il diritto commerciale d’oggi
    V.3 – marzo 2006

GIURISPRUDENZA

 

CORTE DI CASAZIONE, ordin. 8 febbraio 2006, n. 2637 – Presidente Carbone – Estensore Proto; Amit s.r.l. c. Lottomatica s.p.a.
   La fusione di una società mediante incorporazione in un’altra società non determina l’estinzione della prima società, la quale mantiene, invece, la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo. Conseguentemente, non si interrompe, a seguito della fusione, il giudizio instaurato nei confronti della società incorporata.
   Costituisce organismo di diritto pubblico – ed è, in quanto tale, soggetto alle procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento a terzi di appalti – l’ente privato, che sia istituito per perseguire, anche in modo non esclusivo, interessi di carattere generale e che sia sotto la dominanza pubblica, usufruendo di finanziamenti prevalenti dello Stato o di enti pubblici.

 

(Omissis)

CONSIDERATO IN FATTO – 1. Con ricorso notificato in data 8 giugno 2004 la società Amit s.r.l. convenne in giudizio davanti al Tar del Lazio la società Lottomatica s.p.a. Premesso di essere titolare di un contratto di appalto di servizi di biglietteria e di distribuzione pubblicitaria con scadenza 30 giugno 2004, relativo alle manifestazioni promosse dalla Fondazione Accademia di Santa Cecilia, chiese l’annullamento del provvedimento col quale la Fondazione aveva affidato direttamente alla Lottomatica l’appalto di quei servizi, senza esperire, malgrado la sua qualità di organismo di diritto pubblico, la procedura di evidenza pubblica di cui al d.lgs. n.157 del 1995. La Fondazione e la Lottomatica si costituirono, resistendo alla domanda.
2. Nel corso del giudizio quest’ultima, con atto notificato il 30 luglio 2004, ha proposto regolamento di giurisdizione, chiedendo che sia affermata la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla causa promossa dalla Amit. La Amit ha resistito con controricorso.
3. Anche la Fondazione ha proposto autonoma istanza di regolamento di giurisdizione, chiedendo, con atto notificato in data 29 e 30 settembre, che sia dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario. La Amit ha resistito con controricorso.
4. Il Procuratore Generale, al quale gli atti sono stati trasmessi a norma dell’art.375 c.p.c., ha concluso la propria requisitoria, chiedendo che sia affermata la giurisdizione del giudice amministrativo.
5. A queste conclusioni le parti hanno replicato con memorie e, sentite in camera di consiglio, la Lottomatica ha chiesto che sia dichiarata, ai sensi dell’art. 300 c.p.c., l’interruzione del processo in conseguenza della fusione per incorporazione della società stessa, assieme alla società FinEuroCames s.p.a., nella società NewGames s.p.a., con atto notarile del 14 dicembre 2005.

CONSIDERATO IN DIRITTO – 1. I due ricorsi devono essere riuniti in quanto tendono entrambi alla risoluzione della stessa questione di giurisdizione, in relazione alla domanda proposta dalla Amit nei confronti delle attuali ricorrenti davanti al giudice amministrativo (cfr. Cass. 17 ottobre 1992, n. 11436 e Cass. 22 dicembre 2003, n.19667).
2. Ancora in via preliminare va, poi, esaminata la istanza della Lottomatica, con la quale si chiede che sia dichiarata la interruzione del processo in virtù dell’avvenuta fusione per incorporazione della società stessa, assieme alla società FinEuroGames s.p.a., con atto notarile del 14 dicembre 2005, nella società NewGames s.p.a.
L’istanza non può essere accolta.
Occorre, anzitutto, ribadire - in conformità all’orientamento risalente di questa Corte – che l’estinzione del soggetto ricorrente, dichiarata in sede di legittimità dal suo difensore in udienza, non incide sullo svolgimento del giudizio di cassazione, perché questo è dominato dall’impulso di ufficio (Cass. 14 dicembre 2004; Cass. 15 ottobre 2004; Cass.18 agosto 2004, n. 16138; 27 giugno 2000, 8708, ex plurimis); principio da ritenersi operante anche nel regolamento di giurisdizione, che, una volta instaurato, si attua secondo le regole previste per il ricorso ordinario e, come questo, resta dominato dall’impulso di ufficio.
La questione, tuttavia, nella fattispecie, in effetti, neanche si pone, perché erroneamente l’istanza postula la perdita della capacità processuale della Lottomatica in conseguenza dell’avvenuta fusione per incorporazione della società stessa.
L’art. 2505-bis c.c., nel testo vigente, stabilisce, infatti, al primo comma, che la società risultante dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione. Il legislatore ha così (definitivamente) chiarito che la fusione tra società, prevista dagli artt. 2501 e seguenti c.c. non determina, nella ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria; ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione. Il fenomeno non comporta, dunque, l’estinzione di un soggetto e (correlativamente) la creazione di un diverso soggetto; risolvendosi (come è già stato rilevato in dottrina) in una vicenda meramente evolutiva-modificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo.
3. Nel suo ricorso la Lottomatica sostiene che il contratto da essa stipulato con la Fondazione sia sottratto alla disciplina del d.lgs. 157/95, in quanto qualificabile come contratto di sponsorizzazione tecnica (diverso quindi dall’appalto di servizi intercorso tra la Fondazione e la Amit), non indicato negli allegati alla predetta legge. La Lottomatica, infatti, secondo la ricorrente, con tale contratto ha offerto alla Fondazione, come controprestazione del ritorno di immagine da essa ricevuto relativamente agli eventi musicali organizzati, non una somma di danaro, ma il servizio di biglietteria; controprestazione che si sarebbe tradotta per la Fondazione in un risparmio di spesa sui servizi.
Nel proprio ricorso la Fondazione aggiunge, che, trattandosi di un contratto atipico, questo neanche in via analogica od estensiva potrebbe essere qualificato alla stregua dei contratti di appalto pubblici di servizi, in quanto la disciplina di cui al d.lgs. 157/95 conterrebbe una elencazione tassativa dei rapporti ad essa sottoposta; il contratto sarebbe, poi, caratterizzato dalla mancanza di corrispettività, prevedendo le relative clausole (artt.4 e 5) l’impegno di Lottomatca di effettuare il servizio di biglietteria, e, correlativamente, la concessione alla stessa del diritto di pubblicizzare la sua collaborazione con la Fondazione e di utilizzare il suo marchio identificativo. In questo contesto il rimborso alla Lottomatica, previsto nel contratto, per gli oneri sostenuti in relazione alle attività correlate alla vendita dei biglietti, avrebbe carattere accessorio e non inciderebbe sulla natura non onerosa del rapporto.
Entrambe le ricorrenti deducono, inoltre, che la Fondazione non avrebbe tutti i requisiti prescritti per poter operare come organismo di diritto pubblico, in quanto, da un lato, in base al suo statuto, essa potrebbe svolgere anche attività commerciale e dovrebbe operare secondo criteri di imprenditorialità, e, dall’altro, le finalità perseguite (la diffusione cioè della cultura musicale) non costituirebbero bisogni di interesse generale ai sensi della direttiva 92/50 Cee.
La Fondazione osserva, poi, nel suo ricorso, che neanche sussisterebbe il requisito della partecipazione pubblica, in quanto i contributi da essa ricevuti svolgerebbero un ruolo di mero supporto, non assimilabile al finanziamento connesso ai trasferimento di funzioni pubblicistiche e, quanto al controllo, il collegio dei revisori e il consiglio di amministrazione non sarebbero riconducibili maggioritariamente ad organi o enti pubblici.
4. Secondo la resistente Amit, la Fondazione sarebbe, invece, annoverabile tra i soggetti compresi nella categoria degli organismi di diritto pubblico, tenuti, quindi, all’osservanza delle procedure ad evidenza pubblica per l’affidamento a terzi di appalti di servizi pubblici, ed anche i servizi pubblicitari e di biglietteria affidati alla Lottomatica rientrerebbero nell’ambito di applicabilità del d. lgs. n. 157/95.
Quanto al primo profilo, sostiene che, ai sensi dell’allegato 7 al d. lgs. 157/97, gli enti culturali e gli enti pubblici preposti ad attività di spettacolo siano compresi nella categoria degli organismi di diritto pubblico e che quindi, a dispetto della sua personalità giuridica di diritto privato, la Fondazione rientri tra quei soggetti, essendo stata istituita per perseguire, senza scopo di lucro, la diffusione dell’arte musicale.
Quanto al secondo, osserva che il valore del servizio di pubblicità e biglietteria affidato alla Lottomatica e il carattere oneroso del contratto (costituito, in particolare, da una percentuale sui biglietti venduti), unitamente alla qualità di organismo di diritto pubblico della Fondazione, non dovrebbero far dubitare che esso sia riconducibile alla disciplina comunitaria sopra richiamata. La clausola contrattuale di sponsorizzazione, residuale ed accessoria, non inciderebbe, in definitiva, sulla natura di appalto di servizi del contratto intervenuto tra la Fondazione e la Lottomatica.
5. I ricorsi non hanno fondamento.
5.1. L’art. 6 della legge 21 luglio 2000 n. 205 attribuisce al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva sulle «controversie relative alle procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, al rispetto della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale». È, dunque, alla stregua dei criteri da esso stabiliti che si deve verificare se la controversia rientra nella cognizione del giudice ordinario o di quello amministrativo.
5.2. Non osta alla soluzione della questione la mancanza (assunta dalla Fondazione) di atti formali idonei a configurare una violazione impugnabile in sede giurisdizionale amministrativa, in quanto la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto della domanda (art. 386 c.p.c.). E nella fattispecie, essendo questa diretta all’annullamento dell’affidamento alla Lottomatica dei servizi di biglietteria e di distribuzione pubblicitaria della Fondazione Accademia di Santa Cecilia e di ogni atto ad esso comunque collegato o connessone, è in relazione a tale oggetto (alla sussistenza cioè dell’obbligo, astrattamente considerato, del soggetto tenuto a rispettare le procedure concorsuali) che occorre risolvere la questione prospettata.
5.3. Il quadro normativo di riferimento per stabilire, anzitutto, se ricorre il requisito soggettivo richiesto per la operatività dell’art. 6 1.205/2000 cit., è di derivazione comunitaria.
L’art. 1 della direttiva (CEE) n. 92/50 del Consiglio, del 10 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici dei servizi dispone:
«Ai fini della presente direttiva s’intendono per (…) b) amministrazioni aggiudicatici, lo Stato, gli enti locali, gli organismi di diritto pubblico, le associazioni costituite da detti enti od organismi di diritto pubblico.
Per organismo di diritto pubblico s’intende qualsiasi organismo:
- istituito per soddisfare specificatamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, e
- avente personalità giuridica, e
- la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri più della metà dei quali è designata dallo Stato, dagli enti locali o da altri organismi di diritto pubblico.
Gli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico che ottemperano ai criteri di cui al secondo comma del presente punto figurano nell’allegato I della direttiva 71/305/CEE. Tali elenchi sono il più possibile completi e possono essere riveduti (…)».
Il d. lgs. 17 marzo 1995, n. 157, di attuazione della direttiva, nel ripetere (sostanzialmente) il contenuto della normativa comunitaria, specifica, ulteriormente, che l’elenco (di cui all’allegato 7, successivamente aggiornato con d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 65) degli organismi di diritto pubblico non è esaustivo (art. 2, comma 2).
La Corte di giustizia, nell’esaminare il problema della natura giuridica di tali organismi (anche in relazione alla direttiva 93/37 in tema di appalti pubblici di lavori, contenente identica previsione), ha chiarito che i tre criteri enunciati nell’art. 1, lett. b) hanno carattere cumulativo (sent. 15 gennaio 1998, causa C-44/96, e sent. 10 novembre 1998, causa C. 360/96); e che la nozione deve essere “estensivamente intesa” (sent. 27 febbraio 2003, causa c. 373/2000). Ha precisato, inoltre, che il carattere di diritto privato di un organismo non è di per sé idoneo ad escluderne la natura di diritto pubblico (sent. 15 maggio 2003, causa c. 214/2000), e che lo scopo di soddisfare bisogni di interesse generale non deve essere perseguito dall’ente necessariamente in via esclusiva o prevalente (sent. 22 maggio 2003 c. 18/2001).
5.4 Essendo, nella specie, pacifica la sussistenza del requisito della personalità giuridica in capo alla Fondazione, è necessario soffermarsi sugli altri due requisiti, per verificare se essa risponda alla definizione di organismo istituito per soddisfare specifiche finalità di interesse generale non aventi carattere industriale o commerciale.
La Corte di giustizia ha già chiarito che l’art. 1, lett. b) della direttiva opera una distinzione tra i bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, da un lato, e i bisogni di interesse generale aventi carattere industriale o commerciale, dall’altro (sent. 10 novembre 1998, cit., e sent. 10 maggio 2001, cause riunite C-223/99 e C-260/99) . Nella decisione del 10 novembre 1998, già richiamata, con riferimento alla direttiva 92/50, ha, inoltre, enunciato i seguenti principi:
- la nozione di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale non esclude bisogni che siano o possano essere parimenti soddisfatti da imprese private;
- lo status di organismo di diritto pubblico non dipende dalla rilevanza, nell’ambito dell’attività dell’ente, del soddisfacimento di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale;
- l’esistenza (o la mancanza) di bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale deve essere valutata oggettivamente, essendo irrilevante la forma giuridica delle disposizioni per mezzo delle quali essi sono soddisfatti.
In questo quadro non ha alcun rilievo che alla Fondazione sia consentito (come sottolineano le ricorrenti) lo svolgimento di attività commerciali ed accessorie conformemente ai suoi scopi istituzionali, e che l’ente sia tenuto ad operare secondo criteri di efficienza e di imprenditorialità.
Rileva, invece, che, in base al suo statuto sociale (art. 2), la Fondazione «persegue, senza scopo di lucro, la diffusione dell’arte musicale, (...) l’educazione musicale della collettività, la formazione professionale dei quadri artistici (...), in conformità all’art. 3 del d.lgs. 29 giugno 1996, n. 367 (recante disposizioni per la trasformazione degli enti che operano nel settore musicale in fondazioni di diritto privato), e che nelle categorie elencate nell’allegato 7 (secondo il testo aggiornato) sono espressamente indicati «gli enti culturali e di promozione artistica», distinti dagli «enti pubblici preposti ad attività di spettacolo, sportivo, turistiche e del tempo libero», elencati nel precedente inciso.
5.5. Sussiste, infine, anche il requisito della dominanza pubblica.
Secondo la direttiva 92/50, l’organismo di diritto pubblico si connota, oltre che per la partecipazione pubblica ed il finanziamento pubblico, anche per l’essere l’organo di amministrazione di direzione o vigilanza costituito da membri più della metà dei quali è designata da organismi di diritto pubblico.
In questo contesto è sufficiente rilevare, quanto al primo aspetto, che l’apporto dello Stato, della Regione e del Comune al patrimonio della Fondazione è, per legge (art. 10 d. lgs. 367/96 cit. e art. 4 statuto), maggioritario, non potendo, quello dei fondatori privati, superare la misura del 40%, e beneficiando la Fondazione di ingenti finanziamenti pubblici di carattere ordinario e straordinario (v. da ultimo, la 1.14 aprile 2004, n. 98); quanto al secondo aspetto, che la gestione finanziaria delle fondazioni è soggetta al controllo della Corte dei conti ai sensi della legge 21 marzo 1958, n. 259, quale ente cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, e che, a norma dell’art. 14 del d. lgs. 367/96 (e dell’art. 20 dello statuto), il collegio dei revisori è nominato con decreto del Ministro del tesoro (oggi Economia e Finanze), di concerto con l’autorità di governo competente (cui il collegio riferisce trimestralmente), che può disporne la revoca. Si aggiunga che, a norma dell’art. 16 d. lgs. cit., il Ministro può stabilire specifici schemi di bilancio e particolari forme di certificazioni; a norma dell’art. 20 d. lgs. cit. la fondazione che esercita attività commerciale è soggetta, in caso di insolvenza, alla procedura di liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento; e che, a norma del successivo art. 21 (mod. con 1.n.43 del 2005), il Ministro per i beni e le attività culturali può disporre lo scioglimento del consiglio di amministrazione quando risultino gravi irregolarità nell’amministrazione o gravi violazioni di norme, ovvero conti economici in perdita.
In questo quadro non rileva (e l’argomento non vale, quindi a dar fondamento alla contraria tesi delle ricorrenti) che, a norma dell’art. 15 (comma 4) d. lgs. cit., alle fondazioni da esso disciplinate non si applica la legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, in materia di lavori pubblici: anzitutto perché, come questa Corte ha già chiarito in altra occasione (Cass. 1 aprile 2004, n. 6408, in motiv.), le disposizioni dettate per gli appalti dei lavori pubblici non sono automaticamente estensibili agli appalti dei servizi, trattandosi di settori diversamente regolati nell’ordinamento comunitario; inoltre, perché (come osserva nella sua requisitoria il Procuratore Generale), per un verso, ove l’esclusione fosse collegata alla particolare natura della fondazione, essa «sarebbe del tutto pleonastica»; e, per altro verso, considerato che la normativa sulle fondazioni è successiva sia alla legge 109/94, sia al d.lgs. 157/95, «l’aver limitato l’esclusione al solo appalto di opere pubbliche non può essere priva di significato».
5.6. Il riferimento alla direttiva comunitaria 92/50 cit. si impone anche per stabilire la sussistenza (o non) del requisito obbiettivo.
L’art. 1 dichiara che per appalti pubblici di servizio si intendono «i contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di servizi ed un’amministrazione aggiudicatrice (...)».
L’art. 3 del d. lgs. n. 157/95 cit., con quale è stata attuata la direttiva, ne ripete la nozione, rinviando alla elencazione esemplificativa contenuta negli allegati 1 e 2, che comprendono, fra gli altri, i servizi informatici, pubblicitari, culturali ed altri servizi; ma non indicano anche, specificatamente, la sponsorizzazione.
Come osserva puntualmente il Procuratore Generale nella sua requisitoria, la verifica deve muovere dalla considerazione che qualsiasi deroga all’obbligo di applicare le norme comunitarie intese a garantire effettività all’esercizio dei diritti previsti nel trattato CE in materia di affidamento di servizi, deve essere interpretata restrittivamente (cfr. Corte di giustizia sent. 11 gennaio 2005 causa C 26/03, cit.)
In questo contesto non è dubbio che le prestazioni qualificanti il contenuto del rapporto giuridico instauratosi tra la Fondazione e la Lottomatica, debbano essere ricompresse nelle categorie indicate nei richiamati allegati.
Premesso, infatti, che il Collegio è tenuto a valutare i presupposti di fatto sulla base dei quali si determina la giurisdizione (cfr., ex plurimis, Cass. 5 aprile 2005, n. 6992), dall’esame diretto degli atti risulta che in base al contratto, definito di sponsorizzazione, posto in essere dalle parti, il servizio di biglietteria e il servizio di distribuzione pubblicitaria, inerenti alle manifestazioni promosse dall’Accademia, ne costituiscono (come già nel rapporto stabilito con la AMIT, aggiudicataria all’esito di formale licitazione) elementi essenziali. E, se è vero che la sponsorizzazione è finalizzata a garantire alla Lottomatica un ritorno di immagine (art. 2) (e a questo scopo all’art. 5 è previsto il diritto di pubblicizzare la sua collaborazione e di utilizzare, in via non esclusiva, il marchio identificativo dell’Accademia), è anche vero che alla Fondazione è attribuito uno specifico onere economico, costituito dal conferimento alla Lottomatica di una percentuale sulla vendita dei biglietti e degli abbonamenti; onere economico che per la sua entità (quale si evince dal raffronto tra le percentuali fissate ed il controvalore dei biglietti e degli abbonamenti) vale, di per sé, a qualificare il carattere del contratto.
In questo quadro fattuale, in cui emergono chiaramente gli scopi pratici perseguiti dalle parti, non importa stabilire se queste abbiano effettivamente posto in essere, secondo il nomen iuris da esse adottato, un contratto di sponsorizzazione, istituto tuttora caratterizzato (pur dopo la introduzione, con il d. lgs. n. 42 del 2004, di una disciplina specifica in materia) da ampia flessibilità. Rileva, piuttosto, osservare che nella fattispecie sussistono gli elementi obbiettivi propri dell’appalto dei servizi: quelli ivi previsti rientrano, infatti, nelle categorie individuate dal legislatore negli allegati al d.lgs. 157/95 cit.; ed è poi indubbia la sinallagmaticità delle prestazioni ed il carattere oneroso del contratto ai sensi dell’art. 3 d. lgs. cit.
6. Alla stregua delle considerazioni svolte, non sussistono le condizioni per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle Comunità europee, a norma dell’art. 234 del trattato Ce, sollecitato nella memoria dalla Lottomatica per verificare la legittimità dell’art. 15, comma 4, d. lgs. 367/96, nonché la riferibilità alla tipologia del contratto di sponsorizzazione del contratto di servizi di cui alla direttiva 59/92: sia perché la questione interpretativa di cui all’art. 15 cit. non riguarda (direttamente) la normativa comunitaria (ma il diritto nazionale); sia perché - anche in relazione alle indicazioni già intervenute in materia dalla giurisprudenza (cfr. Corte di Giustizia 24 marzo 1994, causa C 275/92, in aggiunta alle decisioni già richiamate, nonché Cons. Stato 10 ottobre 2002 n. 5442 e Tar Sicilia 16 maggio 2002, n. 1281) - nessun dubbio permane in ordine alla portata, all’ambito di efficacia ed all’oggetto della fattispecie esaminata (cfr., tra le altre, Cass. 9 giugno 1998, n. 5673 e 18 febbraio 2000, n. 1804).
7. In conclusione, deve essere, dunque, affermata la giurisdizione del giudice amministrativo.
   
(Omissis)

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