il diritto commerciale d’oggi
    IV.9 – settembre 2005

GIURISPRUDENZA

 

TRIBUNALE NOVARA, ordin. 13 agosto 2005;
   Qualora lo statuto di una società di capitali preveda una clausola compromissoria ed un socio abbia impugnato una deliberazione assembleare, l’emissione di provvedimenti cautelari, nelle more dell’accettazione degli arbitri e della costituzione del collegio, può essere richiesta al tribunale, ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., ancorché l’art. 35 del d. lgs. n. 5/2003 attribuisca il potere di sospendere la deliberazione impugnata agli stessi arbitri.
   

 

ORDINANZA
RITENUTO IN FATTO
1. L'avvocato Luca Borri - che, nel giugno 2001, per il (dichiarato) complessivo importo di euro 183.000,00, aveva acquistato da B.N.L. e Monte Paschi Siena, che già li detenevano nel loro portafoglio, titoli obbligazionari (denominati global bonds) con scadenza aprile 2008 e tasso di interesse annuo dell'8,125% [come emessi, nel 1998, dalla Repubblica Argentina nello Stato di New York, quotati in Lussemburgo e poi rivenduti sul "mercato secondario"] - chiedeva ed otteneva, nel successivo luglio 2002, decreti ingiuntivi, con i quali il Giudice di Pace di Firenze intimava al Governo Argentino di pagare al ricorrente, per ciascun decreto, la somma di euro 500,00 (quale frazione del suo maggior credito di euro 183.000,00). E ciò in applicazione del principio (sub art. 1186 c.c.) della "decadenza dal beneficio del termine", applicabile quando il debitore versi in conclamato stato di insolvenza; come nel caso, appunto, della Argentina che - in conseguenza della grave crisi economica che aveva colpito quel paese dall'inizio del 2002 - si era vista costretta a dichiarare, con legge n. 25 del 2002, la "emergenza pubblica in materia sociale, economica e finanziaria".
2. La parte ingiunta si opponeva ai provvedimenti monitori.
Stigmatizzava, in premessa, le iniziative giudiziarie del Borri volte a "soddisfare i propri pretesi diritti in modo unilaterale ed a scapito della paritetica posizione di altre centinaia di migliaia di partecipanti al medesimo prestito obbligazionario. I quali nella quasi totalità, avevano «prescelto, invece, la via dell'azione collettiva sotto il profilo dell'intervento politico e diplomatico», in vista di «una soluzione globale che soddisfi in modo paritario le ragioni di tutti gli obbligazionisti nella misura che risulterà possibile».
- Articolava, quindi, numerosi motivi di opposizione, in rito e nel merito: pregiudizialmente ai quali eccepiva, per altro, il difetto di giurisdizione del giudice italiano. E ciò sotto il triplice profilo: a) della propria “immunità" da tale giurisdizione, per il principio “par in parem non habet iurisdictionem" venendo nella specie propriamente in considerazione i provvedimenti statuali - 1. n. 25/02 cit., d.M. n. 73/02: 1. n. 25/03 - con i quali, per ragioni di interesse pubblico, era stato disposto il differimento di pagamenti delle obbligazioni pubbliche; b) dell'esistenza di una clausola (art. 22) del regolamento del prestito obbligazionario in questione, attributiva della giurisdizione ai giudici dello Stato di New York o della Repubblica Argentina per qualsiasi controversia inerente a quei titoli ("L'Argentina si sottoporrà irrevocabilmente alla giurisdizione di qualsiasi delle suddette Corti, con riferimento a qualsiasi delle suddette azioni legali e rinuncerà irrevocabilmente a proporre qualsiasi eccezione relativa al difetto di competenza di dette Corti ..."); c) della inesistenza anche di alcun criterio di collegamento, dell'odierna controversia, alla giurisdizione del giudice italiano, ex lege di d.i.p. n. 218 del 1995.
3. Nel giudizio così instaurato, il Borri ha proposto, quindi, regolamento preventivo per far dichiarare la giurisdizione, invece, del giudice italiano. E ciò in ragione: a) della natura privatistica, e non iure imperi, della attività svolta dalla Argentina attraverso la collocazione sul mercato di titoli del debito pubblico e della "irrilevanza del d.M. 73/02 e
della 1. n. 25/03 citt. ai fini del riconoscimento dell'autorità giudiziaria italiana"; b) della "irrilevanza dell'art. 22 del c.d. Accordo quadro"; c) della esistenza della giurisdizione nazionale in virtù del combinato disposto dell'art. 3, co. 2°, 1. 218/1995 e 5, co. 2° n. 1, 1. n. 804/1971, di ratifica della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (per cui, in materia contrattuale, il convenuto può essere citato in
uno degli Stati contraenti in relazione al luogo ove l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita).
- L'intimata ha replicato con controricorso.
- Il P.G. presso questa Corte, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto respingersi il ricorso con declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice italiano.
CONSIDERATO IN FATTO
1. Nel presente giudizio - che, in relazione alla nota vicenda dei bonds argentini, non vede coinvolto alcun soggetto (istituto intermediario/autorità di vigilanza) di nazionalità italiana, ma solo ed esclusivamente la Repubblica Argentina - il quesito pregiudiziale sulla giurisdizione si pone, quindi, in relazione, in primo luogo, al profilo (potenzialmente di ogni altro assorbente) della sussistenza, o meno, della immunità giurisdizionale di quello Stato in relazione al rapporto dedotto in causa.
2. La questione va risolta in applicazione del principio di diritto consuetudinario internazionale, recepito dall'ordinamento italiano in virtù di richiamo dell'art. 10 Costituzione: principio, c.d. della “immunità ristretta o relativa".
In virtù del quale l'esenzione degli Stati stranieri dalla giurisdizione civile è limitata agli atti iure imperii (a quegli atti, cioè, attraverso i quali si esplica l'esercizio delle funzioni pubbliche statali) e non si estende, invece, agli atti iure gestionis o iure privatorum (ossia agli atti aventi carattere privatistico, che lo Stato straniero ponga in
essere, indipendentemente dal suo potere sovrano, alla stregua di un privato cittadino (cfr., ex plurimis, Sez. un. nn. 2329/1989; 919/1999; 531/2000; 17087/2003).
- Il che equivale a dire che, al fine dell'esenzione dalla giurisdizione del giudice nazionale, è richiesto che l'esame e l'indagine sulla fondatezza della domanda, a questi proposta, comporti apprezzamenti, indagini o statuizioni che possano incidere o interferire sugli atti o comportamenti dello Stato estero (o di un ente pubblico attraverso il quale detto Stato operi per perseguire anche in via indiretta le sue finalità istituzionali), che siano espressione dei suoi poteri sovrani.
- Con l'ulteriore limite (di recente, per altro, evidenziato, in ragione del valore di principio fondamentale dell'ordinamento internazionale assunto dall'obbligo di rispetto dei diritti inviolabili della persona umana) per cui si conviene che anche l'esercizio della sovranità non resti coperto dalla immunità quando si risolva in comportamenti dello Stato estero lesivi, appunto, di quei valori universali di rispetto della dignità umana che trascendono gli interessi delle singole comunità statuali (cfr., sul punto, Sez. un. n. 5044/2004, in fattispecie di domanda risarcitoria di danni connessi a crimini di guerra imputabili allo Stato estero convenuto in giudizio da cittadino italiano innanzi al giudice nazionale).
3. Nel caso in esame, il carattere "relativo" della immunità dalla giurisdizione civile dello Stato straniero, per il profilo della sua inestensibilità agli atti "iure gestionis" viene, appunto, invocato dal ricorrente, a fondamento della propria istanza di affermazione della giurisdizione italiana nei confronti della Repubblica Argentina, in relazione al giudizio a quo.
E ciò sul rilievo che "l'attività svolta da quello Stato, attraverso la collocazione sul mercato borsistico internazionale di titoli del Debito Pubblico che dovevano essere onorati senza ritardo alle rispettive scadenze, costituisca "attività economica di mero diritto privato, equiparabile a quella svolta da un qualunque altro soggetto debitore che emetta obbligazioni a fronte di prestiti e finanziamenti ricevuti dagli investitori, che non consente, come tale, allo Stato straniero di sottrarsi alla potestà dello Stato ospitante, non potendosi quella stessa attività configurasi come manifestazione di un potere sovrano, ostativo all'esercizio di un sindacato giurisdizionale".
4. Questa prospettazione difensiva, pur muovendo da esatte premesse, non può essere, però, condivisa nella sua conclusione.
- Ciò perché, mentre natura innegabilmente privatistica hanno gli atti di emissione e di collocazione sul mercato internazionale delle obbligazioni di che trattasi, non analoga natura paritetica hanno i successivi provvedimenti di moratoria, adottati dal Governo argentino, ai quali, del resto, lo stesso ricorrente sostanzialmente pretende di ricollegare la perdita del beneficio del termine ex art. 1186 c.c. ed il conseguente inadempimento di quello Stato.
4.1. Il riferimento va, in particolare, a:
- la legge n. 25.561 del 6 gennaio 2002 (in Boletin Official del 7.1.2002 n. 19810) che ha dichiarato "l'emergenza pubblica in materia sociale, economica, finanziaria e cambiaria, in conformità a quanto disposto dall'art. 76 della Costituzione nazionale, delegando il Governo a procedere al riordinamento del sistema finanziario ...";
- la l. n. 25.565 in pari data (Bol. Off. n. 29863/02) che ha autorizzato il Ministro dell'Economia a compiere ogni atto necessario al fine di "adeguare i servizi del debito pubblico alle possibilità di pagamento del Governo nazionale ...";
- la Risoluzione n. 73 del 25 aprile 2002 (Bol. Off. n. 29888/02) che, al fine di "un ordinato processo di riprogrammazione di alcune obbligazioni e di rimborso del debito del Governo nazionale" ha disposto "il differimento, nella misura necessaria al funzionamento dello Stato nazionale, dei pagamenti dei servizi del debito pubblico del Governo nazionale fino al 31 dicembre 2002 ovvero sino a che si completi il rifinanziamento dello stesso, qualora ciò accada prima di questa data";
- le leggi n. 25.725 e n. 25.820 del 2003 (ivi nn. 30065 e 30291/03) di proroga della delega al Governo, rispettivamente, fino al 31 dicembre 2003 ed al 31 dicembre 2004;
- la legge, infine, n. 25.827 del 2003 (Boll. Off. n. 30302/03) con la quale il Parlamento ha ulteriormente disposto "il differimento dei pagamenti dei servizi del debito pubblico del Governo nazionale, contratto prima del 31 dicembre 2001 o in virtù di norme dettate prima di tale data, fino a che il Governo nazionale dichiari la conclusione del processo di ristrutturazione dello stesso".
4.2. Tali provvedimenti - incidenti sul momento funzionale del rapporto obbligatorio tra le parti, con un effetto che sarebbe assurdo ritenere limitato ai soli interessi (come deduce parte ricorrente) e che invece, in relazione alla finalità perseguita, deve considerarsi esteso anche alla sorte capitale - manifestano, evidentemente, la potestà sovrana dello Stato.
E ciò sia per la loro natura di leggi di bilancio [quali la nostra Costituzione sottrae anche a referendum abrogativo], sia, soprattutto, per le già sottolineate finalità, eminentemente pubbliche, perseguite, di governo della finanza in funzione della tutela di bisogni primari di sopravvivenza economica della popolazione in un contesto storico di grave emergenza nazionale.
4.3. Né rileva in contrario il fatto che dette leggi incidano su diritti patrimoniali di cittadini stranieri, poiché ciò non vale certamente a configurare quella deroga eccezionale alla immunità che, come sopra detto, è prospettabile solo in presenza di atti di esercizio della sovranità che si presentino lesivi di "valori universali della dignità umana". Valori, con i quali le leggi della Repubblica Argentina, sù riferite, non si pongono evidentemente in conflitto, ma che tendono, anzi, a salvaguardare.
4.4. Su questa linea, con affermazione incidentale che leggesi nella sentenza n. 329 del 1992, la Corte costituzionale ha già, del resto, mostrato a sua volta di ritenere che rientrino nella sfera dei poteri sovrani e di governo dello Stato i provvedimenti di moratoria del debito estero ed il piano successivamente predisposto di ripianamento delle obbligazioni contratte.
5. La preminenza assoluta degli interessi della collettività organizzata a Stato, che con i provvedimenti indicati si è esteso tutelare, esclude, pertanto, la valutabilità degli stessi sotto il profilo della eventuale violazione del regime giuridico di atti negoziali posti in essere "iure privatorum".
Il che, appunto, comporta il riconoscimento della immunità dalla giurisdizione della Repubblica Argentina, in relazione alle pretese nei suoi confronti azionate dal Borri nel giudizio a quo.
Confermandosi, così, per tal profilo, il principio, già enunciato con la sentenza n. 33l/1999 di questa Corte, per cui l'immunità ricorre anche nel caso di pretese a contenuto patrimoniale, sempre che il riconoscimento delle stesse richieda apprezzamenti ed indagini sull'esercizio dei poteri pubblicistici dello Stato o ente straniero.
Il quesito sulla giurisdizione va, quindi, risolto con declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice italiano nella presente controversia (Il che, evidentemente, non esclude che per le sottostanti pretese esistano altre forme di tutela, anche giurisdizionali, compatibili con la immunità dello Stato qui resistente: v. art. 22 Accordo Quadro sopra cit.).
6. La natura della lite induce a compensare tra le parti le spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni unite, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano nella presente controversia e compensa le spese dell'intero giudizio.
Roma, 21 aprile 2005
Il Presidente

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