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Mi si chiede di esprimere parere sulla questione se le disposizioni contenute nei quattro commi dell’art. 147-ter del TUF – introdotto dall’art. 1 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, “Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” – debbano avere immediata applicazione ovvero se valga per esse la norma transitoria di cui all’art. 42, comma 1 in forza della quale «entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le società iscritte nel registro delle imprese alla data di entrata in vigore della presente legge provvedono ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni da questa introdotte».
Per rispondere al quesito, procederò anzitutto ad un esame analitico dei singoli commi e, successivamente, ad un approccio sistematico al tema.2.
Sotto il primo profilo, è d’immediata evidenza che i commi 1 e 3 della norma in esame richiedono una mediazione statutaria. Il primo è esplicito, dato che attribuisce allo statuto il compito di disciplinare un meccanismo di elezione degli amministratori sulla base di liste, determinando in particolare il quorum per la presentazione delle liste stesse. Il secondo si collega direttamente al primo, in quanto detta una disposizione particolare concernente la «lista di minoranza che abbia ottenuto il maggior numero di voti».
Quanto al comma 4 – in forza del quale «in aggiunta a quanto disposto dal comma 3, qualora il consiglio di amministrazione sia composto da più di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3 …» – il collegamento con il precedente comma 3 risulta – oltre che dal dato testuale («in aggiunta a quanto disposto dal comma 3») – dai lavori preparatori nei quali si legge: «La determinazione delle forme per la designazione di tali membri indipendenti è rimessa allo statuto della società che è autorizzata a derogare in questo caso al principio del voto di lista …» (Relazione delle Commissioni permanenti della Camera, p. 12).
Resta da valutare il comma 2, in forza del quale «per le elezioni alle cariche sociali le votazioni devono sempre svolgersi con scrutinio segreto». La disposizione non incontra di per sé ostacoli, per così dire, tecnici ad una immediata applicazione. Circa il suo ambito precettivo, ritengo che esso vada limitato alla elezione del consiglio di amministrazione, in coerenza con la sedes materiae, che è quella degli “organi di amministrazione” (così la rubrica della nuova Sezione IV-bis) e, specificamente, della “elezione e composizione del consiglio di amministrazione” (così la rubrica dell’art. 147-ter). Escludo, poi, che la disposizione possa valere per le nomine, da parte del consiglio, del Presidente, del Vice Presidente e dell’Amministratore Delegato, le quali esigono – alla stregua di un minimo livello di accettabile governance – analisi, elaborazioni, confronti e scelte incompatibili con un meccanismo di voto segreto. Escludo, infine, che essa possa valere per la elezione del collegio sindacale, dato che il novellato art. 148 del TUF obbedisce a logica del tutto diversa, quella della eteronomia (art. 148, co. 2: «La Consob stabilisce con regolamento modalità per l’elezione di un membro effettivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza»)
Per concludere dunque questo primo esame, l’analisi atomistica dei quattro commi dell’art. 147-ter lascia aperta soltanto la questione se il comma 2 possa avere applicazione immediata a prescindere da una attuazione statutaria.3.
Occorre a questo punto affrontare il tema in chiave sistematica.
In questa prospettiva diversi elementi confortano la conclusione che l’intero art. 147-ter debba considerarsi integralmente soggetto alla menzionata norma transitoria.
Un primo elemento è che l’art. 147-ter disciplina organicamente le modalità di elezione e composizione del consiglio di amministrazione, sicché sembra preferibile ritenere che la legge abbia posto l’autonomia statutaria in grado di dare alla norma stessa, in un unico contesto, una completa ed armonica attuazione.
Un secondo elemento è che la materia oggetto del comma 2 è per sua natura tipicamente statutaria. Le modalità delle votazioni sono disciplinate per lo più dagli statuti ovvero dai regolamenti assembleari, ai quali nella prassi viene spesso attribuita rilevanza statutaria. Più in generale l’art. 2368, comma 1, ultima frase cod. civ. attribuisce allo statuto un’ampia capacità di disciplinare, anche in deroga alla legge, «la nomina alle cariche sociali».
Un terzo, e a mio avviso decisivo, elemento è rappresentato proprio dalla dizione letterale della norma transitoria. Come ricordato, l’art. 42, comma 1 pone un termine entro il quale le società già esistenti «alla data di entrata in vigore della presente legge provvedono ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni da questa introdotte». La norma dunque non distingue a seconda che la singola disposizione sia tecnicamente suscettibile di applicazione immediata ovvero se essa richieda, esplicitamente o implicitamente, una mediazione statutaria. Al contrario, la norma ha portata generale: essa riguarda tutte le «disposizioni … introdotte» che ricadano nell’ambito delle materie che, per legge o per prassi, sono disciplinate dallo statuto; e tra esse, come già osservato, rientra quella oggetto del comma 2. Né, d’altro canto, assume alcun rilievo il fatto che si tratti, pacificamente, di norma imperativa, posto che un obbligo di adeguamento statutario si pone, ovviamente, solo nel caso di norme imperative. Del resto, che lo statuto sociale possa, in un periodo transitorio, convivere con norme imperative confliggenti è esperienza ben nota, anche recente (cfr. l’art. 223-bis disp. att. cod. civ. nell’ambito della riforma societaria).4.
Alla luce delle considerazioni sopra esposte esprimo dunque il parere che l’art. 147-ter del TUF richiede, per la propria integrale applicazione, una modifica statutaria da deliberarsi entro il 12 gennaio 2007.
Le nuove disposizioni statutarie non potranno che disporre per l’avvenire. È escluso, pertanto, che la loro introduzione comporti la caducazione dei consigli eletti alla stregua delle disposizioni statutarie fino a quel momento vigenti.
In particolare, con riferimento agli amministratori indipendenti (comma 4) delle due l’una: o la previsione risulta già realizzata in concreto (com’è probabile per le società che si sono conformate al codice di comportamento delle società quotate) oppure potrà esserlo soltanto al momento in cui l’assemblea sia chiamata, per così dire fisiologicamente, a rinnovare l’organo amministrativo o ad integrarlo. In altri termini, poiché l’amministratore in carica ha un diritto soggettivo perfetto al mantenimento della carica stessa, la disposizione in esame non può essere interpretata nel senso di imporre la sostituzione di uno degli amministratori eletti o cooptati; né del resto è dato un criterio secondo il quale andrebbe individuato l’amministratore che dovrebbe far posto all’indipendente
Infine, vale la pena di rilevare che l’interpretazione sopra sostenuta ha dalla sua un forte argomento di opportunità, dato che – come è noto – le disposizioni in esame, e in particolare quella sul voto segreto, sono destinate, per unanime consenso, ad essere modificate in tempi brevissimi.