il diritto commerciale d’oggi
    V.3 – marzo 2006

STUDÎ & COMMENTI

 

GIULIANA SCOGNAMIGLIO

La responsabilità civile della Consob (*)

 

1.
   È osservazione ricorrente nella dottrina quella secondo cui la data di nascita del nostro problema – meglio, l’inizio della sua vicenda evolutiva – sarebbe da collocare nel 1999, e coinciderebbe in particolare con la pubblicazione della sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 500, avvenuta nel luglio di quell’anno: tale sentenza, come si è da più parti osservato, ha segnato una svolta di rilevanza epocale nei rapporti fra la pubblica amministrazione ed i cittadini, in quanto ha esplicitamente ammesso che la prima possa essere condannata nei confronti dei secondi al risarcimento del danno derivante dalla lesione di quelle posizioni soggettive che, se non assurgono al rango di veri e propri diritti soggettivi, ricevono tuttavia protezione dal parte dell’ordinamento e possono perciò essere ascritte alla categoria degli interessi giuridicamente rilevanti e giuridicamente tutelati (1).
   Ora, non è dubbio che la menzionata sentenza delle sezioni unite della nostra Corte di Cassazione preparò il terreno e fissò i presupposti teorici per l’impostazione e la soluzione in termini positivi del problema qui esaminato, contribuendo altresì ad incrementare il tasso di sensibilità nei confronti di esso da parte della giurisprudenza teorica e pratica; tuttavia, non sembra corretto affermare che esso fosse, prima di quella, del tutto negletto o addirittura sconosciuto. Al contrario, almeno dalla metà degli anni ’80 del secolo scorso (2), esso era stato portato in più occasioni all’attenzione della giurisprudenza, ed era stato oggetto di studio - se non in generale, almeno sotto il profilo, particolarmente stimolante, della “responsabilità da prospetto” – da parte di esperti e cultori sia del diritto civile, sia del diritto commerciale. Si trattava, del resto, di un problema non solo italiano, bensì conosciuto ed avvertito anche in altri ordinamenti (3).
   Mi pare anzi di poter registrare, nella dottrina di quel tempo - a differenza che nella giurisprudenza, per lo più attestata su posizioni negative e di chiusura (4) - una notevole sensibilità al problema ed una diffusa, sebbene tutt’altro che unanime (5), propensione a suggerirne una soluzione positiva, nel senso – cioè - dell’affermazione della responsabilità civile della Consob. Ma il suggerimento, direi meglio l’auspicio, si accompagnava alla constatazione dell’impossibilità, o per lo meno della difficoltà, di giustificare una siffatta scelta alla stregua e del diritto scritto e del diritto vivente di allora, attestati nel senso della non risarcibilità della lesione di posizioni soggettive diverse dal diritto soggettivo.
   In particolare, la difficoltà veniva dai più ravvisata nell’atteggiamento “granitico” della nostra giurisprudenza (non del tutto condiviso, peraltro, dalla dottrina) in punto di irrisarcibilità del danno da lesione di interessi legittimi (6); atteggiamento di chiusura, del quale taluni (7) ritenevano possibile il rovesciamento sol che si fosse fatta strada la constatazione che la posizione soggettiva del privato oggetto di lesione per effetto dell’omissione colposa della Consob, e cioè la libertà contrattuale, riveste le caratteristiche di un vero e proprio diritto e non di un mero interesse; del quale altri, con inclinazione più pessimistica, vedevano la via d’uscita solo in un intervento del diritto scritto (8).
   In ogni caso, mi piace ribadirlo, l’orientamento della dottrina più sensibile e più moderna era, già negli anni ’80 del XX secolo, proiettato nel senso: a) di una valorizzazione del ruolo della Consob nella salvaguardia degli interessi connessi e correlati all’informazione societaria e più in generale finanziaria ed alla sua circolazione, secondo il monito a «non degradare le funzioni della Consob a quelle di mero riscontro della regolarità formale ed estrinseca dei prospetti e delle comunicazioni»; b) del rifiuto di posizioni “protettive”, tendenti a creare zone di immunità dal diritto comune della responsabilità civile, e dunque del riconoscimento che «la discrezionalità del potere non esclude di per sé il controllo sulle modalità nelle quali il potere si è estrinsecato», fermo restando, in ogni caso, che «l’accertamento della responsabilità non può andare disgiunto dalla sussistenza di poteri adeguati, nel senso che l’estensione dei poteri concessi dall’ordinamento segna anche il limite oltre il quale la Consob non può essere tenuta a rispondere civilmente» (9).
   Mi è sembrato di dover richiamare queste proposizioni, tratte da un saggio, edito nell’ormai lontano 1988, di un giurista purtroppo prematuramente scomparso, perché esse risultano ancora attuali e perché, in particolare, l’accenno, in esse contenuto, alla necessaria correlazione e corrispondenza fra responsabilità e potere (o poteri) tornerà utile più avanti, quando si farà un cenno alla legislazione - positiva e progettuale - più recente nella nostra materia (rispettivamente, legge comunitaria 2004 e d.d.l. sulla tutela del risparmio presentato nella 14^ legislatura) (10).

2.
   L’intervento, da taluni – come si ricordava – auspicato, del diritto scritto in merito al contenuto ed all’ambito della responsabilità civile della Consob non si è in realtà, fino ad oggi, avuto.
   A segnare l’evoluzione, ed a promuovere il progresso della riflessione sul nostro tema, fu tuttavia – nel 1999 – la già menzionata svolta giurisprudenziale, consistente nel superamento e nel capovolgimento del precedente indirizzo negativo in punto di risarcibilità della lesione di posizioni soggettive (in particolare, del privato rispetto all’agire della p.a.) diverse dal diritto soggettivo. Non a caso, Cass. sez. unite n. 500/1999 è copiosamente richiamata nella motivazione della successiva sentenza della Cassazione del 3 marzo 2001, n. 3132 (11); sentenza che, sia qui osservato per incidens, è stata considerata come il leading case in materia di responsabilità civile della Consob, ed alla quale occorre oggi accostarsi con la consapevolezza che il principio di responsabilità ivi affermato non può essere più riproposto negli stessi termini, in considerazione del necessario intervento, allora non previsto, dei c.d. gatekeepers (12) nelle attività di elaborazione e poi di controllo dei prospetti informativi.
   Ma un altro importante tassello, ai fini della progressiva elaborazione e “costruzione” del nostro tema era stato posto, qualche anno prima, dal d. lgs. 23 luglio 1996, n. 415 (c.d. “decreto Eurosim”) e poi (e più organicamente) dal d. lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, contenente il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (t.u.i.f.) (13). Ci si riferisce, in particolare, alla “legificazione dei fini” dell’attività istituzionale della Consob, identificati nel controllo sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti dei soggetti vigilati avuto riguardo alla (e nella prospettiva della) tutela degli investitori; legificazione operata con il c.d. “decreto Eurosim” agli articoli 4, 1° comma e 50, 1° comma (con riguardo ai controlli della Consob sugli intermediari e sui mercati) e con il t.u.i.f. agli articoli 5, 1° e 3° comma, 91 e 74, 1° comma (con riferimento alla vigilanza della Consob, rispettivamente, sugli intermediari, sugli emittenti e sui mercati regolamentati).
   È il caso, a questo proposito, di osservare che, già dal 1993 (anno di emanazione del testo unico delle disposizioni in materia bancaria e creditizia, t.u.b.), anche i fini istituzionali, dell’attività di vigilanza demandata alla Banca d’Italia erano stati legificati. L’art. 5 del t.u.b. li aveva infatti individuati nella sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, nella stabilità complessiva, nell’efficienza e nella competitività del sistema finanziario, nell’osservanza delle disposizioni di legge in materia creditizia; ma non aveva operato alcun riferimento alla tutela dei soggetti che - a vario titolo (come risparmiatori, come depositanti, come soci o come investitori) – partecipano o sono comunque interessati alle vicende dei soggetti direttamente sottoposti alla vigilanza dell’autorità di settore.
   Per converso, il ripetuto riferimento, nel corpo del t.u.i.f. (e prima ancora, come sopra osservato, nel c.d. “decreto Eurosim”), al fine della tutela degli investitori viene letto come indice del riconoscimento, in capo ad essi (a ciascuno di essi ed a tutti, indistintamente considerati), di un interesse, qualificato e rilevante per il diritto, appunto perché fondato su una specifica previsione di legge, al corretto, prudente ed attento esercizio della potestà di vigilanza; o, in una diversa ma convergente prospettiva, come indice del riconoscimento, in capo all’Autorità, di un obbligo di esercitare il potere o i poteri ad essa attribuiti in maniera tale da salvaguardare l’interesse altresì dei singoli investitori, ed in particolare in maniera da evitare che essi subiscano danno. Del resto, è stato osservato (14), la scelta politico-istituzionale di preporre una specifica autorità (o “agenzia”) al servizio dell’informazione per i fruitori del mercato finanziario, e cioè per gli investitori, da un lato rinviene il proprio fondamento nella considerazione che le decisioni di investimento richiedono la disponibilità continua di una tale massa di informazioni, che sarebbe impossibile lasciarne gestire il flusso dall’iniziativa individuale degli emittenti in rapporto con gli investitori e viceversa; dall’altro ha come corollario indispensabile l’investitura di detta autorità in una specifica responsabilità diretta verso il mercato, ed in particolare verso coloro che, facendo affidamento sull’informazione, vi accedono appunto per investire il proprio denaro.
   Viene così aperta la strada al superamento di un’altra obiezione che era stata in precedenza sollevata contro l’assunto di una responsabilità civile della Consob e delle autorità di vigilanza in genere: l’obiezione secondo la quale, in assenza di indici normativi circa il riconoscimento per diritto positivo di una posizione di interesse in capo ad un determinato soggetto o categoria di soggetti (nel caso specifico, l’investitore), il pregiudizio da questi patito rimarrebbe sul piano del danno meramente patrimoniale, che può aspirare ad una riparazione per equivalente solo nell’alveo della responsabilità da inadempimento di un (preesistente) obbligo. Le disposizioni dianzi ricordate hanno appunto consentito di identificare, in capo all’Autorità di vigilanza sui mercati mobiliari, un obbligo positivo di indirizzare l’esercizio dei suoi poteri (anche) alla protezione degli investitori; obbligo la cui inosservanza è suscettibile - ove cagioni un danno agli interessati – di giustificare a tale titolo – a titolo appunto di inesatto o carente adempimento di specifici obblighi – una pretesa risarcitoria del o dei soggetti danneggiati nei confronti dell’Autorità.
   A seguito dei due eventi che si sono ricordati – l’introduzione nel nostro ordinamento di specifiche disposizioni volte ad indirizzare l’esercizio della potestà di vigilanza (anche) alla tutela degli investitori, e successivamente il superamento, da parte della giurisprudenza pratica, delle tradizionali e risalenti remore in punto di risarcimento dei danni da lesione di posizioni soggettive dei privati nei confronti della P.A., qualificabili alla stregua di interessi legittimi o comunque di interessi tutelati dall’ordinamento, si sono venuti moltiplicando gli spunti ed i profili di interesse del nostro tema, e si è venuto incrementando sensibilmente il tasso di attenzione nei confronti di esso da parte e della giurisprudenza pratica e della giurisprudenza teorica.
   Si registra tuttavia una certa inclinazione a trattare in maniera reciprocamente indifferenziata, quasi sovrapponendoli l’uno all’altro, i diversi piani, ambiti e profili rispetto ai quali può astrattamente prospettarsi una statuizione di responsabilità civile della Consob; e si avverte allora l’utilità di un esame ricognitivo della materia che ci occupa, volto appunto a selezionare e a classificare quei piani e quei profili, sì da consentire una più nitida percezione dei nodi problematici che ancora oggi la caratterizzano.
   In questa prospettiva, si propone in primo luogo di operare una distinzione fra:
   a) profili di responsabilità civile della Consob nei confronti dei soggetti direttamente vigilati ed in conseguenza del cattivo esercizio della potestà di vigilanza e dei poteri-doveri a questa connessi;
   b) profili di responsabilità civile della Consob nei confronti di soggetti diversi da quelli direttamente vigilati, e “terzi” rispetto ad essi: in particolare, nei confronti degli investitori;
   c) responsabilità da cattivo o omesso esercizio dei poteri societari attribuiti all’Autorità da specifiche disposizioni di legge: ad esempio, del potere di impugnativa del bilancio (rectius, della delibera di approvazione del medesimo, art. 157, 2° comma, t.u.i.f.), o di determinate delibere assembleari (cfr. artt. 14, 6° comma e 16, 3° comma; 61, 8° comma; 80, 8° comma; 110; 120, 5° comma; 121, 6° comma; 122, 4° comma, t.u.i.f.) (15); del potere di denuncia del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione (e, secondo alcuni, anche degli amministratori: art. 152, 2° comma t.u.i.f.) in ipotesi di gravi irregolarità nell’adempimento dei loro doveri.
   d) responsabilità da cattivo o omesso esercizio del potere regolamentare (sul modello della responsabilità dello Stato per cattivo esercizio del potere legislativo) (16).
   Si propone altresì di concentrare l’attenzione sui primi due versanti della responsabilità - quelli contrassegnati rispettivamente con le lettere a) e b) – riservando eventualmente ad una diversa occasione l’approfondimento delle ipotesi di responsabilità richiamate sotto le lettere c) e d).

3.
   Quanto ai profili di responsabilità richiamati sotto a), è il caso di ricordare che sono oggi 244 le fasi procedimentali ed i procedimenti rispetto ai quali la Consob è competente ed attraverso i quali si esplica, con varietà di strumenti e di modalità, la sua potestà di vigilanza nei riguardi di una platea di soggetti sempre più ampia nell’ambito della quale non possono qui non essere menzionati almeno gli intermediari ed i promotori finanziari, le società di gestione del risparmio, le società di gestione dei mercati regolamentati e di gestione accentrata, gli organizzatori di scambi organizzati di strumenti finanziari di cui all’art. 78 del t.u.i.f., gli emittenti “quotati” e quelli con “strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante”, le società di revisione contabile (17).
   È il caso di segnalare che le attribuzioni di vigilanza della Consob ed il numero dei destinatari di tale attività - non più, si noti bene, costituito dai soli vigilati, ma anche da altri soggetti individuati dagli artt. 115, 1° comma, lett. c-bis e 187-octies, 3° comma, t.u.i.f. - sono destinati ad aumentare a seguito delle riforme introdotte, a modifica della previgente versione del t.u.i.f., con la citata l. n. 62/2005, in attuazione della direttiva 2003/6/CE in materia di market abuse: si pensi, per esempio, all’attribuzione alla Consob del potere sanzionatorio diretto con riguardo agli intermediari ed ai mercati (artt. 190 e 195 t.u.i.f., nel testo modificato dalla legge n. 62/2005 cit.), potere sino ad oggi di pertinenza del Ministero dell’Economia, al quale la Commissione poteva limitarsi a formulare proposte sanzionatorie (art. 195 t.u.i.f. nel testo previdente alla legge n. 62/2005), ovvero ai nuovi contenuti dei poteri della Consob in ordine agli illeciti amministrativi di “abuso di informazioni privilegiate” e di “manipolazione del mercato” (art. 187-octies, t.u.i.f.), che facoltizzano l’Autorità di vigilanza a comminare direttamente, salve le sanzioni penali previste dalla legge, le nuove sanzioni amministrative previste dal t.u.i.f. (art. 187-septies).
   Varia è altresì la tipologia dei provvedimenti che possono essere emessi dall’Autorità indipendente (18): il pregiudizio in capo al soggetto vigilato può scaturire dall’adozione (in assenza dei presupposti di legge), ovvero dalla mancata adozione (nonostante la presenza dei presupposti indicati dalla legge), di uno di tali provvedimenti.

3.1.
   La tutela del soggetto vigilato, destinatario del provvedimento finale dell’Autorità, si esplica anzitutto attraverso la previsione di adeguate garanzie endoprocedimentali, le quali impongono che i “procedimenti sanzionatori” – a tutela del diritto di difesa e del diritto del destinatario del provvedimento ad un giusto procedimento – siano retti «dai principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e decisore» (artt. 187-septies, comma 2° e 195, comma 2°, t.u.i.f.) (19). Nel d.d.l. sulla tutela del risparmio (art. 23, commi 1 e 2; ora art. 24, comma 1, della legge n. 262/2005), l’applicazione di siffatte garanzie è prescritta in via generale (con riferimento non solo alla Consob, ma anche alle altre autorità preposte alla c.d. vigilanza economica) (20), oltre che per i procedimenti sanzionatori, anche per quelli di “controllo a carattere contenzioso”; mentre per i procedimenti diretti all’emanazione di provvedimenti individuali è prevista l’applicazione, nei limiti della compatibilità, dei principi sull’individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione al procedimento e sull’accesso agli atti amministrativi, contenuti nella legge n. 241/1990 e successive modificazioni.
   Avverso il provvedimento che lo riguarda, il soggetto vigilato può esperire una tutela di tipo reale, chiedendone l’annullamento, nonché – sulla base dei principi sanciti dalla più volta citata sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 500 del 1999 – esperire un’azione di natura risarcitoria, diretta a conseguire la riparazione del danno (patrimoniale ed eventualmente non patrimoniale) patito in conseguenza del provvedimento (che asserisce) illegittimo.
   Con riferimento in particolare alla tutela di tipo risarcitorio, si pone anzitutto il problema relativo alla determinazione della giurisdizione (21): si è discusso, infatti, se l’azione debba essere proposta dinanzi al giudice ordinario, ovvero rientri nella giurisdizione dello stesso giudice amministrativo che è competente a conoscere della legittimità del provvedimento.
   Allo stato, la prima delle due opinioni riferite sembra superata, e l’orientamento prevalente è nel senso della giurisdizione del giudice amministrativo anche riguardo alle azioni risarcitorie promosse dai soggetti vigilati avverso l’Autorità di vigilanza sullo specifico settore (in particolare, la Consob) (22); ma ci si dibatte tuttora in notevoli incertezze e si registrano, anche nella giurisprudenza pratica, oscillazioni frequenti di pensiero, non sempre agevolmente giustificabili. Si possono, a conferma del rilievo appena svolto, ricordare talune decisioni rese di recente dalla Corte Suprema di Cassazione relativamente all’impugnativa di provvedimenti sanzionatori adottati nei confronti di promotori finanziari, secondo le quali «sussiste la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell’opposizione avverso il provvedimento irrogativo di ogni tipo di sanzione inflitta dalla Consob ai promotori finanziari» (23). E, verosimilmente, è per la suggestione esercitata su di essa da tali autorevoli precedenti che la Commissione ha specificato, nel dispositivo delle delibere sanzionatorie adottate nei riguardi di taluni promotori finanziari, che «avverso detti provvedimenti può proporsi opposizione davanti al Tribunale civile ai sensi degli articoli 22 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689, entro il termine di trenta giorni dalla sua notificazione» (24).
   Il già ricordato d.d.l. sul risparmio, all’art. 23, 5° comma (25), sembrerebbe sciogliere, almeno in parte, i dubbi e le ambiguità fin qui rilevati, in quanto afferma chiaramente la giurisdizione del giudice amministrativo – e specificatamente la competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio – in ordine ai ricorsi proposti avverso «gli atti adottati dalle Autorità di cui al comma 4». Quest’ultima disposizione ha riguardo specificatamente alle sanzioni amministrative irrogate da determinate Autorità (oltre alla Consob, la Banca d’Italia, l’Isvap, la Covip e l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato). Sembra peraltro che la regola dettata, in punto di giurisdizione, dal successivo comma 5 non si riferisca soltanto ai provvedimenti aventi ad oggetto l’irrogazione di sanzioni: infatti, la quarta proposizione del medesimo comma dichiara «ferme le disposizioni previste per l’impugnazione dei provvedimenti sanzionatori», contenute in un gruppo eterogeneo di leggi puntualmente richiamate, lasciando inferire che il disposto del comma 5, considerato nel suo complesso, abbia un raggio di applicazione più ampio e cioè disciplini la questione della giurisdizione con riferimento ai ricorsi avverso tutti i tipi di provvedimento emanati dalle suddette Autorità, ed in particolare – per quel che qui interessa – dalla Consob.
   Nulla è stabilito, per converso, neppure dalla recentissima legislazione in materia di risparmio e mercati finanziari, in punto di giurisdizione sulle azioni di risarcimento dei danni eventualmente promosse, nei confronti della Consob, dai soggetti da essa vigilati.
   Si potrebbe forse sostenere che non vi era bisogno di una regola ad hoc, perché - sulla base del già citato art. 7 della l. 21 luglio 2000, n. 205 - il potere riconosciuto al giudice amministrativo di disporre il risarcimento del danno ingiusto «non costituisce una nuova materia attribuita alla sua giurisdizione, bensì uno strumento di tutela ulteriore, rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo), da utilizzare per rendere giustizia al cittadino [i.e.: al soggetto vigilato] nei confronti della pubblica amministrazione»(26): la tutela risarcitoria, in altri termini, costituendo un completamento di quella reale, sarebbe affidata allo stesso giudice amministrativo che decide sull’annullamento dell’atto. Tuttavia, sarebbe stato probabilmente opportuno cogliere l’occasione costituita dai recenti interventi del nostro legislatore nella materia considerata, per dettare finalmente una regola chiara ed univoca riguardo alla giurisdizione, e con riferimento alle azioni di annullamento dei provvedimenti (sanzionatori e non), e con riferimento a quelle tendenti ad ottenere la riparazione del pregiudizio, che il soggetto vigilato asserisse di aver subito in conseguenza dell’illegittimo esercizio della potestà di vigilanza da parte della Consob (27).
   Ulteriori questioni ancora aperte e dibattute, con riferimento al tema che qui interessa, sono:
   - quella che concerne il contenuto dell’onere probatorio onde è gravato l’attore: in particolare, si discute se per ottenere la condanna dell’Autorità di vigilanza (e specificatamente della Consob) sia sufficiente dimostrare l’illegittimità del provvedimento da essa emanato, oppure sia necessario provare altresì la colpa (o il dolo) dell’Autorità (28);
   - quella che riguarda la selezione dei criteri soggettivi di imputazione della responsabilità: taluno propone di circoscriverli al dolo ed alla colpa grave, argomentando ora dall’art. 2236 c.c. (29), ora dalla legge onde è disciplinata la responsabilità civile dei magistrati (30).

4.
   Quanto al profilo o versante della responsabilità della Consob, dianzi richiamato sotto la lettera b), è il caso di ricordare che, in taluni ordinamenti (ad esempio, in quello tedesco) (31), muovendo dall’assunto che la responsabilità di una P.A. nei confronti di terzi presuppone che la norma attributiva del potere a quella determinata P.A. sia espressamente finalizzata alla tutela (non solo dell’interesse pubblico, ma anche) dell’interesse di detti terzi, si è formato un orientamento che tende ad escludere la responsabilità dell’Autorità di vigilanza sul settore finanziario, in quanto la legge istitutiva di detta Autorità le attribuisce il potere finalizzandolo esclusivamente alla tutela e cura dell’interesse pubblico.
   Una siffatta configurazione normativa del potere sortirebbe in pratica, sulla premessa dianzi ricordata, l’effetto di immunizzare l’Autorità di vigilanza dell’esercizio di pretese risarcitorie nei suoi confronti da parte di soggetti terzi (diversi da quelli direttamente vigilati) che assumano di aver subito una ingiusta lesione della loro sfera patrimoniale per effetto di comportamenti contra legem dell’Autorità stessa.
   È il caso di osservare che nella stessa Repubblica Federale Tedesca non mancano voci di dissenso e di dubbio in merito (non tanto al corollario, bensì piuttosto) alla premessa sopra enunciata.
   Tuttavia, la Corte di Giustizia europea ha affermato, con sentenza dell’ottobre 2004 (32), che il diritto comunitario non è di ostacolo ad una siffatta conformazione degli ordinamenti nazionali, purché sia fatta salva la tutela – anch’essa prevista dal diritto comunitario – degli investitori e dei risparmiatori attraverso specifici sistemi di indennizzo.
   Nel nostro ordinamento, comunque, un argomento simile a quello che in Germania si ricava dal § 839 BGB e dall’art. 34 GG non sarebbe meritevole di accoglimento, in quanto – al contrario, e come già si è ricordato – più di una disposizione del t.u.i.f. sembra voler espressamente affermare il principio della Drittebezogenheit del potere attribuito all’Autorità di vigilanza, potere al quale le norme positive sopra menzionate (in particolare, gli artt. 5 e 74 del t.u.i.f.) assegnano – fra gli altri – l’obiettivo della tutela degli investitori, aprendo con ciò la strada all’affermazione di una responsabilità dell’Autorità nei confronti dei medesimi ed in particolare all’enforcement giudiziale di pretese risarcitorie nei confronti dell’Autorità di vigilanza, in relazione alle ipotesi in cui l’omesso ovvero il cattivo esercizio della potestà di vigilanza abbia cagionato un danno giuridicamente rilevante agli investitori (33).
   Nei confronti di questi ultimi – “terzi”, anche se qualificati, e perciò estranei al rapporto fra Vigilante e Vigilati – il comportamento commissivo od omissivo dell’Autorità viene in considerazione (ed assume rilevanza nella prospettiva ora considerata) come fatto, che – se sorretto dall’elemento psicologico della colpa o del dolo, e se eziologicamente connesso con il danno patito dall’investitore - obbliga al risarcimento del danno medesimo.
   Una siffatta responsabilità costituirebbe, secondo una certa corrente di pensiero, applicazione al caso specifico della regola generale dettata dall’art. 2043 c.c. (34).
   Tra i fautori di questo orientamento vi è chi sostiene che la responsabilità scaturirebbe dalla lesione di un diritto: precisamente, del diritto dell’investitore ad orientarsi consapevolmente nelle scelte d’investimento (35), oppure che prospetta la lesione (come conseguenza del comportamento colpevolmente negligente dell’Autorità di vigilanza) di un generico diritto alla libertà contrattuale (36); ma vi è anche chi contesta la configurabilità di siffatti diritti soggettivi, o, più precisamente, la qualificazione in termini di diritto soggettivo degli interessi, sia pure qualificati e giuridicamente rilevanti, degli investitori.
   Al riguardo, si è già rilevato che l’affermazione – in generale - della responsabilità civile della Consob, e più specificatamente la sua ricostruzione in termini di responsabilità per violazione del precetto del neminem laedere, rinvengono il loro presupposto nell’abbandono, in ossequio all’indirizzo inaugurato dalla più volte citata sentenza delle sezioni unite del 1999, della tesi secondo cui l’ingiustizia del danno, ai sensi del citato art. 2043, sussisterebbe solo nel caso in cui la situazione soggettiva lesa dal comportamento “incriminato” sia ascrivibile alla categoria del diritto soggettivo.
   È infatti difficilmente sostenibile che gli investitori vantino, nei confronti dell’Autorità di vigilanza, una pretesa qualificabile in termini di diritto soggettivo; in capo ad essi, in realtà, neppure sembra identificabile un interesse al corretto esercizio dell’attività di vigilanza tale da legittimarli – alla stessa stregua dei soggetti direttamente investiti da detta attività - all’impugnativa degli atti e dei provvedimenti emanati nell’ambito del suo svolgimento. Gli investitori, e cioè coloro che negoziano strumenti finanziari nei mercati sottoposti alla vigilanza della Consob, sono piuttosto titolari di un interesse qualificato (rilevante perché riconosciuto dall’ordinamento, che gli appresta tutela, indirizzando ad esso o anche ad esso l’esercizio dei poteri della Consob) a che il garante vigili sul rispetto delle regole del gioco ed eserciti tutti i poteri di intervento previsti dalla legge, al fine di evitare che dal mancato rispetto derivi un pregiudizio che incide nella loro sfera patrimoniale. La lesione di un siffatto interesse, ove produttiva di un danno giuridicamente rilevante, è fonte di responsabilità, in base alla lettura più moderna dei principi in tema di illecito civile, ed in particolare dell’art. 2043 c.c., che, come si è ricordato già all’inizio di queste riflessioni, ha ricevuto l’avallo della Suprema Corte a sezioni unite.
   Secondo un’altra prospettiva, la responsabilità civile della Consob nei confronti dei soggetti “terzi”, e cioè di soggetti diversi da quelli direttamente soggetti alla potestà di vigilanza, andrebbe ricostruita come responsabilità da mancato o inesatto adempimento di obblighi preesistenti, imposti e disciplinati dalla legge (37).
   La differenza più rilevante tra le due descritte ricostruzioni del tema in esame risiede nella estensione da un lato dell’onere probatorio posto a carico dell’attore, dall’altro della prova liberatoria consentita al convenuto. Se si adotta la prospettiva della (responsabilità da) lesione di una delle situazioni soggettive rilevanti ai sensi dell’art. 2043, deve riconoscersi in capo all’attore l’onere di fornire la dimostrazione del danno subito; del nesso di causalità rispetto al comportamento della Consob; del carattere doloso o colposo (38) di tale comportamento; a sua volta l’Autorità convenuta potrà eccepire il concorso di colpa del soggetto danneggiato, ovvero dei c.d. gatekeepers.
   Se si accede per converso alla prospettiva della responsabilità da inosservanza di preesistenti obblighi di legge, l’attore deve ritenersi gravato dell’onere di provare il danno, l’inadempimento (rectius, l’obbligo che è stato violato o è rimasto inadempiuto) ed il nesso eziologico fra inadempimento e danno, mentre farebbe carico all’Autorità ipoteticamente convenuta l’onere di dimostrare che l’inadempimento è stato determinato da impossibilità ad essa non imputabile, o da errore scusabile, in quanto, per esempio, si versava in una situazione di impossibilità dell’esercizio della vigilanza, per essere il soggetto, o l’attività o l’operazione onde è scaturito il danno sottratti istituzionalmente alla vigilanza stessa (si pensi ad una sollecitazione all’investimento proveniente da un’impresa estranea al novero degli intermediari sottoposti a vigilanza, ovvero da una sedicente impresa di investimento operante abusivamente in assenza di qualsiasi esposto o segnalazione o notorietà aliunde dell’abuso); ovvero in quanto erano state adottate tutte le possibili cautele - in particolare, in punto di adozione di modelli di organizzazione della vigilanza adeguati allo scopo - ed azionati adeguatamente e tempestivamente tutti i poteri attribuiti dalla legge (potere di ispezione, richiesta di informazioni integrative, impugnazione dei bilanci ex art. 157 t.u.i.f., eccetera).
L’impostazione testé descritta ha in apparenza il pregio di alleggerire – a favore dell’attore – l’onere probatorio in punto di elemento soggettivo e di consentire al convenuto la prova liberatoria, e cioè l’esonero da responsabilità se dimostra di avere adoperato la necessaria diligenza e di avere adottato tutte le opportune cautele, con il risultato di escludere la (possibilità di) condanna del convenuto medesimo nelle ipotesi di colpa lieve o di errore scusabile.
   Tuttavia, con riferimento alla prova dell’inadempimento gravante sull’attore, è tuttavia da osservare che può risultare difficile la dimostrazione del mancato o inesatto adempimento degli obblighi di vigilanza. Infatti, la vigilanza è una prestazione di per sé peculiare, trattandosi, come insegnano anche le scienze dell’organizzazione privata e pubblica (39), di una prestazione di attesa, sia pure – appunto – vigile.
   Trattandosi di prestazione di attesa, essa non comporta l’obbligo di un facere continuativo, e cioè di un continuo attivarsi per l’esercizio ed attraverso l’esercizio dei poteri attribuiti dalla legge. Essa comporta e richiede, però, che il vigilante si attivi, con la massima tempestività possibile e con la più scrupolosa diligenza, in presenza di indici di anomalia, ed in particolare di esposti o segnalazioni circa la sussistenza di situazioni anomale o patologiche, e che adotti altresì modelli efficienti, affidabili e continuamente aggiornati di organizzazione della vigilanza e di rilevazione delle anomalie nei settori ad essa sottoposti.
   In questo contesto, un cenno – utile anche a fini di esemplificazione – meritano le già richiamate, recenti vicende del collocamento da parte degli intermediari (senza sollecitazione all’investimento) (40) dei bonds Cirio, Parmalat e Argentina e dei connessi profili di responsabilità (che da taluni si è tentato di ravvisare) in capo alla Consob.

4.1.
   L’impostazione che si è poc’anzi suggerita dovrebbe valere ad evitare che siano posti indiscriminatamente a carico dell’Autorità di vigilanza, ed ascritti alla sua responsabilità, tutti i fatti, produttivi di danno per i terzi, che si verifichino nell’area delle attività o dei soggetti sottoposti per legge alla vigilanza stessa; un siffatto atteggiamento comporterebbe infatti conseguenze – facilmente immaginabili – in punto di:
   - incentivo alla promozione di azioni risarcitorie nei confronti dell’Autorità di vigilanza;
   - disincentivo alla osservanza dei criteri di normale prudenza e diligenza da parte dei soggetti potenzialmente inclusi nel novero dei danneggiati;
   - rischio – in capo all’Autorità di vigilanza - di sovraccarico di responsabilità e di paralisi da supersorveglianza, che comporterebbe un possibile pregiudizio al principio di efficienza e di buon andamento della Pubblica Amministrazione;
   - assunzione, da parte dell’Autorità di vigilanza, del ruolo di “tasca profonda”, fenomeno, questo, certamente da non auspicare, tenuto conto anche delle fonti di finanziamento dell’Autorità medesima.
   La ricostruzione qui tentata dei profili di responsabilità della Consob connessi all’esercizio (più precisamente al mancato o al non corretto esercizio) del potere-dovere di vigilanza muove, si ripete, dall’assunto che sia necessaria un’adeguata comprensione del contenuto della prestazione di vigilanza, gravante sull’Autorità; essa sembra preferibile ad altre, che – nel medesimo tentativo di allontanare i cennati rischi da “sovraccarico di responsabilità” - hanno .proposto ad esempio l’applicazione di una regola di proportionate liability (41) e precisamente hanno proposto di configurare la responsabilità della Consob come parziaria - e non come solidale con quella dei c.d. “soggetti primari” dell’informazione al mercato (42) - e destinata a riparare, sulla base eventualmente di una valutazione equitativa, il danno ingiusto derivante dallo «scorretto funzionamento del mercato nella specifica operazione di sollecitazione»; danno che, essendo causato dalla negligente o inefficiente verifica di secondo grado, o “di rimessa” (43), demandata alla Consob, sarebbe l’unico ad essa imputabile (44). Del resto lo stesso autore di cui si è appena ricordato il pensiero dichiara la propria consapevolezza circa la «difficoltà concettuale dell’individuazione di due aree distinte e separate di danno ingiusto, da cui far discendere la regola di responsabilità parziaria» (45), tanto che – alla fine del suo contributo – ammette in pratica che la sua proposta si muove ed è proiettata nella direzione dello ius condendum.
   Per converso, il metodo di soluzione del problema che si è qui suggerito appare compatibile di già con il ius conditum, e perciò immediatamente utilizzabile. Esso consiste – si ripete – nella paziente, analitica ricostruzione, alla stregua ovviamente dei dati offerti dal diritto positivo, del concetto e dell’ambito della vigilanza; ricostruzione da operare attraverso la specifica identificazione dei poteri (e, specularmente, dei doveri) che la legge attribuisce all’Autorità di vigilanza in generale, ovvero con riferimento ai singoli settori o ambiti in cui la vigilanza si esercita.
   Altrimenti detto: la presenza, prevista dal diritto positivo, di gatekeepers privati nel processo di produzione e di controllo delle informazioni rilevanti per il mercato e per gli investitori individualmente considerati, non esclude di per sé che un ruolo, nel medesimo processo, spetti altresì alla vigilanza pubblica, demandata alla Consob (46), né – diversamente da quanto taluni opinano – attenua tale ruolo (e, di conseguenza, l’entità del danno riconducibile al non corretto assolvimento dello stesso), bensì, semmai, lo caratterizza in modo diverso. Di conseguenza, l’affermazione – certamente oggi non controvertibile – di una specifica responsabilità (e dell’emittente e) dei gatekeepers privati non vale ad elidere la (e non è incompatibile con l’affermazione della) responsabilità altresì dell’Autorità pubblica di vigilanza.
   Diversi sono tuttavia, nell’un caso e nell’altro, i presupposti e perciò il titolo della responsabilità: il danno degli investitori potrebbe verificarsi, nonostante il corretto, diligente esercizio, da parte della Consob, del potere-dovere di controllo della coerenza e dell’attendibilità delle informazioni veicolate dal prospetto, a causa di carenze od omissioni nella verifica di primo grado da parte dei gatekeepers, non riscontrabili attraverso la verifica di secondo grado che l’ordinamento richiede all’Autorità pubblica di vigilanza; la quale – in tal caso – non potrebbe ovviamente essere chiamata a risponderne. Per converso, ove il “fallimento” fosse da riscontrare su entrambi i piani o ad entrambi i livelli del controllo e della vigilanza, non si dovrebbe a mio avviso arretrare di fronte alla conseguenza, che deriva dai principi generali del nostro ordinamento in tema di illecito, a tutela dei terzi creditori “involontari”, della solidarietà nell’obbligazione risarcitoria dei diversi soggetti a vario titolo gravati dalla relativa obbligazione.
   In ogni caso, ai fini della ricostruzione sistematica dei profili di responsabilità civile della Consob nei confronti di soggetti diversi da quelli direttamente vigilati, e delle regole dalle quali tale responsabilità è governata, occorre tener conto delle fattispecie, tutt’altro che rare o di scarso rilievo, nelle quali la potestà di vigilanza della Consob si esplica attraverso l’esercizio di determinati poteri, rispetto ai quali non è previsto alcun ruolo specifico concomitante di eventuali gatekeepers privati: si pensi ai poteri di impugnativa di determinati atti societari (ed in primis delle delibere di approvazione di bilanci), ovvero ai poteri interdittivi previsti ad esempio dall’art. 99 t.u.i.f., ovvero ancora ai poteri autorizzatori (nei riguardi delle sim, delle società di gestione del mercato, dei promotori finanziari, eccetera), nell’esercizio dei quali la Commissione non è “assistita” da altri soggetti o lo è solo in minima parte.

4.2.
   Sul versante, ora considerato, della responsabilità verso soggetti terzi, si situa il problema, tanto a lungo dibattuto ed ancora oggi controverso, della imputabilità (anche) alla Consob della c.d. responsabilità civile da prospetto (47): ossia della responsabilità per i danni derivanti ai terzi (sottoscrittori o investitori) dall’assunzione di decisioni di investimento o di sottoscrizione, basate su notizie false o su una inesatta rappresentazione della situazione finanziaria e patrimoniale dell’emittente, ovvero delle condizioni e prospettive dell’operazione, contenute nel (e veicolate dal) prospetto.
   Anche a questo riguardo, coerentemente con il ragionamento fin qui svolto ed i criteri sinora adottati, il percorso da seguire passa attraverso l’identificazione dei poteri (e perciò dei doveri, l’esercizio di un potere da parte di una P.A. connotandosi necessariamente in termini di doverosità) di volta in volta attribuiti all’autorità di vigilanza, in relazione alle distinte, specifiche ipotesi in cui il diritto positivo prevede l’obbligo della redazione di un prospetto informativo: ipotesi che, alla stregua del t.u.i.f. attualmente vigente, sono tre, e cioè quella della sollecitazione all’investimento (cfr. art. 94 t.u.i.f.) (48), quella della quotazione (i.e., ammissione degli strumenti finanziari alla negoziazione) in un mercato regolamentato (art. 113 t.u.i.f.) e quella delle offerte pubbliche di acquisto o di cambio (cfr. art. 102 t.u.i.f.).
   Si tratta, precisamente, di determinare: a) quali siano, alla stregua del diritto positivo, le iniziative (istruttorie, integrative, repressive) che l’Autorità di vigilanza può assumere in relazione alle singole fattispecie in cui è previsto l’obbligo di redazione di un prospetto; b) quali siano, sempre alla stregua del diritto positivo, i criteri alla stregua dei quali dette iniziative debbono essere assunte o esercitate.
   In proposito, è da registrare il mutamento intervenuto nel passaggio dal sistema della legge n. 216 del 1974 e successive modifiche (che individuava nel «fine di accertare l’esattezza e la completezza dei dati e delle notizie comunicati» il criterio precipuo delle azioni e delle iniziative – ispezioni, richieste di atti e documenti, eccetera – della Consob in quanto autorità di vigilanza sulle sollecitazioni all’investimento), al sistema del d. lgs. n. 58/1998, che all’art. 94 sembra affidare alla Consob il compito di esercitare la sua vigilanza al fine di garantire che il prospetto contenga tutte le informazioni «necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria e sull’evoluzione dell’attività dell’emittente». Sembra dunque venuto meno, alla stregua della disciplina oggi vigente, l’appiglio normativo del controllo di veridicità (ravvisato nel previgente riferimento testuale alla “esattezza”) dell’informazione (49), ed invece rafforzato il c.d. controllo di trasparenza, e cioè l’obbligo di vigilanza sulla completezza e coerenza delle informazioni fornite e sulla loro congruenza rispetto al fine di consentire il “fondato giudizio” dell’investitore (50). È evidente infatti che un’informazione non veridica o non esatta non è idonea a consentire, ed è anzi idonea a fuorviare, il fondato (e cioè consapevole, maturo) giudizio dell’investitore; alla Consob non spetta tuttavia la verifica analitica della veridicità, bensì piuttosto il rilievo delle ipotesi grossolane di falsità, o inattendibilità, incongruenza (con dati e notizie obiettivamente noti, ovvero già a disposizione della Commissione), incompletezza; criteri, questi, che appaiono coerenti con l’attribuzione alla Consob di una competenza generale in punto di «trasparenza e correttezza dei comportamenti» (art. 5, comma 3, t.u.i.f.) e che trovano una conferma nel disposto dell’art. 115, comma 1, del medesimo testo unico, dove si individua nella vigilanza sulla correttezza delle informazioni il fine dell’attività di controllo svolta dalla Consob in punto di comunicazioni rese al pubblico da parte degli emittenti quotati.
   Da ultimo, nel d.d.l. sulla tutela del risparmio (art. 12, comma 3, lett. m) il criterio della vigilanza Consob è individuato nel fine di verificare la completezza, coerenza e comprensibilità delle informazioni contenute nel prospetto: neanche qui viene dunque deferito alla Consob un controllo del prospetto dall’angolo visuale del criterio di veridicità; criterio che pure viene richiamato – con riferimento alla potestà di vigilanza della Consob - in altri luoghi del medesimo disegno di legge (cfr. ad esempio l’art. 15, sezione I-bis) (51).
   Per racchiudere in poche parole le considerazioni sin qui svolte, si può affermare che la Consob non è configurata dalla legge come un mero ricettacolo passivo dei prospetti di volta in volta depositati nel suo archivio. Ad essa viene piuttosto demandato, con riferimento all’informazione resa attraverso il prospetto, un controllo che va ben al di là della regolarità formale o estrinseca: un controllo che attiene alla verifica di un dato sostanziale, quale è la correttezza degli operatori (emittenti o altro) che pongono in essere determinate operazioni finanziarie, manifestata dalla completezza e coerenza dell’informazione da quelli erogata; non le viene invece richiesto, in considerazione altresì della brevità dell’arco temporale nel quale il controllo deve svolgersi, un controllo di veridicità della singola informazione (52).
   Il controllo di veridicità spetta ai gatekeepers, ossia ai responsabili del collocamento, agli sponsors, alle società di revisione, alle law firms: a tutti i soggetti che, a vario titolo, hanno o volontariamente assumono il compito di sindacare ed attestare la veridicità delle informazioni riguardanti l’emittente contenute nel prospetto (53).

5.
   Vorrei spendere ancora qualche considerazione, a guisa ed allo scopo di riepilogo di quanto osservato nei paragrafi precedenti.
   Il nostro diritto vivente conosce ed ammette in principio la enforceability della responsabilità civile della Consob; altri ordinamenti (quelli ad esempio di Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania) (54) propendono invece per l’immunità da azioni risarcitorie, controbilanciata da un sistema di regole dirette comunque a conseguire, sia pure su altri piani (in particolare sul piano politico) ed attraverso altri strumenti l’accountability (55) dell’Autorità di controllo dei mercati finanziari.
   Di qui, probabilmente, l’atteggiamento di indifferenza o di neutralità assunto, riguardo al problema che qui interessa, dal diritto comunitario, il quale lascia agli Stati membri la facoltà di scegliere se disciplinare o no la responsabilità civile delle autorità di vigilanza (56).
   Nel nostro Paese sembra che la linea di tendenza sia quella sopra tracciata, ed è una linea meritevole di apprezzamento positivo, sia pure con due caveat: da un lato, occorre (tentare di) evitare che si determinino fenomeni di overdeterrence, in particolare a carico dei funzionari dell’Autorità di vigilanza, che sono esposti alla responsabilità solidale in virtù del principio sancito dall’art. 28 Cost., e che potrebbero essere indotti, per il timore di divenire bersaglio di azioni risarcitorie aggressive, a comportamenti formalistici e, nell’esito, dilatori; dall’altro, occorre adottare adeguate misure preventive rispetto al fenomeno della deep pocket, consistente nel possibile ribaltamento sistematico sulla Consob, in quanto autorità pubblica preposta alla vigilanza sui mercati mobiliari, delle perdite derivanti da investimenti mobiliari non andati a buon fine (57). Overdeterrence e deep pocket sono entrambi fenomeni degenerativi, idonei a compromettere il conseguimento delle finalità di interesse pubblico che presiedono all’istituzione delle autorità di vigilanza, ma al tempo stesso non necessari ed agevolmente evitabili (58) con l’uso accorto e tecnicamente avveduto dello strumento della responsabilità civile.
   I suddetti fenomeni, conseguenza – si ripete – non necessaria e non auspicata di eccessi o squilibri nel ricorso alle azioni di risarcimento danni, possono essere scongiurati attraverso una precisa e chiara definizione, a livello normativo, dei poteri della Consob; definizione a cui consegue altresì la delimitazione dell’area della responsabilità civile (per il loro scorretto od omesso esercizio), secondo l’indicazione di metodo già ricordata all’inizio dei queste riflessioni.
   In particolare, la determinazione del contenuto dei poteri delle autorità di vigilanza, e la specificazione dei doveri rientranti nell’esercizio della vigilanza, secondo le diverse forme e finalità che essa può assumere, dovrebbe essere in ogni caso rimessa alla fonte di diritto primaria, e cioè alla legge, in considerazione della delicatezza di tale funzione e delle conseguenze che una non chiara delimitazione di essa può produrre proprio sul terreno della responsabilità (in relazione alla difficoltà di individuazione dei presupposti della stessa).
   La riflessione, poi, sulla necessità di correlazione e parallelismo fra poteri (attribuiti per legge) e responsabilità scaturenti dal cattivo esercizio dei medesimi giunge particolarmente opportuna e tempestiva nel momento in cui – a seguito delle novità legislative introdotte, in tema di c.d. market abuse, con la comunitaria del 2004 – ad un innegabile rafforzamento ed ampliamento dei poteri della Consob, i quali dovrebbero trovare appunto un contrappeso per così dire “interno” nelle rafforzate garanzie endoprocedimentali, ed uno “esterno” nel meccanismo della responsabilità civile dell’autorità indipendente.
   Anche in una prospettiva de iure condendo, andrebbe valorizzato il carattere generale della responsabilità della Consob: essa non dovrebbe cioè essere prevista e disciplinata solo con riferimento alla fattispecie del controllo sui prospetti, là dove previsti (rectius, del controllo sulle informazioni da questi veicolate) (59); anche se quello della responsabilità da prospetto può essere considerato un profilo saliente e praticamente importante della problematica generale qui descritta, tuttavia non dovrebbe essere considerato come il solo suscettibile di rilievo agli effetti della responsabilità civile dell’Autorità di vigilanza sugli emittenti, sugli intermediari e sui mercatifinanziari. La nostra legge, come già si è osservato (artt. 5, 74, 91 t.u.i.f.), indirizza tale vigilanza (anche) al fine della tutela degli investitori: fino a quando questo dato positivo non venga modificato, non potrà essere contestato il riconoscimento, in capo agli investitori, di uno specifico interesse al diligente, corretto esercizio della potestà di vigilanza in tutte le sue manifestazioni o estrinsecazioni, e perciò la legittimazione degli investitori stessi a pretendere la riparazione del pregiudizio subito per l’omesso o non corretto esercizio di quella potestà.

(*) Relazione svolta al Convegno su “Mercato finanziario e tutela del risparmio”, tenutosi a Gardone Riviera il 10-11 giugno 2005, in occasione del ventennale di Contratto e impresa. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare la Direzione di Contratto e impresa, ed in particolare Francesco Galgano e Giovanna Visintini, e formulare alla Rivista (e a noi tutti) l’augurio di poterla festeggiare ancora …. allo scadere del prossimo ventennio.
Al testo della relazione sono state aggiunte alcune note, contenenti i riferimenti bibliografici e giurisprudenziali minimi, in relazione ad una tematica tanto vasta e complessa.
Desidero esprimere anche pubblicamente la mia gratitudine al dott. Michele de Mari, la cui approfondita conoscenza della disciplina dei mercati finanziari ha fornito un supporto assai utile ai fini della redazione di questo scritto.

 

NOTE

   (1) La sentenza della Cassazione a sezioni unite n. 500 del 22 luglio 1999 può leggersi in Foro it., 1999, I, 2487, con Osservazioni di A. PALMIERI e R. PARDOLESI; per la sua indubbia importanza, essa è stata annotata in tutte le principali riviste giuridiche italiane; si vedano, tra i tanti contributi, quelli pubblicati nell’annata 2000 della Rivista di diritto civile, di F.D. BUSNELLI (I, p. 335 ss.), A. GAMBARO (I, p. 355), G. OPPO (I, p. 391), A. FALZEA (I, p. 679), C.M. BIANCA (I, 689), A. PROTO PISANI (I, 775). Cfr. altresì M. CLARICH, La responsabilità della Consob nell’esercizio dell’attività di vigilanza: due passi oltre la sentenza della Cassazione n. 500/99, in Danno e resp., 2002, p. 223 ss.

   (2) È del 1985 la legge, n. 281, che attribuisce alla Consob la personalità giuridica, con tutte le conseguenze che ne derivano in punto di autonomia patrimoniale e di imputazione delle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali (cfr. G. CASTELLANO, I controlli esterni, nel Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, 5, 1988, p. 333) e fissa perciò il presupposto per il riconoscimento della legittimazione passiva della Consob rispetto ad eventuali azioni di responsabilità.

   (3) Cfr., per una disamina dei profili comparatistici, A. BLANDINI, Sulla responsabilità degli organi di vigilanza, in Intermediari finanziari, mercati e società quotate, a cura di A. Patroni Griffi, M. Sandulli, V. Santoro, Torino, Giappichelli, 1999, p. 323 ss.

   (4) Cfr., fra le altre, Cass. civ., sez. un., 14 gennaio 1992, n. 367, in Foro It., 1992, I,1, c. 1421 ss. (e in Banca, borsa, tit. cred., 1992, II, p. 393 ss., con nota di N. MARZONA, Le posizioni soggettive del risparmiatore secondo il giudice della giurisdizione: una difficile tutela); Cass., sez. un., 29 marzo 1989, n. 1531, ivi, 1991, I, 1, 3206: l’orientamento della giurisprudenza, anche di legittimità, era ovviamente condizionato dalla premessa già richiamata (in punto di irrisarcibilità della lesione di interessi legittimi) e da quella ricavava il corollario dell’impossibilità di azionare in giudizio pretese risarcitorie nei confronti della P.A. in genere, e specificamente di quella particolare articolazione della P.A., che è costituita dalla Consob e più in generale dalle c.d. autorità indipendenti (v. in proposito, sulla qualificazione in tal senso della Consob, F. MAIMERI, La Consob come autorità indipendente, in Riv. dir. comm., 2003, I, p. 907 ss., spec. paragrafi 6 e 7; R. RORDORF, Sollecitazione all’investimento: poteri della Consob e tutela degli investitori, in Foro it., 2001, V, c. 266 ss.

   (5) Cfr. ad esempio M. CERA, La Consob, Milano, Giuffrè, 1984, p. 145; ID., Insolvenza del Banco Ambrosiano e responsabilità degli organi pubblici di vigilanza, in Giur. comm., 1986, II, p. 431 ss., in nota a Trib. Milano, 9 gennaio 1986.

   (6) Da altri invece l’ostacolo all’affermazione in termini generali della responsabilità civile delle autorità di vigilanza veniva individuato nella «assenza di una situazione giuridica soggettiva in ipotesi lesa» e nella conseguente qualificazione del danno inferto come «meramente patrimoniale» (e perciò non risarcibile ex art. 2043 c.c.): cfr., sia pure con riferimento alla responsabilità non della Consob, bensì dell’Autorità di vigilanza sul settore bancario, C. SCOGNAMIGLIO, Responsabilità dell’organo di vigilanza bancaria e danno meramente patrimoniale, in Banca, borsa, tit. cred., 1995, II, p. 534 ss., spec. 544-545; peraltro, detto orientamento non necessariamente approda all’esito di negare tout court la responsabilità civile delle autorità di vigilanza, bensì a quello di ammetterla (ma solo) come responsabilità «da violazione di obblighi preesistenti» (ID., op. cit., p. 545 ss.; nello specifico, la responsabilità viene da questo autore (ivi, p. 551) negata con riferimento all’organo di vigilanza bancaria, in base alla considerazione che la disciplina vigente delle funzioni proprie di tale organo sia tale da escludere una specifica situazione relazionale con i risparmiatori in ipotesi danneggiati).

   (7) Cfr. F. GALGANO, Quattro note di varia giurisprudenza, in Contratto e impresa, 1992, p. 535 ss., spec. 541 ss.

   (8) Cfr. G. FERRARINI, Sollecitazione del risparmio e quotazione in borsa, nel Trattato delle società per azioni diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, Torino, 10**, 1993, p. 308.

   (9) Cfr. CASTELLANO, op. cit., p. 335.

   (10) Il riferimento è, per quanto riguarda la prima, alla l. del 18 aprile 2005 n. 62; per quanto riguarda il secondo, al d.d.l. n. 3328, il quale, presentato a seguito e sull’onda anche emotiva degli crack finanziari dei gruppi Cirio, Parmalat e Giacomelli, è stato – nelle more della pubblicazione della presente relazione e dopo una lunga e laboriosa gestazione – finalmente varato con la l. n. 262 del 28 dicembre 2005 (“Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari”), sia pure con talune modifiche e integrazioni rispetto alla disciplina progettuale, determinate o per lo meno ispirate da sopravvenute vicende politico-finanziarie del nostro Paese (scalate bancarie, crisi istituzionale della Banca d’Italia), disomogenee da quelle che avevano influenzato originariamente la elaborazione del disegno di legge. Nel prosieguo, in ogni caso in cui verranno richiamate disposizioni del d.d.l. sul risparmio, nella versione esistente all’epoca del Convegno in occasione del quale la presente relazione è stata predisposta, si provvederà ad indicare altresì le corrispondenti disposizioni della legge n. 262/2005, nel frattempo approvata dal nostro Parlamento.

   (11) Pubblicata in numerose riviste, e fra queste in Banca, borsa e tit. cred., 2002, II, p. 10 ss. con nota di A. PERRONE, Falsità del prospetto e responsabilità civile della Consob. I fatti oggetto della sentenza risalgono al 1983 e, per riassumerli in poche battute, riguardavano un’offerta di sottoscrizione di “titoli atipici”, operazione a monte della quale vi era l’autorizzazione della Consob e che non andò a buon fine. Alcuni sottoscrittori citarono in giudizio la Consob (nonché alcuni suoi funzionari), chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti per effetto dell’indebita autorizzazione all’operazione. In sede di giudizio di rinvio, la causa è stata decisa dalla Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 2841 del 24 settembre-21 ottobre 2003, in Contratti, 2004, p. 329 ss. (ne dà notizia altresì CONSOB. Relazione per l’anno 2003, Roma, 2004, p. 154), che ha condannato la Consob, in solido con il Ministero dell’economia ed altri soggetti, ex componenti della Commissione, al pagamento in favore degli appellanti di una somma di denaro a titolo di risarcimento del danno.

   (12) A testimonianza di ciò (e salvo quanto più avanti si dirà a proposito dei gatekeepers, v. infra nt. 53) può qui ricordarsi che, ad esempio, il responsabile del collocamento (il quale oggi coordina e dirige l’offerta in qualità di global coordinator, ossia dirige e coordina il consorzio di collocamento e garanzia al quale partecipano banche e sim in qualità di collocatori) attesta che il prospetto informativo sia redatto secondo gli schemi previsti dalla Consob e contenga le informazioni previste dall’art. 94, 2° co., d.lgs. n. 58/1998 (art. 5, 3° co., reg. n. 11971/1999) e, più precisamente, unitamente al presidente del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale dell’emittente, sottoscrive la seguente dichiarazione: «il presente prospetto contiene tutte le informazioni necessarie a valutare con fondatezza la situazione patrimoniale e finanziaria, i risultati e le prospettive dell’emittente, nonché diritti connessi con gli strumenti finanziari quotati. I redattori sono responsabili della completezza e veridicità dei dati e delle notizie contenuti nel prospetto per le parti di rispettiva pertinenza. Ciascuno dei redattori del prospetto si assume altresì la responsabilità per ogni altro dato e notizia che fosse tenuto a conoscere e verificare» (all. 1B, parte terza, schema 1, T, reg. n. 11971/1999).

   (13) Il t.u.i.f. ha subito numerosi interventi di modifica successivamente alla sua emanazione nel 1998: nel presente scritto, si ha riguardo al testo vigente al giugno 2005 (novellato dalle disposizioni introdotte con la citata legge comunitaria del 2004 (l. n. 62 del 18 aprile 2005), salvo indicare, di volta in volta, le modifiche successivamente apportate a seguito dell’emanazione della già ricordata legge n. 262 del 28 dicembre 2005.

   (14) Cfr. G. VISENTINI e A. BERNARDO, La responsabilità della Consob per negligenza nell’esercizio dell’attività di vigilanza, Luiss-Ceradi, dicembre 2001 (reperibile nel sito Internet del Ceradi all’indirizzo www.ceradi.it), spec. par. 4.

   (15) In proposito vedi R. RORDORF, Impugnazione di atti societari da parte della Consob, ivi, 2002, I, p. 31 ss.; più di recente, in sede di commento all’ordinanza del Trib. Padova, 8 giugno 2005, sul caso ABN AMRO – Antonveneta, C. CARLEVALE, I poteri di impugnativa della Consob, in corso di pubblicazione in Giur. comm., 2006, II.

   (16) Accennano a questo profilo o versante della responsabilità delle autorità indipendenti ad esempio S. MAZZAMUTO, Verso una responsabilità civile delle Authorities?, in Danno e resp., 2000, p. 364 ss, a p. 367; G. ALPA, La responsabilità extracontrattuale della Consob: alcuni problemi di metodo e di merito, in Nuova giur. civ. comm., 2004, II, p. 90 ss., a p. 91-92.

   (17) In proposito può vedersi il regolamento Consob n. 12697 del 2 agosto 2000 di attuazione degli artt. 2, comma 2°, e 4 della l. 7 agosto 1990 n. 241 (da ultimo modificato con delibera Consob n. 15131 del 5 agosto 2005), leggibile all’indirizzo elettronico www.consob.it, e, segnatamente, la tabella allegata al predetto regolamento, nella quale sono puntualmente individuati tutti procedimenti (e le fasi procedimentali) di pertinenza della Consob, i loro termini di durata e le unità organizzative competenti a trattarli.

   (18) Sia consentito anche qui il rinvio al sopra ricordato regolamento Consob n. 12697/2000 (v. supra nt. 17), che, contestualmente all’indicazione dei procedimenti, individua altresì la tipologia dei provvedimenti che la Consob può adottare, quali atti finali dei procedimenti medesimi.

   (19) In relazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e decisorie - regola già conosciuta nell’ordinamento francese e in quello britannico, anche se declinata in quei sistemi in termini non omogenei (cfr., rispettivamente: artt. L621-2/15/17 del Code Monetaire et Financier e Sezione 395 del Financial Services and Markets Act del 2000) – può anzitutto osservarsi che la nuova disposizione fa sorgere più di un dubbio sull’attuale vigenza dell’art. 1, n. 1, 6° co., 2^ alinea, della legge n. 216/1974, il quale prescrive che «il presidente [della Consob] sovrintende all’attività istruttoria (…)». Se, infatti, le due funzioni devono essere tenute distinte e quella decisoria è di pertinenza della Commissione (presieduta dal presidente), allora la disposizione citata – a meno di non interpretare, invero un po’ forzatamente, l’espressione «sovrintende all’attività istruttoria» nel senso di «sovraintende organizzativamente all’attività istruttoria» - potrebbe forse considerarsi, a seguito dell’entrata in vigore della nuova regola, tacitamente abrogata (almeno con riguardo ai procedimenti sanzionatori [e ora anche rispetto a quelli di “controllo a carattere contenzioso”]). In secondo luogo, non è forse inutile rammentare che, di recente, la Consob ha dato attuazione al ricordato principio della distinzione tra funzioni (con le delibere nn. 15085/15086/15087, tutte del 21 giugno 2005, c.s.m., in www.consob.it e nel Bollettino Consob n. 6/2 del 2005), istituendo una nuova unità organizzativa (l’Ufficio Sanzioni Amministrative: USA). Dalla lettura dell’ordine di servizio Consob n. 24/2005 del 18 agosto 2005 (l’o.d.s. disciplina, nel dettaglio, la procedura di applicazione delle sanzioni amministrative con particolare attenzione al ricordato principio di distinzione tra le due funzioni) sembra di potersi arguire che la funzione istruttoria risulta frammentata (i.e.: distribuita) tra gli uffici di vigilanza e la nuova unità organizzativa sanzioni (USA), alla quale, tuttavia, non sembrano estranei momenti propriamente decisori (: valutazione delle deduzioni, conclusioni in merito alla sussistenza della violazione contestata, quantificazione dell’eventuale sanzione da applicare), mentre quella decisoria (rectius: sanzionatoria) resta di competenza della Commissione. Si tratterà ora di verificare se il nuovo assetto predisposto dalla Consob sarà in grado di superare il vaglio giudiziario volto a valutare la conformità del nuovo modello di distribuzione di funzioni con le nuove disposizioni legislative, le quali, come si è detto, hanno introdotto il principio di netta separazione tra chi istruisce e chi decide e sono, appunto, volte ad evitare, a garanzia dei partecipanti al procedimento, possibili commistioni tra le due funzioni, e ciò soprattutto quando l’istruzione e la decisione sono entrambe (ed interamente) incardinate presso la medesima Autorità.

   (20) Mutuo l’espressione da FONDAZIONE GIANFRANCO MERLI, Vigilanze economiche. Le regole e gli effetti, a cura di E. Bani e M. Giusti, Cedam, Padova, 2004, volume collettaneo che raccoglie gli atti del Convegno nazionale tenutosi a Portoferraio il 10-11 ottobre 2003, ed in particolare dal contributo di M. D’ALBERTI, La vigilanza economica esercitata da pubblici poteri, ivi, p. 75 ss.

   (21) Problema, com’è noto, molto complesso, sul quale si sono stratificati nel corso del tempo molteplici interventi legislativi e giurisprudenziali, che non si ha alcuna pretesa, né possibilità, di illustrare adeguatamente in questa sede. Per le informazioni essenziali si può fare riferimento a C. CONTESSA, Il riparto di giurisdizione in materia di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, nel volume collettaneo La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, a cura di F. Caringella e M. Protto, Zanichelli, Bologna, 2005, p. 511 ss.; vedi altresì F. AGNINO, Risarcimento del danno e processo amministrativo, Giuffrè, Milano, 2005.

   (22) Vedi Cass., sez. un., 9 marzo 2005, n. 6078, nel senso della spettanza al giudice amministrativo, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, del potere di disporre, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, il risarcimento del danno ingiusto. Da ultimo, anche Cass., sez. un., 23 gennaio 2006, n. 1207, di cui si riferirà più avanti, nella nota 27.
   Si confronti l’art. 7 della l. 21 luglio 2000, n. 205 che ha attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli afferenti alla vigilanza (…) sul mercato mobiliare», eccezion fatta per quelle «meramente risarcitorie»; e si noti altresì che l’art. 4, 1° comma, lett. d) della medesima l. n. 205/2000 (trasfuso ora nell’art. 23-bis, 1° comma, lett. d), della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei TAR), stabilisce che le disposizioni in esso contenute si applicano nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa aventi ad oggetto i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti. In argomento cfr. Corte Cost. 6 luglio 2004, n. 204, in Foro it., 2004, I, c. 2594 ss., con note di A. TRAVI, La giurisdizione esclusiva prevista dagli artt. 33 e 34 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, dopo la sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, e di F. FRACCHIA, La parabola del potere di disporre il risarcimento: dalla giurisdizione “esclusiva” alla giurisdizione del giudice amministrativa; decisione il cui dato fondamentale, per quanto qui di interesse, sembra essere l’idea secondo cui la cognizione dei diritti (e, segnatamente, del diritto a conseguire il risarcimento del danno ingiusto patito), che appartiene in generale al giudice ordinario, può essere attribuita al giudice amministrativo non quale nuova “materia”, bensì come un prolungamento, o un completamento (rispetto allo strumento classico della tutela demolitoria e/o conformativa) della cognizione di quest’ultimo, per ogni vicenda in cui, comunque, si sia avuto esercizio di poteri autoritativi incidenti nella sfera giuridica del cittadino.
   Si è affermata invece la giurisdizione del giudice ordinario quando l’azione di risarcimento è promossa nei confronti dell’Autorità di vigilanza non da un soggetto vigilato, bensì da un terzo: cfr. Cass., sez. unite, ord. 2 maggio 2003, n. 6719, in Foro it., 2003, c. 1686 ss. (ne dà notizia anche CONSOB, Relazione per l’anno 2003, cit., p. 153-154) e, da ultimo, Id., ord. 29 luglio 2005, n. 15916 , Pres. Carbone, Rel. Marziale, inedita ma leggibile in www. lexfor.it., dove si afferma che il diritto del risparmiatore nei confronti della Consob, non essendo collegato ad alcuna relazione di potere con la pubblica amministrazione, deve essere tutelato, in caso di violazione, innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria. Tuttavia, neppure questa opinione poteva considerarsi pacifica: in senso opposto, e cioè nel senso della giurisdizione del giudice amministrativo, cfr. ad esempio F. MAIMERI, op. cit., p. 942-943. Nel senso della giurisdizione degli organi della giurisdizione ordinaria dispone oggi l’art. 27, comma 1, lettera c) del d.d.l. n. 3328 sulla tutela del risparmio, riprodotto senza variazioni nella medesima disposizione della legge n. 262/2005, là dove fissa il principio della salvaguardia del diritto di azione dell’investitore, (anche) per il risarcimento del maggior danno rispetto alla somma dal medesimo percepita sulla base della emananda disciplina delegata dei sistemi di indennizzo.

   (23) Cass., sez. unite, 11 luglio 2001, n. 9383, in Foro it., 2002, I, 2132 e Id., 22 luglio 2004, n. 13703, Pres. Grieco, Rel. Marziale, inedita. A sostegno della tesi ricordata nel testo, si è addotto che l’irrogazione di sanzioni sarebbe «espressione di un’attività vincolata che, in quanto tale, non può essere assimilata, pur essendo ad essa strettamente collegata, a quella di vigilanza, le cui modalità non sono invece rigidamente predeterminate, ma sono lasciate all’apprezzamento delle autorità cui è affidato il compito di salvaguardare la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione dei soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di intermediazione finanziaria» (cfr. Cass., sez. unite, n. 1235/2004; Cass., sez. unite, n. 5535/2004; Trib. Roma, 30 settembre 2004, in Foro it., 2004, I, c. 3205).

   (24) Cfr., tra le tante, la delibera Consob n. 15166 del 20 settembre 2005, in www.consob.it e nel Bollettino n. 9/2 del 2005.

   (25) Ora art. 24, 5° comma, l. n. 262/2005 cit.

   (26) In questo senso v. Cass., sez. unite, ordinanza del 29 luglio 2005, n. 15916, cit.

   (27) È recentissima la notizia che le sezioni unite civili della Corte Suprema si sono nuovamente espresse sul problema del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in punto di azioni risarcitorie, stabilendo che «qualora non venga in contestazione il legittimo esercizio dell’attività amministrativa, come avviene nel caso in cui l’atto amministrativo sia stato annullato o revocato dall’amministrazione nell’esercizio del suo potere di autotutela, ovvero sia stato rimosso a seguito di pronuncia definitiva del giudice amministrativo, ovvero ancora abbia esaurito i suoi effetti per il decorso del termine di efficacia ad esso assegnato dalla legge – l’azione risarcitoria rientra nella giurisdizione generale del giudice ordinario, non operando nella specie la connessione legale tra tutela demolitoria e tutela risarcitoria» (Cass., sez. un., 23 gennaio 2006, n. 1207).

   (28) In questo secondo senso si è pronunciata di recente Cass., sez. III civ., 9 febbraio 2004, n. 2424, in Corriere giur., 2005, p. 253 ss.

   (29) Cfr. P.G. MONATERI, La responsabilità civile delle autorità garanti, in Danno e resp., 2000, p. 361 ss., spec. 362-363.

   (30) V. ancora P.G. MONATERI, op. e loc. citt. alla nota precedente.

   (31) Alla stregua di quell’ordinamento, il fondamento positivo dell’assunto ricordato nel testo viene rintracciato nel § 839 BGB e nell’art. 34 GG.

   (32) Cfr. CGCE, sentenza del 12 ottobre 2004, resa nella causa C-222/02.

   (33) Significativo il dato, contenuto nella Relazione Consob del 2004 (p. 197-198. Tav.aX.3), il quale segnala come le azioni di risarcimento danni intentate contro la Consob nel 2004 siano state 66 a fronte delle 30 promosse contro la stessa Commissione nell’anno precedente e delle 7 promosse nel 2002 ; nonché la circostanza che nel bilancio Consob dell’esercizio 2004 sia stato effettuato uno speciale accantonamento in un fondo rischi per “coprire” gli eventuali risarcimenti ex art. 2043 c.c. a cui la Commissione dovesse essere tenuta a far fronte (cfr. ancora Relazione Consob del 2004, p. 150).
   Per quanto riguarda il numero e la frequenza della azioni di risarcimento danni, si può fondatamente supporre (sebbene non siano ancora stati resi noti dati ufficiali in proposito) che vi sia stato un ulteriore incremento nel 2005; il trend appare destinato a ricevere conferma anche nel corrente anno 2006, per lo meno nella misura in cui non si arresti l’ondata di vertenze giudiziarie del c.d. risparmio tradito, e cioè delle cause intentate da risparmiatori delusi dagli investimenti in bonds Cirio, Parmalat, Argentina, Giacomelli, eccetera (cfr. le rassegne curate rispettivamente da L. ZITIELLO, La giurisprudenza sul cosiddetto “ risparmio tradito”, Itaedizioni, Torino, 2005, e da D. GALLETTI, in corso di pubblicazione in Giur. comm., 2006,I): in molti casi, infatti,ad essere convenuti in giudizio non sono soltanto gli intermediari finanziari (per lo più banche) che hanno negoziato i suddetti titoli per conto dei clienti, bensì anche la Consob, in quanto preposta alla vigilanza sul mercato mobiliare. Non mi consta tuttavia che detti tentativi di vedere giudizialmente riconosciuta la responsabilità della Consob abbiano avuto, fino ad oggi, esito positivo; risultano per contro già emesse pronunce di segno negativo (di rigetto, cioè, della domanda di risarcimento danni proposta contro la Consob: cfr. ad esempio Trib. Roma, 25 maggio 2005, in Corriere giur., 2005, p. 1275 ss.; Trib. Roma, 29 luglio 2005, Pres. Misiti, Rel. Olivieri, inedita), motivate ora con il difetto dell’elemento soggettivo della colpa, ora con il difetto – nel caso concreto – dell’obbligo di emettere un prospetto e perciò del dovere della Commissione di vigilare sul suo contenuto, ora con l’obiettiva impossibilità per la Consob di vigilare sul rispetto, da parte degli intermediari nelle innumerevoli negoziazioni con i singoli risparmiatori, degli obblighi comportamentali previsti dall’art. 21 t.u.i.f., in assenza di segnalazioni “qualificate” (in quanto provenienti per esempio dai collegi sindacali delle società di intermediazione finanziaria abilitate, o dalla Banca d’Italia, ovvero anche da risparmiatori e loro associazioni) di specifici inadempimenti degli obblighi suddetti.

   (34) L’applicazione di detta regola comporta e richiama poi l’applicazione di regole ulteriori, quali quella della prescrizione quinquennale dell’azione, decorrente dal momento in cui il fatto lesivo si è verificato: per esempio, nel caso SFA, il fatto lesivo viene identificato nella dichiarazione di fallimento della società e da quella data viene perciò computato il decorso del tempo ai fini della prescrizione. A proposito del caso SFA, cfr. Trib. Roma, 26 luglio 2004, in Foro it., 2005, I, 560, dove si afferma la responsabilità della Consob per il pregiudizio patrimoniale subito da quanti hanno investito somme di danaro su sollecitazione di una società, che era stata illegittimamente autorizzata a svolgere attività di sollecitazione al pubblico risparmio e illegittimamente iscritta all’albo delle Sim tenuto dalla stessa Consob. In tema di responsabilità, verso i terzi, dei soggetti pubblici che svolgono compiti di controllo sull’operato di chi agisce, a vario titolo, nei mercati finanziari, si segnala Trib. Roma, 29 novembre 2004, ivi, I, 1247, che condanna al risarcimento dei danni l’Ufficio italiano dei cambi (UIC) per le conseguenze pregiudizievoli patite da terzi a seguito dell’illegittima iscrizione di un soggetto nell’elenco degli intermediari finanziari tenuto dal medesimo Ufficio.

   (35) Cfr. G. GUIZZI, Mercato finanziario, voce dell’Enc. Dir., Aggiornamento, vol. V, Giuffrè, Milano, 2001.

   (36) Cfr. ad esempio F. GALGANO, op. cit., p. 542.

   (37) È il caso al riguardo di osservare che non sono sufficienti, e forse neanche necessarie ai fini della decisione delle controversie, l’affermazione e l’individuazione nello specifico di un obbligo (in ipotesi, dell’Autorità di vigilanza) «di atteggiare la propria condotta in modo da proteggere una situazione di affidamento in ipotesi legittimamente sorta in capo all’altra parte» (cfr. C. SCOGNAMIGLIO, op.cit., p. 546): di un obbligo, come si usa dire, “di protezione” (cfr. C. CASTRONOVO, L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, in Le ragioni del diritto – Scritti in onore di L. Mengoni, Milano, Giuffrè, 1995, p. 148 ss.). Direi piuttosto che la situazione di affidamento “dell’altra parte” (il risparmiatore, l’investitore) è rilevante (e merita tutela giuridica) nella misura in cui la legge finalizza (anche) alla tutela di quelle determinate categorie di soggetti e di interessi l’esercizio dei poteri attribuiti ad una determinata autorità; e che l’esistenza di detta situazione di affidamento costituisce solo la premessa, o il presupposto, affinché si possa affermare la responsabilità di quella medesima autorità per l’inadempimento di obblighi preesistenti. Questi ultimi hanno un contenuto specifico (ad esempio: obbligo di controllare la completezza del prospetto informativo, o di richiedere periodicamente la divulgazione di determinati dati, eccetera), che deve ovviamente essere ricavato dalla (o ricostruito sulla base della) legge, secondo il metodo a cui nel prosieguo si proporrà di attenersi.

   (38) Si è già ricordato poc’anzi nel testo che, nell’ambito di tale orientamento, si è discusso della opportunità di circoscrivere alla colpa grave e al dolo i criteri soggettivi di imputazione del comportamento rilevante e della conseguente responsabilità.

   (39) Per un approfondimento della nozione di vigilanza sul versante delle scienze pubblicistiche cfr. ad esempio M. STIPO, Vigilanza e tutela (diritto amministrativo), voce dell’Enc. Giur., vol. XXXII, Roma, 1994; N. MARZONA, Gli organi di vigilanza sull’attività di intermediazione finanziaria, in Banca, borsa, tit, cred., 1994, I, p. 157 ss.; L. TORCHIA, Il controllo pubblico della finanza privata, Cedam, Padova, 1992.

   (40) Il collocamento dei bonds, nei casi considerati, non richiede la pubblicazione di un prospetto informativo perché l’operazione non si configura come sollecitazione all’investimento. Infatti, in queste operazioni le modalità con le quali gli intermediari propongono alla propria clientela l’acquisto delle obbligazioni non presentano – ad avviso della Consob (cfr. già la comunicazione n. DAL/97006042 del 9 luglio 1997) – i connotati tipici dell’ “offerta al pubblico”. Gli intermediari – dopo aver sottoscritto il prestito obbligazionario (spesso quali investitori istituzionali) – negoziano, in contropartita diretta con la clientela, tali titoli, in esecuzione di ordini di acquisto ricevuti dalla stessa clientela, a condizioni che risultano essere diverse a seconda dell’acquirente e del momento dell’operazione. Il cliente, dunque, non è “sollecitato all’investimento”, ma è lui stesso a richiedere l’acquisto dei titoli (precedentemente sottoscritti dall’intermediario e inclusi nel paniere dell’intermediario.

   (41) P. MONTALENTI, Responsabilità civile e mercato finanziario: organo di controllo e false informazioni da prospetto, in Analisi Giuridica dell’economia, 2002, p. 255 ss, spec. 265 ss.; A. PALMIERI, Responsabilità per omessa o insufficiente vigilanza: si affievolisce l’immunità della pubblica amministrazione, in Foro it., 2001, I, c. 1142 ss, spec. 1150 (ivi, nota 27).

   (42) P. MONTALENTI, op. cit., p. 268; G. ALPA, op.cit., p. 93-94.

   (43) Cfr., per questa espressione, G. MINERVINI, in AA.VV., Mercati finanziari e sistemi dei controlli, Atti del Convegno organizzato dal Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa sociale e tenutosi a Courmayeur nel settembre 2004, Giuffrè, Milano, 2005, p. 95 ss.

   (44) P. MONTALENTI, op. cit., p. 267.

   (45) P. MONTALENTI, op. cit., p. 268; il rilievo sarebbe tuttavia superabile, a detta dell’autore, sulla base di (e attraverso) una separata quantificazione del «pregiudizio da scorretto funzionamento del mercato nella specifica operazione di sollecitazione» e del «danno per l’operazione economicamente pregiudizievole» causato dalla falsità delle informazioni fornite agli investitori; il problema della (separata) quantificazione sarebbe poi «risolvibile, in difetto di più precisi criteri, con lo strumento tradizionale della valutazione equitativa». L’istanza di una corretta delimitazione (dell’area o della misura) del danno imputabile all’Autorità di vigilanza merita probabilmente di essere condivisa; essa andrebbe tuttavia perseguita, a mio avviso più correttamente, come si suggerisce nel testo, attraverso la analitica individuazione dei poteri (e, specularmene, dei doveri) che incombono alla Consob e la cui specifica violazione comporta appunto la responsabilità di quest’ultima; nonché, semmai, attraverso la utilizzazione di indici normativi (come ad esempio quello ricavabile dall’art. 2236 c.c., già richiamato sopra, nel testo, al par. 3.1), che consentono di circoscrivere al dolo e alla colpa grave l’elemento soggettivo rilevante ai fini del giudizio di responsabilità.

   (46) E vedi infatti in proposito, fra gli altri, P. MONTALENTI, op. cit., p. 260 ss., A. PERRONE, Falsità del prospetto e responsabilità civile della Consob, in Banca, borsa, tit. cred., 2002, II, p. 19 ss. La qualificazione di tale ruolo (e della conseguente responsabilità) come “residuale” (così, ad esempio, A. PERRONE, Informazione del mercato e tutele dell’investitore, Giuffrè, Milano, 2003, p. 149, nota 216) è a mio avviso accettabile solo se l’aggettivo è inteso a segnalare la circostanza dell’obiettiva diversità di contenuto dei compiti di vigilanza rimessi alla Consob, rispetto a quelli onde sono gravati altri soggetti.

   (47) L’art. 12, comma 3, lettera l) del d.d.l. sul risparmio (rimasto invariato nella legge n. 262/2005) delega il Governo ad adottare, entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge, ed in attuazione della direttiva 2003/71/CE, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, «una disciplina concernente la responsabilità civile per le informazioni contenute nel prospetto», senza tuttavia identificare specificatamente i soggetti o gli enti passivamente legittimati alle eventuali azioni di responsabilità. Sembra comunque che non si possa almeno in astratto escludere dal novero di questi l’Autorità di vigilanza sui mercati mobiliari, in quanto preposta altresì alla vigilanza ed al controllo sui prospetti; tuttavia, in ossequio alle indicazioni di metodo già suggerite in questo scritto, sarà necessario (anche) da parte del legislatore delegato procedere dapprima alla identificazione dei contenuti e dell’ambito di tale potestà di controllo, sì da fissare il presupposto ed i criteri per la verifica della eventuale negligenza o imperizia della Consob nell’esercizio della medesima. Al riguardo sarà fra l’altro importante fissare, nella sede della legge delegata, i criteri del riparto della responsabilità civile tra l’intermediario che ha curato l’operazione e l’organo di vigilanza; nonché fra quest’ultimo e la società di gestione del mercato, ove la Consob si avvalga della facoltà di delegare in tutto o in parte i propri compiti di controllo sui prospetti alla società medesima (secondo un modulo organizzativo che, già previsto – sia pure, a quanto consta, solo sulla carta – dal diritto vigente: cfr. art. 94, comma 5, t.u.i.f.), sembra essere ora riconosciuto e ammesso in termini generali dalla legislazione più recente in materia di risparmio (cfr. art. 12, comma 3, lettera o, del d.d.l n. 3328, rimasto invariato nella legge n. 262/2005).

   (48) La disposizione citata sembra prevedere un diverso tipo di controllo da parte della Consob a seconda che il prospetto riguardi prodotti finanziari già quotati o diffusi tra il pubblico in misura rilevante, ovvero prodotti finanziari privi di tali caratteristiche; ove l’assunto fosse corretto, ci si dovrebbe ancora domandare se dalla diversità del tipo di controllo scaturiscano differenze altresì nel regime e nel contenuto della responsabilità per l’omesso o carente esercizio dello stesso. Altro problema interessante, suscitato dal disposto del comma 5 del medesimo art. 94, è quello che concerne il regime della responsabilità della Consob, per il mancato o inefficiente esercizio del potere di controllo sui prospetti, là dove detto esercizio sia stato “affidato”, e cioè “delegato” alla società di gestione del mercato. Si tratta di questioni delicate, alle quali non è qui possibile dedicare più di un cenno, rinviando per un approccio più analitico al commento di M. MIOLA, op. cit., p. 804 ss.

   (49) In proposito tuttavia M. MIOLA, in Testo Unico della Finanza, vol. II, Emittenti, Commentario diretto da G.F. Campobasso, UTET, Torino 2002, sub art. 94, p.805, sostiene che «deve considerarsi incluso nel controllo sulla completezza del prospetto, in quanto condotto secondo la diligenza professionale, che esso tenga conto anche dell’eventuale difetto di veridicità».

   (50) Si tende per contro ad escludere che la Consob possa o debba pronunciarsi circa il merito dell’operazione o circa la sua “convenienza”, così come si tende ad escludere un controllo della Commissione sulla legittimità dell’operazione a cui il prospetto si riferisce; per cui nessuna responsabilità può esserle imputata sulla base della scarsa o nulla convenienza dell’operazione stessa per gli investitori, o dei profili di illegittimità che essa eventualmente presenti, se sono stati adempiuti gli obblighi di controllo ricordati nel testo. Cfr. R. COSTI e L. ENRIQUES, Il mercato mobiliare, Cedam, Padova, 2004, p. 76 ss.; F. ANNUNZIATA, La disciplina del mercato mobiliare, 3^ ed., Giappichelli, Torino, 2004, p. 301 ss.

   (51) V. ora, in luogo delle disposizioni del d.d.l. sulla tutela del risparmio ed in termini identici, rispettivamente, l’art. 12, 3° comma, lett. m) e l’art. 14, Sezione I-bis, della l. n. 262/2005 citata.

   (53) Che la Consob non sia un mero ricettacolo di prospetti e che il suo potere di controllo sui medesimi sia orientato alla verifica della correttezza degli operatori e della completezza informativa sono circostanze che sembrano dover essere tenute ferme anche dopo l’emanazione della legge n. 262/2005 e che meritano anzi di essere richiamate con particolare vigore, considerate le stime che cominciano a circolare in merito all’incremento del numero dei prospetti sui quali dovrà esercitarsi la potestà di vigilanza della Commissione, a seguito della estensione della sua competenza ai prospetti relativi ai prodotti finanziari bancari ed a quelli assicurativi (cfr. art. 11, 2° comma, d.d.l. sul risparmio, ora art. 11, 2° comma, l. n. 262/2005). Secondo previsioni dell’Associazione Bancaria Italiana (cfr. Corriere della Sera- Economia del 23 gennaio 2006, p. 1), quando la nuova disciplina sarà pienamente a regime, la Consob potrebbe trovarsi a dover analizzare, ogni settimana, circa sessanta prospetti in luogo degli attuali due prospetti settimanali.

   (53) G. FERRARINI, L’ammissione a quotazione: natura, funzione, responsabilità e “self listing”, in Analisi giuridica dell’economia, 2002, p. 33 s.
   Non è forse inutile menzionare qui di seguito, anche se solo per rapidi richiami, quali siano i principali gatekeepers, e cioè i soggetti privati che assistono gli emittenti nelle operazioni di sollecitazione all’investimento, di ammissione alla quotazione e di offerta pubblica di acquisto, rinviando alle disposizioni citate per la precisa individuazione dei loro compiti.
   In ordine alla sollecitazione all’investimento (art. 94, d.lgs. n. 58/1998; art. 2 ss. reg. Consob emittenti n. 11971/1999: a) responsabile del collocamento: «il soggetto che organizza e costituisce il consorzio di collocamento, il coordinatore del collocamento o il collocatore unico» (art. 3, lett. a, reg. n. 11971/1999). Normalmente il responsabile del collocamento coordina e dirige l’offerta in qualità di Global Coordinator, ossia dirige e coordina il consorzio di collocamento e garanzia al quale partecipano Banche e Sim in qualità di collocatori. Quando il collocamento è indirizzato ad investitori istituzionali il responsabile del collocamento prende il nome di Lead Manager e, anche in tal caso, si avvale di un consorzio di collocamento; b) società di revisione (art. 161 del d.lgs. n. 58/1998).
   In relazione alla ammissione alla quotazione (art. 113, d.lgs. n. 58/1998; art. 51 ss. reg. n. 11971/1999; reg. Borsa): a) responsabile del collocamento (se, contestualmente alla quotazione, viene effettuata una sollecitazione all’investimento anche nella procedura di ammissione alla quotazione è presente il responsabile del collocamento); b) sponsor o listing partner: «l’intermediario che collabora con l’emittente nella procedura di ammissione a quotazione» (art. 51 reg. n. 11971/1999; art. 2.3.2 reg. Borsa): lo sponsor, figura non disciplinata dal d.lgs. n. 58/1998, può essere una banca, un’impresa d’investimento nazionale, comunitaria o extracomunitaria, nonché un intermediario ex art. 107 testo unico bancario. La società di gestione del mercato basa la propria istruttoria sulle informazioni ed i dati forniti dall’emittente con l’assistenza dello sponsor, il quale è tenuto a collaborare con l’emittente ai fini di un ordinato svolgimento della procedura di ammissione a quotazione (art. 2.3.4, 1°co., reg. Borsa); c) società di revisione (art. 161, d.lgs. n. 58/1998).
   Con riguardo alle offerte pubbliche di acquisto o di scambio (art. 102 ss. d.lgs. n. 58/1998; art. 35 ss. reg. n. 11971/1999) non sono individuati dalla legge o dai regolamenti Consob soggetti privati che intervengono nella procedura di offerta pubblica con specifici doveri di attestazione da cui discende la loro responsabilità civile. L’art. 37, 5° co., reg. n. 11971/1999, tuttavia, prevede che il mercato, oltre ad essere, senza indugio, informato dell’intervenuta comunicazione alla Consob del documento d’offerta, deve altresì essere informato dei nominativi degli eventuali consulenti dell’offerente. Comunque nei documenti d’offerta sono precisamente indicati i nominativi dei consulenti dell’operazione e degli intermediari responsabili della raccolta delle adesioni.

   (54) Il Financial Services and Markets Act del 2000 prevede (schedule 1, n. 19) un’esenzione dalla responsabilità per danni dell’Autorità (e dei suoi member o dei suoi officer) in caso di cattivo o omesso controllo, salvo il caso di bad faith o in quello di violazione della section 6(1) dell’Human Rights Act del 1998. Analogamente dispone la section 53 dell’Investement Intermediaries Act statunitense del 1995, escludendo la responsabilità per danni (salvo il caso di bad faith) del Minister for Enterprise and Employment (Autorità preposta al controllo delle investment business firms) o di suoi membri o dipendenti. L’argomento è trattato da A. ADAMI, La regolazione dei mercati finanziari nel Regno Unito dopo il Financial Services Markets Act 2000, Giappichelli, Torino, 2004, spec. p. 59 ss., 74 ss., il quale mette bene in evidenza il rapporto tra l’immunità dalla responsabilità per danni della FSA ed i meccanismi (interni ed esterni) di accountability che regolano (e condizionano) l’esercizio delle funzioni di vigilanza da parte dell’Autorità e la cui inosservanza rileva per lo meno al fine di configurare una responsabilità “politica” di questa Authority. Un’indagine comparatistica sulla dimensione internazionale del problema della responsabilità delle Autorità di controllo è svolta da ultimo da F. VELLA, La responsabilità civile delle autorità di vigilanza sui mercati finanziari: alla ricerca di un equilibrio tra immunità e tutela degli investitori, in Analisi giuridica dell’economia, 2002, p. 295 ss, spec. p. 298 ss., dove, tra l’altro, copiosi riferimenti alla casistica giurisprudenziale francese.

   (55) Sul problema dell’accountability delle Autorità indipendenti, e cioè sull’esigenza di «assicurare che nessuno in particolare controlli un’agenzia indipendente, eppure che l’agenzia risulti comunque sotto controllo», cfr. M. CLARICH, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Il Mulino, Bologna, 2005, spec. p. 62 ss.

   (56) Cfr., rispettivamente, l’art. 13, comma 6°, della direttiva 2003/71/CE del 4 novembre 2003 relativa al prospetto di offerta pubblica o di ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, secondo cui «la presente direttiva non ha effetti sulla responsabilità dell’autorità competente, che resta disciplinata esclusivamente dal diritto nazionale» e l’art. 4, comma 6°, della direttiva 2004/25/CE concernente le offerte pubbliche di acquisto, il quale stabilisce che «la presente direttiva lascia impregiudicata la facoltà degli Stati membri di determinare il diritto in materia di responsabilità delle autorità di vigilanza o regolamento delle controversie tra le parti di un’offerta».

   (57) Un siffatto ribaltamento appare tanto più problematico in quanto si consideri che la fonte principale di finanziamento della Consob è costituita dal contributo “obbligatorio” dei soggetti vigilati (si osservi, infatti, che nell’esercizio di bilancio 2004 della Commissione le entrate sono risultate nel complesso pari a 76,4 milioni di euro al netto dell’avanzo di amministrazione, di cui 46 milioni relative ad entrate contributive corrisposte dai soggetti vigilati [pari al 60,2 % del totale], cfr. Relazione Consob per l’anno 2004, p. 150, Tav. XI e Tav.aX1.1 (p. 199); sul sistema di finanziamento della Consob cfr., più in generale, l’art. 40 della l. 23 dicembre 1994, n. 724 “Misure di razionalizzazione della finanza pubblica”); per cui quelli del tutto estranei alla vicenda produttiva di danno per i terzi investitori sarebbero, dal punto di vista economico, esposti all’onere del risarcimento alla stessa stregua di quelli che hanno invece fornito un contributo causale al verificarsi dell’evento dannoso; questi ultimi, d’altro canto, risponderebbero due volte, direttamente verso gli investitori ed indirettamente, nella loro veste di “fornitori di provvista finanziaria” per l’Autorità di vigilanza.

   (58) Un passo avanti nella direzione che si auspica nel testo è compiuto, a mio avviso, dalla recentissima disciplina (prima progettuale ed ora positiva) a tutela del risparmio: si prevedono infatti procedure di conciliazione e di arbitrato, da svolgere secondo criteri di efficienza, rapidità ed economicità davanti alla Consob per la decisione di controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori e gli intermediari finanziari, finalizzate, nel caso di accertato inadempimento degli obblighi gravanti sugli intermediari, alla corresponsione di un indennizzo a favore degli investitoti o risparmiatori; la salvaguardia del diritto al risarcimento del (maggior) danno davanti agli organi della giurisdizione ordinaria; l’istituzione, per via di legge delegata, di un fondo di garanzia per gli investitori ed i risparmiatori, le cui disponibilità (da costituire con il versamento della metà degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogate a carico degli intermediari) sono destinate all’indennizzo dei danni patrimoniali causati dalla violazione delle norme disciplinatrici delle attività di cui alla parte II (artt. 5 e seguenti) del t.u.i.f. (cfr. art. 27 del d.d.l. n. 3328 e, ora, della legge n. 262/2005).

   (59) Cfr. l’art. 12, comma 3, lettera l, del più volte ricordato d.d.l. sulla tutela del risparmio (riprodotto senza variazioni nella medesima disposizione della legge n. 262/2005), che contiene la delega legislativa per la emanazione di «una disciplina concernente la responsabilità civile per le informazioni contenute nel prospetto».

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