il diritto commerciale d’oggi
    IV.10 – ottobre 2005

MATERIALI

 

Conclusioni dell'Avvocato Generale della Corte di Giustizia nella causa n. C-66/02 sugli aiuti di Stato alle banche italiane
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Commento

L’Avvocato generale della Corte di Giustizia Europea (Stix-Hackl) ha presentato l’8 settembre 2005 le sue conclusioni nella causa relativa alla compatibilità delle agevolazioni fiscali concesse alle banche con il regime di aiuti di Stato. Secondo l’Avvocato tali agevolazioni – previste nel nostro ordinamento dalla cd. Legge Ciampi – costituiscono un aiuto di Stato, pertanto le agevolazioni concesse vanno recuperate dai beneficiari finali.
L’ Avvocato generale ha pertanto proposto di respingere il ricorso del Governo italiano contro la decisione presa dalla Commissione Ue nel 2001. Nel ricorso del Governo italiano si legge come uno dei motivi dell’impugnazione che “ le misure controverse sono state ingiustamente qualificate come aiuti di Stato” .
Si ricorda che la legge Ciampi ha, tra l’altro, conferito al governo il potere di introdurre disposizioni fiscali volte ad agevolare la retrocessione alle fondazioni bancarie dei beni d’investimento e degli altri cespiti patrimoniali delle banche non indispensabili al loro oggetto sociale, nonché la ristrutturazione del sistema bancario attraverso fusioni tra banche o analoghe operazioni di ristrutturazione. Tale legge è stata attuata dal decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153 (in prosieguo: il «decreto n. 153 del 1999»), che prevede disposizioni fiscali speciali per determinate operazioni di ristrutturazione e retrocessione.
Come noto, la Commissione europea aveva deciso l'11 dicembre 2001 che le agevolazioni fiscali accordate in Italia alle fusioni bancarie dalla legge Ciampi e dal conseguente decreto 153 del 1999 erano “incompatibili con le norme del trattato Ce relative agli aiuti di Stato”. Ciò premesso la Commissione aveva stabilito che l’Italia doveva “recuperare gli importi” che le banche non avevano versato grazie alle esenzioni fiscali. Le misure in favore delle ristrutturazioni, secondo l'allora Commissario Ue alla Concorrenza - Mario Monti - conferivano infatti un “vantaggio concorrenziale discriminatorio alle banche partecipanti alle operazioni che godono di agevolazioni”. L'Italia, con un ricorso del febbraio 2002, aveva chiesto alla Corte di annullare la decisione della Commissione sostenendo che le norme fiscali dichiarate illegittime dovevano essere considerate come l'ultima fase del processo di riforma del sistema bancario e quindi come parte di una riforma economica della quale deve essere “colta la valenza generale, anche comunitaria”. Nelle conclusioni l’Avvocato osserva tra l'altro che “la concessione delle agevolazioni si può riscontrare in una riduzione dell'imposizione fiscale per le imprese interessate. L'avvocato generale sottolinea come nella decisione impugnata la Commissione abbia, giustamente, definito le misure controverse come “agevolazioni fiscali””. Nel proprio ricorso l’Italia aveva contestato il rilievo della Commissione Ue sulla selettività delle misure prese. Sul punto l'Avvocato generale ha confermato la posizione della Commissione sottolineando che “un vantaggio economico concesso da uno Stato membro assume il carattere di aiuto di Stato solo se si presta a favorire esclusivamente talune imprese o talune produzioni e che, secondo consolidata giurisprudenza, il concetto di aiuto di Stato è più ampio del concetto di sovvenzione. Per misure statali generali, non selettive, devono fondamentalmente intendersi, per esempio, misure che favoriscano in pari misura tutti i soggetti economici operanti nel territorio di uno Stato membro (…) Nel caso in esame si può tuttavia indiscutibilmente constatare che le misure controverse si applicano solo al settore bancario”.

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