 Ai sensi dell’art. 29, lett. a), del regolamento, il curatore della procedura principale può chiedere l’apertura di una procedura secondaria.
12 L’art. 38 del regolamento prevede che il curatore provvisorio designato dal giudice di uno Stato membro competente ai sensi dell’art. 3, n. 1, del medesimo regolamento «è legittimato a chiedere tutti i provvedimenti conservativi per i beni del debitore che si trovano in un altro Stato membro, previsti dalla legge di detto Stato, per il periodo che separa la richiesta dalla decisione di apertura di una procedura di insolvenza».
La normativa nazionale
13 L’art. 212 della legge sulle società del 1963 (Companies Act 1963; in prosieguo: il «Companies Act») riconosce alla High Court la competenza per disporre la liquidazione di qualsiasi società.
14 L’art. 215 del Companies Act stabilisce che la liquidazione di una società inizia con la presentazione al giudice, da parte della società o di uno o più suoi creditori, di una domanda con la quale si richiede che sia disposta la liquidazione di tale società.
15 L’art. 220 del Companies Act dispone:
«1) Laddove, prima della presentazione di una domanda di liquidazione di una società ad opera del giudice, una decisione di liquidazione volontaria è stata adottata dalla società, si considera che la liquidazione inizi al momento dell’adozione della decisione e che tutte le misure prese nel corso della liquidazione volontaria siano state prese validamente, a meno che il giudice, in caso di dolo o di errore,
ritenga opportuno disporre altrimenti.
2) In tutti gli altri casi, si reputa che la liquidazione di una società ad opera del giudice inizi al momento della presentazione della domanda di liquidazione».
16 L’art. 226, n. 1, del Companies Act prevede che il giudice possa in ogni momento, dopo la presentazione di una domanda di liquidazione, indicare un curatore in via provvisoria. La nomina del curatore altrimenti avviene, ai sensi dell’art. 225 della medesima legge, alla pronuncia del provvedimento di liquidazione. Una volta nominato, un «provisional liquidator» è tenuto, ai sensi dell’art. 229, n. 1, di essa, a «prendere nella sua custodia o sotto il suo controllo tutti i beni materiali e immateriali i quali appartengono o paiono appartenere alla società».
Fatti all’origine della controversia e questioni pregiudiziali
17 L’Eurofood è stata registrata in Irlanda nel 1997 come «company limited by shares» (società in accomandita per azioni), avente la propria sede statutaria nell’International Financial Services Center a Dublino. Si tratta di una società controllata detenuta al 100 % dalla Parmalat SpA, società di diritto italiano. Il suo scopo principale consisteva nel fornire agevolazioni di finanziamento alle società del gruppo Parmalat.
18 In data 24 dicembre 2003, ai sensi del decreto legge 23 dicembre 2003, n. 347, recante misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, il Ministro italiano delle Attività produttive ha ammesso la Parmalat SpA alla procedura di amministrazione straordinaria, nominando il sig. B. amministratore straordinario di tale società.
19 In data 27 gennaio 2004, la Bank of America NA ha chiesto alla High Court (Irlanda) l’apertura di una procedura di liquidazione coatta («compulsory winding up by the Court») nei confronti della Eurofood, oltre che la nomina di un curatore provvisorio. Tale domanda era basata sull’affermazione dell’insolvenza di tale società.
20 Il giorno stesso la High Court, sulla base di tale domanda, ha nominato il sig. F. curatore provvisorio («provisional liquidator»), conferendogli il potere di prendere possesso di tutti i beni di tale società, di gestirne gli affari, di aprire un conto bancario a nome della stessa e di ricorrere alle prestazioni di un consulente.
21 In data 9 febbraio 2004, il Ministro italiano delle Attività produttive ha ammesso l’Eurofood alla procedura di amministrazione straordinaria, nominando il sig. B. amministratore straordinario.
22 In data 10 febbraio 2004, è stata depositata presso il Tribunale civile e penale di Parma una domanda tendente a far dichiarare l’insolvenza della Eurofood. L’udienza è stata fissata per il 17 febbraio 2004, data della quale il sig. F. è stato informato il 13 febbraio. In data 20 febbraio 2004 tale giudice, ritenendo che il centro degli interessi principali della Eurofood fosse in Italia, ha dichiarato la propria competenza internazionale per dichiarare lo stato di insolvenza di tale società.
23 Con sentenza 23 marzo 2004, la High Court ha ritenuto che, secondo la legge irlandese, la procedura di insolvenza nei confronti della Eurofood fosse stata aperta in Irlanda alla data della domanda presentata a tal fine dalla Bank of America NA, cioè il 27 gennaio 2004. Ritenendo che il centro degli interessi principali della Eurofood si trovasse in Irlanda, la High Court ha ritenuto che la procedura aperta in tale Stato membro fosse quella principale. Essa ha altresì considerato che le condizioni dello svolgimento della procedura dinanzi al Tribunale civile e penale di Parma fossero tali da giustificare, ai sensi dell’art. 26 del regolamento, il rifiuto, da parte dei giudici irlandesi, di riconoscere la decisione di tale tribunale. Constatata l’insolvenza della Eurofood, la High Court ha ordinato la liquidazione di tale società, nominando il sig. F. liquidatore.
24 Poiché il sig. B. ha proposto appello contro tale decisione, la Supreme Court ha ritenuto necessario, prima di pronunciarsi sulla controversia sottopostale, sospendere il giudizio e proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se, allorché ad un giudice competente viene presentata in Irlanda una domanda di liquidazione (“winding up”) di una società insolvente e detto giudice emette, in pendenza dell’emissione di un’ordinanza di liquidazione, un’ordinanza di nomina di un curatore provvisorio (“provisional liquidator”) munito del potere di prendere possesso degli attivi della società, amministrare i suoi affari, aprire un conto corrente bancario e nominare un consulente, tutto ciò con la conseguenza sul piano giuridico di privare del potere di agire gli amministratori della società, codesta ordinanza combinata con la presentazione della domanda costituisca una decisione di apertura della procedura di insolvenza (“insolvency proceedings”) ai fini dell’art. 16 del regolamento (…), interpretato alla luce degli artt. 1 e 2 dello stesso.
2) In caso di soluzione negativa della prima questione, se la presentazione, in Irlanda, dinanzi alla High Court di una domanda di liquidazione coatta (“compulsory winding up”) di una società ad opera del giudice costituisca l’apertura della procedura di insolvenza (“insolvency proceedings”) ai fini di tale regolamento in forza della disposizione legislativa irlandese [art. 220, n. 2, del Companies Act], ai sensi della quale la liquidazione di una società inizia alla data di presentazione della domanda.
3) Se l’art. 3 del suddetto regolamento, in combinato disposto con l’art. 16 dello stesso, abbia per effetto che un giudice di uno Stato membro diverso da quello ove è situata la sede statutaria della società e diverso da quello ove la società esercita in modo abituale la gestione dei suoi affari secondo modalità riconoscibili da terzi, ma ove è stata inizialmente aperta la procedura di insolvenza, sia competente ad aprire la procedura di insolvenza principale.
4) Se, laddove:
a) la sede statutaria di una società madre e della sua controllata sono in due diversi Stati membri,
b) la controllata esercita in modo abituale la gestione dei suoi interessi secondo modalità riconoscibili da terzi ed in osservanza completa e regolare della sua stessa identità societaria nello Stato membro dove è situata la sua sede statutaria e
c) la società madre, grazie al suo azionariato ed al potere di nominare gli amministratori, è in grado di controllare e di fatto controlla la gestione della controllata, per determinare il «centro degli interessi principali», i fattori rilevanti siano quelli menzionati alla lett. b) supra o, invece, quelli menzionati alla lett. c) supra.
5) Se, quando il fatto di consentire che una decisione giudiziaria o amministrativa produca effetti giuridici con riguardo a persone o enti i cui diritti ad un procedimento corretto e ad un dibattimento equo non siano stati osservati nel prendere una decisione siffatta sia manifestamente contrario all’ordine pubblico di uno Stato membro, tale Stato membro sia obbligato, a norma dell’art. 17 del suddetto regolamento, a riconoscere una decisione dei giudici di un altro Stato membro intesa ad aprire la procedura di insolvenza nei confronti di una società, in una situazione in cui il giudice del primo Stato membro è convinto che la decisione in questione sia stata emessa nell’inosservanza di tali principi e, in particolare, laddove il ricorrente nel secondo Stato membro ha rifiutato, nonostante sollecitazioni e contrariamente all’ordinanza del giudice del secondo Stato membro, di fornire al “provisional liquidator” della società, debitamente nominato conformemente al diritto del primo Stato membro, copia dei documenti essenziali che sono alla base della domanda».
25 Con ordinanza del Presidente della Corte 15 settembre 2004 è stata respinta la domanda della Supreme Court di applicare alla presente causa il procedimento accelerato di cui all’art. 104 bis, primo comma, del regolamento di procedura.
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla quarta questione
26 Con la quarta questione, che va esaminata per prima poiché riguarda, in generale, il sistema di determinazione della competenza dei giudici degli Stati membri posto in essere dal regolamento, il giudice del rinvio chiede quale sia, nel caso di una società madre e della sua controllata aventi le rispettive sedi statutarie in due diversi Stati membri, l’elemento determinante per identificare il centro degli interessi principali della controllata.
27 Il giudice del rinvio si pone la questione di come bilanciare, da un lato, il fatto che la controllata gestisce abitualmente i propri interessi, in modo verificabile dai terzi e nel rispetto della propria identità in quanto società, nello Stato membro in cui si trova la propria sede statutaria, e, dall’altro, il fatto che la società madre è in grado, attraverso la sua partecipazione nel capitale e il suo potere di nominare gli amministratori della controllata, di controllare la gestione di quest’ultima.
28 L’art. 3 del regolamento prevede due tipi di procedura. La procedura di insolvenza aperta, ai sensi del n. 1 di tale articolo, dal giudice competente dello Stato membro sul territorio del quale si trova il centro degli interessi principali del debitore, denominata «procedura principale», produce effetti universali, poiché si applica ai beni del debitore situati in tutti gli Stati membri nei quali il regolamento è applicabile. Se in seguito una procedura può, ai sensi del n. 2 di tale articolo, essere aperta dal giudice competente dello Stato membro in cui il debitore possiede una dipendenza, tale procedura, denominata «procedura secondaria», produce effetti limitati ai beni del debitore che si trovano sul territorio di tale secondo Stato.
29 L’art. 3, n. 1, del regolamento precisa che, per le società, si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, nel luogo in cui si trova la sede statutaria.
30 Ne consegue che, nel sistema di determinazione della competenza dei giudici degli Stati membri posto in essere dal regolamento, esiste una specifica competenza giurisdizionale per ciascun debitore costituente un’entità giuridicamente distinta.
31 Il concetto di «centro degli interessi principali» è proprio del regolamento. Esso ha dunque un significato autonomo, e deve perciò essere interpretato in modo uniforme e indipendente dalle normative nazionali.
32 Il contenuto di tale concetto è chiarito dal tredicesimo ‘considerando’ del regolamento, il quale afferma che «per “centro degli interessi principali” si dovrebbe intendere il luogo in cui il debitore esercita in modo abituale, e pertanto riconoscibile dai terzi, la gestione dei suoi interessi».
33 Da tale definizione consegue che il centro degli interessi principali deve essere individuato in base a criteri al tempo stesso obiettivi e verificabili dai terzi. Tale obiettività e tale possibilità di verifica da parte dei terzi sono necessarie per garantire la certezza del diritto e la prevedibilità dell’individuazione del giudice competente ad aprire una procedura di insolvenza principale. Tale certezza del diritto e tale prevedibilità sono ancora più importanti in quanto determinare il giudice competente significa anche, ai sensi dell’art. 4, n. 1, del regolamento, determinare la legge applicabile.
34 Ne consegue che, per determinare il centro degli interessi principali di una società debitrice, la presunzione semplice prevista dal legislatore comunitario a favore della sede statutaria di tale società può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione in detta sede statutaria.
35 Ciò potrebbe in particolare valere per una società fantasma, la quale non svolgesse alcuna attività sul territorio dello Stato membro in cui si trova la sua sede sociale.
36 Per contro, quando una società svolge la propria attività sul territorio dello Stato membro in cui ha sede, il semplice fatto che le sue scelte gestionali siano o possano essere controllate da una società madre stabilita in un altro Stato membro non è sufficiente per superare la presunzione stabilita dal regolamento.
37 Alla luce di quanto sopra, la quarta questione va risolta dichiarando che, quando un debitore è una società controllata la cui sede statutaria è situata in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la sua società madre, la presunzione contenuta nell’art. 3, n. 1, seconda frase, del regolamento, secondo la quale il centro degli interessi principali di detta controllata è collocato nello Stato membro in cui si trova la sua sede statutaria, può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione in detta sede statutaria. Ciò potrebbe, in particolare, valere per una società che non svolgesse alcuna attività sul territorio dello Stato membro in cui è collocata la sua sede sociale. Per contro, quando una società svolge la propria attività sul territorio dello Stato membro in cui ha sede, il fatto che le sue scelte gestionali siano o possano essere controllate da una società madre stabilita in un altro Stato membro non è sufficiente per superare la presunzione stabilita da detto regolamento.
Sulla terza questione
38 Con la terza questione, che va esaminata per seconda in quanto riguarda in generale il sistema di riconoscimento introdotto dal regolamento, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, ai sensi degli artt. 3 e 16 del regolamento, un giudice di uno Stato membro diverso da quello in cui si trova la sede statutaria dell’impresa e da quello in cui essa gestisce abitualmente i propri affari secondo modalità riconoscibili da terzi, ma nel quale la procedura di insolvenza è stata aperta per prima, debba essere considerato competente ad aprire la procedura di insolvenza principale. Il giudice del rinvio chiede così in sostanza se la competenza assunta da un giudice di uno Stato membro per aprire una procedura di insolvenza principale possa essere controllata da parte di un giudice di un altro Stato membro, nel quale è chiesto il riconoscimento.
39 Come risulta dal ventiduesimo ‘considerando’ del regolamento, la norma sulla priorità contenuta nell’art. 16, n. 1, dello stesso, la quale prevede che la procedura di insolvenza aperta in uno Stato membro sia riconosciuta in tutti gli Stati membri dal momento in cui essa produce i propri effetti nello Stato di apertura, poggia sul principio della fiducia reciproca.
40 È questa fiducia reciproca che ha consentito la creazione di un sistema obbligatorio di competenza, che tutti i giudici cui si applica il regolamento sono tenuti a rispettare, e la correlativa rinuncia da parte degli Stati membri alle loro norme interne di riconoscimento e di delibazione a favore di un meccanismo semplificato di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni pronunciate nell’ambito di procedure di insolvenza (v. per analogia, a proposito della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles»), sentenze 9 dicembre 2003, causa C-116/02, Gasser, e 27 aprile 2004, causa C-159/02, Turner).
41 È conseguenza di tale principio di fiducia reciproca che il giudice di uno Stato membro investito di una domanda di apertura di una procedura di insolvenza principale si accerti della propria competenza ai sensi dell’art. 3, n. 1, del regolamento, verifichi cioè se il centro degli interessi principali del debitore si trova in tale Stato membro. A tale proposito, va evidenziato che una tale verifica deve svolgersi nel rispetto delle garanzie procedimentali fondamentali richieste per lo svolgimento di un processo equo (v. punto 66 della presente sentenza).
42 D’altra parte, come precisa il ventiduesimo ‘considerando’ del regolamento, il principio della fiducia reciproca esige che i giudici degli altri Stati membri riconoscano la decisione di apertura di una procedura di insolvenza principale, senza poter controllare la valutazione effettuata dal primo giudice relativamente alla propria competenza.
43 Se una parte interessata, ritenendo che il centro degli interessi principali del debitore sia situato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata aperta la procedura di insolvenza principale, intende contestare la competenza ritenuta dal giudice che ha aperto tale procedura, può utilizzare, davanti ai giudici dello Stato membro in cui questa è stata aperta, i mezzi di ricorso previsti dal diritto nazionale di tale Stato membro nei confronti della decisione di apertura.
44 La terza questione va dunque risolta dichiarando che l’art. 16, n. 1, primo comma, del regolamento deve essere interpretato nel senso che la procedura di insolvenza principale aperta da un giudice di uno Stato membro deve essere riconosciuta dai giudici degli altri Stati membri, senza che questi possano controllare la competenza del giudice dello Stato di apertura.
Sulla prima questione
45 Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se la decisione con la quale un giudice di uno Stato membro, investito di una domanda tendente a far disporre la liquidazione di un’impresa insolvente, nomina, prima di disporre tale liquidazione, un curatore provvisorio dotato di poteri che gli consentono, giuridicamente, di privare gli amministratori dell’impresa del potere di agire, costituisca una decisione di apertura di una procedura di insolvenza ai sensi dell’art. 16, n. 1, primo comma, del regolamento.
46 Risulta dal testo dell’art. 1, n. 1, del regolamento che le procedure di insolvenza alle quali lo stesso si applica devono possedere quattro caratteristiche. Deve trattarsi di una procedura concorsuale, fondata sull’insolvenza del debitore, comportante lo spossessamento almeno parziale di quest’ultimo e la designazione di un curatore.
47 Tali procedure sono indicate nell’allegato A al regolamento, e l’elenco dei curatori è contenuto nell’allegato C allo stesso.
48 Il regolamento non ha lo scopo di istituire una procedura di insolvenza uniforme ma, come risulta dal suo secondo ‘considerando’, quello di garantire che «le procedure di insolvenza transfrontaliera siano efficienti ed efficaci». A tal fine, esso enuncia talune regole che hanno lo scopo, come indica il terzo ‘considerando’, «di coordinare i provvedimenti da prendere in merito al patrimonio del debitore insolvente».
49 Richiedendo che ogni decisione di apertura di una procedura di insolvenza principale da parte di un giudice di uno Stato membro competente per farlo sia riconosciuta in tutti gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui è pronunciata, l’art. 16, n. 1, primo comma, del regolamento fissa una regola di priorità, basata su un criterio cronologico, a favore della decisione di apertura pronunciata per prima. Come chiarisce il ventiduesimo ‘considerando’ del citato regolamento, «la decisione del giudice che apre per primo la procedura dovrebbe essere riconosciuta negli altri Stati membri, senza che questi ultimi abbiano la facoltà di sottoporre a valutazione la decisione del primo giudice».
50 Il regolamento non definisce però con sufficiente precisione il concetto di «decisione di apertura di una procedura di insolvenza».
51 A tale proposito, va ricordato che le condizioni e le formalità richieste per l’apertura di una procedura di insolvenza dipendono dal diritto nazionale, e variano in modo significativo da uno Stato membro all’altro. In taluni Stati membri, la procedura è aperta rapidamente dopo il deposito della domanda, e i necessari controlli sono effettuati successivamente. In altri Stati membri, talune verifiche fondamentali, che possono richiedere un tempo piuttosto lungo, devono essere compiute prima dell’apertura della procedura. In taluni ordinamenti nazionali la procedura può essere aperta «in via provvisoria» per parecchi mesi.
52 Come osserva la Commissione delle Comunità europee, al fine di assicurare l’efficacia del sistema istituito dal regolamento è necessario che il principio di riconoscimento previsto dall’art. 16, n. 1, primo comma, dello stesso possa applicarsi appena possibile nel corso della procedura. Il sistema, che prevede che possa essere aperta una sola procedura principale, la quale produce i suoi effetti in tutti gli Stati membri nei quali il regolamento è applicabile, potrebbe essere gravemente perturbato se i giudici di detti Stati, investiti contemporaneamente di domande basate sull’insolvenza di un debitore, potessero rivendicare una competenza concorrente per un periodo prolungato.
53 È alla luce di tale obiettivo, che ha lo scopo di assicurare l’efficacia del sistema creato dal regolamento, che va interpretato il concetto di «decisione di apertura di una procedura di insolvenza».
54 In tale contesto, si deve considerare «decisione di apertura di una procedura di insolvenza» ai sensi del regolamento non solo una decisione formalmente indicata come decisione di apertura dalla normativa dello Stato membro cui appartiene il giudice che l’ha pronunciata, ma anche la decisione emessa a seguito di una domanda, fondata sull’insolvenza del debitore, finalizzata all’apertura di una procedura di cui all’allegato A al regolamento, quando tale decisione comporta lo spossessamento del debitore e comprende la designazione di un curatore ai sensi dell’allegato C al regolamento stesso. Un simile spossessamento implica che il debitore perda i poteri di gestione di cui dispone sul proprio patrimonio. In un simile caso, infatti, le due conseguenze tipiche di una procedura di insolvenza, vale a dire la nomina di un curatore previsto dall’allegato C e lo spossessamento del debitore, si sono già verificate, e sono dunque presenti tutti gli elementi costitutivi della definizione di una tale procedura contenuta nell’art. 1, n. 1, del regolamento.
55 Contrariamente a quanto sostengono il sig. B. e il governo italiano, tale interpretazione non è inficiata dal fatto che il curatore di cui all’allegato C del regolamento possa essere un curatore nominato a titolo provvisorio.
56 Sia il sig. B. che il governo italiano ammettono che, nella causa principale, il «provisional liquidator» nominato dalla High Court con provvedimento 27 gennaio 2004 rientra fra i curatori indicati nell’allegato C al regolamento per quanto riguarda l’Irlanda. Essi osservano però che si tratta di un curatore provvisorio, e che il regolamento contiene una specifica disposizione applicabile in tale caso. Infatti, come essi ricordano, l’art. 38 di tale regolamento autorizza il curatore provvisorio, definito nel sedicesimo ‘considerando’ di detto regolamento come il curatore «designato anteriormente all’apertura della procedura principale», a richiedere provvedimenti conservativi rispetto ai beni del debitore che si trovano in un altro Stato membro nel periodo tra la domanda di apertura di una procedura di insolvenza e la decisione di apertura. Il sig. B. e il governo italiano ne deducono che la nomina di un curatore provvisorio non può aprire la procedura di insolvenza principale.
57 A tale proposito, va osservato che l’art. 38 del regolamento deve essere interpretato insieme all’art. 29 dello stesso, secondo il quale il curatore della procedura di insolvenza principale ha il diritto di chiedere l’apertura di una procedura secondaria in un altro Stato membro. Il citato art. 38 prevede così il caso in cui il giudice competente di uno Stato membro è stato investito di una procedura di insolvenza principale, allorché tale giudice, pur avendo nominato un soggetto o un organo per vigilare provvisoriamente sui beni del debitore, non ha ancora ordinato lo spossessamento di quest’ultimo o designato un curatore di cui all’allegato C al regolamento. In tal caso, la persona o l’organo in questione, pur non avendo il potere di avviare una procedura di insolvenza secondaria in una altro Stato membro, può chiedere che siano presi provvedimenti conservativi relativamente ai beni del debitore situati in tale Stato membro. Non è però questo il caso nella causa principale, in cui la High Court ha nominato un «provisional liquidator» previsto nell’allegato C al regolamento, e ordinato lo spossessamento del debitore.
58 Sulla base delle considerazioni che precedono, la prima questione va risolta dichiarando che l’art. 16, n. 1, primo comma, del regolamento deve essere interpretato nel senso che costituisce una decisione di apertura della procedura di insolvenza ai sensi di tale norma la decisione pronunciata da un giudice di uno Stato membro investito di una domanda in tal senso, basata sull’insolvenza del debitore e finalizzata all’apertura di una procedura di cui all’allegato A del medesimo regolamento, allorché tale decisione comporta lo spossessamento del debitore e comprende la nomina di un curatore previsto dall’allegato C al citato regolamento. Tale spossessamento comporta che il debitore perda i poteri di gestione da lui posseduti sul proprio patrimonio.
Sulla seconda questione
59 In considerazione della soluzione data alla prima questione, non è necessario risolvere la seconda.
Sulla quinta questione
60 Con la quinta questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se uno Stato membro sia tenuto, ai sensi dell’art. 17 del regolamento, a riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro qualora la decisione di apertura di detta procedura sia stata pronunciata in violazione delle forme procedurali garantite nel primo Stato dalle necessità del suo ordine pubblico.
61 Anche se il ventiduesimo ‘considerando’ del regolamento deduce dal principio della fiducia reciproca che «i motivi del mancato riconoscimento dovrebbero essere ridotti al minimo necessario», l’art. 26 di esso prevede che uno Stato membro possa rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro qualora tale riconoscimento possa produrre effetti palesemente contrari al suo ordine pubblico, in particolare ai suoi principi fondamentali o ai diritti e alle libertà personali sanciti dalla sua Costituzione.
62 Con riferimento alla Convenzione di Bruxelles, la Corte ha affermato che il ricorso alla clausola dell’ordine pubblico, di cui all’art. 27, punto 1, di tale Convenzione, in quanto costituisce un ostacolo alla realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali della stessa, vale a dire quello di favorire la libera circolazione delle sentenze, deve essere effettuato soltanto in casi eccezionali (sentenza 28 marzo 2000, causa C-7/98, Krombach).
63 Affermando la propria competenza per controllare i limiti entro i quali il giudice di uno Stato contraente può ricorrere a tale clausola dell’ordine pubblico per non riconoscere una decisione emanata da un giudice di un altro Stato contraente, la Corte, con riferimento alla Convenzione di Bruxelles, ha dichiarato che un ricorso a tale clausola è immaginabile solo nel caso in cui il riconoscimento o l’esecuzione della decisione pronunciata in un altro Stato contraente contrasti in modo inaccettabile con l’ordinamento giuridico dello Stato richiesto, essendo la stessa lesiva di un principio fondamentale. La lesione dovrebbe costituire una violazione manifesta di una regola di diritto considerata essenziale nell’ordinamento giuridico dello Stato richiesto o di un diritto riconosciuto come fondamentale nello stesso ordinamento giuridico (sentenza Krombach, cit., punti 23 e 37).
64 Tale giurisprudenza è applicabile all’interpretazione dell’art. 26 del regolamento.
65 Per quanto riguarda l’ambito procedurale, va ricordato che la Corte ha riconosciuto espressamente il principio generale di diritto comunitario in forza del quale ogni persona ha diritto ad un processo equo (sentenze 17 dicembre 1998, causa C-185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione; 11 gennaio 2000, cause riunite C-174/98 P e C-189/98 P, Paesi-Bassi e Van der Wal/Commissione, nonché Krombach, cit., punto 26). Tale principio si ispira ai diritti fondamentali che fanno parte integrante dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l’osservanza ispirandosi alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri e alle indicazioni fornite in particolare dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.
66 Per quanto riguarda più precisamente il diritto ad ottenere comunicazione degli atti del procedimento e, più in generale, il diritto di essere sentiti a cui fa riferimento la quinta questione posta dal giudice del rinvio, va osservato che essi occupano un posto preminente nell’organizzazione e nello svolgimento di un processo equo. Nell’ambito di una procedura di insolvenza, il diritto dei creditori o dei loro rappresentanti di partecipare alla procedura nel rispetto del principio della parità tra le parti riveste un’importanza peculiare. Anche se le concrete modalità del diritto ad essere sentiti possono variare in funzione della possibile urgenza della decisione, ogni restrizione all’esercizio di tale diritto deve essere adeguatamente giustificata e corredata di garanzie procedurali che assicurino ai soggetti interessati da una tale procedura l’effettiva possibilità di contestare i provvedimenti adottati in via di urgenza.
67 Sulla base di tali considerazioni, la quinta questione va risolta affermando che l’art. 26 del regolamento deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro può rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro qualora la decisione di apertura sia stata assunta in manifesta violazione del diritto fondamentale di essere sentito di cui gode un soggetto interessato da una tale procedura.
68 Se del caso, spetta al giudice del rinvio stabilire se, nella causa principale, ciò si sia verificato nello svolgimento della procedura dinanzi al Tribunale civile e penale di Parma. A tale riguardo, va osservato che tale giudice non può limitarsi ad utilizzare la propria concezione dell’oralità della trattazione e del carattere fondamentale che essa riveste nel suo ordinamento giuridico, ma deve valutare, sulla base dell’insieme delle circostanze, se il «provisional liquidator» nominato dalla High Court abbia goduto o meno di una sufficiente possibilità di essere sentito.
Sulle spese
69 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) Quando un debitore è una società controllata la cui sede statutaria è situata in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la sua società madre, la presunzione contenuta nell’art. 3, n. 1, seconda frase, del regolamento (CE) del Consiglio 29 maggio 2000, n. 1346, relativo alle procedure di insolvenza, secondo la quale il centro degli interessi principali di detta controllata è collocato nello Stato membro in cui si trova la sua sede statutaria, può essere superata soltanto se elementi obiettivi e verificabili da parte di terzi consentono di determinare l’esistenza di una situazione reale diversa da quella che si ritiene corrispondere alla collocazione in detta sede statutaria. Ciò potrebbe, in particolare, valere per una società che non svolgesse alcuna attività sul territorio dello Stato membro in cui è collocata la sua sede sociale. Per contro, quando una società svolge la propria attività sul territorio dello Stato membro in cui ha sede, il fatto che le sue scelte gestionali siano o possano essere controllate da una società madre stabilita in un altro Stato membro non è sufficiente per superare la presunzione stabilita dal regolamento.
2) L’art. 16, n. 1, primo comma, del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che la procedura di insolvenza principale aperta da un giudice di uno Stato membro deve essere riconosciuta dai giudici degli altri Stati membri, senza che questi possano controllare la competenza del giudice dello Stato di apertura.
3) L’art. 16, n. 1, primo comma, del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che costituisce una decisione di apertura della procedura di insolvenza ai sensi di tale norma la decisione pronunciata da un giudice di uno Stato membro investito di una domanda in tal senso, basata sull’insolvenza del debitore e finalizzata all’apertura di una procedura di cui all’allegato A del medesimo regolamento, allorché tale decisione comporta lo spossessamento del debitore e comprende la nomina di un curatore previsto dall’allegato C al citato regolamento. Tale spossessamento comporta che il debitore perda i poteri di gestione da lui posseduti sul proprio patrimonio.
4) L’art. 26 del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro può rifiutarsi di riconoscere una procedura di insolvenza aperta in un altro Stato membro qualora la decisione di apertura sia stata assunta in manifesta violazione del diritto fondamentale di essere sentito di cui gode un soggetto interessato da una tale procedura.

 

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