1. Premessa
Il Consiglio dei Ministri con decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 (in G.U. n. 62 del 16 marzo 2005 - in vigore dal 17 marzo 2005) “Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” (in seguito anche solo “Decreto”), ha iniziato il percorso di riforma della Legge Fallimentare.
Dal tenore del testo del Decreto in commento si evince chiaramente che l’impatto dell’innovazione legislativa, così com’è, si limita a tematiche specifiche.
Tracciando una generica linea dei temi di riforma introdotti dal Decreto per le procedure concorsuali, ci troviamo di fronte a tre aree di intervento: a) revocatorie fallimentari; b) concordato preventivo; c) accordi di ristrutturazione dei debiti.
Peraltro, vi è una modifica di sistema nell’impianto della legge fallimentare per quanto concerne la rubrica del Titolo III, del regio decreto n. 267 del 1942 alla quale sono aggiunte, in fine, le parole: e degli accordi di ristrutturazione
In realtà, in sede di conversione del Decreto, che, come noto, dovrà avvenire entro 60 giorni dalla sua emanazione, la riforma potrebbe essere ampliata con il procedimento di esdebitazione, attraverso il quale al termine della procedura il debitore a determinate condizioni può ottenere la cancellazione dei debiti residui.
Sempre in sede di conversione, si prospetta l’ampliamento della competenza del nuovo processo in materia societaria ex d. lgs. n. 5/2003 nei confronti del contenzioso fallimentare.
Ad oggi, in ogni caso, le nuove disposizioni del Decreto in tema di revocatorie fallimentari si applicano esclusivamente alle nuove procedure; mentre le disposizioni sul concordato preventivo e sugli accordi di ristrutturazione dei debiti sono applicabili anche a procedure in corso.2. Revocatorie fallimentari
2.1. Art. 67 legge fall.
Le innovazioni introdotte dal Decreto non modificano nella sostanza la struttura dei primi due commi dell’ art. 67 della legge fall. Restano, infatti, immutati gli oneri probatori della scientia decotionis rispettivamente della parte, per gli atti revocabili di cui al 1°, e del curatore, per gli atti revocabili di cui al 2°.
Innovazioni di importante rilievo investono, relativamente al 1° comma n.1):
a) la sostanza del presupposto oggettivo per l’esperibilità dell’azione revocatoria. In tal senso, infatti, si passa da un criterio apprezzabile caso per caso, ovverosia la notevole sproporzione delle prestazioni eseguite o delle obbligazioni assunte dal fallito rispetto a quanto è stato a lui dato o promesso, ad un criterio matematicamente determinabile e cioè la sproporzione di oltre un quarto tra le prestazioni eseguite o delle obbligazioni assunte dal fallito rispetto a quanto è stato a lui dato o promesso;
b) il limite temporale per effettuare la revocatoria degli atti a titolo oneroso, che viene dimezzato; si passa dal periodo di due anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento al periodo di un anno antecedente al fallimento.
Ancora, per le fattispecie di cui all’art. 67, 2° comma, i termini vengono ridotti alla metà, ovverosia entro i sei mesi anteriori la dichiarazione di fallimento.
È stato inoltre inserito, prima dell’ultimo, un nuovo comma, con sette casi di esenzioni rispetto all’esperibilità dell’azione revocatoria:
a) pagamenti nei termini d’uso;
b) rimesse in c/c che non riducano in modo consistente l’esposizione;
c) vendite di immobili ad uso abitativo utilizzati dall’acquirente o parenti;
d) atti posti in essere in esecuzione di un piano idoneo al risanamento;
e) atti posti in essere in esecuzione di concordato preventivo, amministrazione controllata e accordo di ristrutturazione omologato;
f) pagamenti a lavoratori subordinati e autonomi;
g) pagamenti per servizi strumentali alle procedure concorsuali.
Va rilevato che riguardo all’ipotesi sub d. gli atti posti in essere in esecuzione di un piano idoneo al risanamento devono essere, per rimanere in regime di esenzione, attestati ai sensi dell’art. 2501-bis, 4° comma, c.c. Il predetto riferimento normativo rimanda alla relazione degli esperti di cui all’art. 2501-sexies cod. civ.2.2. Art. 70 legge fall.
In totale riforma dell’art. 70 legge fall., il legislatore ha definitivamente estromesso dal nostro ordinamento la disposizione sulla c.d. presunzione muciana, secondo cui gli acquisti a titolo oneroso effettuati dal coniuge nel quinquennio antecedente la dichiarazione di fallimento si presumevano acquistati con il denaro del fallito ed, in assenza di prova contraria il curatore fallimentare era legittimato ad apprendere il possesso di tali beni.
Va osservato come sia stato recepito in sede normativa quello che era, oramai, un orientamento consolidato della giurisprudenza della Suprema Corte, la quale aveva più volte ritenuto implicitamente abrogato l’art. 70 legge fall. a seguito dell’introduzione, operata dal diritto di famiglia di una nuova “rete di principi” espressione di valori costituzionalmente garantiti. In tal senso, la Cassazione parlava di irragionevolezza sopravvenuta della norma, in quanto la presunzione muciana si poneva in contrasto con il principio della pari dignità tra i coniugi, inconciliabile con una presunta sudditanza economica di uno dei due.
Oggi, invece, il nuovo art 70 legge fall. si occupa di un tema di importante rilievo, attesa anche la sua indubbia attualità, qual è quello della revocatoria dei pagamenti effettuati tramite (i) intermediari specializzati, (ii) procedure di compensazione multilaterale o (iii) dalle società previste dall’art. 1 della legge 23 novembre 1939, n. 1966.
La norma chiarisce, al 1° comma, che la revocatoria fallimentare può essere validamente esperita esclusivamente nei confronti del destinatario dei pagamenti e non anche verso gli intermediari. Mente al 2° comma prevede che chi restituisce per la revocatoria quanto ha ricevuto, è ammesso al passivo per il suo credito. Tale previsione, già prevista al successivo art. 71 legge fall., però, non sembra né abrogarlo, né sostituirlo.
In realtà, quello che la norma non chiarisce è il limite temporale di riferimento cui la curatela dovrà assumere per calcolare l’ammontare revocabile.
In alte parole, quello che qui si vuole mettere in evidenza è che non sembra, prima facie, agevole determinare è il momento in cui si considera effettuato il pagamento. Infatti, essendo ricorso il fallito ad intermediari o a procedure di compensazione da che data deve considerarsi effettuato il pagamento e quindi perfezionato il presupposto per esperire l’azione revocatoria? Provando a rispondere in via approssimativa al quesito posto si potrebbe ipotizzare che il pagamento è stato effettuato:
1) dal momento in cui è stato impartito l’ordine da parte del fallito;
2) dal momento in cui il fallito da materialmente il denaro soldi all’intermediario, ovvero questi apporti variazioni contabili ad esempio al conto corrente del fallito;
3) dal momento della messa in lavorazione dell’ordine nei sistemi di compensazione multilaterale;
4) dal momento dell’effettiva percezione del danaro da parte del destinatario dei pagamenti.
Tali ipotesi rappresentano ognuna di esse differenti modi di qualificare il passaggio di denaro da un soggetto ad un altro, ed ognuna di esse ha delle proprio problematiche, ad avvisi di chi scrive, non di scarso rilievo, soprattutto quando il curatore si trovi di fronte ad rilevanti importi revocabili, anche avuto conto degli interessi maturati in capo all’intermediario nel momento in cui lo stesso ha avuto la disponibilità del denaro.
Infatti, nonostante la norma specifichi espressamente che l’azione revocatoria non possa essere esperita verso altri soggetti che non siano i destinatari del pagamento, non appare ragionevole che il fallimento non possa essere risarcito per il mancato godimento di una somma di denaro di cui dovrebbe avere la disponibilità, mentre altri soggetti, oltre a ricevere un compenso per l’attività svolta possono godere dei frutti rivenienti dalla disponibilità del denaro.
Da ultimo, il 3° comma dell’art. 71 legge fall. stabilisce la restituzione da parte del terzo, per la revocatoria degli atti estintivi di rapporti continuativi, di una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo nel periodo sospetto e l’ammontare residuo al momento del fallimento.3. CONCORDATO PREVENTIVO
3.1. Art. 160 legge fall.
Una rilevante modifica avviene con riferimento alle condizioni necessarie per l’ammissione del debitore alla procedura del concordato preventivo. Infatti, le uniche condizioni poste dalla norma riguardano esclusivamente i contenuti del piano di ristrutturazione e soddisfazione dei debiti.
Mentre non rilevano più le condizioni soggettive del fallito quali: 1) l’iscrizione nel registro delle imprese da almeno un biennio o almeno dall’inizio dell’impresa, se questa aveva una minore durata, 2) la regolare tenuta della contabilità per la stessa durata, 3) il non essere stato dichiarato fallito o essere stato ammesso a una procedura di concordato preventivo nei cinque anni precedenti, 4) il non essere stato condannato per bancarotta o per delitto contro il patrimonio, la fede pubblica l’economia pubblica, l’industria o il commercio.
Inoltre non è più richiesto un onere concordatario minimo, diversamente dalla precedente disciplina per la quale doveva essere garantito il 100% di soddisfacimento dei privilegiati e almeno 40% di soddisfacimento dei chirografari.
Sotto altro aspetto, invece, il predetto piano di ristrutturazione può prevedere (i) la cessione di beni o l’attribuzione ai creditori di azioni, quote o strumenti finanziari, (ii) un assuntore, anche costituito da creditori o società destinate ad essere attribuite ai creditori, (iii) la suddivisione dei creditori in classi (in sede di ammissione il tribunale valuta la correttezza circa la formazione delle diverse classi), anche con trattamenti differenziati.3.2. Art. 161 legge fall.
Il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo deve essere presentato, come anche nel vecchio testo, dal debitore, non di meno i sui contenuti sono stati ampliati ed analiticamente indicati, quali:
a) una aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa;
b) uno stato analitico ed estimativo delle attività e l’elenco nominativo dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;
c) l’elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;
d) il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.
Inoltre, il ricorso comprende il piano di ristrutturazione, con la relazione, di cui all’art. 28 legge fall. di un professionista attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.3.3. Art. 177 legge fall.
Per l’approvazione del concordato preventivo è necessario il voto favorevole dei creditori rappresentanti la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Se vi sono diverse classi di creditori, conta il voto favorevole dei creditori rappresentanti la maggioranza dei crediti ammessi al voto in ciascuna classe.
Diversamente, se c’è la maggioranza complessiva dei crediti ammessi e non quella nell’ambito di singole classi, il concordato può essere omologato ugualmente, qualora le classi dissenzienti sono soddisfatte col concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili ai sensi dell’art. 180, 4° comma, legge fall.3.4. Art. 180 legge fall.
Va rilevato che all’interno del nuovo testo dell’articolo in commento non si fa più alcun riferimento al giudice delegato, ma esclusivamente al tribunale.
Infatti, il tribunale fissa un’udienza in camera di consiglio per la comparizione del debitore e del commissario giudiziale, che viene notificata a questi ultimi ed agli eventuali creditori dissenzienti, mentre dispone che il provvedimento venga affisso all’albo del tribunale.
Le parti, così informate, e qualsiasi interessato devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonché l’indicazione dei mezzi istruttori e dei documenti prodotti. Nel medesimo termine il commissario giudiziale deve depositare il proprio motivato parere.
Il tribunale, ai sensi dell’art. 180, 3° comma, nel contraddittorio delle parti assume anche d’ufficio tutte le informazioni e le prove necessarie, ma ha la facoltà di delegare uno dei componenti del collegio per l’espletamento dell’istruttoria.
Qualora siano raggiunte le maggioranze di cui all’all’art 177 legge fall. il decreto è comunicato al debitore e al commissario giudiziale, che provvede a darne notizia ai creditori, ed è pubblicato e affisso a norma dell’art. 17. Mentre, le somme spettanti agli eventuali creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate nei modi stabiliti dal tribunale, che fissa altresì le condizioni e le modalità per lo svincolo.3.5. Art. 181 legge fall.
La procedura di concordato preventivo si chiude con il decreto di omologazione ai sensi dell’art. 180. Quindi, in maniera assai diversa alla precedente previsione per la chiusura del fallimento. Va, infatti, ricordato che la procedura di concordato preventivo si chiudeva, prima del Decreto, con sentenza, attraverso la quale il tribunale doveva dare prova di aver accertato la sussistenza delle condizioni di ammissibilità del concordato e la regolarità della procedura.
Manca, altresì, la norma di cui all’art. 181, 2° comma , legge fall. vecchio testo per la quale in mancanza dei presupposti per l’ammissione al concordato il tribunale doveva dichiarare il fallimento del debitore. Così come manca il rinvio gli ultimi due commi dell’art. 130 legge fall.
Per quanto concerne i tempi previsti per il procedimento, va ricordato che l’omologazione deve intervenire nel termine di sei mesi dalla presentazione del ricorso ai sensi dell’art. 161 legge fall.4. Accordi di ristrutturazione dei debiti
Importante innovazione, come già evidenziato, apportata del Decreto alla legge fallimentare investe il titolo III della stessa. Infatti, questo titolo oltre ad occuparsi del concordato preventivo vede ampliata la sua applicazione anche ai c.d. accordi di ristrutturazione dei debiti (rt. 182-bis legge fall.).
Il debitore, avvalendosi di tale procedura, può proporre un accordo di ristrutturazione dei propri debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti.
L’accordo in questione deve essere presentato unitamente ad una relazione redatta da un esperto sull’attuabilità dell’accordo stesso, con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, oltre la dichiarazione e la documentazione di cui all’art. 161.
L’accordo, pubblicato nel registro delle imprese, acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione nel registro delle imprese, mentre i creditori ed ogni altro interessato possono proporre opposizione entro trenta giorni dalla pubblicazione.
Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato. Ad ogni modo, il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell’art. 183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.