il diritto commerciale d’oggi
    V.2 – febbraio 2006

GIURISPRUDENZA

 

TRIBUNALE SANTA MARIA CAPUA VETERE, 22 agosto 2005 – Giud. D’Onofrio; Ristorante Marziale s.a.s. c. Re Burlone s.r.l.
   Compie atti di concorrenza sleale l’imprenditore che, per pubblicizzare la propria attività con allestimenti in locali di terzi, utilizzi materiale fotografico riguardante gli allestimenti realizzati negli stessi locali da un imprenditore concorrente.

 

(Omissis)
   Parte istante assume che l’uso a fini pubblicitari da parte della concorrente società di ristorazione di fogli illustrativi ritraenti l’allestimento di un ricevimento organizzato dal ristorante Marziale all’interno della propria attività di banqueting nel palazzo Veccia costituisca condotta di concorrenza sleale sanzionabile in relazione agli artt. 2598 cod. civ.
   I presupposti, come oramai acquisito in modo definitivo in dottrina e giurisprudenza, perché possa configurarsi un rapporto di concorrenza sleale (potendosi peraltro esso realizzare anche uno actu: cfr. in tal senso Cass. 90/1301; 78/2220; 74/2449) sono due: uno soggettivo, l’altro oggettivo.
   Il primo, costituito dalla qualità di imprenditore commerciale dei due soggetti (essendo per parte della dottrina sufficiente che si tratti di operatori economici), il secondo rappresentato dalla relazione economica intercorrente tra soggetto attivo e passivo, definita come rapporto di concorrenza.
   Nella specie, non soltanto si tratta di due imprenditori commerciali ma si configura in concreto un rapporto di concorrenza diretta, essendo entrambi impegnati nella medesima provincia e, dunque, nel medesimo ambito di mercato ad offrire lo stesso servizio, essendo entrambe le società impegnate in attività di ristorazione e inserite nel campo dell’organizzazione di cerimonie e meetings anche esterni alla propria struttura mediante l’utilizzo di palazzi storici e ville di pregio per l’espletamento del proprio servizio di catering e di banqueting .
   Nel caso considerato, è rimasto provato che la società convenuta abbia in concreto utilizzato materiale pubblicitario sul quale erano riportate fotografie riguardanti un matrimonio preparato nella scenografia del palazzo Veccia dal ristorante Marziale che aveva, in quella circostanza come in altre, approntato un servizio non limitato alla ristorazione, ma esteso ed allargato a tutto quanto fosse necessario per la predisposizione della cerimonia all’aperto dai tavoli, alle sedie, dalla posateria ai bicchieri, alla scelta delle tovaglie e con uno specifico addobbo floreale che incontrasse il gusto del committente e che rientra nella peculiarità del servizio di ristorazione esterna, assumendo esso connotazioni di specificità e di originalità, conformemente alle aspettative del committente del servizio.
   È risultato altresì provato che il ristorante le Colonne sas aveva provveduto, anche nell’occasione del matrimonio riportato nelle foto utilizzate da re Burlone nella propria brochure, effettuato rilievi fotografici che riguardavano la preparazione del servizio anteriormente allo svolgimento del matrimonio (foto invero del tutto identiche a quelle utilizzate dal Re Burlone al quale le stesse furono consegnate dai proprietari del palazzo Veccia), essendo altresì stato dimostrato che tali rilievi fotografici vengono inseriti in apposito book di presentazione alla clientela per orientarne le scelte.
(Omissis)
   Alla luce dei suesposti elementi deve ritenersi provato non soltanto l’uso da parte dell’istante delle foto elaborate anteriormente all’allestimento di ogni servizio di ristorazione esterna, ma anche l’uso sleale posto in essere da parte del ristorante convenuto delle medesime foto di società concorrente al fine di predisporre la propria brochure e dunque di farsi pubblicità.
   Tale condotta, in alcun modo smentita o contraddetta da parte convenuta, sostanzia senz’altro la fattispecie sanzionata dall’art. 2598 cod. civ. e può essere ben inquadrata, come sostenuto da parte istante, in tutte e tre le fattispecie di cui al citato articolo .
   La condotta sleale nella specie si sostanzia nella riproduzione anche parziale su propri cataloghi di foto di prodotti del concorrente (Cass. 6625/1983; Appello Milano 18/3/1982; 1982/1536; Appello Torino 23/10/1984) ,aspetto che può assumere, quando non si verifichi un vero e proprio effetto confusorio anche la caratteristica di slealtà per appropriazione di pregi altrui (in questo senso Tribunale di Milano 26 settembre del 1977; Tribunale di Napoli 6 luglio del 1999).
   In particolare, si è ritenuto che l’uso di fotografie identiche utilizzate da un concorrente per propagandare la propria produzione idoneo a generare confusione con l’attività del concorrente costituisce atto di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 1 cod. civ. (Pretura di Monza 3 luglio del 1992).
   L’inserimento di un proprio prodotto da parte di un imprenditore in un proprio depliant di foto raffiguranti un prodotto non solo realizzato e commercializzato da altra società concorrente ma da quest’ultima già riprodotto nei propri cataloghi costituisce atto di concorrenza sleale (Tribunale di Cagliari 11 luglio 2000), non potendosi infine negare che nella fattispecie considerata si possa, in qualche misura, rinvenire anche gli estremi della cd. pubblicità per agganciamento, laddove il soggetto attivo pubblicizzi i propri prodotti accostandoli a quelli di altro produttore.
   Si ritiene, tuttavia, non disconoscendosi come la giurisprudenza abbia inquadrato la concreta fattispecie verificatasi nel caso de quo talvolta sotto il n. 1 e qualche altra volta sotto il n. 2 dell’art. 2598 cod. civ., che possa più correttamente inquadrarsi la condotta sleale posta in essere dalla convenuta società sotto il profilo del numero 3 dell’art. indicato, non potendosi dubitare e revocare in dubbio che la condotta posta in essere dalla convenuta sia senz’altro da qualificarsi come atto di scorrettezza.
   Posto che risulta sufficiente a configurare tale fattispecie la potenzialità dannosa della condotta nei confronti del concorrente (senz’altro ricavabile nella specie, avendo parte convenuta utilizzato le altrui foto per arricchire la propria offerta pubblicitaria e attrarre clienti), è stato considerato responsabile di condotta sleale ai sensi dell’art. 2598 n. 3 cod. civ. l’imprenditore che reclamizzi dei prodotti servendosi di fotografie che, sia pure con lievi modifiche, riproducono quelle diffuse a fini pubblicitari da altro imprenditore, valendosi in tal modo di un mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda (Cass. 9 novembre 1983 n. 6625).
Il n. 3 dell’art. 2598cod. civ. fonda nella sostanza un principio di “correttezza a carattere aperto”, potendo in esso senz’altro rientrare tutte le condotte, ancorché non tipizzate dall’esperienza, comportanti violazioni delle regole di correttezza professionale, essendo, con ogni evidenza, la condotta di chi sfrutti le foto di altro imprenditore concorrente per dare pubblicità alla sua attività contraria ad ogni regola deontologica del costume professionale commerciale e lesiva della correttezza professionale intesa come espressione e limite della libertà di concorrenza che costituisce l’oggetto e la misura della tutela in questione (in questo senso, con diversità di argomentazioni, Cass. 1259/99 e Cass. 11859/1997).
(Omissis)

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