il diritto commerciale d’oggi
    IV.10 – ottobre 2005

STUDÎ & COMMENTI

 

MARIA RAFFAELLA SANCILIO
MarKet Abuse: novità in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

 

 

1. Recepimento della Direttiva sull’abuso di mercato
    L’art. 9 della Legge n. 62 del 18 aprile 2005 (Legge Comunitaria 2004), ha disposto il recepimento della Direttiva 2003/6/CE sugli abusi di mercato (market abuse) e delle relative misure di attuazione (1), ha apportato una serie di modifiche al D. Lgs. n. 58/98 (Testo Unico della Finanza - TUF) ed al D. Lgs. 231/2001, relativo alla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Tra i principali interventi al TUF (2) si segnalano l’aggiornamento della disciplina degli emittenti in tema di informativa societaria, l’ampliamento dei poteri di vigilanza e di indagine della CONSOB, la revisione dei reati in tema di abusi di mercato, nonché l’introduzione di nuovi illeciti amministrativi in materia. A quest’ultimo riguardo, la nuova disciplina, oltre a sancire un inasprimento delle pene previste per i suddetti reati, ha stabilito per gli abusi di mercato un sistema fondato sul c.d. “doppio binario”, in base al quale, accanto alle sanzioni penali previste in materia, si aggiungono specifiche sanzioni amministrative di natura pecuniaria, irrogate direttamente dalla CONSOB, per il caso in cui un’identica azione commissiva realizzata, anche colposamente, sia configurabile come illecito amministrativo.
In tema di responsabilità delle persone giuridiche, occorre preliminarmente evidenziare come la normativa in esame ne abbia disposto un’estensione, prevedendo che agli enti risultino applicabili sia gli illeciti penali che gli illeciti amministrativi previsti in materia di abusi di mercato: nel primo caso, l’ente è imputabile, a titolo di responsabilità amministrativa ex D. Lgs. n. 231/2001 (nel quale è stato inserito il nuovo art. 25-sexies rubricato “abusi di mercato”), essendo ora ampliato il novero dei reati-presupposto considerati dal citato Decreto, ricomprendendo anche gli innovati illeciti penali di “abuso di informazione privilegiata” (art. 184 TUF) e di “manipolazione del mercato” (art. 185 TUF); nel secondo caso l’ente risponde, a titolo di responsabilità amministrativa ex art. 187- quinquies TUF, essendo applicabili alle persone giuridiche i nuovi omonimi illeciti amministrativi (“abuso di informazione privilegiata” ex art. 187- bis e “manipolazione del mercato” ex 187-ter TUF), sempre introdotti dalla Legge Comunitaria 2004.
Con riferimento all’ambito di applicazione dei nuovi illeciti penali ed amministrativi di abuso di mercato, occorre precisare che l’art. 182 TUF, dando attuazione a quanto previsto dall’art. 10 della Direttiva market abuse, sancisce la punibilità anche per quelle condotte commesse all’estero, qualora attengano a strumenti finanziari ammessi o per i quali sia stata presentata una richiesta di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano.

2. Responsabilità amministrativa della persona giuridica ex art. 25-sexies D. Lgs. n. 231 del 2001
Il nuovo art. 25-sexies, introdotto dalla Legge Comunitaria 2004 nell’ambito del D. Lgs 231/2001, sancisce, come si è detto, l’applicabilità nei riguardi delle persone giuridiche, a titolo di responsabilità amministrativa, dei novellati illeciti penali di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato di cui agli artt. 184 e 185 TUF.
Si ricorda, al riguardo, che con il D. Lgs 231/2001 (dal titolo “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica”) è stato introdotto nell’ordinamento italiano un regime di responsabilità amministrativa a carico degli enti (3) per alcuni reati commessi, nell'interesse o vantaggio degli stessi, (i) da persone che rivestano funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una loro unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone fisiche che esercitino, anche di fatto, la gestione e il controllo degli enti medesimi, nonché (ii) da persone fisiche sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti sopra indicati.
È stato così introdotto in Italia un complesso ed innovativo sistema preventivo e sanzionatorio, che sancisce un’autonoma forma di responsabilità in capo all’ente, che si aggiunge a quella della persona fisica che ha realizzato materialmente il fatto, per i reati commessi nell’interesse ed a vantaggio dell’ente medesimo, da parte di soggetti funzionalmente legati ad esso.
L’adozione da parte degli enti di modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire gli illeciti in questione può costituire legittima causa di non punibilità.
Come emerge dalla lettura dell’art. 5 del D. Lgs. 231/2001, si fa una distinzione tra i c.d. “soggetti in posizione apicale” ed i c.d. “soggetti in posizione subordinata”: dove i primi sono quelli che rivestono funzioni di gestione e di controllo, nel senso che esercitano un vero e proprio dominio sull’ente, sia dal punto di vista formale sia in rapporto all’esercizio anche di fatto delle funzioni medesime. Nel caso dei soggetti in posizione subordinata, invece, la società è responsabile per culpa in vigilando, qualora la commissione del reato sia stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza.
Si precisa, al riguardo, che tra le due tipologie di soggetti attivi vi sia anche una differenziazione dal punto di vista dell’onere della prova: qualora un reato sia commesso da un vertice, si presume che il vertice esprima e rappresenti la politica della società; è, pertanto, la società a dover dimostrare la sua estraneità al reato medesimo. Diversamente se l’illecito è commesso dai soggetti in posizione subordinata, la mancata adozione o attuazione del modello di organizzazione e gestione da parte della società non è presunta, ma deve essere provata dall’accusa.
L’intento che ha spinto il legislatore ad estendere il regime di responsabilità alle persone giuridiche è quello di coinvolgere nella punizione di taluni illeciti penali, a titolo di responsabilità autonoma e non solidale, gli enti che abbiano tratto vantaggio dalla commissione del reato. Al riguardo si fa presente che l’art. 5 del D. Lgs. 231/2001 prevede come criteri di imputazione per l’ente quelli dell’interesse o del vantaggio: con il primo criterio si deve valutare la sussistenza di un interesse a favore dell’azienda nel compimento dell’atto illecito; con il secondo si deve valutare se il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio per l’azienda. Il criterio dell’interesse sembra comunque prevalere su quello del vantaggio dalla lettura del secondo comma del citato art. 5, secondo il quale l’ente non risponde se il soggetto abbia agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. Infatti la responsabilità a carico dell’ente sorge, non soltanto allorché il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio, patrimoniale o meno, per l’ente medesimo, ma anche nell’ipotesi in cui, pur in assenza di tale concreto risultato, il fatto-reato trovi ragione nell’interesse dell’ente.
Tra le sanzioni (4) previste dal D. Lgs. n. 231/2001 a carico degli enti, le più gravi sono rappresentate da misure interdittive, quali l'interdizione dall'esercizio dell'attività, la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, delle licenze o delle concessioni funzionali alla commissione dell’illecito, il divieto di contrarre con la Pubblica Amministrazione, l'esclusione o revoca di agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, nonché il divieto di pubblicizzare beni e servizi.
Il suddetto Decreto ha introdotto, inoltre, una serie di obblighi a carico delle persone giuridiche, allorquando venga scoperto o comunque prospettato un reato, che coinvolga l’ente; infatti, ai sensi dell’art. 7, comma 3, D. Lgs. 231/2001, la società è tenuta, da un lato a scoprire ed eliminare tempestivamente le situazioni di rischio e dall’altro, ai sensi dell’art. 17, lett. b della medesima normativa, ad eliminare le carenze organizzative mediante l’adozione e l’attuazione di modelli idonei a prevenire i reati della specie di quello verificatosi, laddove non vi abbia già provveduto.
Non tutti i reati previsti dall’ordinamento italiano sono destinati a comportare il suddetto regime di responsabilità amministrativa a carico delle persone giuridiche, ma solo quelli espressamente contemplati nel citato Decreto. Si fa presente, al riguardo, che tale elencazione si è venuta ad ampliare nel corso degli anni. Nel testo originario il D. Lgs 231/2001 faceva riferimento solo ad una serie di reati commessi nei rapporti con la Pubblica Amministrazione (5); successivamente, l’art. 6 della Legge 23 novembre 2001 n. 409, recante “Disposizioni urgenti in vista dell’introduzione dell’euro”, ha inserito nell’ambito del citato Decreto l’art. 25-bis, che mira a punire il reato di “falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo”.
Più di recente, l’art. 3 del Decreto Legislativo 11 aprile 2002 n. 61, in vigore dal 16 aprile 2002, nell’ambito della nuova riforma del diritto societario ha introdotto il nuovo art. 25-ter del Decreto 231/2001, estendendo il regime di responsabilità amministrativa degli enti anche nei confronti dei c.d. reati societari, così come configurati dallo stesso Decreto n. 61/2002 (6).
In seguito, l’art. 3 della legge 14 gennaio 2003, n. 7 ha introdotto l’art. 25-quater, il quale dispone la punibilità delle persone giuridiche per i delitti aventi finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, previsti dal codice penale e dalle leggi speciali; mentre l’art. 25-quinquies, introdotto dall’art. 5 della legge 11 agosto 2003, n. 228, ha esteso la responsabilità amministrativa dell’ente ai reati contro la personalità individuale.
Infine, come si è detto, la Legge Comunitaria 2004 ha inserito nel D.Lgs. 231/2001 il nuovo art. 25–sexies che estende la responsabilità amministrativa degli enti ai novellati reati di abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato. Per comprendere la portata di tali nuove ipotesi di reati applicabili alle persone giuridiche, occorre analizzare nel dettaglio le novità introdotte dalla Legge in commento.
La prima figura di reato, che è stata revisionata dalla Legge Comunitaria 2004, è quella relativa all’abuso di informazioni privilegiate (il c.d. “insider trading”). Tale fattispecie si configura quando chiunque (c.d. “insider primari”), essendo in possesso di informazioni privilegiate, in ragione (i) della sua qualità di membro dell’organo di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente, (ii) della partecipazione al capitale dell’emittente, (iii) dell’esercizio di un’attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica o di un ufficio, ovvero (iv) della preparazione o esecuzione di attività delittuose:
- acquisti, venda o compia operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o di terzi su strumenti finanziari, utilizzando le informazioni medesime;
- comunichi tali informazioni ad altri al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell’ufficio;
- raccomandi o induca altri, sulla base di tali informazioni, al compimento di talune delle operazioni sopra indicate.
La nuova formulazione dell’art. 184 TUF ricalca in sostanza il testo precedentemente in vigore (7) e prevede come principali elementi aggiuntivi:
- l’individuazione dei possibili autori di reato non più solo con riferimento a chi sia in possesso di tali informazioni in ragione “dell’esercizio di una funzione anche pubblica, di una professione o di un ufficio”, ma altresì in ragione della specifica “qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell’emittente”;
- l’estensione dell’ipotesi di reato anche a coloro (c.d. “criminal insider”) che, a seguito di attività delittuose (es.: violazione di sistemi informatici), vengano in possesso di informazioni privilegiate e le utilizzino a scopi speculativi;
- l’incremento delle sanzioni penali previste ora nella reclusione da 1 a 6 anni (mentre nella disciplina previgente era prevista la reclusione fino a 2 anni) e la multa da 20 mila a 3 milioni di euro (mentre nella disciplina previgente era prevista la multa da 10.329 euro a 309.874 euro);
- l’ampliamento della nozione di strumenti finanziari ai fini del reato, includendovi quelli il cui valore dipende dagli strumenti ammessi alla negoziazione o per i quali è stata presentata relativa domanda in un mercato regolamentato italiano o di altro paese dell’Unione.
Inoltre, la nuova disciplina, rispetto alla precedente, non prevede più la punibilità a titolo penale dell’“insider secondario” (ovvero di colui che abbia ottenuto direttamente o indirettamente le informazioni privilegiate dagli insider primari). L’illecito commesso dall’insider secondario può, però, essere punito come illecito amministrativo ex art. 187-bis TUF.
La seconda figura di reato, di cui al nuovo art. 185 del TUF, è quella relativa alla “manipolazione del mercato”, che riprende la fattispecie descritta dall’illecito penale dell’aggiotaggio previsto dall’art. 2637 cod. civ.
Tale ipotesi di reato si configura quando: “Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”.
La nuova disposizione ricalca sostanzialmente lo schema riportato nella disposizione codicistica (che permane comunque nel codice civile per fattispecie concernenti strumenti finanziari non quotati) e presenta come elemento innovativo l’incremento delle sanzioni penali previste ora nella reclusione da 1 a 6 anni (mentre la previgente disciplina prevedeva la reclusione da 1 a 5 anni) e con l’aggiunta di una multa (in precedenza non contemplata) da 20 mila a 5 milioni di euro.
Passando all’applicabilità di tali nuovi reati alle persone giuridiche a titolo di responsabilità amministrativa, il nuovo art. 25-sexies, introdotto dalla Legge Comunitaria 2004 nell’ambito del D. Lgs 231/2001, ha sancito un’autonoma sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote a carico delle società per i suddetti illeciti penali di abuso di informazioni privilegiate e di manipolazione del mercato di cui ai nuovi artt. 184 e 185 TUF. È lasciata al giudice la concreta determinazione del valore della singola quota, in base alle condizioni economico-patrimoniali dell’ente, mentre il numero delle quote è parametrato alla gravità del fatto.
Si precisa, al riguardo, che si applicano alle persone giuridiche, imputabili per i reati di market abuse, esclusivamente le sanzioni pecuniarie e non le sopramenzionate sanzioni interdittive. È previsto, comunque, che la sanzione venga aumentata dal giudice fino a dieci volte il prodotto o profitto derivante dalla commissione del reato, ove tale prodotto o profitto sia di rilevante entità.
È, pertanto, configurabile una responsabilità amministrativa ex D. Lgs. n. 231/2001, qualora un soggetto apicale o un sottoposto a direzione o vigilanza commetta una delle sopraesposte condotte ex artt. 184 e 185 TUF, perseguendo “l’interesse o il vantaggio” dell’ente emittente strumenti finanziari ammessi o per i quali sia stata presentata richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano o di altro paese dell’Unione Europeo.
Come conseguenza di tale novità normativa, occorrerà che gli enti che abbiano già adottato i modelli di organizzazione e gestione (come di seguito illustrati più nel dettaglio), provvedano i) all’identificazione delle principali aree di attività aziendale ritenute più a rischio, nel cui ambito possono essere commessi i citati illeciti, nonché ii) all’aggiornamento dei modelli organizzativi per renderli idonei a prevenire la commissione dei suddetti reati. Le persone giuridiche dovranno, ad esempio, dotarsi di procedure interne per la gestione, diffusione e pubblicazione delle informazioni riservate, così come per l’acquisto o vendita di strumenti finanziari.

3. Responsabilità amministrativa della persona giuridica dipendente da illecito amministrativo, ex art. 187-quinquies TUF
Il nuovo art. 187-quinquies TUF prevede una specifica responsabilità dell’ente in relazione ai nuovi illeciti amministrativi di cui agli artt. 187-bis (abuso di informazioni privilegiate) e 187-ter TUF (manipolazione del mercato) commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da persone che: a) rivestano funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria o funzionale; b) esercitino, anche di fatto, la gestione o il controllo dell’ente medesimo; c) siano sottoposte a direzione o vigilanza di uno dei soggetti sub a) e b).
La società, ritenuta responsabile di tale illecito amministrativo, incorrerà nel pagamento di una somma di denaro pari all’importo della sanzione amministrativa irrogata per gli illeciti amministrativi delle persone fisiche di cui agli artt. 187-bis e 187-ter TUF, eventualmente aumentata fino a dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dalla commissione di tali illeciti, quando il prodotto o il profitto medesimo sia di rilevante entità.
Si fa presente, al riguardo, che nella determinazione del quantum della sanzione pecuniaria non risultano applicabili modi, termini e criteri previsti dal D. Lgs. 231/2001; sarà, infatti, la CONSOB e non il giudice, ad irrogare direttamente tali sanzioni.
Ai fini dell’esonero dalla responsabilità, graverà sulla società l’onere di fornire la prova che le persone di cui ai punti sub a), b) e c) abbiano agito esclusivamente nell’interesse proprio o di terzi.
A differenza di quanto si è detto a proposito dell’onere della prova per i casi di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ex D. Lgs. 231/2001, il terzo comma dell’art. 187- quinquies non distingue il caso in cui l’autore sia un soggetto in posizione apicale dal caso in cui rivesta una posizione subordinata, prevedendo in entrambe le ipotesi l’onere probatorio a carico della persona giuridica.
Risultano espressamente applicabili, in quanto compatibili, gli artt. 6, 7, 8 e 12 del D. Lgs. n. 231 del 2001.
Per cogliere la portata di tale estensione di responsabilità per le persone giuridiche, occorre soffermarsi ad analizzare le nuove figure di illeciti amministrativi, introdotte dalla Legge Comunitaria 2004, relative all’abuso di informazioni privilegiate (art. 187-bis TUF) e alla manipolazione del mercato (art. 187-ter TUF), le cui definizioni riprendono nei tratti essenziali quelle delineate nelle rispettive fattispecie penali, ma se ne distinguono richiedendo, quale elemento soggettivo, anche la sola colpa e non necessariamente il dolo. L’art 187-bis, infatti, punisce con l’illecito amministrativo per “abuso di informazioni privilegiate” anche chiunque commetta la condotta ivi prevista “potendo conoscere in base ad ordinaria diligenza il carattere privilegiato delle informazioni”. L’art. 187-ter sanziona, invece, chi diffonde informazioni o voci false o fuorvianti che “siano suscettibili di fornire indicazioni false o fuorvianti in merito agli strumenti finanziari”, mentre l’omonimo illecito penale ex art. 185 TUF richiede che le notizie debbano essere “concretamente idonee” ad alterare i prezzi per integrare il reato.
Ne consegue una più ampia portata applicativa degli illeciti amministrativi rispetto a quelli penali, che discende non solo dalla formulazione più ampia delle fattispecie considerate, ma anche dalla circostanza che il dolo non è richiesto come requisito soggettivo generale.
Passando ad un’analisi più puntuale dell’illecito amministrativo ex art. 187-bis TUF, rubricato “abuso di informazioni privilegiate”, la condotta in esso prevista ricalca sostanzialmente quella già contemplata dall’illecito penale. A differenza di quest’ultimo, si vengono a considerare nell’area di punibilità dell’illecito amministrativo le ipotesi di tippee trading (vale a dire l’illecito commesso da colui c.d. insider secondario che, anche incidentalmente, venga in possesso di informazioni riservate), che in precedenza erano ricomprese nell’ambito dell’illecito penale.
Per quanto concerne, invece, la manipolazione del mercato, la definizione data per l’illecito amministrativo risulta più dettagliata rispetto a quella fornita per l’illecito penale in quanto comprende come fattispecie:
a) le operazioni od ordini di compravendita che forniscano o siano idonei a fornire indicazioni false o fuorvianti in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo di strumenti finanziari;
b) le operazioni di ordini di compravendita che consentono, tramite l’azione di una o di più persone che agiscono di concerto, di fissare il prezzo di mercato di uno o più strumenti finanziari ad un livello anomalo o artificiale;
c) le operazioni od ordini di compravendita che utilizzano artifizi od ogni altro tipo di inganno o di espediente;
d) gli altri artifici idonei a fornire indicazioni false o fuorvianti in merito all’offerta, alla domanda o al prezzo di strumenti finanziari.
Sono, comunque, fatte salve specifiche ipotesi di non punibilità; il quarto comma dell’art. 187-ter sancisce che non è perseguibile colui che dimostri di aver agito per motivi legittimi ed in conformità alle prassi di mercato ammesse nel mercato interessato.
Non risulta particolarmente chiara la differenza tra le due ipotesi di illecito ex artt. 185 TUF e 187-ter TUF, in relazione ai possibili mezzi di diffusione delle notizie false o fuorvianti, ove nel caso dell’illecito penale si fa riferimento genericamente alla diffusione di false notizie, mentre per l’illecito amministrativo si precisa che tale diffusione avvenga “tramite mezzi di informazione, compreso internet e ogni altro mezzo”.
La competenza, per l’accertamento di tali illeciti amministrativi in materia di abusi di mercato e per l’irrogazione delle relative sanzioni, risulta rimessa direttamente alla competenza esclusiva della CONSOB (mentre in precedenza per altri illeciti amministrativi era attribuita al Ministero dell’Economia e delle Finanze che agiva su richiesta della CONSOB o della Banca d’Italia, secondo le rispettive competenze).
Le sanzioni previste per tali figure di illeciti amministrativi e pertanto applicabili direttamente dalla CONSOB prevedono:
- per l’ipotesi di abuso di informazione privilegiate una sanzione pecuniaria di importo compreso tra 20 mila e 3 milioni di euro;
- per l’ipotesi di manipolazione del mercato una sanzione pecuniaria di importo compreso tra 20 mila e 5 milioni di euro.
Con l’introduzione di queste nuove figure di illeciti amministrativi, è stato previsto nel TUF, al pari di altri ordinamenti europei (8), un sistema a “doppio binario” in cui (i) le ipotesi di reato, di competenza della magistratura penale, possono sommarsi con (ii) le ipotesi di illecito amministrativo accertate e sanzionate direttamente ed autonomamente dalla CONSOB. L’art. 187-duodecies TUF sancisce, infatti, l’autonomia dei due procedimenti, in quanto prevede che quello amministrativo non possa essere sospeso per la pendenza di un procedimento penale avente ad oggetto i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento dipende la relativa definizione.
In base al sistema del doppio binario, pertanto, un soggetto o un ente che commetta un abuso di mercato, potrebbe vedersi applicare, ove ricorrano tutti gli elementi previsti dalle diverse fattispecie del reato e dell’illecito, sia la sanzione penale che quella amministrativa di natura pecuniaria.

4. L’adozione di Modelli di organizzazione e di gestione
Per entrambe le violazioni, sia che integrino le fattispecie degli illeciti penali che quelle degli illeciti amministrativi, è considerato, come strumento esimente per evitare l’applicazione in capo alle persone giuridiche delle sanzioni (previste, rispettivamente, dall’art. 187-quinquies del TUF e dall’art. 25-sexies del D. Lgs. 231/01) quello dell’adozione di un apposito “Modello di organizzazione e di gestione” di cui al D. Lgs. 231/01.
L’art. 187-quinquies del TUF prevede, all’ultimo comma, che il Ministero della giustizia, sentita la CONSOB, formula le osservazioni ai modelli organizzativi di cui all’art. 6 D. Lgs. 231/01.
Si ricorda, al riguardo, che il citato art. 6 del D. Lgs. 231/2001, nell’introdurre il regime di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, prevede una forma specifica di esonero da detta responsabilità qualora l'ente dimostri che:
a) l’organo dirigente dell’ente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli nonché di curare il loro aggiornamento sia stato affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo;
c) le persone che hanno commesso il reato, abbiano agito eludendo fraudolentemente i suddetti modelli di organizzazione e gestione;
d) non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla precedente lett. b).
È previsto che negli enti di piccole dimensioni il compito di vigilanza possa essere svolto direttamente dall’organo dirigente.
Il Decreto prevede, inoltre, che - in relazione all’estensione dei poteri delegati ed al rischio di commissione dei reati - i modelli di cui alla lettera a), debbano rispondere alle seguenti esigenze:
1) individuare le attività nel cui ambito esiste la possibilità che vengano commessi reati previsti dal Decreto;
2) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire (9);
3) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione di tali reati;
4) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza del modello;
5) introdurre un sistema disciplinare interno idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello (10).
Al fine di facilitare l’elaborazione dei modelli di cui sopra, il Decreto prevede che l’adozione degli stessi possa essere effettuata sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative di categoria, comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto con i Ministeri competenti, può formulare entro 30 giorni osservazioni sull’idoneità dei modelli a prevenire i reati. Si fa presente, al riguardo, che il Decreto Ministeriale 26 giugno 2003 n. 201 (11) ha precisato la competenza del Ministero della giustizia a vagliare esclusivamente i codici di comportamento varati dalle associazioni di categoria. Occorre sottolineare comunque che la valutazione positiva del Ministero non rende insindacabile il modello da parte dell’autorità giudiziaria.
Si ritiene, al riguardo, che i suddetti principi sanciti dal D.M. n. 201/1993 debbano ritenersi applicabili anche ai modelli organizzativi elaborati ai sensi dell’art. 187- quinquies TUF, che prevede il coinvolgimento della CONSOB nella formulazione di osservazioni al riguardo; ne consegue che il vaglio del Ministero, in collaborazione con la Commissione, riguarderà solo i codici di comportamento varati dalle associazioni di categoria e non ogni modello di organizzazione e gestione elaborato dalle società.
Si ricorda che l’adozione dei modelli organizzativi e dell’intera disciplina ad essi connessa non è obbligatoria ma facoltativa; non sono, infatti, previste sanzioni per la mancata predisposizione di tali modelli, ma in tal caso l’ente non può ovviamente fruire della causa di non punibilità.
Il modello può determinare effetti favorevoli nei confronti dell’ente solo ove lo stesso sia concretamente idoneo a prevenire la commissione di reati nell’ambito dell’ente per il quale è elaborato; il modello deve dunque essere concreto, efficace e dinamico, cioè tale da seguire i cambiamenti dell’ente cui si riferisce (da ciò ne discende la necessità di un aggiornamento continuo) (12).
È peraltro scontato che il giudice penale sia comunque tenuto a valutare ex post, nel caso concreto, l’efficacia “scusante” del codice di comportamento, accordando all’ente il beneficio dell’esimente da responsabilità. In ogni caso la mera adozione del modello organizzativo da parte dell’ente non basta come esimente, qualora non si dimostri un aggiramento intenzionale e fraudolento dello stesso.
La volontà del legislatore è anche quella di impedire che le imprese si muniscano fittiziamente di astratti protocolli organizzativi al solo scopo di dimostrare l’estraneità ai reati eventualmente commessi; inoltre, è l’impresa che deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile per prevenire i reati commessi dai suoi manager e/o dirigenti di vertice.
Per quanto riguarda il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli, il D. Lgs. 231/2001 dispone che venga affidato ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo.
Si fa presente, al riguardo, che la recente giurisprudenza (13) ha sostenuto che negli enti di dimensioni medio grandi l’organismo di vigilanza debba avere forma collegiale e garantire continuità d’azione, ovvero un impegno esclusivo sull’attività di vigilanza relativa alla concreta attuazione del modello.
In conclusione, la Legge Comunitaria 2004, oltre ad estendere l’applicabilità del D. lgs. n. 231/2001 ai reati-presupposto in materia di “abusi di mercato” (quali gli illeciti penali di “abuso di informazione privilegiata” ex art. 184 TUF e di “manipolazione del mercato” ex art. 185 TUF), ha introdotto una nuova autonoma responsabilità amministrativa ex art. 187 quinquies TUF, derivante dagli omonimi illeciti amministrativi di “abuso di informazione privilegiata” ex art. 187- bis e “manipolazione del mercato” ex 187-ter TUF.
Accanto alle suddette forme di responsabilità amministrativa, si ricorda che per le persone giuridiche è prevista una responsabilità solidale nel pagamento delle sanzioni amministrative con diritto di regresso, ex art. 195, comma 9, TUF, nonché una responsabilità civile sussidiaria per il pagamento della multa e dell’ammenda, in caso di insolvibilità della persona fisica condannata, ex art. 197, cod. pen. (14). In particolare il comma 9 dell’art. 195 TUF stabilisce che le società e gli enti ai quali appartengono gli autori delle violazioni rispondono, in solido con questi, del pagamento della sanzione e delle spese di pubblicità del provvedimento sanzionatorio e sono tenuti ad esercitare il diritto di regresso verso i responsabili. L’art. 197 cod. pen. sancisce una responsabilità civile oggettiva delle persone giuridiche per il pagamento di multe ed ammende accessorie inflitte all’autore del reato, che sia legato all’ente da un rapporto di rappresentanza, dipendenza o amministrazione e quando si tratti di una violazione degli obblighi inerenti a detta qualifica, ovvero vi sia la realizzazione del reato “nell’interesse della persona giuridica”.

NOTE

   (1) In attuazione della nuova tecnica legislativa della Commissione Lamfalussy (fondata su un approccio articolato su 4 “Livelli”: il Livello 1 è costituito dalla direttiva che fissa principi di carattere generale; il Livello 2 comprende misure tecniche di attuazione; i Livelli 3 e 4 riguardano la fase di cooperazione e vigilanza sul rispetto delle norme), costituiscono misure di attuazione di Livello 2 della Direttiva market abuse i seguenti provvedimenti comunitari: la Direttiva 2003/124/CE contenente le modalità di esecuzione per quanto riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate nonché la definizione di manipolazione del mercato; la Direttiva 2003/125/CE contenente le modalità di esecuzione in merito alla corretta presentazione delle raccomandazioni di investimento ed alla comunicazione al pubblico di conflitti di interesse; la Direttiva 2004/72/CE contenente le modalità di esecuzione per quanto riguarda le prassi di mercato ammesse, la definizione di informazione privilegiata in relazione agli strumenti derivati su merci, l'istituzione di un registro delle persone aventi accesso ad informazioni privilegiate, la notifica delle operazioni effettuate da persone che esercitano responsabilità di direzione e la segnalazione di operazioni sospette; il Regolamento della Commissione n. 2273/2003/CE, in materia di programmi di riacquisto di azioni proprie ed operazioni di stabilizzazione di strumenti finanziari.
   L’11 maggio 2005, il CESR (Commitee of European Securities Regulators) ha emanato un documento, che si colloca a Livello 3 della Procedura Lamfalussy, contenente linee guida per consentire l’adozione, da parte delle autorità di vigilanza, di standard comuni per la coerente applicazione della normativa comunitaria a livello di Stati Membri.

   (2) Per la completa applicazione delle nuove disposizioni del TUF, si dovrà attendere che la CONSOB emani le conseguenti modifiche ai Regolamenti Emittenti e Mercati; al riguardo si segnala che la CONSOB ha già diffuso, in data 13 maggio 2005, un documento di consultazione riguardante la revisione di tali Regolamenti, anticipandone i contenuti.

   (3) Il D. Lgs 231/01 si applica agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica. Non si applica allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.

   (4) L’art. 9 del D. Lgs. 231/2001 prevede quali sanzioni, per gli illeciti dipendenti da reato, quelle pecuniarie, interdittive, la confisca e la pubblicazione della sentenza.

   (5) Gli artt. 24 e 25 del D. Lgs. 231/2001 prevedono come reati-presupposto quelli di indebita percezione di contributi, finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316-ter c.p.), di truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640, 1° comma, n. 1 c.p.), di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.), di frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640-ter c.p.), di corruzione per un atto d’ufficio (art. 318 c.p.), di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319 c.p.), di corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), di istigazione alla corruzione (art. 322 c.p.), di concussione (art. 317 c.p.), di malversazione a danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 316-bis c.p.).

   (6) Tra i quali: false comunicazioni sociali, false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei creditori, falso in prospetto, falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione, impedito controllo, indebita restituzione dei conferimenti, illegale ripartizione degli utili e delle riserve, illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, operazioni in giudizio dei creditori, formazione fittizia del capitale, indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, illecita influenza sull’assemblea, aggiotaggio, ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza.

   (7) Cfr. il previgente art. 180 del TUF, anch’esso rubricato “abuso di informazioni privilegiate”.

   (8) Ad esempio l’ordinamento francese prevede, in materia di market abuse, sia illeciti amministrativi che illeciti penali.

   (9) Sul punto la recente giurisprudenza (cfr. Trib. Milano, Ord. 20/9/2004, n. 30382-03 R.G.N.R.) ha sostenuto che il modello dovrebbe i) prevedere il contenuto dei corsi di formazione, la loro frequenza, l’obbligatorietà della partecipazione ai corsi, i controlli di frequenza e di qualità sul contenuto dei programmi; ii) differenziare tra formazione rivolta ai dipendenti nella loro generalità, ai dipendenti che operino in specifiche aree di rischio, al compliance officer ed ai preposti al controllo interno.

   (10) In argomento la recente giurisprudenza (cfr. Trib. Milano, Ord. 20/9/2004, n. 30382-03 R.G.N.R.) ha precisato che un modello idoneo dovrebbe prevedere espressamente la comminazione di sanzioni disciplinare nei confronti degli amministratori, direttori generali e compliance officer, che per negligenza ovvero imperizia non abbiano saputo individuare, e conseguentemente eliminare, violazioni del modello e, nei casi più gravi, perpetrazione di reati.

   (11) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 4 agosto 2003 e contenente il Regolamento recante disposizioni regolamentari relative al procedimento di accertamento dell'illecito amministrativo delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, ai sensi dell'articolo 85 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.

   (12) Cfr. Trib. Milano, Ord. 20/9/2004 n. 30382-03 R.G.N.R.

   (13) Cfr. Trib. Roma, Ord. 4/4/2003.

   (14) Ai sensi dell’art. 197, cod. pen. si prevede che gli enti forniti di personalità giuridica (eccettuati lo Stato, le regioni, le province ed i comuni), qualora sia pronunciata condanna per reato contro chi ne abbia la rappresentanza, o l'amministrazione, o sia con essi in rapporto di dipendenza, e si tratti di reato che costituisca violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso nell'interesse della persona giuridica, sono obbligati al pagamento, in caso di insolvibilità del condannato, di una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta.

 

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