il diritto commerciale d’oggi
    V.2 – febbraio 2006

GIURISPRUDENZA

 

TRIBUNALE ROMA, decreto 20 gennaio 2006 – Giud. Dotti; Aeffe Studio s.r.l. c. D’Avino Spose s.n.c.
   Compie atti di concorrenza sleale – e ne va perciò inibita la continuazione – l’impresa che distribuisce materiale pubblicitario nelle immediate vicinanze di una fiera organizzata per esporre e presentare le attività di altre imprese concorrenti ed alla quale la prima impresa non partecipa, poiché in tal modo essa sfrutta gli sforzi organizzativi e gli investimenti effettuati per la fiera, senza sostenerne gli oneri.

 

(Omissis)
 Rilevato che con ricorso ante causam ex art. 700 c.p.c. depositato il 16/1/2006 le parti ricorrenti indicate in epigrafe hanno richiesto in via d’urgenza che il Tribunale voglia inibire inaudita altera parte “alla D’Avino Spose s.n.c. di D’avino Maria e D’Avino Nunziata la distribuzione di depliants indicati in ricorso o l’attuazione di qualunque altra forma di pubblicità in occasione ed in concomitanza materiale con la manifestazione “Roma Sposa” (ossia nelle vicinanze dei cancelli di accesso e di uscita di detta manifestazione in Via Cristoforo Colombo 295, Roma per un raggio di almeno 300 metri) (…)”;
(Omissis)
che nel merito le parti ricorrenti hanno dichiarato che intendono proporre domanda di accertamento della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. e dell’illecito aquiliano ex art. 2043 c.c. e/o, in subordine, di accertamento dell’arricchimento senza causa a norma dell’art. 2041 c.c. e di inibitoria dalla prosecuzione degli illeciti denunciati, con condanna al risarcimento dei danni e/o al pagamento dell’indennizzo e alla pubblicazione della sentenza (v. punto 8 del ricorso introduttivo);
ritenuto che — in considerazione dell’attività commerciale rispettivamente svolta — deve ritenersi sussistente tra le imprese ricorrenti e la D’Avino Spose s.a.s. un rapporto di concorrenza; in linea generale infatti si trovano in situazione di concorrenza tutte le imprese, come quelle in esame, i cui prodotti e servizi concernano la stessa categoria di consumatori e che operano quindi in una qualsiasi delle fasi della produzione o del commercio destinata a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni; infatti, quale che sia l’anello della catena che porta il prodotto alla stessa categoria di consumatori in cui si collochi un imprenditore, questi viene a trovarsi in conflitto potenziale con gli imprenditori posti su anelli diversi, proprio perché è la clientela finale quella che determina il successo o meno della sua attività, onde ognuno di si è interessato che gli altri rispettino le regole di cui all’art. 2598 c.c.;
ritenuto inoltre che l’illecito concorrenziale non deriva infatti dal danno commerciale in sé, né dal fatto che una condotta individuale procura la diminuzione degli affari del concorrente, in quanto il gioco della concorrenza rende legittime condotte egoistiche, dirette al perseguimento di maggiori affari, purché attuate senza rottura delle indicate regole legali della concorrenza; ed invero tra imprese operanti sullo stesso mercato, l’acquisizione di clienti altrui mediante la proposizione di più efficienti servizi o migliori condizioni economiche contrattuali costituisce situazione concorrenziale fisiologica; il limite peraltro alla libertà dell’iniziativa economica sul piano concorrenziale è dato dai presupposti stessi della iniziativa,dovendosi ritenere la liceità della competizione concorrenziale solo laddove la stessa realizzi sul piano della correttezza nei rapporti imprenditoriali;
che viceversa nella condotta addebitata alla D’Avino Spose s.a.s. — così come risultante dalla documentazione acquisita — sono ravvisabili profili di contrarietà alle regole di correttezza commerciale: in particolare l’attività posta in essere dalla clientela delle ricorrenti, sfruttando gli sforzi organizzativi e gli investimenti di carattere pubblicitario, tra l’altro di rilevante entità realizzati dalle ricorrenti, senza sostenere alcuno degli oneri — anche di carattere economico — derivanti dalla partecipazione alla manifestazione;
che in particolare appare contrario ai principi della correttezza commerciale e integra atto di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c. sia la distribuzione di materiale pubblicitario da una postazione non autorizzata allestita all’esterno dei locali della fiera e nelle immediate adiacenze della stessa, sia la collocazione del furgone recante la propria denominazione sociale nelle immediate adiacenze degli accessi alla manifestazione (v. doc. 59 del fascicolo di parte ricorrente); in tal modo la resistente, constatato il successo delle iniziative commerciali e pubblicitarie altrui, si pone sostanzialmente sulla scia delle imprese concorrenti e sfrutta gli investimenti e gli sforzi pubblicitari da queste affrontati nel dar via alla manifestazione;
che la concorrenza che, quanto meno sotto il profilo dell’art. 298 n. 3 c.c., integrando una situazione di contrasto con il principio generale della correttezza commerciale, quando non sotto il profilo del n. 2, seconda ipotesi, dello stesso articolo (appropriazione dei pregi di impresa concorrente), tenuto conto che la stessa partecipazione alla manifestazione costituisce di per sé una forma di qualificazione e di pubblicità nei confronti del pubblico dei consumatori, in considerazione della selezione prevista per accedere alla manifestazione ed esservi accreditati;
(Omissis)
che pertanto ai sensi dell’art. 669-sexies II comma c.p.a, appare necessario disporre l’inibitoria richiesta dalle parti ricorrenti con decreto inaudita altera parte, fissando a breve l’udienza pedr la conferma, modifica o revoca del provvedimento cautelare;
(Omissis)

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