il diritto commerciale d’oggi
    V.4 – aprile 2006

STUDÎ & COMMENTI

 

FULVIO LO CICERO
La trascrizione del trust domestico

 

1.
   Il problema della trascrizione del trust domestico e, dunque, della sua costituzione sembra del tutto superato oramai, a seguito del recentissimo intervento legislativo (nuovo art. 2645-ter cod. civ.) che ha ammesso a pieno titolo – entro certi limiti che chiariremo – la possibilità di trascrivere nei registri immobiliari un fondo patrimoniale di beni mobili e immobili con vincolo di destinazione, che ben può definirsi un “trust”.
   La norma è contenuta nella legge 23 febbraio 2006, n. 51, di conversione del d. l. 30 dicembre 2005, n. 273 (che, per la verità, non conteneva tale disposizione) ed è stata approvata in via definitiva il 9 febbraio scorso e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 28 febbraio 2006.
   L’art. 39-novies della legge di conversione ha introdotto il nuovo art. 2465-ter del codice civile.

2.
   Come appare chiaro dalla lettura del nuovo art. 2465-ter cod. civ., il legislatore ha risolto sia il problema dell’ammissibilità del “trust interno”, sia quello dell’opponibilità dei creditori del disponente ex art. 2740 cod. civ.
   Infatti, in base alla nuova disposizione, è ammessa la costituzione di un fondo patrimoniale finalizzato agli interessi di un ampio spettro di soggetti (in pratica, la dizione molto generica della norma ammette la costituzione di un fondo patrimoniale con vincolo di destinazione a favore di qualsiasi persona fisica o giuridica), con l’unico limite del rispetto dell’art. 1322, 2° comma cod. civ. (anche questo assai generico, nel senso che ammette la stipulazione di contratti atipici, purché «diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico»).
   Il disponente può, dunque, costituire il fondo patrimoniale mediante atto unilaterale apponendovi un vincolo di destinazione per una determinata persona fisica o giuridica, per la durata massima di novanta anni e chiederne la trascrizione. Quest’ultima consente al disponente (o a chi ne cura gli interessi, quindi, si deve supporre, ad una figura omologa al trustee) di oppore ai suoi creditori il vincolo di destinazione.
   Per quest’ultima evenienza, la norma pone due limiti sostanziali. Il primo è dato dal fatto che i creditori del disponente (o, si deve supporre, del beneficiario) possono agire esecutivamente sui beni del fondo patrimoniale per la tutela dei crediti nati da atti che riguardano le finalità per cui il fondo destinato è stato creato. Conseguentemente, ove il disponente o il beneficiario contraggano un debito riguardante operazioni che hanno a che fare con le finalità cui si riferisce il vincolo di destinazione del fondo patrimoniale, il creditore può agire rivalendosi sui beni del fondo stesso, in base al principio di cui all’art. 2740 cod. civ.
   Il secondo limite posto dalla norma è che viene fatto salvo quanto dispone l’art. 2915 cod. civ., in forza del quale «non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione gli atti che importano vincoli di indisponibilità, se non sono trascritti prima del pignoramento, quando hanno per oggetto beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri e, negli altri casi, se non hanno data certa anteriore al pignoramento».
   Il 2° comma dell’art. 2915 cod. civ. dispone che non possono ugualmente avere effetto, in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione quegli «atti e le domande per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la trascrizione, se non trascritti successivamente al pignoramento».

3.
   I due commi di cui si compone l’articolo del codice dispongono norme per fattispecie di portata differente fra di loro.
   L’art. 2915, 1° comma cod. civ. commina l’inefficacia nei confronti dell’esecuzione pendente di tutti quegli atti che, pur non comportando il trasferimento della proprietà ovvero la costituzione di un diritto reale di godimento sui beni pignorati, rendano comunque impossibile per i creditori partecipanti all’espropriazione la soddisfazione sui beni stessi, a causa dell’imposizione di “vincoli di disponibilità”. In questo senso, la dottrina ha ritenuto questa norma una sorta di completamento di quanto dispongono gli artt. 2913 e 2914 cod. civ., in quanto l’inopponibilità deve considerarsi operante sia per i vincoli costituiti dopo il pignoramento, sia per quelli perfezionati anteriormente ma trascritti o muniti di data certa successivamente al pignoramento stesso . È evidente, dunque, che agli atti cui normalmente si faceva riferimento in precedenza (e cioè, in sostanza, il fondo patrimoniale dei coniugi e l’eredità giacente), si deve ora aggiungere anche il fondo patrimoniale, o trust, disciplinato dall’art. 2465-ter cod. civ.
   Il secondo comma dell’art. 2915 cod. civ. dispone l’inefficacia nei confronti dei creditori concorrenti degli atti e delle domande per la cui efficacia rispetto ai terzi acquirenti la legge richiede la trascrizione, laddove essi siano trascritti dopo il pignoramento. In linea di massima, la dottrina ha ritenuto che gli atti e le domande cui si riferisce l’art. 2915, 2° comma cod. civ. non sono quelli che pongono un vincolo di indisponibilità sui beni oggetto del negozio, altrimenti la norma porrebbe un’inutile ripetizione di quanto già disposto dal primo comma del medesimo articolo . Sono tali, dunque, le divisioni e gli altri atti per i quali è prevista la trascrizione (art. 2646 cod. civ., e cioè provvedimenti di aggiudicazione degli immobili divisi mediante incanto, provvedimenti di attribuzione delle quote tra condividenti, verbali di estrazione a sorte delle quote), l’accettazione di eredità e l’acquisto di legato, ex art. 2648 cod. civ. Conseguentemente, il 2° comma dell’art. 2915, nonostante il rimando generico a questo articolo nella sua interezza, disposto dal nuovo art. 2645-ter cod. civ., non sembra interessare la nuova fattispecie regolata dal legislatore.
   Riguardo al problema della compatibilità del fondo patrimoniale trascritto ex art. 2645-ter cod. civ. con il principio della responsabilità patrimoniale del debitore ex art. 2740 cod. civ., appare evidente come il legislatore abbia seguito la strada indicata dalla dottrina maggioritaria, favorevole all’ammissione del “trust domestico” o interno. Il trust non può essere un modo per aggirare la norma sulla responsabilità patrimoniale del debitore, in quanto i beni mobili e immobili vincolati sono finalizzati ad un’utilità specifica, che deve essere chiaramente presente nell’atto di destinazione. Ogni utilizzazione contraria a quanto previsto dall’atto comporterebbe la nullità dell’atto stesso perché in frode alla legge. Inoltre, è evidente come qualsiasi tentativo del debitore di sfuggire all’azione esecutiva già intrapresa con la costituzione di un trust sarebbe ostacolata dalla tutela posta dall’art. 2915, 1°comma cod. civ., mentre è invece espressamente previsto dalla norma stessa la possibilità dell’azione esecutiva dei creditori per i debiti contratti dal disponente in esecuzione delle finalità disposte con la costituzione del fondo patrimoniale.

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