il diritto commerciale d’oggi
    IV.11 – novembre 2005

GIURISPRUDENZA

 

TRIBUNALE MONZA, 17 ottobre 2005, n. 229/2005 – Pres. Paluchowski – Est. Fontana; BE.MA.FIN. s.p.a.
   Nella nuova disciplina del concordato preventivo, l’esistenza di un piano fattibile di ristrutturazione dei debiti e di soddisfacimento dei creditori costituisce una condizione per l’ammissibilità dell’impresa al concordato, con la conseguenza che, qualora risulti la non fattibilità di tale piano, deve essere dichiarato il fallimento della stessa impresa.

 

(Omissis)
Vista la comunicazione depositata in data 15/10/2005 dal Commissario Giudiziale del Concordato Preventivo la BE.MA.FIN s.r.l. in liquidazione a seguito dell’audizione della società da parte del Tribunale ai sensi dell’art. 173 c. 2 L.F. in data 4/10/2005, della comunicazione della decisione del Tribunale di riservare la decisione a dopo il 15/10/200 e del deposito da parte del liquidatore della “relazione di aggiornamento sulla proposta concordataria” in data 13/10/2005;
rilevato che il legislatore nel riformare profondamente la disciplina del concordato preventivo ha compiuto la scelta di conservare il potere del tribunale di dichiarare il fallimento nel corso della procedura se «risulta che mancano le condizioni prescritte per l’ammissibilità del concordato»;
ritenuto che: - dalla lettura combinata degli artt. 160, 161 e 163 L.F. emerga che, pur risultando superate le precedenti condizioni di ammissibilità del concordato ed in particolare l’idoneità delle garanzie offerte o dei beni ceduti a soddisfare i creditori chirografari nella misura di almeno il quaranta per cento, per l’ammissione alla procedura non è comunque sufficiente la presentazione di un qualunque piano prevedente la ristrutturazione dei debiti e il soddisfacimento dei creditori in una delle molteplici forme indicate nell’art. 160 lettera a)o l’attribuzione delle attività ad un assuntore, occorrendo invece che il piano proposto risulti connotato dalla “fattibilità” che deve risultare attestata, unitamente alla veridicità dei dati aziendali, nella relazione di un professionista;
- in altri termini la previsione nell’art. 161 della relazione del professionista sulla “fattibilità” del piano (rispetto alla quale la veridicità dei dati contabili ha un’evidente valore strumentale), volta ad esimere il tribunale da complesse attività istruttorie in sede di esame della domanda, implica che la proposizione di una piano, individuata nell’art. 160 come condizione per l’ammissione della procedura, debba intendersi come la proposizione di un “piano fattibile”;
- in sede di esame del ricorso l’accertamento della sussistenza della condizione è operata dal tribunale mediante la verifica dei requisiti di completezza e regolarità della documentazione prodotta da valutarsi, per quanto riguarda in particolare la relazione del professionista, sotto il profilo della ricostruibilità dell’iter logico dell’argomentazione che sorregge l’attestazione di fattibilità, per cui il ricorso deve essere dichiarato inammissibile quando la relazione non soddisfa questo requisito;
- se la non fattibilità del piano emerge successivamente a seguito delle verifiche compiute dal commissario (sia che si tratti di non fattibilità originaria
sia che si tratti del venir meno della fattibilità in ragione di circostanze sopravvenute) il Tribunale, su segnalazione del commissario, deve procedere alla convocazione della società in concordato ai sensi dell’art. 173 c.2 per l’eventuale dichiarazione di fallimento;
ritenuto che questa ricostruzione sia l’unica compatibile con la previsione dell’art. 173 comma 2, posto che, se la condizione per l’ammissione fosse identificata anziché nella fattibilità del piano nella sola formale presentazione della relazione del professionista intesa come adempimento procedurale, il potere del tribunale non avrebbe alcuna possibilità di esplicarsi in corso di procedura, risultando l’avvenuto formale deposito della relazione già accertato con il decreto di ammissione al concordato, e non si giustificherebbero nemmeno i persistenti poteri di indagine e controllo del commissario finalizzati a relazionare al collegio ai sensi del 173;
ritenuto d’altro canto che questa ricostruzione sia coerente con la natura essenzialmente negoziale che si è venuta ad attribuire al concordato preventivo, dovendosi in questa prospettiva nettamente distinguere le valutazioni di convenienza nel merito rimesse alle parti dalla verifica in ordine alla “possibilità” di attuazione dell’oggetto dell’accordo che non può essere intesa come valutazione rimessa all’autonomia delle parti, posto che, volendosi richiamare in chiave analogica la disciplina del contratto, l’impossibilità dell’oggetto attiene al piano della validità del contratto;
ritenuto in altri termini che nel contesto di una disciplina volta a valorizzare al massimo la volontà delle parti (sia pur esprimentesi sul lato dei creditori a maggioranza) la funzione di garanzia del tribunale non possa essere ridotta alla verifica dell’avvenuto deposito di un ricorso e di alcuni documenti la cui denominazione risulti corrispondente all’elenco di cui all’art. 161 L.F. ma debba concretizzarsi: a) nella verifica della completezza e regolarità dei documenti sotto il profilo della loro idoneità a svolgere la funzione informativa e dimostrativa che la legge loro attribuisce ai fini dell’ammissione dell’imprenditore alla procedura, b) nell’assicurare che la relazione del commissario giudiziale fornisca ad ogni singolo creditore tutti gli elementi informativi necessari per il compimento pienamente consapevole delle valutazioni demandategli in ordine alla convenienza della soluzione proposta; c) nell’interrompere in qualunque momento la procedura laddove dalle comunicazioni del commissario emergano elementi che dimostrino che il piano proposto non è fattibile e quindi sia venuta meno la condizione di ammissibilità, anche se nel frattempo il concordato sia stato già approvato dai creditori e sia in corso il giudizio di omologa;
rilevato nel merito che: - la Be.Ma.Fin s.p.a. in liquidazione e le controllate IFEM spa in liquidazione, Industria Briantea Giocattoli s.p.a. in liquidazione, C.A.M.A. srl in liquidazione, Micropress s.r.l. in liquidazione, C.A.M.A. srl in liquidazione, TEXTA srl in liquidazione, IBR s.r.l. in liquidazione, Micropress s.r.l. in liquidazione, A.G.B. srl in liquidazione, M Monza srl in liquidazione, Industria Milanese Giochi srl in liquidazione, S.I.P.A. srl in liquidazione, pendente il procedimento per dichiarazione di fallimento, in data 7/7/2005 sono state ammesse alla procedura di concordato preventivo sulla base di un piano, articolato unitariamente a livello di gruppo, prevedente la suddivisione dei creditori di ogni società in classi, l’accettazione da parte degli istituti di credito con diritto di pegno sui marchi BBURAGO e POLISTIL della riduzione del valore della garanzia nel limite complessivo di € 2.000.000 a fronte di un credito garantito ammontante ad € 23.5000.000, il pagamento integrale delle spese prededucibili e dei crediti privilegiati (salvo l’effetto della rinuncia parziale al pegno da parte delle banche) e il pagamento dei credi chirografari (salvi i crediti infragruppo da soddisfarsi solo nella misura necessaria per consentire a ciascuna società del gruppo di dare puntuale e integrale esecuzione al concordato proposto e i crediti nascenti da garanzia rilasciate a favore di altre società del gruppo per i quali non è prevista alcun soddisfacimento) nella misura del 40%;
- nella proposta di concordato era espressamente prevista, quale presupposto di fattibilità, l’acquisizione, entro la data del 23 luglio 2005, di una proposta irrevocabile di acquisto unica per tutte le aziende delle società in concordato, garantita da fideiussione bancaria, dichiarandosi che in mancanza sarebbe stato chiesto il fallimento in proprio;
- era inoltre precisato che in caso di acquisizione di un’offerta per un importo inferiore a quello necessario per la copertura del fabbisogno concordatario le proposte di concordato sarebbero state riformulate;
rilevato che: - nel termine indicato nessuna offerta di acquisto è pervenuta e che successivamente è stata formulata un’offerta di acquisto per € 20.000.000, condizionata tra l’altro all’espressa rinuncia da parte degli istituti di credito interessati al pegno sui marchi per importo eccedente € 2.000.000 entro il termine del 20/9/2005;
- l’adunanza dei creditori, originariamente fissata per il 20/9/2005, è stata successivamente differita al 20/10/2005 per consentire da un canto il completamento delle complesse operazioni peritali, riguardanti sia i marchi che i beni strumentali e il magazzino, e, d’altro canto, l’espletamento da parte del liquidatore di una procedura competitiva volta ad acquisire un’offerta di acquisto pari ad almeno € 21.500.000 entro il 15/10/2005, con successiva gara tra gli offerenti in data 18/10/2005, affinché le valutazioni dei creditori in sede di adunanza potessero basarsi su dei valori certi di realizzo;
rilevato che la proposta di concordato è stata riformulata prevedendosi, con riferimento all’acquisizione di un’offerta di acquisto per almeno € 21.500.000 e sul presupposto dell’accettazione della riduzione del pegno nei termini già indicati da parte degli istituti di credito interessati, il soddisfacimento integrale dei crediti privilegiati oltre al pagamento delle spese prededucibili e il soddisfacimento dei creditori chirografari nella misura del 20%; rilevato che: - gli istituti di credito non hanno depositato la richiesta dichiarazione di rinuncia al pegno per l’importo eccedente € 2.000.000;
- l’offerta per € 20.000.000 è decaduta per espressa dichiarazione dell’offerente;
- nel termine del 15/10/2005 non è stata formulata alcuna offerta di acquisto per € 21.500.000, benché siano state effettuate nella prima settimana di settembre ampie inserzioni sui principali quotidiani nazionali e alcuni dei più importanti operatori a livello mondiale del settore abbiano manifestato interesse per il complesso aziendale posto in vendita ed abbiano eseguito i relativi approfondimenti istruttori anche mediante l’accesso alla data room istituita presso la sede della società;
- è pervenuta unicamente una dichiarazione di disponibilità all’acquisto da parte di uno degli operatori interessati per un importo che, anche nell’ipotesi in cui fosse intervenuta la rinuncia parziale al pegno, non avrebbe consentito l’attuazione del piano proposto e neppure il soddisfacimento dei creditori chirografari in una sia pur minima misura;
ritenuto pertanto che il piano proposto, pur nei termini in cui è stato riformulato con la riduzione della percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari dal 40% al 20%, risulta certamente non fattibile, posto che il piano è fondato sul presupposto della rinuncia da parte degli istituti di credito del pegno, per l’importo eccedente € 2.000.000, sui marchi BBURAGO e POLISTIL (che costituiscono i beni di maggiore valore) che le banche interessate non hanno voluto concedere nonostante l’intensa l’attività in tal senso svolta dal liquidatore e nonostante la fissazione formale di un termine, e sulla vendita del complesso aziendale ad un prezzo di almeno € 21.500.000, che, alla luce dei risultati della procedura competitiva espletata dal liquidatore con modalità tali da raggiungere tutti i potenziali acquirenti a livello nazionale e internazionale e delle concrete manifestazioni d’intenti da parte degli operatori che hanno effettuato l’istruttoria presso la data room o comunque si sono dimostrati interessati, non può sicuramente concretizzarsi;
ritenuto che sussista lo stato d’insolvenza, come dimostrato dal gravissimo squilibrio patrimoniale che rende impossibile il pagamento dei debiti scaduti e come peraltro già espressamente rilevato dal Tribunale nel decreto di ammissione della società alla procedura di concordato con riferimento in particolare all’intervenuta convalida dello sfratto per morosità nei confronti di tutte le società del gruppo e la revoca degli affidamenti da parte degli istituti di credito;
ritenuti pertanto sussistenti i presupposti per la dichiarazione di fallimento;
ritenuto infine che nessuna conseguenza negativa sul piano della conservazione dei valori aziendali deriverà dalla dichiarazione di fallimento, posto che tutte le aziende del gruppo sono oggetto di un contratto di comodato finalizzato a garantire la continuità dell’attività che può proseguire fino al 21 novembre e che nelle more, integrando l’ampia pubblicità informativa già svolta a livello nazionale e internazionale, i contatti già intervenuti tra i principali operatori del settore e i commisari giudiziali e le approfondite istruttorie già svolte dagli interessati presso la data room, si potrà procedere rapidamente alla vendita unitaria dell’intero complesso aziendale sulla base di ordinanze di vendita coordinate pronunciate contestualmente in tutte le procedure fallimentari delle società del c.d. Gruppo B Burago.
(Omissis)

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