il diritto commerciale d’oggi
    IV.6 – giugno 2005

STUDÎ & COMMENTI

 

GIUSEPPE NICCOLINI
Postuma ricostituzione (extrassembleare) del capitale perduto:
la società non è più sciolta?  *

 

   1.
   Recentemente il Tribunale di Avezzano è stato chiamato ad applicare le nuove disposizioni in materia di scioglimento e liquidazione delle società di capitali con riferimento a una particolare fattispecie. La decisione merita segnalazione ed offre lo spunto per una breve riflessione sulla portata del regime della pubblicità delle cause di scioglimento delle società di capitali nel riformato assetto del nostro ordinamento societario.
   Questo il caso. Una società di capitali – si tratta di una società a responsabilità limitata, con il “classico” capitale di ammontare pari al minimo di legge, cui partecipano in eguale misura due soci, marito e moglie (fra i quali è in corso una litigiosa separazione) – registra perdite d’esercizio di entità superiore a quella del capitale. L’amministratore – che è uno dei soci – indice un’assemblea straordinaria per la copertura delle perdite e la ricostituzione del capitale. L’assemblea si riunisce, ma (come detto, vi è bilanciamento di voti, e i due soci non vanno d’accordo) non assume alcuna deliberazione: la proposta dell’amministratore, di azzerare e ricostituire il capitale, non viene approvata. Subito dopo la chiusura dell’assemblea, il socio-amministratore opera, in favore della società, un versamento a fondo perduto di una somma tale da ripianare interamente le perdite, e ne dà notizia all’altro socio (precisandogli che in ragione di tale suo versamento fuori del capitale le quote sociali rimarranno invariate). Quest’ultimo si rivolge al Tribunale chiedendogli – a norma dell’art. 2485, 2° co., cod. civ. – di accertare che la società si è sciolta.
   La decisione del Tribunale (1) è nel senso di non concedere il provvedimento richiesto. Nel motivare il loro verdetto, i Giudici abruzzesi muovono dalla premessa che nel riformato assetto del nostro ordinamento societario vi è «una netta separazione tra il verificarsi della causa di scioglimento e la determinazione del momento in cui ha effetto» lo scioglimento della società. Lo spontaneo versamento del socio-amministratore – prosegue il Tribunale – «rimuove il presupposto stesso della riduzione obbligatoria, ossia la perdita nella misura normativamente prevista, e fa venire meno la necessità di ricorrere alla misura dell’art. 2482-ter cod. civ.: si tratta, infatti, di un’operazione avente lo stesso contenuto economico a cui si perverrebbe al termine del procedimento formale di riduzione e reintegra del capitale, senza che restino in alcun modo menomate le esigenze di correttezza, trasparenza e conoscibilità del mercato delle società». Richiamato l’orientamento giurisprudenziale che ha riconosciuto il versamento spontaneo dei soci idoneo a rimuovere il presupposto della riduzione obbligatoria del capitale (2), e rilevato che non v’è, dopo la novella societaria del 2003, motivo per disattendere tale indirizzo, il Tribunale di Avezzano osserva che da un versamento spontaneo e a fondo perduto da parte di un socio, atto a eliminare la perdita d’esercizio erosiva del capitale sociale, «alcun pregiudizio subiscono la società, i creditori sociali o i terzi», come non ne patisce il socio dissenziente, la cui quota di partecipazione rimane intatta: sicché – conclude la Corte – «il predetto versamento è idoneo a porre rimedio alla riduzione del capitale al di sotto del minimo sociale ed a far venire meno la causa di scioglimento di cui all’art. 2484, 1° co., n. 4, cod. civ.», causa che il tribunale deve solamente accertare e che al momento della pronuncia del decreto più non sussiste.

    2.
   La pronuncia è stata commentata con favore (3): correttamente – si è scritto – i Giudici del capoluogo marsicano hanno riconosciuto che il versamento operato dal socio era capace di disinnescare l’intervenuta causa risolutiva della società: il versamento, di entità tale da assorbire interamente la perdita, era infatti intervenuto prima «dell’inizio dell’efficacia generale del fatto risolutivo, di cui si chiedeva l’accertamento, circostanza essenziale per riconoscerne l’idoneità a neutralizzare la causa di scioglimento».
   Altro – si è soggiunto – avrebbe dovuto dirsi se il versamento avesse avuto luogo dopo l’iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione di scioglimento ad opera dall’amministratore o del provvedimento, sostitutivo di tale dichiarazione, del tribunale: il versamento in tal caso «non avrebbe impedito l’inizio della liquidazione, ma avrebbe potuto solo essere utilizzato come fatto giustificativo della revoca di essa da parte dell’assemblea».

   3.
   A me sembra – e spero che nella valutazione del caso non sia la toga di avvocato a farmi velo – che la decisione non sia da condividere.
   a) Mi pare di poter anzitutto osservare che nello scrutinio del problema avrebbe dovuto rimanere estranea la questione della legittimità di un ripianamento della perdita d’esercizio offensiva dell’integrità del capitale attuato attraverso un versamento a fondo perduto e dunque senza operare sul nominale.
Benché siano state al riguardo avanzate riserve e perplessità (4), tratte dalla notazione che un versamento a fondo perduto si risolve in un attentato a quel compito segnaletico (delle sorti dell’impresa sociale) che va riconosciuto al capitale ed al collegato sistema disciplinare che ne impone la riduzione (appunto per ciò ineluttabile) in presenza di perdite significative derivate dall’attività economica svolta o di qualunque perdita conseguente a vicende corporative, giurisprudenza (5) e dottrina (6) sono da tempo favorevoli ad ammettere siffatta tecnica di ripianamento così come quelle altre (per esempio la rinunzia da parte di un socio a un suo credito verso la società (7), l’accollo liberatorio di uno o più debiti sociali da parte di un socio (8), i versamenti già effettuati in conto futuro aumento di capitale) (9) che analogamente vedono i soci elidere la perdita attraverso una ripatrimonializzazione della società senza intervenire, con un’operazione di riduzione accompagnata da una di aumento, sull’entità del capitale.
   Nel caso in esame altro ordine di questione si sarebbe potuto su questo terreno porre, e su di esso il Tribunale avrebbe semmai dovuto soffermare l’attenzione: se cioè fosse dato ammettere (e riconoscere valore salvifico a) un versamento attuato da uno dei due soci, senza il consenso dell’altro, dopo che l’assemblea indetta ai sensi dell’art. 2482-ter cod. civ. si era – infruttuosamente – tenuta.
   b) Si condivida la tesi che vuole la deliberazione ripristinatoria del capitale minimo operare in guisa di evento risolutivo, con effetto ex tunc, della già integratasi causa di scioglimento (10), ovvero si ritenga di preferirle la costruzione per cui la causa di scioglimento resta sospensivamente condizionata ad un interpello dei soci (o meglio: alla mancata adozione, da parte dei soci, di un provvedimento idoneo a ripristinare il capitale minimo e/o a disporre una trasformazione regressiva della società, tale da condurla a un tipo sociale per il quale non c’è bisogno di un capitale minimo o per il quale il capitale esistente è sufficiente) (11), rimane comunque che la consultazione dei soci si configura come il momento entro il quale, e non oltre il quale, si può porre rimedio alla situazione di irregolarità in cui la società è venuta a trovarsi e che ne genera, ove non contrastata, lo scioglimento.
   Ammettere un ripristino del capitale sociale minimo anche dopo che l’assemblea, all’uopo convocata, non vi abbia, per i contrasti insorti fra i soci, provveduto (e per di più ammettere che ciò possa avvenire in forza di un versamento operato da uno solo dei soci), significa non solo svalutare il rilievo che in caso di perdite di capitale il sistema del codice annette all’intervento dell’assemblea , ma anche negare che vi sia un limite temporale, segnato appunto dall’assemblea indetta per l’adozione di provvedimenti salvifici, oltre il quale non è più dato (né constatare che la perdita si è riassorbita in grazia del versamento sovventivo dei soci (13), né) intervenire a impedire la liquidazione.
   Una diversa soluzione finirebbe, a ben vedere, per sovvertire il sistema della legge. Così come si riscontra in altre analoghe situazioni (il venir meno della pluralità dei soci nelle società semplice e in nome collettivo di cui all’art. 2272, n. 4, cod. civ., ovvero di tutti gli accomandanti o di tutti gli accomandatari nell’accomandita semplice di cui all’art. 2323, 1° co., cod. civ.; la cessazione dall’ufficio di tutti i soci amministratori nell’accomandita per azioni di cui all’art. 2458 cod. civ.), l’ordinamento tollera che una società per azioni o a responsabilità limitata, nel sopravvenire della situazione di irregolarità consistente nella perdita del capitale minimo, si mantenga nondimeno in vita se i soci si mostrano in grado di contrastare quella perdita o di voler proseguire l’attività adottando un diverso modello di esercizio collettivo dell’impresa. Ma lo consente in via d’eccezione, soltanto per il tempo occorrente per l’adozione dell’imposto provvedimento di ripristino: tempo che, sebbene non specificato (14), trova nell’obbligo di convocazione «senza indugio», a sua volta indicativo di una disciplina ispirata a rigore (15), un parametro di riferimento significativo. Interpellati che siano al riguardo i soci (16), la mancata adozione di una deliberazione capace di contrastare l’evento dissolutivo – e tanto più quando, generata da un dissidio fra i soci, non lasci intravedere nel prossimo futuro un possibile recupero della situazione di legalità – cristallizza la situazione e non può che attualizzare lo scioglimento della società (17).
   c) Mi sembra si debba dunque dire che la decisione dei Giudici ha sopravvalutato il ruolo della pubblicità della causa dissolutiva.
   L’adempimento pubblicitario previsto dall’art. 2484, 3° co., cod. civ., quand’anche non si aderisse all’autorevole pensiero (18) che gli contesta possedere quell’efficacia costitutiva che il legislatore del 2003 proclamava di volergli annettere (19), quanto meno non ne avrebbe «per tutti», ma solo nei confronti dei terzi (20): lo dimostra il fatto che l’attualizzarsi di un’ipotesi dissolutiva obbliga gli amministratori a conformare ad essa l’azione gestoria (art. 2486 cod. civ.), ed a conformarvisi illico et immediate, senza cioè dovere, né potere, attendere che lo scioglimento sia proclamato nella pubblicità commerciale (come del resto appare del tutto logico, giacché diversamente gli amministratori finirebbero con l’essere arbitri dello scioglimento, o per meglio dire dei suoi effetti) (21); lo conferma la circostanza che una volta verificatasi una causa di scioglimento scatta sùbito («senza indugio», prescrive l’art. 2485, 1° co., cod. civ.) per gli amministratori l’obbligo di accertarla e di darle pubblicità (e già un «ritardo» li rende personalmente e solidalmente responsabili per i danni subiti dalla società, dai soci, dai creditori sociali e dai terzi), mentre ogni socio può – e i sindaci devono – reagire alla loro inerzia rivolgendosi al magistrato (art. 2485, 2° co., cod. civ.).
   Dire che, sebbene si sia verificato un fatto che determina lo scioglimento della società, questo fatto non assume alcun rilievo (non solo, come sembra fuor di dubbio, vis-à-vis dei terzi (23), ma nemmeno) nei rapporti interni prima che il suo inverarsi sia reso pubblico, significa operare una sopravvalutazione del regime pubblicitario della vicenda estintiva, tale che alla causa di scioglimento già attualizzatasi si può (ancora) porre rimedio senza passare, come invece sarebbe a dirsi se la causa di scioglimento già avesse preso effetto, attraverso una revoca della liquidazione.
   Il che è tutt’altro che privo di rilevanza, anche nei soli rapporti interni. Va ricordato che con la riforma del 2003 la revoca della liquidazione è stata disciplinata, nel senso di ammetterla (ovviamente a condizione che la causa di scioglimento sia disponibile dai soci e sia contestualmente alla revoca rimossa o comunque risulti a quel momento non più attuale) in forza di una decisione assembleare, da adottare con i quorum necessari per le modifiche statutarie, con il duplice temperamento del diritto d’opposizione dei creditori sociali (art. 2487-ter cod. civ.) e del diritto di recesso dei soci dissenzienti (artt. 2437, 1° co., lett. d, e 2473, 1° co., cod. civ.) (23). Ebbene: se un’operazione che incida, rimuovendola, su una causa di scioglimento già verificatasi ma non ancora resa pubblica con l’iscrizione nel registro delle imprese potrebbe ritenersi priva di rilievo sul piano metasocietario (e dunque non prendere risalto agli occhi dei terzi e non attribuire ai creditori sociali il diritto di opporvisi), non altrettanto dovrebbe dirsi sul piano endocorporativo: nel senso che una siffatta operazione necessariamente dovrebbe essere disposta (o, nel caso di versamenti spontanei atti a ripianare la perdita erosiva del capitale minimo, dovrebbe essere fatta propria) dall’assemblea, con una deliberazione che, seppure adottata con le stesse maggioranze occorrenti per le modifiche statutarie, e pertanto con quorum non diversi da quelli occorrenti per contrastare tempestivamente la causa di scioglimento consistente nella perdita del capitale ex artt. 2447 e 2482-ter cod. civ., vede al socio dissenziente attribuito il diritto di recedere.

* Il presente articolo è destinato agli Studi in onore di Vincenzo Buonocore, in corso di pubblicazione per i tipi della Giuffrè.

NOTE

   (1) Trib. Avezzano (Pres. G. NOVELLI, Est. E. DE GREGORIO), decreto 10 novembre - 12 dicembre 2004, reso in causa Cerbini c. Fabi s.r.l.

   (2) Il provvedimento fa richiamo alle decisioni di App. Roma, 21 settembre 1999, in CED, pd. 228799 e di App. Genova, 12 dicembre 2002 [rectius: Trib. Genova, 12 febbraio 2002], in Società, 2003, pag. 616.

   (3) V. SALAFIA, Inesistenza della causa di scioglimento relativa a perdita del capitale, la cui pubblicazione è preannunziata in Società, 2005.

   (4) Cfr. P. SPADA, Reintegrazione del capitale reale senza operare sul nominale, in Giur. comm., 1978, I, pag. 36-37; in giurisprudenza si veda Trib. Roma, 14 luglio 1998, in Riv. dir. comm., 1999, II, pag. 135 ed in Società, 1999, pag. 338, con nota critica di G.E. COLOMBO, Pretesa inammissibilità di copertura di perdite senza «operare sul capitale».
   Di recente, per l’ammissibilità di versamenti sovventivi anche in caso di copertura delle perdite si veda G. FERRI jr, Investimento e conferimento, Milano, 2001, pag. 534, nota 62.

(5) Cfr. App. Roma, 21 gennaio 1999, in Giur. it., 1999, pag. 1239, con nota di S. LUONI, Brevi note in tema di riduzione del capitale per perdite (anche alla luce dell’introduzione dell’euro) e Trib. Genova, 12 febbraio 2002, in Società, 2003, pag. 616, con nota di M.T. BRODASCA, Copertura di perdite tramite versamenti in conto capitale ed in Vita not., 2003, pag. 906.
   Sui connessi profili fiscali cfr. ex multis Commiss. trib. centrale, 25 febbraio 1993, n. 1084, in Foro it., Rep. 1996, voce Registro (imposta di), n. 159 (ed in Riv. legisl. fisc., 1996, pag. 345); Commiss. trib. II grado Roma, 14 febbraio 1995, in Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 126 (ed in Fisco, 1995, pag. 11281); Commiss. trib. II grado Firenze, 5 ottobre 1995, in Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 151 (ed in Toscana giur., 1996, pag. 403); Commiss. trib. prov. Parma, 10 gennaio 1997, in Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 195 (ed in Comm. trib., 1997, I, pag. 54); Commiss. trib. centrale, 17 giugno 1997, n. 3344, in Foro it., Rep. 1997, voce cit., n. 189 (ed in Comm. trib., 1997, I, pag. 472); Commiss. trib. centrale, 3 dicembre 1997, n. 6014, in Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 162 (ed in Comm. trib., 1998, I, pag. 19); Commiss. trib. reg. Veneto, 11 marzo 1999, in Foro it., Rep. 2000, voce cit., n. 130 (ed in Fisco, 2000, pag. 11178); Cass., 7 settembre 1999, n. 9470, in Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 156 (ed in Corriere trib., 1999, pag. 3325, con nota di F. FERRARA e R. FANELLI, Conferimento per il ripristino del capitale deliberato dall’assemblea); Cass., 28 gennaio 2000, n. 989, in Foro it., 2000, voce cit., n. 126 (ed in Giur. imp., 2000, pag. 349); Commiss. trib. reg. Toscana, 6 dicembre 2000, in Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 140. Per una particolare fattispecie Cass., 3 luglio 2003, n. 131, in Foro it., Rep. 2003, voce cit., n. 119.

   (6) Si vedano, ex multis, D. CENNI, I «versamenti fuori capitale» dei soci e la tutela dei creditori sociali, in Contratto e impresa, 1995, pag. 1110 ss., spec. pag. 1152-1155 (la quale peraltro ritiene necessario, in caso di versamento a fondo perduto in presenza di perdite erosive del minimo di capitale, un pronunciamento dell’assemblea); A. NIUTTA, Il finanziamento intragruppo, Milano, 2000, pag. 157 ss.; R. NOBILI e M.S. SPOLIDORO,    La riduzione di capitale, nel Trattato delle s.p.a. diretto a G.E. Colombo e G.B. Portale, vol. 6, tomo I, Torino, 1993, pag. 293 ss. e pag. 391 ss.
   Per una conferma di tale orientamento dopo la riforma Vietti cfr. F. CORSI, Diritto dell’impresa, 2ª ediz., Milano, 2003, pag. 310; F. DI SABATO, Diritto delle società, Milano, 2003, pag. 400-401; G. GRIPPO e A. CERRAI, in V. ALLEGRI e Altri, Diritto commerciale, 4ª ediz., Bologna, 2004, pag. 258 C. PASQUARIELLO, sub art. 2484, ne Il nuovo diritto delle società a cura di A. Maffei Alberti, Padova, 2005, vol. III, pag. 2153.

   (7) App. Firenze, 27 ottobre 1999, in Riv. not., 2000, pag. 471; App. Potenza, 29 gennaio 1999, in Riv. not., 1999, pag. 747; Trib. Trieste, 8 giugno 1994, in Notariato, 1995, pag. 45; V. SALAFIA, Remissione di debiti sociali e perdita del capitale, in Società, 1999, pag. 32.
   Contra peraltro Trib. Vicenza, 24 giugno 1993, in Nuova giur. civ. comm., 1994, I, pag. 421, con nota di C.A. BUSI, Azzeramento del capitale per perdite e ricostituzione dello stesso da parte di un socio, mediante rinuncia al proprio credito verso la società. Si veda anche quanto al riguardo osserva M. RAGNO, Versamenti in conto capitale, versamenti in conto futuro aumento di capitale e prestiti subordinati effettuati dai soci di società di capitali, in Giur. comm., 2000, I, pag. 769, nota 19: la rinuncia da parte dei soci a propri crediti non sarebbe idonea a coprire la perdita d’esercizio, poiché la rimessione del debito dev’essere considerata contabilmente (anche se non fiscalmente) una sopravvenienza attiva e come tale concorre a determinare il risultato dell’esercizio in cui è resa quale componente positivo iscritto nel conto economico; di conseguenza o i soci, consapevoli delle perdite che vanno accumulandosi, rinunciano ai loro crediti prima della chiusura dell’esercizio, oppure perdono la possibilità di coprire le perdite attraverso la rimessione del debito (se la rinuncia interviene dopo la fine dell’esercizio gli effetti positivi di essa si manifesteranno esclusivamente sul conto economico dell’esercizio successivo).
   Sulla copertura della perdita mediante la rinunzia al credito da parte degli obbligazionisti cfr. App. Firenze, 13 agosto 1993, in Società, 1994, pag. 615, con nota di V. SALAFIA, Copertura di perdite con prestito obbligazionario convertibile (v. anche Cass., 8 ottobre 2001, n. 12332, in Giust. civ., 2001, I, pag. 680 ed in Giur. it., 2002, pag. 1740).

   (8) F. DI SABATO, Diritto, cit., pag. 400-401.

   (9) E si veda ora sul punto F. GUERRERA, sub artt. 2446-2447, in Società di capitali. Commentario a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004, vol. II, pag. 1205.
   Nel senso della utilizzabilità dei versamenti dei soci in conto di un futuro aumento di capitale, dei quali non sia certo il collegamento causale con un futuro e ben determinato aumento, a copertura delle perdite, in coerenza con la loro essenziale e primaria funzione di riserve, e cioè di strumenti di protezione del capitale sociale, cfr. Trib. Roma, 17 marzo 2000, in Foro it., 2001, I, col. 748, ed in Dir. fallim., 2000, II, pag. 1034, con nota di F. BUONOMENNA, Destinazione dei versamenti in conto capitale. Ma nel senso che la ricostituzione del capitale mediante utilizzo di versamenti in conto capitale già compiuti dai soci può avvenire solo tramite l’emissione di nuove azioni, cfr. Trib. Firenze, 3 gennaio 1995, in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, pag. 983, con nota di C.A. BUSI, Azzeramento del capitale per perdite e sua ricostituzione sino all’importo originario mediante utilizzo di versamenti in conto capitale, in assenza di emissione di nuove azioni; e nel senso che la riserva costituita con i versamenti effettuati (nella specie ai sensi dell’art. 4 della legge 30 luglio 1990, n. 218, dal Ministero del tesoro in favore del Banco di Napoli) in conto futuro aumento di capitale non può essere utilizzata per ripianare una perdita ma solo per aumentare il capitale sociale, Trib. Napoli, 25 febbraio 1998, in Foro it., 1999, I, col. 84, con nota di L. NAZZICONE, Principi consolidati sulla riduzione del capitale per perdite, ed in Banca, borsa, tit. cred., 1999, II, pag. 199, con nota di G. OLIVIERI, I versamenti «in conto futuro aumento di capitale» in favore degli Istituti di credito di diritto pubblico tra legge speciale e diritto comune societario.

   (10) Per la tesi della condizione risolutiva, che, con l’avallo del S.C. (cfr. ad esempio Cass., 24 settembre 1970, n. 1698, in Giust. civ., 1970, I, pag. 1519; Cass., 27 maggio 1997, n. 4701, in Dir. fallim., 1998, II, pag. 43, in Fallimento, 1998, pag. 157, con nota di A. PATTI, Natura giuridica della responsabilità del socio unico di società di capitali e in Giur. it., 1998, pag. 508; Cass., 28 giugno 1980, n. 4089, in Dir. fallim., 1980, II, pag. 482), ha trovato consenso soprattutto in giurisprudenza si vedano, ex novis, Trib. Reggio Emilia, 14 agosto 1998, in Giur. merito, 1999, pag. 499 e Trib. Genova, 12 febbraio 2002, cit.

   (11) Per questa lettura – sottesa alla decisione di Cass., 17 settembre 1997, n. 9252, in Società, 1998, pag. 1025, con nota di G. DOMENICHINI, In tema di doveri e responsabilità dei sindaci, in Foro it., 2000, I, col. 243, con nota di L. DELLE VERGINI, Natura dei doveri del collegio sindacale, loro inosservanza, danno e rapporto di causalità ed in Fallimento, 1998, pag. 666, con nota di C. PROTO, Responsabilità e danno nell’azione del curatore contro amministratori e sindaci – cfr. ora V. BUONOCORE, La fine dell’impresa societaria a base capitalistica, nel volume a cura dello stesso V. Buonocore, La riforma del diritto societario. Commento ai d. lgs. n. 5-6 del 17 gennaio 2003, Torino, 2003, pag. 185, e ID., in AA.VV., Manuale di diritto commerciale a cura di V. Buonocore, 5ª ediz., Torino, 2004, pag. 363, che la ritiene più aderente al dettato legislativo e confortata dalla relazione al codice civile; F. GUSSO, sub art. 2484, nel Codice commentato delle nuove società a cura di G. Bonfante, D. Corapi, G. Marziale, R. Rordorf e V. Salafia, Milano, 2004, pag. 1141; L. PINTUS, Lo scioglimento, nel volume a cura di F. Farina, C. Ibba, G. Racugno e A. Serra, La nuova s.r.l. Prime letture e proposte interpretative, Milano, 2004, pag. 444-445; M. VAIRA, sub art. 2484, in Il nuovo diritto societario. Commentario diretto da G. Cottino e G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, 2004, vol. 2, tomo III, pag. 2037-2038. Analogamente, con riguardo all’art. 2458 cod. civ. (la cui formulazione non è diversa da quella dell’art. 2484, 1° co., n. 2 e n. 4, cod. civ.), cfr. G. FERRI jr, sub art. 2457-2458, in Società di capitali. Commentario a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004, vol. III, pag. 1377-1378.
   Si veda anche A. DIMUNDO, in F. ABATE e Altri, Gruppi, trasformazione, fusione e scissione, scioglimento e liquidazione, società estere (artt. 2484 c.c.), in La riforma del diritto societario a cura di G. Lo Cascio, vol. 9, Milano, 2003, pag. 31-32, secondo il quale l’introduzione della regola di cui all’art. 2484, 3° co., cod. civ. ha tolto interesse al dibattito circa il momento in cui la causa di scioglimento in discorso si perfeziona. Analogamente si orienta C. PASQUARIELLO, sub art. 2484, cit., pag. 2154.

   (12) Rilievo che è segnalato sia da quanti ammettono che il versamento spontaneo da parte di un socio di somme sufficienti ad elidere la perdita possa bensì precedere (o avvenire contemporaneamente al) la riunione dei soci ed essere imputato a riserva, ma debba poi essere seguìto (ovvero accompagnato) da una decisione assembleare di utilizzazione di quella riserva a copertura della perdita (C.A. BUSI, Azzeramento e ricostituzione del capitale nelle s.p.a., Padova, 1998; D. CENNI, I «versamenti», cit., spec. pag. 1154; sul punto cfr. M. IRRERA, I «prestiti» dei soci alla società. Ricostruzione del fenomeno e prospettive di qualificazione e disciplina, Padova, 1992, pag. 192-194, e più di recente, per una critica, L. PARRELLA, Versamenti in denaro dei soci e conferimenti nelle società di capitali, Milano, 2000, pag. 124 ss., spec. pag. 131-132, note 97 e 99), sia da quanti sostengono che quando l’ordine del giorno dell’assemblea convocata per i provvedimenti sul capitale inciso da perdite non specifica diversamente le deliberazioni proposte come opportuni provvedimenti, l’assemblea può solo intervenire sul capitale sociale (M. DE ACUTIS, Capitale diminuito di oltre un terzo per perdite e «opportuni provvedimenti», in Vita not., 1995, pag. 574 ss.).

   (13) E si veda quanto osserva A. NIUTTA, Il finanziamento, cit., pag. 164-171, con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 2446, 2° co., cod. civ.: l’assemblea deputata ad approvare il bilancio dell’esercizio in cui è stata riportata a nuovo la perdita di oltre un terzo del capitale costituisce la deadline oltre la quale non è più concesso eliminare la perdita senza operare sul nominale.

   (14) Il che non è poi ipotesi isolata, in più occasioni avendo il legislatore societario preferito non stabilire termini esatti, ma dettare una regola che consenta di annettere rilievo alle specificità dei casi concreti. E non soltanto il legislatore societario si è orientato in questo senso, ma anche – per restare nel codice civile – quello dei contratti: è, ad esempio, «senza ritardo» che venditore e compratore debbono darsi le notizie nei casi di cui, rispettivamente, agli artt. 1515, 2° co., e 1516, 2° co. (come è «senza ritardo» che il venditore deve far vendere la cosa venduta se il compratore non gli paga il prezzo: art. 1515, 1° co.), e che il mandatario deve comunicare al mandante l’avvenuta esecuzione dell’incarico (art. 1712, 1° co.); è «pronto» l’avviso che il conduttore deve dare al locatore delle pretese di terzi (art. 1586) e quello che l’appaltatore deve dare al committente dei difetti della materia da questo fornita (art. 1663), così come «pronta» è la notizia della vendita della cosa affidatagli che il sequestratario deve dare agli interessati (art. 1800); è «immediatamente» che il vettore deve chiedere istruzioni al mittente sia in caso di impedimento o soverchio ritardo nell’inizio o nella continuazione del trasporto (art. 1686, 4° co.) sia in caso di impedimenti alla riconsegna (art. 1690, 1° co.), che l’agente deve avvisare il preponente di non essere in grado di eseguire l’incarico affidatogli (art. 1747), che il depositario deve comunicare al depositante della perdita della detenzione della cosa (art. 1780, 1° co.), ed «immediato» è l’avviso da dare all’assicuratore dei mutamenti che aggravano il rischio (art. 1898, 1° co.); è «appena possibile» che il depositario deve avvisare il depositante che la custodia è esercitata in modo diverso da quello convenuto (art. 1770); dev’essere poi «congruo», nella somministrazione, il preavviso di cui agli artt. 1563, 2° co., 1565 e 1569.
   Tornando al diritto delle società, si può peraltro osservare che è sempre «senza indugio» che occorre intervenire sul capitale (artt. 2357, 4° co., e 2359-ter, 2° co.; 2446, 1° co., e 2447; 2481, 1° co., 2482-bis, 1° co., e 2482-ter, 1° co.); e che un precetto di agire «senza indugio» (che torna a presentarsi negli artt. 2409, 3° co., 2471, 1° co., 2478, 1° co., n. 2, 2409-novies, 6° co., 2409-duodecies, 7° co., 2409-octiesdecies, 4° co., 2484, 1° co. e 2485, 1° co.) non pare – almeno di per sé: cfr. G. NICCOLINI, Interessi pubblici e interessi privati nella estinzione delle società, Milano, 1990, pag. 88, nota 93 – esprimere un ordine meno perentorio di quello che impone di intervenire «senza ritardo» (artt. 2367, 1° co., 2375, 1° co., 2392, 3° co., e 2408, 2° co., che nella “vecchia” formulazione parlava di invece di «immediatamente») o «d’urgenza» (art. 2386, 4° e 5° co.) o «tempestivamente» (artt. 2409-septies e 2436, 2° co.: ma v. anche il «tempestivo» degli artt. 2366, 5° co., e 2479-bis, 1° co.).

   (15) Cfr. B. LIBONATI, Diritto commerciale. Impresa e società, Milano, 2005, pag. 305 nonché pag. 492 e 498; S. PESCATORE, in AA.VV., Manuale di diritto commerciale a cura di V. Buonocore, 5ª ediz., Torino, 2004, pag. 306.

   (16) Diverso dunque il caso di un’assemblea tardivamente indetta dagli amministratori, dove il ritardo della convocazione non inciderebbe sulla possibilità per i soci di adottare a maggioranza uno dei provvedimenti salvifici previsti dalla legge: così – con una soluzione che si è detto conservare validità anche dopo la riforma del 2003: F. PLATANIA, in G. LO CASCIO e Altri, Società per azioni. Obbligazioni, bilancio, recesso, operazioni sul capitale (artt. 2410-2447 c.c.), in La riforma del diritto societario a cura di G. Lo Cascio, vol. 6, Milano, 2003, pag. 560 – Cass., 29 ottobre 1994, n. 8928, in Giust. civ., 1995, I, pag. 1895, con nota (critica sul punto) di A. SCHERMI, Problematiche, e proposte di soluzione, sullo scioglimento di società per azioni per riduzione del capitale al di sotto del minimo legale, in Società, 1995, pag. 359, con nota di S. TAURINI, Perdita rilevante di capitale e convocazione dell’assemblea da parte degli amministratori, in Giur. comm., 1996, II, 32, con nota di J. SODI, I versamenti in conto capitale nella prassi: differenti caratteristiche ed atteggiamento della giurisprudenza, ed in Notariato, 1995, pag. 233, con nota di N. ATLANTE, Versamenti a fondo perduto, finanziamenti soci e cause di scioglimento della società; v. anche App. Napoli, 11 aprile 1984, in Società, 1984, pag. 1231. Ma contra (nel senso che non fosse omologabile la deliberazione assembleare che, dopo un anno dal verificarsi della perdita erosiva del capitale, ne aveva deciso la ricostituzione) Trib. Udine, 14 febbraio 1983, in Dir. fallim., 1983, II, pag. 735 ed in Società, 1983, pag. 1154, e App. Firenze, 21 maggio 1990, in Dir. fallim., 1990, II, pag. 1429, con nota di M. BRONZINI, Finanziamenti e conto capitale nelle società per azioni, nonché (nel senso che la delibera di contrasto della liquidazione «può verificarsi senza alcun limite temporale, in assenza di specifica previsione normativa, fintantoché non venga espressamente convocata l’assemblea per l’eventuale adozione dei provvedimenti di cui all’art. 2447 cod. civ.») Trib. Cagliari, 9 febbraio 1987, in Riv. dir. comm., 1987, II, pag. 553. Cfr. anche, per l’affermazione che il termine fissato dalla delibera assembleare per la ricostituzione del capitale minimo non può essere prorogato da una successiva delibera assembleare, Trib. Torino, 27 febbraio 1994, in Giur. it., 1995, I, 2, col. 46 e, in senso opposto, Trib. Piacenza, 25 maggio 1992, in Società, 1992, pag. 1115).

   (17) Cfr. C.A. BUSI, Azzeramento e ricostituzione, cit., pag. 28. In giurisprudenza cfr. Trib. Cagliari, 9 febbraio 1987, cit.; Trib. Oristano, 13 ottobre 1986, in Dir. fallim., 1987, II, pag. 553 (ove è peraltro edita solo la massima, accompagnata da una nota di V. AMATO, Perdita integrale del capitale sociale, scioglimento della società e diritto alla liquidazione della quota); Trib. Lecce, 18 marzo 1982, in Società, 1982, pag. 674; cfr. anche la motivazione di Cass., 28 giugno 1980, n. 4089, cit., che sottolinea «l’esigenza che la vita della società non rimanga indeterminatamente incerta e subordinata all’indefinita possibilità per l’assemblea di deliberare o meno o di prendere senza determinazione di tempo decisioni (positive) in sostituzione di altra precedente di segno negativo; e che analoga sorte incerta non sia riservata al diritto del socio al passaggio della società alla fase di liquidazione ed all’attribuzione della propria quota; è, cioè, proprio la mancata previsione di un termine nell’art. 2447 cod. civ., che rende irretrattabile la deliberazione negativa di reintegrazione del capitale sociale, consentendo solo il rimedio della revoca, con il consenso di tutti i soci, dello scioglimento» (alla lettura della S.C. presta adesione D.M. SANNINO, Reintegrazione a maggioranza del capitale interamente perduto e rapporti con la revoca della liquidazione, in Dir. e giur., 1996, pag. 640).
   Si vedano altresì R. NOBILI e M.S. SPOLIDORO, La riduzione, cit., pag. 386, i quali, pur ammettendo che non sempre la mancata adozione di un provvedimento salvifico ad opera dell’assemblea rende definitiva la liquidazione (gli amministratori potrebbero riconvocare l’assemblea perché questa assuma una delibera di contrasto della liquidazione, quando vi sia una concreta e ragionevole prospettiva di una siffatta decisione), osservano che tuttavia di norma lo scioglimento dovrà ritenersi definitivo di fronte a ripetute assemblee andate deserte, o a riunioni in cui l’assemblea non riesce a esprimere una maggioranza o si limita a ridurre il capitale senza rinviare espressamente ad una successiva riunione l’eventuale suo aumento o la trasformazione.

   (18) V. BUONOCORE, in AA.VV., Manuale, cit., pag. 364 (e già ID., La fine, cit., pag. 187-188, e poi ID., nelle Istituzioni di diritto commerciale a sua cura, 3ª ediz., Torino, 2003, pag. 269), ad avviso del quale «anche dopo l’entrata in vigore della riforma, sembrerebbe plausibile ripetere quanto è consueto leggere nei più diffusi manuali di diritto commerciale, e cioè che tutte le cause di scioglimento operano di diritto, nel senso che non occorre un accertamento a carattere costitutivo negoziale, come potrebbe essere una deliberazione dei soci, o giudiziale, come potrebbe essere il decreto del tribunale previsto dal comma 2° dell’art. 2485» cod. civ.

   (19) Cfr. il § 12 della relazione illustrativa al d. lgs. 17 gennaio 2003, n. 6 (che può leggersi, tra l’altro, in Riv. soc., 2003, pag. 112 ss. ed in Giur. comm., 2003, supplemento al n. 4, pag. 65 ss.), dalla quale il «per tutti» che segue.

   (20) ASSOCIAZIONE PREITE, Il diritto delle società, a cura di G. Olivieri, G. Presti, F. Vella, Bologna, 2004, pag. 450-451; L. MANDRIOLI, in S. BARTOLOMUCCI, L. MANDRIOLI, M. POLLIO e G. VIOTTI, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, Milano, 2004, pag. 57; L. NAZZICONE, Il controllo giudiziario sulle irregolarità di gestione. Fattispecie e rito dopo la riforma societaria, Milano, 2005, pag. 78-79, nota 72; G. NICCOLINI, sub art. 2484, in Società di capitali. Commentario a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004, vol. III, pag. 1725; L. PINTUS, Lo scioglimento, cit., pag. 454-457; A. PIRAS, in V. ALLEGRI e Altri, Diritto commerciale, 4ª ediz., Bologna, 2004, pag. 328-329; G. SPALTRO, Cause di scioglimento: profili civili e processuali, in Società, 2005, pag. 464; M. VAIRA, sub art. 2484, cit., pag. 2047-2050. Così orientato anche G.F. CAMPOBASSO, La riforma delle società di capitali e delle cooperative, 2ª ediz. a cura di M. Campobasso, Torino, 2004, pag. 182.
   Propendono invece per la natura omninamente costitutiva della pubblicità della deliberazione dell’amministratore (o della pronuncia del tribunale) che accerta l’inverarsi dello scioglimento G. COTTINO e R. WEIGMANN, Le società di persone, in G. COTTINO, M. SARALE e R. WEIGMANN, Società di persone e consorzi, vol. III del Tratt. di dir. comm. diretto da G. Cottino, Padova, 2004, pag. 304; A. DIMUNDO, in F. ABATE e Altri, Gruppi, cit., pag. 31-32 e pag. 45-48; F. GALGANO, Il nuovo diritto societario, nel Tratt. di dir. comm. e di dir. pubb. dell’ec. diretto dallo stesso F. Galgano, vol. XXIX, Padova, 2003, pag. 403 ss.; ID., Diritto commerciale. Le società, 14ª ediz., Bologna, 2004, pag. 418; C. PASQUARIELLO, sub art. 2484, cit., pag. 2167; A. SANTUS e G. DE MARCHI, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali nella riforma del diritto societario, in Riv. not., 2003, pag. 607-610; V. SALAFIA, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali, in Società, 2003, pag. 378. Si veda anche A. BARTALENA, sub art. 2482-ter, in Società di capitali. Commentario a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004, vol. III, pag. 1687.

   (21) Sul punto cfr. F. BONELLI, Gli amministratori di s.p.a. dopo la riforma delle società, Milano, 2004, pag. 168-172, spec. nota 232.

   (22) Circostanza che potrebbe intervenire nel dibattito – che si è ipotizzato potersi riaprire in considerazione del fatto che la novella del 2003 ha legittimato tutti i creditori sociali, e non solo quelli il cui credito è sorto durante la liquidazione, ad opporsi alla revoca della liquidazione – circa la possibilità di riconoscere ai creditori sociali un interesse alla vicenda estintiva della società capace di esprimersi, se non sul terreno dell’avvio della liquidazione, sotto il profilo dell’accertamento dello scioglimento (come invece propone B. LIBONATI, Diritto, cit., pag. 499, il quale non esclude che il creditore sociale possa rivolgersi all’autorità giudiziaria per chiederle, in sede contenziosa, di accertare che la società sua debitrice si è sciolta) o della nomina del liquidatore, su quello della prosecuzione della liquidazione, sotto il profilo della sostituzione e della revoca per giusta causa del liquidatore (così G. NICCOLINI, sub art. 2487-ter, in Società di capitali. Commentario a cura di G. Niccolini e A. Stagno d’Alcontres, Napoli, 2004, vol. III, pag. 1767-1768 e già ID., La disciplina dello scioglimento, della liquidazione e dell’estinzione delle società di capitali, nel volume a cura di S. Ambrosini, La riforma delle società. Profili della nuova disciplina, Torino, 2003, pag. 189-190).

   (23) Su tale nuova normativa si veda, anche per richiami alla previgente disciplina, G. NICCOLINI, sub art. 2487-ter, cit., pag. 1762-1769.

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