il diritto commerciale d’oggi
    V.5 – maggio 2006

STUDÎ & COMMENTI

 

GABRIELE RACUGNO

In tema di rendiconto finanziario *

 

 

   1. La normativa vigente in materia di bilancio d’esercizio consente una visione dell’insieme dei fatti di gestione che caratterizzano un determinato periodo contabile mediante la traduzione delle quantità economiche in sistema di valori.
   Dallo stato patrimoniale emerge in particolare una visione statica del patrimonio dell’azienda; dal conto economico, che evidenzia i flussi economici attraverso l’imputazione dei proventi (ricavi) e degli oneri (costi) dell’esercizio, è possibile una valutazione del reddito dell’impresa con connessa verificabilità degli incrementi e dei decrementi del capitale sociale.
   Peraltro, pur assumendo il profilo finanziario dell’attività economica un ruolo determinante nella vita e nell’evoluzione dell’impresa, manca attualmente nel nostro sistema normativo la previsione di un prospetto che, in relazione ad un periodo amministrativo ed in collegamento con il bilancio d’esercizio, riassuma i mezzi finanziari resi disponibili e gli impieghi che di essi si sono fatti, sì da consentire, da un lato, una compiuta analisi delle variazioni intervenute in un certo intervallo di tempo tra prescelti aggregati finanziari e quindi del grado di indipendenza e autonomia finanziaria dell’impresa, dall’altro, l’elaborazione dei piani finanziari che necessariamente accompagnano i piani strategici e industriali della società (art. 2381, 3° comma) che presuppongono, a loro volta, la possibilità di verificare come l’andamento economico della gestione si ripercuota sulla dinamica finanziaria.
   È pur vero che la disciplina del bilancio richiede la rappresentazione della situazione finanziaria della società (art. 2423, 2° comma) e che sussiste la previsione nel conto economico di alcuni dati relativi alla gestione finanziaria [art. 2425, lett. C) Proventi e oneri finanziari, e D) Rettifiche di valore di attività finanziarie], ma manca ancora un obbligatorio prospetto, cioè un rendiconto, dei flussi finanziari che consenta di verificare con quali risorse (fonti o entrate) sono state finanziate nell’esercizio le specifiche attività sociali (impieghi o uscite): che riclassifichi cioè gli scostamenti avvenuti nei valori finanziari finali degli elementi iscritti nello stato patrimoniale rispetto ai valori iniziali.
   Soltanto una lettura del bilancio in chiave finanziaria consente di individuare la capacità dell’impresa ad autofinanziarsi e le prospettive in termini di investimenti-finanziamenti, non costituendo affatto il reddito dell’esercizio (che prescinde, come è noto, dalla circostanza che sia già avvenuto l’incasso o l’esborso) un indicatore del livello della liquidità aziendale.
   La conoscenza della fluidità e scorrevolezza del circuito del danaro, la rilevabilità dei flussi del periodo di riferimento ne consente la relativa analisi, con possibilità di programmare i pagamenti degli impegni assunti alla luce del fabbisogno finanziario dell’impresa, cioè dei mezzi finanziari necessari per far fronte agli investimenti in corso (impianti, macchinari, materie prime, materiali vari, ecc.).
   Considerato che tra l’acquisizione dei fattori produttivi e la vendita della produzione intercorre mediamente un certo tempo più o meno lungo, e dal momento che i pagamenti dei fattori precedono di regola gli incassi dei ricavi, occorre predeterminare i flussi propri dell’impresa al fine di assicurare il rispetto degli impegni assunti e la regolarità dei pagamenti dei fattori produttivi: «sono proprio le dimensioni, le caratteristiche tecniche e i probabili tempi di recupero degli investimenti, infatti, a dare concretezza e contenuto al rischio d’impresa e a indicare la strada migliore per fronteggiarlo». In funzione del bisogno finanziario l’imprenditore potrà quindi predisporre, tenuto conto dei flussi dell’impresa e del credito che questa ottiene dai fornitori, gli strumenti per l’eventuale ricorso alle opportune fonti di finanziamento.
   L’accertamento della genesi dei flussi finanziari consente di valutare la possibilità di reiterazione dei flussi stessi e di verificare la relazione tra redditività e flussi finanziari, rientrando questi nella fisiologia dell’impresa ogni qualvolta siano riconducibili alla gestione operativa, ovvero originino da modificazioni della dimensione e della composizione del capitale netto.
   La conoscenza della struttura finanziaria, cioè dell’insieme delle fonti di finanziamento che consentono la copertura dei fabbisogni, costituisce una chiave di lettura pressoché assorbente della situazione patrimoniale, considerati i riflessi che la liquidità e la solvibilità assumono, non soltanto in relazione al mercato, ma anche alle procedure concorsuali, dove al presupposto dell’insolvenza (art. 5 legge fall.), propria del fallimento, si contrappone attualmente nel concordato preventivo il c.d. stato di crisi (art. 160 legge fall.).
   Attraverso l’attualizzazione dei flussi, cioè del possibile succedersi degli incassi e dei pagamenti, si perviene alla valutazione del capitale economico dell’impresa (1) o valore dell’impresa, tale intendendosi «il valore attribuibile al suo capitale proprio (o ai titoli che lo rappresentano) in funzione degli utili, dei vantaggi, dei frutti che il titolare può trarne».

   2. Il rendiconto finanziario, inteso come il prospetto che in relazione ad un periodo amministrativo ed in collegamento con il bilancio ordinario di esercizio, riassume - considerando l’azienda in una visione dinamica (2) - in vari aggregati la quantità e la qualità delle risorse finanziarie acquisite (entrate) e la quantità e qualità degli impieghi (uscite) che di esse sono state fatte, è ora previsto dallo standard internazionale IAS 7, che peraltro non detta precise disposizioni sull’articolazione del rendiconto finanziario, ma si limita a descrivere le regole e i principi per la sua corretta redazione.
   Questo principio contabile internazionale, che costituisce al pari degli ulteriori introdotti nel nostro ordinamento dapprima con il regolamento Ce n. 1606/2002 ed ora con il d. lgs. 28 febbraio 2005, n. 38 [in attuazione dell’art. 25 della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (legge comunitaria 2003)], prevede la redazione di un nuovo prospetto avente la funzione di integrare l’aspetto economico-reddituale della gestione, rappresentato nel conto economico, con quello finanziario-patrimoniale documentato nello stato patrimoniale, consentendo un’informazione anche dell’evoluzione che le grandezze finanziarie hanno subito nel corso dell’esercizio. I fatti di gestione vengono così riclassificati e rappresentati non soltanto sulla base della rispettiva competenza economica ma anche in funzione dell’influenza che gli stessi esercitano sull’«aggregato finanziario» (disponibilità liquide e disponibilità equivalenti) di cui il rendiconto rappresenta la dinamica dell’esercizio al quale si riferisce, di guisa che la ricchezza aziendale viene evidenziata secondo le tipiche aree gestionali utilizzate per la rappresentazione dei valori reddituali: (i) attività operativa (3); (ii) attività di investimento (4); (iii) attività finanziaria (5).
   A differenza del conto economico nel quale i ricavi e i costi sono iscritti secondo il criterio della competenza, nel rendiconto finanziario le operazioni rilevano solo per gli incassi e i pagamenti che hanno generato, cioè per le variazioni delle disponibilità liquide che discendono sia da operazioni dell’esercizio come pure da quelle effettuate in un esercizio precedente (6).
   Il documento, pur nascendo dalla gestione passata, rispecchiando le condizioni di liquidità e solvibilità dell’impresa, consente di formulare previsioni sui futuri sviluppi dell’attività.

   3. Lo IAS 7, per quanto concerne il nostro Paese, ha un risalente precedente nel Principio contabile n. 2 predisposto nel 1977 dalla Commissione nazionale dei dottori commercialisti e dei ragionieri, e quindi sostituito dal Principio n. 12 nel 1994 con la finalità di collegare gli aspetti reddituali della gestione con quelli patrimoniali e finanziari sì da consentire una compiuta conoscenza delle origini e delle modalità di copertura del fabbisogno finanziario, con l’inserimento nella nota integrativa del rendiconto finanziario.
   Analogamente lo IAS 7 (rivisto nel 1992) (7) si propone, attraverso il rendiconto finanziario, di illustrare la dinamica finanziaria dell’impresa e quindi di «accertare», secondo la formulazione contenuta nelle Finalità con cui esordisce questo Principio contabile, «la capacità dell’impresa a produrre disponibilità liquide e mezzi equivalenti … e la tempistica e il grado di certezza della loro generazione».
   Soltanto la pronta convertibilità (a tre mesi o meno dalla data di acquisto) in un ammontare noto di danaro consente di qualificare come disponibilità liquida equivalente un investimento, sempreché alla conversione non consegua il rischio di una variazione di valore.
   Ed in questo senso il nuovo art. 2425-quater, che l’ormai imminente riforma del diritto contabile societario si accinge ad inserire nel nostro codice civile come da delega contenuta nella legge comunitaria 2004 (legge 18 aprile 2005, n. 62) in attuazione della direttiva n. 2003/51/Ce (modificativa della IV n. 78/660/Cee), statuisce che: «Dal rendiconto finanziario devono risultare l’ammontare e la composizione delle disponibilità liquide … all’inizio e alla fine dell’esercizio, ed i flussi finanziari dell’esercizio derivanti dall’attività operativa, da quella di investimento e da quella di finanziamento».
   La disposizione rispecchia le indicazioni dello IAS 7 che privilegia (8) il rendiconto delle variazioni dei «fondi liquidi» rispetto a quello delle variazioni del «capitale circolante netto» (CCN) (9), invertendo così l’opzione prospettata nel nostro Principio contabile n. 12. Nel rendiconto del capitale circolante, concepito quale aggregato della attività correnti, manca invero l’informazione sull’impatto delle varie aree gestionali sulla liquidità dell’azienda considerata l’impostazione del documento volto a focalizzare l’attenzione sulle risorse finanziarie totali, cioè sulle variazioni di quella grandezza composita quale è il capitale circolante finanziario, con la conseguenza che il riferimento al solo capitale circolante netto potrebbe occultare una situazione di difficoltà dell’impresa dovuta ad una contrazione di liquidità per incremento dei crediti e/o del magazzino.

   4. Lo IAS 7 si articola in due distinti metodi: diretto (basato sulla contrapposizione tra i flussi in entrata e quelli in uscita) e indiretto (che prevede una serie di rettifiche al risultato d’esercizio).
   Comune alle due metodiche è la finalità che le caratterizza: l’utilizzo di grandezze di fondo costituite da «disponibilità liquide e mezzi equivalenti» (10).
   Quindi:
• disponibilità liquide: cassa e depositi a vista;
• disponibilità liquide equivalenti: investimenti finanziari a breve termine (tre mesi o meno dalla data di acquisto) e ad alta liquidità.
   Una notazione particolare necessitano i conti correnti bancari passivi in quanto lo IAS 7 (par. 8) precisa che i prestiti bancari rientrano nell’attività finanziaria e, di conseguenza, non dovrebbero essere inseriti all’interno delle disponibilità liquide. Peraltro, prosegue il par. 8, «in alcuni Paesi, tuttavia, gli scoperti bancari che sono rimborsabili a vista formano parte integrante della gestione delle disponibilità liquide di un’impresa. In questi casi, gli scoperti bancari devono essere inclusi come componenti di disponibilità liquide o mezzi equivalenti», in quanto costituiscono a tutti gli effetti uno strumento di elasticità di cassa.
   Schematicamente, con riferimento allo stato patrimoniale ex art. 2424 cod. civ., così la liquidità secondo lo IAS 7:

 
Esercizio n.
Esercizio n. - 1
Disponibilità liquide
• Depositi bancari e postali (Attivo C.IV.1)
X
X
• Assegni (Attivo C.IV.2)
X
X
• Danaro in cassa (Attivo C.IV.3)
X
X
• Conti correnti bancari passivi (inseriti in Passivo D.3)
   se e solo se considerati strumenti di elasticità di cassa
(X)
(X)
Mezzi equivalenti
• Strumenti finanziari di debito facilmente realizzabili,
   con scadenza entro tre mesi dall’acquisto
   (inseriti in Attivo C.III.6)
X
X
Disponibilità liquide e mezzi equivalenti
X
X
(Fonte Ferrero, Dezzani, Pisoni, Puddu)

   5. Le informazioni desumibili dal rendiconto finanziario di liquidità costituiscono l’indefettibile premessa per valutare il grado di autonomia finanziaria (11) dell’impresa e preservarne le condizioni di equilibrio aziendale ricorrendo a finanziamenti esterni o piuttosto a nuovi conferimenti (12) a titolo di capitale come pure ad apporti che danno origine a strumenti finanziari secondo il novellato ultimo comma dell’art. 2346 o, infine, dando corso a dismissione di cespiti.
   Il rendiconto finanziario costituisce ancora il fondamento per la redazione di quei piani finanziari (13) che il nuovo 3° comma dell’art. 2381 affida all’esame del consiglio di amministrazione, e il Codice di autodisciplina prevede che, oltre che per l’esame, il consiglio sia competente all’approvazione. I piani finanziari della società, al pari dei piani strategici e industriali predisposti dagli organi delegati - e come tali responsabili della loro ideazione e attuazione - ricadono quindi nelle competenze dell’intero consiglio anche in forza dell’ampia facoltà di avocazione di poteri riconosciuta al consiglio stesso.
   In ogni caso l’obbligo degli amministratori di agire informati, espressamente previsto dall’ultimo comma dell’art. 2381, presuppone la conoscenza da parte degli stessi di informazioni sulla genesi e sull’utilizzo delle disponibilità liquide e mezzi equivalenti, e, più in generale, sul grado di autonomia finanziaria dell’impresa.
   Tali informazioni, che si possono ottenere solo dal rendiconto finanziario di liquidità, costituiscono il presupposto per l’elaborazione delle strategie aziendali e della politica finanziaria dell’impresa sia in ordine alla realizzazione di nuovi programmi di investimento (conquista di nuovi mercati, cambiamento della linea produttiva, operazioni di finanza straordinari) (14), sia per quanto concerne il rimborso delle passività in scadenza, come pure per coglierne eventualmente lo stato di crisi e, se del caso, di insolvenza.
   Le sanzioni penali dettate dalla legge fallimentare per il compimento di operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento (art. 217, n. 3, legge fall.) e per il ricorso abusivo al credito dissimulando il dissesto (art. 218 legge fall.), potranno ora avere un’esimente o un’aggravante nel rendiconto finanziario che consentirà di escludere o di confermare la conoscibilità dello stato di insolvenza dell’impresa.
   Infine, il rendiconto finanziario, nel più vasto contesto del pubblico interesse allo sviluppo di un unico insieme di principi contabili internazionali, contribuisce a fornire agli analisti ed agli operatori dei mercati finanziari informazioni trasparenti e comparabili per assumere decisioni economiche consapevoli.

   6. In sintesi. L’esercizio da parte dell’Italia dell’opzione prevista dal Regolamento comunitario n. 1606/2002 circa l’adozione dei principi contabili internazionali (per le società cui si applicheranno tali principi), comportando l’adozione ai fini dello schema di rendiconto finanziario di quanto previsto dallo IAS 7, cioè del rendiconto finanziario in termini di liquidità, piuttosto che in termini di variazioni di capitale circolante netto, costituisce un ulteriore contributo alla chiarezza del bilancio d’esercizio, considerato che soltanto il primo prospetto ha riscontro su dati certi ed omogenei da cui esula ogni elemento valutativo, in parte discrezionale, da parte del compilatore (quali, per esempio, il magazzino e i crediti).
   Il rendiconto finanziario, secondo quanto prevede lo IAS 1, par. 8, è dunque parte integrante del bilancio e pertanto deve essere obbligatoriamente presentato insieme agli altri documenti che compongono il bilancio stesso al fine di illustrare, partendo dallo stato patrimoniale e dal conto economico, le variazioni finanziarie intervenute fra due successivi esercizi, di controllare la gestione della tesoreria e di disporre di informazioni per la costituzione di un budget di cassa.
   Per quanto concerne la struttura formale del rendiconto finanziario, questa si può esplicitare in uno schema a sezioni divise (fabbisogni (15) e fonti (16) di risorse finanziarie), ovvero secondo un prospetto scalare che, dal valore iniziale risorsa - fondo di riferimento, si evolve mediante variazioni in aumento (fonti) o in diminuzione (fabbisogni) fino a giungere alla grandezza finale.

* Intervento al Seminario, organizzato da Giurisprudenza commerciale, sul tema “I principi contabili internazionali IAS/IFRS: i profili giuridici e l’impatto sul sistema del diritto contabile italiano”, tenutosi alla Luiss (Roma) il 21 aprile 2006.

NOTE

   (1) Per completezza va aggiunto, come insegna la dottrina aziendalistica, che la determinazione del c.d. “capitale economico dell’impresa” può essere effettuata non solo attraverso l’attualizzazione dei flussi finanziari futuri disponibili per l’investitore (free cash flow), ma anche mediante ulteriori metodi basati sia sui flussi reddituali che sulla capitalizzazione di un reddito medio normalizzato o, ancora, sulla valutazione a valori correnti del patrimonio dell’impresa considerata.

   (2) Il rendiconto finanziario, che non deriva immediatamente dalla contabilità, ma si ottiene per elaborazione successiva dal bilancio, può anche metaforicamente riguardarsi come un film, nel senso che descrive i flussi di danaro che, per voci sintetiche, hanno avuto luogo nell’anno, vale a dire tra i fotogrammi rappresentati dal precedente stato patrimoniale e dall’attuale.

   (3) Quella attraverso la quale si realizza la cosiddetta “missione d’impresa”, cioè l’attività tipica.

   (4) Riguarda gli acquisti o le vendite di immobilizzazioni materiali, immateriali e finanziarie.

   (5) Concerne l’ottenimento o la restituzione di risorse finanziarie sotto forma di capitale di rischio o di debito.

   (6) Di qui il consueto esempio di vendite concluse nell’esercizio che non generano incassi nel periodo considerato perché con data di pagamento scadente nell’esercizio successivo.

   (7) Che sostituisce il Prospetto delle variazioni della situazione finanziaria, approvato dal Board nell’ottobre del 1977.

   (8) In questo senso già la circolare Assonime n. 14 dell’11 febbraio 1986 che evidenzia la dubbia significatività delle variazioni del capitale circolante ai fini dell’interpretazione della solvibilità dell’impresa.

   (9) Rappresentato dalla differenza aritmetica tra le attività correnti (al netto di eventuali fondi rettificativi) e le passività correnti, ove per “correnti” si intendono le attività liquidabili e le passività esigibili entro dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio.

   (10) Con la conseguenza che devono essere escluse dal rendiconto finanziario le operazioni non monetarie, cioè quelle operazioni di investimento e finanziarie che non richiedono l’impiego di disponibilità liquide o mezzi equivalenti (IAS 7, par. 43).

   (11) Tanto più elevata quanto più costituita da fonti che non generano una dipendenza dell’impresa da terzi nelle scelte di gestione.

   (12) Resi ragionevoli dalla situazione finanziaria della società: art. 2467, 2° comma, e art. 2497-quinquies.

   (13) Di cui è menzione, fra l’altro, anche nella disciplina dei “patrimoni destinati” [artt. 2447-ter, 1° comma, lett. c) e 2447-decies, 2° comma, lett. b)], ed in quella della “fusione a seguito di acquisizione con indebitamento” (art. 2501-bis, 3° comma).

   (14) Di indicazione nel progetto di fusione delle risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione, con riferimento al leveraged buyout, è menzione nel 2° comma dell’art. 2501-bis.

   (15) Intesi come una diminuzione di risorse finanziarie che deriva da: un aumento delle attività (nuovi impieghi/investimenti); una diminuzione delle passività (rimborsi di finanziamenti); una diminuzione del capitale netto data da distribuzione di utili e rimborsi di capitale sociale e/o sostenimenti di costi.

   (16) Intesi come un incremento di risorse finanziarie che deriva da una diminuzione dell’attivo (smobilizzo di impieghi); un incremento del passivo (nuovi finanziamenti); un incremento del capitale netto dato da aumento di capitale sociale e/o conseguimenti di ricavi.

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