il diritto commerciale d’oggi
    IV.3 – marzo 2005

GIURISPRUDENZA

 

TRIBUNALE DI ANCONA, 21 gennaio 2005 — Bonivento Giudice unico — Freddara c. Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. e Nicoletti
   È inammissibile e improcedibile la domanda restitutoria e/o risarcitoria formulata dall’investitore in titoli argentini avverso la banca negoziatrice, difettando, allo stato, in capo al cliente, un interesse ad agire ex art. 100 cod. proc. civ., stante la presenza di trattative con il Governo di Buenos Aires per la ristrutturazione del debito.

Nota redazionale

 

(Omissis)
Svolgimento del processo – Con atto di citazione notificato in data 11/4/2003 Freddara Luciano, res. te in Ancona, conveniva in giudizio avanti l’intestato Tribunale il Monte dei Paschi di Siena S.p.A. e Nicoletti Paola (Direttore della Filiale dorica della suddetta banca) sulle seguenti letterali richieste:”Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito, “adversis rejectis”, in via principale statuire e dichiarare la piena efficacia e validità delle clausole in garanzia aggiunte e per l’effetto condannare l’Istituto bancario Monte dei Paschi di Siena al pagamento della somma dovuta a titolo di capitale per un importo pari ad Euro 21.037,40 rivalutata degli interessi del 10.25 lordo annuo per il periodo 2000-2003 per un importo di Euro 6.468,95, in adempimento degli obblighi contrattualmente assunti, nonché al risarcimento del danno esistenziale o in altro modo qualificato comunque concretizzatosi nei fatti dedotti in citazione nella misura di Euro 24.000 per un totale di Euro 51.506,35 o di quella somma minore o maggiore ritenuta di giustizia oltre rivalutazione ed interessi dal giorno del fatto al saldo. In via congiunta accertare e dichiarare che l’Istituto bancario Monte dei Paschi di Siena sia ritenuto responsabile in via contrattuale e/o extracontrattuale in solido con la Sig.ra Nicoletti Paola, in violazione dell’obbligo di serbare una condotta fondata sulla correttezza e buona fede e comunque alle norme e regole contenute e prescritte nel regolamento Consob n. 11522/98 per non aver fornito o aver fornito false o inesatte informazioni ovvero per le assicurazioni date sul buon esito dell’investimento dal quale ne è derivata la perdita del capitale per Euro 21.037,40 e per l’effetto condannarli in solido alla restituzione del capitale iniziale maggiorato dell’incremento patrimoniale che l’attore avrebbe in ogni caso percepito dall’acquisto di titoli di stato o titoli Monte dei Paschi oltre al risarcimento del danno esistenziale o in altro modo qualificato comunque concretizzatosi nei fatti dedotti in citazione nella misura di Euro 24.000 o di quella somma minore o maggiore ritenuta di giustizia e concretizzatosi nei fatti dedotti in citazione nella misura di Euro 24.000 o di quella somma minore o maggiore ritenuta di giustizia e quindi per i titoli indicati alla complessiva somma di euro 45.037,40 oltre rivalutazione ed interessi dal giorno del fatto al saldo. Con vittoria di spese, funzioni ed onorari del presente giudizio. Salvo ed impregiudicato ogni altro diritto”.
Istituitosi il contraddittorio processuale, si costituiva in giudizio la convenuta azienda creditizia con comparsa di risposta, instando per il rigetto della pretesa.
Espletata attività istruttoria ex art. 183 5° co. – 184 c.p.c., ormai matura la vertenza per essere decisa sulla base di concorde richiesta dei difensori, all’udienza dell’8/10/2004 i procuratori delle parti precisavano le conclusioni come a verbale; la causa veniva trattenuta in decisione.

Motivi della decisione – Nessuna lesione del contraddittorio processuale nel corso del giudizio in tema di concessione dei termini; l’anticipo d’udienza non ha impedito alla banca convenuta il deposito di memorie difensive su ogni punto della controversia; il diritto di difesa, garantito dall’art. 24 Carta Costituzionale, non è stato leso in alcun modo.
La domanda va dichiarata “ex officio” inammissibile, improponibile, improcedibile per difetto, allo stato, di interesse processuale ad agire concreto ed attuale (ex art. 100 c.p.c.) in relazione all’utilità del provvedimento giurisdizionale risarcitorio (contrattuale ed extracontrattuale aquiliano ex art. 2043 c.c.) invocato nella concreta fattispecie, ciò non sul “quantum debeatur” ma sul “an debeatur”. Non è ancora posta in essere la “condicio actionis” per l’attivazione della pretesa risarcitoria. Il doc. n. 7 di parte convenuta (ultimo nel relativo fascicolo) attiene, oltretutto, a fatto notorio “qui non eget probatione” e reca la data (recentissima) del 5/9/2003; è la fotocopia di un articolo giornalistico attinente ai “bonds” argentini ed alla trattativa “che partirà all’inizio del 2004”, trattativa con il Governo di Buenos Aires per la ristrutturazione del debito contratto con i risparmiatori esteri europei, negoziato dai tempi non brevi, stante l’interconnessione con l’altro negoziato (con il Fondo Monetario Internazionale), sempre in tema di debito estero (in questo caso con gli Stati stranieri), il che significa che soltanto all’esito negativo della trattativa con i risparmiatori privati (con le loro associazioni, costituite a mezzo dell’A.B.I. – Associazione Bancaria Italiana) sarà possibile quantificare eventuali pretese risarcitorie ed esperirle in giudizio, a prescindere dalla loro fondatezza (o meno) ontologica nella competente sede giurisdizionale. Non prima del detto esito. La questione non è indifferente ai fini decisori.
Si parla di recupero del capitale (ciò che comunque preme di più ai singoli risparmiatori, istituzionali e non istituzionali), di un eventuale allungamento del periodo di rimborso, di una riduzione relativa alle cedole degli interessi. Trattasi, evidentemente, di trattativa complessa, legata ad inevitabili tempi tecnici, di pari trattamento da garantire al ceto dei risparmiatori – creditori europei. Sulla “propedeuticità” del negoziato con il F.M.I. si è già detto. L’interesse “ad agendum est condicio actionis” (Cass. 2002/2721; conf. Cass. Sez. Un. 2000) 565; Cass. 92/5321; Cass. 90/9737; Cass. 90/5743).
Sull’attualità del detto interesse v. Cass. 2002/5635; Cass. conf. 98/10062; Cass. 95/4444; Cass. 92/12653; sulla sua concretezza v. anche Cass. 83/4220. In altri termini, allorché non si conosce neppure l’esito delle surriferite trattative, se cioè all’esito delle stesse venga addirittura evitato o quantomeno ridotto il danno effettivo da tracollo del mercato finanziario pubblico obbligazionario (Bonds) della Repubblica argentina, non è ancora utile sollecitare un provvedimento giurisdizionale; ciò, ovviamente, “preclude ogni indagine sul merito” della controversia e prescinde dal suo prevedibile esito (Cass. 2002/3060; conf. Cass. 93/10708; Cass. 93/7319; Cass. 90/11319; Cass. 90/7709). L’assenza di interesse ad agire è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ciò perché costituisce un requisito essenziale ed indefettibile di forma – sostanza per la trattazione della domanda nel merito “stricto sensu”; addirittura, la sua esistenza va accertata dall’adita A.G.O. giudicante anche quando non vi sia contrasto fra le parti sul merito della stessa (Cass. 2002/3330; conf. Cass. 99/5593; Cass. 94/3429; Cass. 87/3670).
Ogni ulteriore questione,”de facto ed de iure”, è assorbita e preclusa dalla rilevata inammissibilità – improcedibilità. L’attivazione del contenzioso è stata, dunque, prematura.
Ricorrono equi motivi, in relazione alla risonanza nazionale ed internazionale della crisi argentina, alle sue ripercussioni (anche psicologiche e traumatiche) sui mercati finanziari e sui singoli risparmiatori privati, per l’integrale compensazione delle spese processuali. (Omissis).

 

Nota

 La sentenza in rassegna rappresenta la prima pronuncia giudiziale edita relativa all’interesse ad agire dell’investitore in titoli obbligazionari argentini; rappresentando altresì la prima sentenza favorevole alle banche in questa tormentata questione. Come noto, nel dicembre del 2001 il Governo argentino ha dichiarato la moratoria del proprio debito e, ad oggi, risultano ancora in essere trattative avviate dall’Argentina con i rappresentanti dei risparmiatori esteri (fra i quali circa 450.000 italiani), tese proprio alla ristrutturazione del debito stesso (id est: circa 79,7 miliardi di dollari di titoli di Stato in default ed oltre 2,1 miliardi di dollari di interessi maturati).
Il Tribunale di Ancona ha rigettato la domanda dell’attore – un “tango bondholder” – ritenendo insussistente, in capo allo stesso, l’interesse ad agire (annoverato, come noto, fra le condizioni dell’azione). In particolare, l’organo giudicante ha evidenziato come l’interesse ad agire debba essere concreto ed attuale e come - nel caso di specie - esso difetti integralmente, attesa la pendenza di “un negoziato dai tempi non brevi”.
Conseguentemente, e prescindendo da ogni indagine sul merito della controversia, il Tribunale ha dichiarato inammissibile, improponibile e improcedibile la domanda, definendo al riguardo “prematura” l’attivazione del contenzioso.
[RB]

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