il diritto commerciale d’oggi
    III.6 – giugno 2004

STUDÎ E COMMENTI

 

GABRIELE RACUGNO

I nuovi strumenti finanziari delle società cooperative *

 

   SOMMARIO: 1. Il finanziamento dell’impresa. – 2. Investimenti e finanziamenti correnti. – 3. Nuove forme di finanziamento. La riforma del 1992. – 4. Primo approccio al d. lgs. n. 6/2003. – 5. La novità legislativa degli strumenti finanziari – 6. Le nuove forme di finanziamento delle società cooperative. Introduzione. – 7. Gli strumenti finanziari. Cooperatori e finanziatori. – 8. Le assemblee speciali. – 9. Le incertezze sull’organo legittimato alla emissione. – 10. I diritti patrimoniali. – 11. Strumenti finanziari e patrimonializzazione della cooperativa. – 12. Natura del rapporto e condizioni del trasferimento.– 13. Ricapitolazione dei dati normativi. – 14. Le cooperative s.r.l.

 

   1. Il reinvestimento delle risorse proprie difficilmente può consentire all’impresa cooperativa (1) di inserirsi nel mercato – impedendo così lo sviluppo non soltanto delle cooperative medie e grandi, tendenzialmente sottratte ai benefici fiscali e caratterizzate da una mutualità strutturale, ma anche delle piccole, operanti secondo i tradizionali principi della gestione di servizio – e di riscattare quella posizione di marginalità nella quale per lungo periodo le ha relegate l’esclusione da ogni concreta possibilità di ricorso al mercato dei capitali, condizionandone la competitività (2).
   Le riforme che si sono susseguite nel tempo, pur con timide aperture innovatrici, erano sostanzialmente rimaste ancorate alle rigide regole contenute nella legge Basevi (3), che, all’art. 26, vietava sia la distribuzione di dividendi superiori alla ragione dell’interesse legale ragguagliato al capitale effettivamente versato, sia la distribuzione, tout court, delle riserve. La cooperazione a base mutualistica, nata come strumento di riscatto di categorie socialmente emarginate, ha continuato per decenni a contraddistinguersi come istituzione della povera gente e parente povera dell’impresa capitalistica (4): a differenza cioè della società per azioni che «nasce grande» (5), con le Compagnie delle Indie, la cooperativa è destinata a intraprendere un percorso affannoso nel quale il prezzo del riscatto da impresa minimale a cooperativa medio-grande è per lo più costituito dalla compressione della gestione di servizio, in un operare senza limiti con i terzi (6), non senza fattuale elusione dei vincoli di agevolazione, sì da conseguire quantomeno l’autofinanziamento (7) necessario a concorrere nel mercato e garantirne l’efficienza e la competitività (8).
   Invero il dibattito sullo scopo mutualistico (9), sulla cooperativa individuata in funzione della causa (10) o piuttosto sulla base della sua particolare struttura (11), non ha mai posto in dubbio l’incontrovertibile principio che esige anche per la cooperativa, al pari che per la società lucrativa, l’esercizio dell’impresa ed il perseguimento di uno scopo economico: senza impresa vi è associazione, non cooperazione. La cooperativa postula l’esistenza dell’impresa «che essa piega al fine di eliminare l’intermediazione altrui, operando però imprenditorialmente» (12). E ciò presuppone che disponga di un’effettiva consistenza patrimoniale e finanziaria (13) che le permetta, da un lato, di poter contare su mezzi propri sufficienti alla realizzazione di un sano equilibrio economico, dall’altro, di conseguire un’idonea affidabilità nei confronti del sistema bancario.
   La chiave di volta è tutta qui. L’imprenditore può produrre ed operare nel mercato nella misura in cui gode di credito da parte dei fornitori, ma, in larga misura, in proporzione alla fiducia che riceve dalle banche (14). Nel momento in cui si spezza il cordone ombelicale impresa-banca è in forse la stessa possibilità di sopravvivenza dell’impresa. Difficilmente le imprese mutualistiche, in un sistema economico basato sul credito, sono in condizioni di resistere all’incalzare delle scadenze dei debiti in assenza del supporto bancario, spesso patologicamente utilizzato anche per il finanziamento degli investimenti, ben al di là della gestione della tesoreria aziendale (15). E poiché le banche si preoccupano, in ultima analisi, di affidare i clienti in funzione della effettiva consistenza patrimoniale, la cooperativa ha presentato sempre, sotto questo profilo, delicati problemi connessi sia al limitato valore delle quote di partecipazione dei soci sia alla variabilità del capitale sociale.
   I progetti di riforma (16) e le riforme (17) che si sono susseguiti negli anni passati hanno, fra l’altro, avuto il primario obiettivo di potenziare le strutture economico-patrimoniali delle cooperative, aumentando i limiti (massimi e minimi) delle partecipazioni dei soci, consentendo una maggior remunerazione del capitale, eliminando ogni dubbio sulla possibilità di partecipazione delle società cooperative e dei loro consorzi alle società di capitali e, soprattutto, consentendo più ampie possibilità di ricorso ai finanziamenti a titolo di prestito dei soci (18).
   Varie possono essere le forme attraverso le quali la società cooperativa fa fronte ai propri bisogni finanziari, ancora più duttili in seguito alla recente riforma del diritto societario (19) di cui al d. lgs. n. 6/2003 che ha lasciato ampia autonomia agli statuti nella concreta configurazione di tali forme in funzione delle esigenze sia di investimento che di funzionamento dell’impresa, nell’ottica di consentirne un’effettiva evoluzione ricorrendo oltre che alle risorse tradizionali a quelle di nuova istituzione sì da conseguire gli strumenti finanziari adeguati all’esercizio della propria attività.

   2. La provvista dei mezzi finanziari segue necessariamente modalità differenti in funzione della relativa destinazione che vede contrapposte le spese di investimento alle spese correnti. (20)
   Le prime concernono l’acquisizione di beni economici a fecondità ripetuta in vista del loro impiego in un processo produttivo al quale apportano utilità ripartite in più esercizi, e trovano collocazione nella contabilità generale dell’impresa tra le immobilizzazioni, definite appunto dall’art. 2424-bis (21) quali «elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati durevolmente» (22), ivi comprese le spese che rappresentano costi pluriennali destinate ad incrementare l’attivo immobilizzato; le seconde sono rivolte all’acquisizione di materie prime, sussidiarie e di consumo, e di merci, ai costi per servizi per il godimento di beni di terzi e per il personale, con esclusione delle ricapitalizzazioni derivanti da perdite di gestione corrente.
   La correlazione tra fonti e impieghi delle risorse finanziarie dell’impresa (23), in relazione alla dicotomia spese di investimento e spese correnti, non riceve peraltro una disciplina specifica dallo statuto generale dell’imprenditore, che è così libero di destinare alla gestione operativa i flussi finanziari conseguiti per far fronte agli investimenti, e viceversa. Manca cioè nel sistema privatistico una normativa di raccordo tra forme di finanziamento ed impieghi (24), nel quale le obbligazioni, in particolare, sono garantite dell’ente emittente con tutto il proprio patrimonio (general bond), piuttosto che con i proventi dell’investimento realizzato grazie al finanziamento stesso (revenue bond).
   Una vistosa eccezione in proposito si rinviene, come si vedrà in prosieguo, nelle nuove norme che la riforma del diritto societario dedica agli strumenti finanziari nella regolamentazione dei patrimoni destinati (artt. 2447-ter ss.).

   3. Una svolta decisiva in materia è costituita dalle possibilità offerte dalla legge 31 gennaio 1992, n. 59 (25) di capitalizzazione e finanziamento dell’impresa cooperativa compatibilmente con lo scopo mutualistico (26).
   La riforma del 1992 – che costituisce un passaggio fondamentale nell’evoluzione della legislazione cooperativa in quanto contiene una normativa, seppure non completa come la più recente del 2003, sicuramente organica e funzionale alle esigenze minimali di capitalizzazione di questo tipo di impresa – consente, attraverso l’introduzione della figura delle azioni di sovvenzione (27) e delle azioni di partecipazione cooperativa (28), di superare i più vistosi ostacoli che in passato penalizzavano la raccolta del capitale sia di rischio che di credito da parte della cooperativa (29).
   Le innovazioni mirano a superare i requisiti mutualistici posti a vario titolo per i soci cooperatori, e così per quanto concerne le azioni di sovvenzione (art. 4 legge n. 59/1992) (30) lo statuto può stabilire particolari condizioni per la ripartizione degli utili e la liquidazione delle quote e delle azioni (31), favorendo la raccolta di capitale di rischio anche fra soggetti sprovvisti degli specifici requisiti soggettivi richiesti per partecipare all’attività mutualistica e con possibilità di apporti liberamente determinabili (32).
   I sovventori, peraltro, non possono essere considerati soci (33) in quanto i relativi apporti non confluiscono nel capitale sociale (34), ancorché sia prevista l’emissione di partecipazioni nominative, di regola liberamente trasferibili, fornite di diritto di voto (35).
   L’ulteriore strumento finanziario destinato a superare il divieto di remunerazione prevalente del capitale rispetto al servizio mutualistico viene introdotto dalla riforma del 1992 con le azioni di partecipazione cooperativa (artt. 5 e 6 legge n. 59/1992), che presentano larghe affinità con le azioni di risparmio, in quanto prive del diritto di voto, privilegiate nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale; al pari delle azioni di risparmio, ove interamente liberate, queste possono essere al portatore. Le azioni di partecipazione possono essere emesse per un ammontare non superiore al valore contabile delle riserve indivisibili (36) (art. 5, 4° comma, legge 59/1992). La circostanza che l’apporto non venga riferito al capitale sociale rende oltremodo dubbia l’acquisizione della qualità di socio in capo a questa categoria di azionisti (37).
   Successivi interventi legislativi (38), sempre peraltro antecedenti al d. lgs. n. 6/2003, hanno parificato le cooperative alle società per azioni quanto a tecniche idonee a consentire l’acquisizione di risorse per lo svolgimento della propria attività, e più ancora per la copertura degli investimenti, mediante l’emissione di obbligazioni, anche convertibili (39). Non più quindi apporti destinati a costituire partecipazione al rischio d’impresa, bensì titoli (40) derivanti da una concessione di credito, la cui remunerazione prescinde, di regola, dagli esiti economici dell’attività dell’impresa.

   4. Il discorso deve prendere le mosse, prima ancora che dall’esame delle norme dettate specificamente per le società cooperative, dall’impianto generale del d. lgs. n. 6/2003 che, in tema di società di capitali, è caratterizzato dal primario obiettivo «di favorire la nascita e la competitività delle imprese, anche attraverso il loro accesso ai mercati interni e internazionali dei capitali» (41), fornendo gli strumenti necessari per elaborare strategie di finanziamento alternative alla luce del mercato di acquisizione delle risorse e del mercato di sbocco.
   E ciò in quanto, pur riservando il legislatore una disciplina organica alle società cooperative nel titolo VI del codice civile (42), nondimeno assai stretti sono – relativamente alla materia dei conferimenti e degli apporti in genere, cioè sia delle partecipazioni di rischio che delle concessioni di credito – i collegamenti tra società di capitali e società cooperative sì da pervenirsi ad una assimilazione tendenziale, per denominazione e per contenuto, degli strumenti finanziari riconducibili ai due tipi sociali (43). In tal senso, espressamente, la legge delega stabilisce (44) l’applicabilità alle società cooperative delle norme in tema di finanziamenti e di strumenti finanziari in genere dettate per le società per azioni (45) nell’ottica, che costituisce la parola d’ordine della riforma (46), di ricerca dell’efficienza dell’impresa anche attraverso il ricorso al mercato dei capitali in relazione a quella nuova categoria di soci costituita dai cc. dd. investitori istituzionali (47), con la possibilità di aggregare al tempo stesso nell’attività dell’impresa con metodiche di tipo personalistico anche investitori-finanziatori provenienti in primo luogo dall’area della stessa compagine sociale, a prescindere dal ricorso al mercato dei capitali e all’appello al pubblico risparmio. Ed il decreto attuativo, puntualmente, recita all’art. 2526: «l’atto costitutivo può prevedere l’emissione di strumenti finanziari secondo la disciplina prevista per le società per azioni».
   Il discorso sugli strumenti finanziari delle società cooperative (48) non può quindi che prendere le mosse dalla disciplina in materia dettata, seppure in forma alquanto disorganica, per le società per azioni (49), e dalle opportunità di allargamento dei canali di raccolta dei capitali di debito e di rischio, di finanziamento e di capitalizzazione che la riforma ha riservato al modello di impresa capitalistica per eccellenza in rapporto al mercato nel quale questi strumenti possono essere acquisiti e trovare collocazione.

   5. L’istituto degli strumenti finanziari trova la sua fonte nella lett. c), 6° comma, dell’art. 4 della legge delega, che prevede la possibilità di emissione, con evidente riferimento al rischio d’impresa, di strumenti finanziari non partecipativi e partecipativi (50) dotati di diversi diritti patrimoniali e amministrativi. La norma, attraverso un’adeguata utilizzazione dello strumento negoziale con la finalità di agevolare l’acquisizione di risorse finanziarie (51) e di superare i pregressi limiti di finanziamento dell’impresa cooperativa – valorizzandone il carattere imprenditoriale e con l’intento di proporre agli investitori variegate tipologie di investimento (52) – apre le porte alla legittimazione dell’atipico, come è chiaramente detto nella Relazione ministeriale (53) che accompagna il d. lgs. n. 6/2003, e trova conferma nella elencazione contenuta nell’art. 1, 2° comma, del d. lgs. n. 58/1998 (54). Che, d’altronde, il legislatore della riforma, attraverso la semplificazione della disciplina della società per azioni e l’ampliamento dei relativi ambiti dell’autonomia statutaria (55), abbia inteso recepire ogni possibile tecnica di acquisizione delle risorse per lo svolgimento dell’attività d’impresa arricchendo lo strumento societario a disposizione degli imprenditori italiani (56), riceve emblematica conferma già dell’ampia possibilità di configurazione di una serie ormai aperta di varie e diverse categorie di azioni (57).
   Queste, peraltro, ancorché senza diritto di voto (art. 2351, 2° comma), rispecchiano pur sempre quella parte del patrimonio sociale che in virtù di scelta statutaria «s’intende sottoporre alla specifica disciplina del capitale sociale» (58).
   Gli strumenti finanziari, per converso, anche quando espressione di rischio di impresa, non rappresentano una partecipazione al capitale (59), né sono pertanto riconducibili alla causa societaria: lo si evince chiaramente dal 6° comma dell’art. 2346. La disposizione statuisce, in primo luogo, che gli strumenti finanziari possono essere emessi, senza limiti quantitativi (60), anche a fronte di apporti (61) costituiti da opere o servizi (62), apporti questi che, per definizione (art. 2342, 5° comma), non possono formare oggetto di conferimento anche in dipendenza degli stringenti vincoli previsti dalla seconda direttiva comunitaria (63); quindi il legislatore rimette allo statuto «le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni», manifestando così indifferenza verso gli interessi dei terzi, per converso rigorosamente tutelati ogni qual volta gli apporti siano imputati a capitale sociale.
   Strumenti, dunque, diversi dalle azioni, ma anche dalle obbligazioni (64), che possono essere emesse soltanto a fronte del versamento di una somma di danaro ed escludono ogni intervento dei relativi portatori sugli assetti organizzativi della società e sulla vita sociale in genere (65), interventi invece possibili per i portatori di strumenti finanziari forniti di diritti amministrativi – quali il diritto di voto su argomenti specificamente indicati e di nomina di un componente indipendente del consiglio di amministrazione, del consiglio di sorveglianza e di un sindaco (art. 2351, 5° comma) – con il limite generale dell’esclusione del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti.
   In un’ottica di fidelizzazione e di incentivo dell’interessamento dei dipendenti alle vicende dell’impresa il legislatore della riforma ha previsto, al novellato art. 2349, 2° comma, come alternativa alle azioni a favore dei prestatori di lavoro, la possibilità di emissione di strumenti finanziari (66) in favore dei medesimi, sempre con esclusione del diritto di voto nell’assemblea generale, limitando il 6° comma dell’art. 2351 la voice (67) degli strumenti finanziari ad argomenti specificamente indicati (68).
   Gli strumenti finanziari trovano, infine, un ampio utilizzo ed una articolata disciplina nel nuovo istituto dei patrimoni destinati (69) ad uno specifico affare, funzionali ad una graduazione del rischio d’impresa nell’ambito dei vari settori in cui opera la società, disciplina che riprende e valorizza quei principi di autonomia statutaria che permeano l’intera riforma: l’art. 2447-ter, nel prevedere la possibilità di apporti di terzi all’affare, rimette alla delibera costitutiva del patrimonio destinato l’individuazione dei diritti attribuiti agli strumenti finanziari (lett. e).

   6. La pur sommaria analisi degli strumenti finanziari non tipicizzati introdotti dalla riforma nelle società per azioni evidenzia la mancanza di una adeguata disciplina dispositiva (70) da parte le legislatore che ha sostanzialmente rimesso all’autonomia statutaria la codificazione dell’innovazione finanziaria. Più dettagliato, ancorché non sempre organico, appare l’impianto normativo (71) degli strumenti finanziari nella disciplina delle società cooperative che, in un’ottica di estensione degli ambiti di applicazione della responsabilità limitata che ha caratterizzato la riforma, ha in primo luogo generalizzato la responsabilità limitata (72) delle società cooperative (art. 2518), sì da consentirne una maggior libertà di iniziativa e di movimento nel mercato anche in relazione alle possibilità di capitalizzazione, e quindi di evoluzione, attraverso l’emissione di strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi (73) con una trasposizione non sempre automatica dell’istituto.
   In estrema sintesi può anticiparsi che la riforma del 2003 consente a tutte le cooperative (74), comprese cioè quelle a mutualità prevalente (75), l’emissione su base statutaria di strumenti finanziari, diversi dalle azioni e dalle obbligazioni (76), secondo le regole previste per le società per azioni (77) (art. 2526), introducendo un’articolata disciplina degli strumenti finanziari sia di partecipazione che di debito: i primi incorporanti il diritto, di varia estensione e natura, del possessore di partecipare al rischio dell’impresa ed alla vita sociale; i secondi il diritto, variamente determinato o determinabile, di percepire la remunerazione dell’apporto e la successiva restituzione. Ulteriori peculiarità concernono, come si vedrà in prosieguo, le cooperative che hanno optato per l’applicazione delle norme sulla società a responsabilità limitata.
   Il discorso, a questo punto, non può che essere rivolto alla individuazione delle fattispecie e dei relativi statuti normativi al fine di evidenziarne i tratti cogenti e gli spazi riservati all’autonomia contrattuale (78) in un sistema che mira a coniugare l’incentivazione del ricorso al mercato dei capitali, e più in generale il liberismo (79), come garanzia di libertà della iniziativa economica, con la tutela del patrimonio dell’impresa e la correlata tutela dei soci di minoranza, dei creditori e dei terzi in genere (80), ed in particolare, a salvaguardare i caratteri tradizionali del tipo societario cooperativo (81) da contaminazioni estranee alle finalità mutualistiche che ne costituiscono il tratto causale qualificante.

   7. Secondo l’autorevole dottrina che ha contribuito alla elaborazione delle nuove norme sulle società cooperative, i titolari di strumenti finanziari mossi da intenti lucrativi, cioè i soggetti finanziatori, interessati alla remunerazione del capitale investito, si contrapporrebbero ai soci cooperatori (82), per tali intendendosi «i titolari di azioni o quote che aderiscono alla cooperativa avendo interesse a godere delle prestazioni mutualistiche» (83). Operata peraltro la distinzione a contrariis, rimane da stabilire se i titolari di strumenti finanziari possano considerarsi anche soci sia per il fatto che l’apporto venga remunerato con la partecipazione agli utili (84), sia, indipendentemente dal collegamento della remunerazione dell’apporto con gli utili, ove lo statuto attribuisca poteri di intervento nella vita della società, ferma restando, naturalmente, la possibilità che nella stessa persona si cumulino le condizioni di cooperatore e di finanziatore (85).
   Orbene, due profili vanno subito sottolineati, non senza premettere che il legislatore della riforma, salvo che nella rubrica dell’art. 2526, non chiama mai soci (86) coloro che qualifica «possessori (87) di strumenti finanziari», abbandonando il dualismo soci cooperatori-soci finanziatori di cui alla legge delega.
   Un primo profilo negativo: il titolare di strumenti finanziari, al quale sono riservati ampi poteri di controllo, è destinato ad assumere un ruolo istituzionale di minoranza sia nell’assemblea (art. 2526, 2° comma) (88) che negli organi decisionali (art. 2542 4° comma), senza interferenze nella governance ed effettivi poteri di condizionamento nella vita della cooperativa (89): il «comando» rimane in capo ai soci, destinatari elettivi del vantaggio mutualistico proporzionato ai rapporti economici instaurati con la cooperativa e svincolato dall’ammontare del conferimento in società, e come tali contrapposti ai finanziatori miranti unicamente a perseguire la remunerazione di quanto conferito, con esclusione di ogni finalità mutualistica (90), di guisa che la partecipazione di questi ultimi alla vita della società, nei limiti di monitoraggio dell’investimento consentiti, è riconducibile in ultima analisi alla percezione (in senso lato) degli utili.
   Ed un altro positivo: anche nelle cooperative a mutualità prevalente, da un lato, sarà possibile la costituzione di riserve divisibili in favore dei soggetti investitori (91); dall’altro, i titolari di strumenti finanziari, a differenza dei soci che ne sono esclusi, potranno conseguire utili (92) anche in caso di squilibrio finanziario della cooperativa (art. 2545-quinquies, 2° comma).
   Per quanto concerne i diritti amministrativi degli investitori va, innanzitutto, segnalato che, stante il fine lucrativo riconducibile all’apporto, possono trovare applicazione le regole proprie dei regimi plutocratici, di guisa che il voto può competere non solo pro-capite, bensì anche pro-quota di capitale conferito (c.d. voto pesante) (93).
   I tratti cogenti del tipo societario cooperativo incidono sugli investitori, in particolar modo in relazione all’obbligo di tutte le cooperative di destinare il 3% degli utili di esercizio in favore dei fondi mutualistici costituiti per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (94) ed alla connessa devoluzione in favore dei medesimi fondi del valore effettivo del patrimonio (95) della cooperativa nei casi di scioglimento (art. 2545-ter) e di trasformazione (art. 2545-undecies).
   La riforma procede così, per meglio inserire i finanziatori nella struttura delle cooperative, attenuando le caratteristiche differenziali con i cooperatori, a introdurre per entrambi rigorosi limiti all’autonomia statutaria soltanto laddove necessari per salvaguardare i caratteri propri del tipo societario cooperativo, «in coincidenza con quella sovrapposizione di interessi, mutualistici e lucrativi, che rappresenta la più vistosa particolarità della nuova cooperativa» (96). Per quant’altro, la configurazione delle caratteristiche degli strumenti finanziari è rimessa all’autonomia statutaria.
   Peraltro, pur in questa sorta di continuum fra conferimenti (da parte dei soci) e apporti (da parte degli investitori), non pare possibile un’assimilazione fra le due figure che rimangono distinte (97) perché distinto è il dato tecnico-contrattuale che ne costituisce la genesi, in quanto soltanto i primi, i cui titolari debbono possedere i requisiti statutariamente previsti (artt. 2521, n. 6 e 2527), trovano riscontro nella causa societaria, cioè nel rapporto mutualistico, che sta al centro del sistema e si caratterizza per la partecipazione allo scambio mutualistico (98), e si affianca al rapporto sociale, qualificandolo, e sono destinati alla formazione del capitale (99) – con connessa imputazione e rappresentazione contabile – che continua a svolgere, anche nella variabilità che caratterizza la cooperativa, la consueta triplice funzione di garanzia, vincolistica e organizzativa (100), ed il cui ammontare globale rispecchia il valore dei conferimenti dei soci, costituiti da risorse «nominate», contrapposte alle risorse «anonime» che sottendono l’emissione degli strumenti finanziari (101).
   Il dato normativo di riferimento continua ad essere l’ultimo comma dell’art. 2346, considerato che l’art. 2526 – il quale, a sua volta, costituisce la base del nuovo sistema di finanziamento della cooperazione – riferendosi alla emissione di strumenti finanziari, richiama espressamente la disciplina della società per azioni (102), introducendo al tempo stesso nel corpo normativo le opportune salvaguardie atte ad evitare che «la presenza di finanziatori possa snaturare l’indole mutualistica della società» (103), la quale, oltre che impresa, è cooperativa e come tale diversa dalla ordinaria in quanto la sua gestione risponde a specifici principi. Di qui, in particolare, i limiti all’esercizio del diritto di voto la cui attribuzione compete sulla base di un rapporto giuridico diverso dalla partecipazione al capitale (104), cioè da un rapporto non societario (105), da cui consegue per i possessori di strumenti finanziari l’esclusione di quegli ulteriori diritti che direttamente vi si collegano (106).
   Donde:
• l’inapplicabilità delle norme sulla impugnativa delle deliberazioni assembleari, considerato che gli artt. 2377 e segg., richiamati dall’art. 2519, ne legittimano l’iniziativa ai soli soci, con la conseguenza che i portatori di strumenti finanziari troveranno tutela nella possibilità di conseguire il risarcimento del danno loro cagionato dalla non conformità delle deliberazioni alla legge o allo statuto (107); analogamente dicasi in merito alle delibere consiliari (art. 2388, 4° comma).
• l’inapplicabilità dell’art. 2545-quinquiesdecies, che riserva ai soci le iniziative di cui all’art. 2409: il rigore con cui la giurisprudenza ha sempre circoscritto ai titolari di una partecipazione qualificata la possibilità di denunzia al tribunale (108) induce ad escludere che le censure sulla gestione possano essere sollevate da chi non è socio (109), tenuto conto che il novellato ultimo comma dell’art. 2409, escludendo – salvo che nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio – la possibilità di intervento del pubblico ministero, ha fatto venire meno quelle finalità di tutela immediata e diretta dell’interesse pubblico che hanno caratterizzato in passato l’istituto.
• l’irrilevanza del voto dei possessori di strumenti finanziari in ordine al funzionamento della assemblea (110), di guisa che l’assenteismo dei cooperatori potrà determinare lo scioglimento della società (art. 2484, n. 3) contro la volontà dei finanziatori, considerato il ruolo del tutto secondario del loro voto da calcolarsi non già in funzione del complesso dei voti, bensì di quelli presenti o rappresentati in ciascuna assemblea (art. 2526, 2° comma); né potrebbe essere altrimenti atteso che soltanto ai «titolari» della causa mutualistica può essere riservata ogni decisione in ordine alla continuazione o meno dell’attività sociale.
   Per converso, ad ulteriore conferma dell’assunto, non può trovare applicazione per i possessori di strumenti finanziari il divieto di cui al 2° comma dell’art. 2527 che ha introdotto il principio generale (111) di non concorrenza tra cooperative e cooperatori.
   Considerata l’amplissima autonomia riconosciuta agli statuti vi è infine la possibilità di estensione degli istituti non connotati dalla causa cooperativa ai possessori degli strumenti finanziari (112).

   8. Rielaborando le disposizioni relative alle assemblee delle diverse categorie di azioni, degli obbligazionisti e dei portatori di azioni di risparmio (113), l’art. 2541 disciplina le assemblee speciali dei possessori di strumenti finanziari privi di diritto di voto (114), intendendo così il legislatore salvaguardare le posizioni di quanti, non forniti di diritti amministrativi, sarebbero, in assenza della disposizione in esame, in una posizione di deminutio capitis, rispetto ai deliberati dei soci. Paradigmaticamente può ipotizzarsi l’ampliamento da parte dei soci della disciplina statutaria concernente le riserve indivisibili, delibera che, pregiudicando i diritti della categoria degli investitori privi di diritto di voto, presuppone necessariamente anche l’approvazione da parte dell’assemblea speciale della categoria in questione (115).
È evidente il contrasto tra l’art. 2376 e l’art. 2541, concernendo la disposizione dettata in tema di s.p.a. gli strumenti finanziari «che conferiscono diritti amministrativi», mentre la norma corrispondente sulle cooperative è riservata, come si è appena detto, agli strumenti finanziari «privi di diritto di voto». Il principio generale contenuto nel 1° comma dell’art. 2526, che mira a offrire pari opportunità di finanziamento tra società lucrative e società cooperative, trova qui una vistosa eccezione che peraltro è contemperata dalla diversa scelta operata dal legislatore in materia di esercizio del diritto di voto da parte dei titolari di strumenti finanziari nei due tipi sociali. Questi ultimi invero sono per definizione privi del diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti (ult. comma art. 2346), mentre, seppure nei limiti sopra ricordati, gli investitori dotati di diritti amministrativi esercitano il diritto di voto nell’assemblea generale (116).
   Vi è quindi un equilibrio tra le due scelte legislative. Nella società per azioni la mancata partecipazione all’assemblea (117) trova il suo contrappeso nella tutela riservata dalle assemblee speciali agli strumenti finanziari che conferiscono diritti amministrativi; nelle cooperative, ove seppure nei noti limiti gli strumenti finanziari hanno di regola la possibilità di intervento e di voto nell’assemblea generale, le norme di salvaguardia tipiche delle assemblee speciali concernono i soli strumenti finanziari privi di diritto di voto.

   9. Ancorché gli strumenti finanziari trovino essenzialmente la loro disciplina nello statuto, è indubbio che la pur ampia autonomia allo stesso riconosciuta – e costantemente ribadita dalla riforma del diritto societario – deve essere contemperata con le «esigenze di tutela dei diversi interessi coinvolti» (118).
   Nella disciplina della società per azioni le competenze in merito all’emissione degli strumenti finanziari paiono suddivise fra l’assemblea straordinaria per l’art. 2349 e il consiglio di amministrazione o di gestione per l’art. 2447-ter. Questa norma, di cui è incerta la funzione di disciplina generale dell’istituto (119), consente, all’ultimo comma, di riservare all’organo gestorio (120) (salva diversa disposizione dello statuto) la competenza ad adottare le deliberazioni in punto di emissione di strumenti finanziari (121) nella ipotesi generale di cui al 6° comma dell’art. 2346. D’altronde non sarebbe certo la prima volta che l’espressione «la società», contenuta nella norma appena richiamata, debba intendersi come riserva in favore dell’organo gestorio (122).
   Le perplessità emergono nelle ipotesi in cui agli strumenti finanziari venga attribuito, seppure nei limiti di cui al secondo comma dell’art. 2526, il diritto di voto. In questo caso sembra difficile che l’assemblea dei soci, nella quale l’emissione dello strumento finanziario va ad incidere (123), possa essere estranea all’adozione di una decisione in merito all’ingresso nella cooperativa di un elemento di interferenza nella propria sfera decisionale. La deliberazione assembleare, per converso, sarebbe sicuramente necessaria nell’ottica di quelle tesi che optano per la possibilità di ricondurre il rapporto sottostante all’emissione di strumenti finanziari ad un rapporto di tipo societario: l’imputazione a capitale presupporrebbe in tal caso una delibera di aumento.
   Nessun dubbio per converso in merito all’insussistenza di limiti alla emissione (124) di strumenti finanziari, con l’eccezione di quelli che condizionano i tempi e l’entità del rimborso del capitale all’andamento economico della società (art. 2411, ult. comma).

   10. Richiamando i dati normativi di cui si è fatto cenno nel corso dell’esposizione, può ora in sintesi osservarsi.
   In primo luogo sembra potersi affermare che la remunerazione degli strumenti finanziari non trovi limiti nella disciplina propria del tipo cooperativo, per cui il rinvio operato dall’art. 2526 alla disciplina prevista per la società per azioni consente una totale libertà statutaria nella loro configurazione in ordine ai diritti patrimoniali attribuiti ai relativi possessori. Come si è già accennato non trova applicazione per gli strumenti finanziari la regola riferita ai soli cooperatori contenuta nel 2° comma dell’art. 2545-quinquies secondo cui la distribuzione dei dividendi è subordinata alla sussistenza di un rapporto tra patrimonio netto e complessivo indebitamento della società superiore ad un quarto.
   Regola questa che, per quanto concerne gli strumenti finanziari, neppure trova applicazione in relazione ai diritti lucrativi differiti sul patrimonio sociale, per quanto concerne cioè la quota di liquidazione (125), ferma la regola generale del limite costituito dalle riserve indivisibili (126), limite questo da cui, a contrariis, può dedursi la possibilità che gli strumenti finanziari incorporino il diritto ad una parte delle riserve divisibili con connesso diritto dei relativi portatori ad una frazione di patrimonio netto da liquidazione, con un’aspettativa quindi di capital-gain (127).
   Le regole appena esaminate trovano applicazione anche per gli strumenti finanziari emessi dalle società cooperative a mutualità prevalente, con l’eccezione dei soli strumenti finanziari posseduti dai soci cooperatori (128) (art. 2514, 1° comma, lett. b).

   11. La riforma ha gettato le basi per la realizzazione di un ambizioso disegno che dovrebbe consentire, da un lato, di far conseguire ai soci sia gli utili che i ristorni, dall’altro, di non sottrarre alla cooperativa queste risorse consolidandole patrimonialmente (129).
   In questo senso l’art. 2545-quinquies, 3° comma, e l’art. 2545-sexies, 3° comma, che, rispettivamente, recitano:
– l’atto costitutivo può autorizzare l’assemblea ad assegnare ai soci le riserve divisibili attraverso: a) l’emissione degli strumenti finanziari di cui all’art. 2526;
– l’assemblea può deliberare distribuzione dei ristorni a ciascun socio ... mediante l’emissione di strumenti finanziari.
   Il successo delle nuove disposizioni presuppone naturalmente la creazione di un mercato secondario dei titoli cooperativi (130) che consenta la concreta possibilità di trasferimento degli strumenti finanziari – atteggiati come merci suscettibili di flussi di domanda e di offerta – con possibilità per l’investitore di monetizzare il valore del titolo creandone le condizioni di liquidità secondo le logiche e le dinamiche delle società azionarie (131), nel presupposto, a monte, di una chiara informativa di bilancio che consenta ai finanziatori di comprendere appieno le modalità con cui la cooperativa produce e distribuisce il reddito (132).

   12. Al fine di non snaturare le finalità proprie della riforma che si incentra sull’unitarietà del fenomeno cooperativo (133) e ne valorizza l’elemento funzionale indipendentemente dalla prevalenza o meno della mutualità, occorre tener conto, seppure adattato ai tempi attuali, dell’insegnamento vivantiano in merito ai limiti (134) della circolazione (135) delle partecipazioni sociali alla luce delle posizioni soggettive che le stesse sottendono; e considerare così le possibilità che gli strumenti finanziari forniti di poteri incidenti sulla vita sociale (136) o assegnati ai dipendenti in un’ottica di fidelizzazione possano pervenire a mani di meri investitori non specificamente interessati alle prestazioni mutualistiche (137).
   Si tratta a questo punto di conciliare la storica esigenza che ha visto sottoposto qualsiasi trasferimento delle partecipazioni cooperative all’autorizzazione dell’assemblea o del consiglio di amministrazione (138) con le finalità proprie della riforma del 2003 che ha inteso favorire l’inserimento delle cooperative nel mercato, operazione questa che a sua volta presuppone libertà di trasferimento delle posizioni di obbligazione e di rischio inerenti al rapporto, massimamente ove gli strumenti finanziari non attribuiscano diritti di carattere amministrativo.
   La soluzione non può che essere rimessa agli statuti ai quali l’ordinamento (art. 2526, 2° comma) riserva le eventuali condizioni cui è sottoposto il loro trasferimento (scilicet degli strumenti finanziari) in quell’ottica di valorizzazione a tutto campo dell’autodeterminazione societaria (139) che costituisce un cardine delle riforma: alla tipicità, che caratterizza gli strumenti finanziari in quanto apporti non imputati a capitale, si accompagna l’atipicità del contenuto destinato ad essere modellato dall’autonomia statutaria in relazione alle esigenze patrimoniali e organizzative della cooperativa, nonché ai mercati di riferimento (140).

   13. Organizzare sistematicamente e ricondurre ad unità i dati normativi sugli strumenti finanziari delle cooperative è opera alquanto improba, considerata la disordinata collocazione delle fonti e la molteplicità dei riferimenti.
   La norma centrale è sicuramente costituita dall’art. 2526 che detta una sorta di disciplina generale dell’istituto, richiamando anche quella prevista per le società per azioni, incentrandone il regolamento nell’atto costitutivo, a conferma del potere che compete unicamente agli autori dello stesso, nell’esercizio dell’autonomia statutaria in senso proprio, di prevedere l’emissione di strumenti finanziari e creare così la dicotomia fra soci-padroni della società e possessori di strumenti finanziari estranei alla finalità mutualistica, dicotomia che trova la sua genesi ed il suo distinguo nella causa societaria e nella partecipazione al capitale sociale, alle quali solo i conferimenti dei primi sono riconducibili.
   L’atto costitutivo potrà quindi disciplinare:
• le modalità e le condizioni di emissione,
• i diritti che conferiscono (141),
• le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni,
• la legge di circolazione e le eventuali condizioni per il trasferimento.
   Parimenti è nell’art. 2526 che ha genesi la disciplina degli strumenti finanziari forniti del diritto di voto (142), strumenti questi che si contrappongono a quelli privi di diritto di voto che trovano tutela nelle consuete regole proprie delle assemblee speciali.
   È stata così ancora una volta evidenziata la fondamentale disposizione dedicata agli strumenti finanziari nelle cooperative.
   Ulteriormente.
   Un ruolo fondamentale nell’ottica delle finalità della riforma, che si incentra sulla nuova figura della «cooperativa a mutualità prevalente» (143), il legislatore affida alla lett. b) dell’art. 2514, laddove stabilisce che lo statuto deve prevedere il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi, quindi 5,20% (cioè tasso BPF) (144) + 2,5% + 2%.
   L’antico principio contenuto nella legge Basevi (145), che pone un tetto alla distribuzione dei dividendi come condizione per il godimento dei benefici tributari – condizione sostanzialmente ribadita dai successivi provvedimenti per la cooperazione (146) – lo ritroviamo nella qualificazione delle cooperative a mutualità prevalente (147) sia relativamente alla remunerazione degli apporti a titolo di capitale, da cui consegue in capo al conferente l’acquisto della qualità di socio e l’ingresso nella compagine sociale, sia con riferimento agli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori [art. 2514, a) e b)].
   L’estraneità alla compagine sociale dei titolari di strumenti finanziari pur dotati di diritti di amministrazione (148) trova conferma nell’inapplicabilità agli stessi, secondo l’art. 2525, 4° comma, dei limiti massimi stabiliti per persona e per quota dai primi due commi di questa norma, a riprova della validità generale della distinzione tra soci e sottoscrittori di strumenti finanziari.
   Per quanto concerne il diritto di voto, ferma la emettibilità di strumenti finanziari privi di diritto di voto (art. 2541, 1° comma), come pure il limite generale del terzo di cui si è detto sub art. 2526, 2° comma, l’art. 2538 introduce la possibilità di una disciplina differenziata per gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori (149) rispetto agli investitori, disciplina che si riunifica nel 4° comma dell’art. 2542 in relazione alla nomina degli amministratori (150).
   In merito all’organo di controllo, l’art. 2543, da un lato, estende l’obbligatorietà della nomina alla presenza di strumenti finanziari non partecipativi, dall’altro, nei termini di cui innanzi, ne rimette all’autonomia statuaria la riserva di nomina.
   Sull’assenza di limitazioni circa la distribuzione di dividendi di cui al 2° comma dell’art. 2545-quinquies, si è detto più innanzi; questa norma rileva piuttosto anche in ordine alla possibilità di assegnazione ai soci delle riserve divisibili attraverso l’emissione di strumenti finanziari, che in caso di scioglimento del rapporto consentono al socio di smobilizzarne il valore (151).
   Una parificazione fra quote, azioni e strumenti finanziari è contenuta nel 3° comma dell’art. 2545-sexies che consente la distribuzione di ristorni mediante gli uni o le altre.
   Va infine segnalato che l’art. 2545-decies in tema di trasformazione stabilisce che all’esito dell’operazione gli strumenti finanziari con diritto di voto sono convertiti in partecipazioni ordinarie, conservando gli eventuali privilegi, con conseguente aumento del capitale sociale.

   14. Un rapido cenno merita l’ultimo comma dell’art. 2526 che legittima le cooperative a cui si applicano le norme sulla società a responsabilità limitata (152) a offrire in sottoscrizione strumenti finanziari «privi di diritti di amministrazione» soltanto a investitori qualificati, cioè a quelli costituiti ai sensi della legge 25 febbraio 1985, n. 49 (i fondi mutualistici e i fondi pensioni costituiti da società cooperative: art. 111-octies disp. att.), nonché, più in generale, agli investitori professionali di cui al 2° comma dell’art. 2483 (153). Per le considerazioni sopra svolte, non costituendo elemento qualificante della distinzione fra strumenti finanziari partecipativi e strumenti finanziari non partecipativi la presenza o meno di diritti di amministrazione – dacché la distinzione attiene al rischio d’impresa –, è da ritenersi che la s.r.l. possa emettere non solo titoli di debito ma anche titoli di partecipazione (154) purché, naturalmente, (i) privi di diritti di amministrazione, cioè di diritti inerenti alla governance societaria (155), ed (ii) offerti in sottoscrizione a investitori qualificati (156).
   Resta piuttosto da verificare se nella cooperativa s.r.l. (157) trovi applicazione, e in che misura, l’art. 2483 – che consente unitarie operazioni collettive di raccolta mediante emissione di titoli di debito destinati ad investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale (158) – considerato che alla s.r.l. è preclusa la raccolta diretta di finanziamenti presso il pubblico (art. 2468, 1° comma).
   Considerato l’ampio rinvio contenuto nel 2° comma dell’art. 2519 non dovrebbero esserci difficoltà ad ammettere nella cooperativa s.r.l. la possibilità di emissione sia di strumenti finanziari (159), sia di titoli di debito, i cui titolari sono destinati ad assumere unicamente il ruolo di meri creditori della società (160), talvolta anche con un rapporto di prestito coincidente con la stessa durata della società (161).

* Lo scritto è destinato agli Studi in onore di Vincenzo Buonocore

NOTE

   (1) La letteratura in materia di cooperazione è vastissima: tra i più recenti studi monografici, cfr. BUONOCORE, Diritto della cooperazione, Bologna, 1997; BASSI, Le società cooperative, Torino, 1995; BONFANTE, Delle imprese cooperative, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1999; TATARANO, L’impresa cooperativa, Milano, 2002; PAOLUCCI, Le società cooperative, Milano, 1999; CECCHERINI, Le società cooperative, in Trattato Bessone, Torino, 1999; per la letteratura risalente, v. la fondamentale opera di VERRUCOLI, La società cooperativa, Milano, 1958.

   (2) Per una sintesi dei problemi che hanno afflitto la cooperazione, cfr. ZANELLI, Il ruolo attuale della nozione di mutualità, in Le società cooperative negli anni novanta, Atti del Convegno internazionale in memoria di Piero Verrucoli, 18-19 maggio 1990, in Annali della Facoltà di Giurisprudenza di Genova, Anno XXIV, suppl., Milano, 1993, 25 ss.

   (3) D.l.C. p. S. 14 dicembre 1947, n. 1577. La giurisprudenza aveva sempre interpretato con estremo rigore l’art. 26, sanzionando la decadenza dai benefici fiscali della cooperativa che aveva soltanto deliberato la distribuzione degli utili ed attribuito un dividendo in misura superiore al 5%, a nulla rilevando sia la non effettiva percezione dei dividendi da parte dei soci, sia la successiva revoca della delibera: Cass., 11 febbraio 1975, n. 539; per altro verso l’accertamento della sussistenza della mutualità è stato ricondotto alla mera sussistenza statutaria dei requisiti negativi di cui al citato art. 26: Cass., 15 marzo 2004, n. 5273. Per un’analisi della norma, cfr. RACUGNO, Spunti critici sulla natura giuridica delle società cooperative alla luce dell’art. 26, lett. c, del D. l. C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577, in Riv. soc., 1971, 590 ss. Sui rapporti tra disciplina privatistica e disciplina agevolativa, v., ora, MARASÀ, Problemi della legislazione cooperativa e soluzioni della riforma, in Le cooperative prima e dopo la riforma del diritto societario, a cura di Marasà, Padova, 2004, 4 ss.

   (4) Le espressioni sono di MINERVINI, Cooperazione e mutualità nei progetti di riforma, in Giur. comm., 1979, I, 801, 805. Analogamente, per una «visione sacrificale, operaistica della cooperazione», GALGANO, Il finanziamento delle cooperative e i soci sovventori, in La nuova disciplina delle società cooperative, Padova, 1993, 37.

   (5) CORSI, Le nuove società di capitali, Milano, 2003, 3. La cooperativa, viceversa, «nasce piccola», a Rochdale nel 1844, ad opera degli Equitable Pioneers.

   (6) A conferma, ancora una volta della doppia anima della cooperazione, una rivolta ai bisogni economici degli associati e l’altra finalizzata alla promozione di interessi imprenditoriali, cfr. OPPO, Futuro della cooperativa e futuro della cooperazione, in Riv. dir. comm., 1991, I, 9.

   (7) Tecnicamente inteso come fonte di copertura del fabbisogno finanziario costituita, in un’ottica monetaria, dai flussi di cassa derivanti dalla gestione operativa.

   (8) Che a sua volta esige di operare anche con terzi esterni alla cooperativa. Ancorché la recente riforma abbia limitato le agevolazioni di carattere tributario alle cooperative che svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, rimane fermo il riconoscimento costituzionale (art. 45) della «funzione sociale della cooperativa», cioè dell’intero fenomeno cooperativo (Rel. al d. lgs n. 6/2003, § 15), indipendentemente dalla prevalenza o meno del rapporto soci/terzi, di guisa che le cooperative costituiscono di per sé (se conformi alle regole del modello legale) uno strumento giuridico con cui lo Stato realizza un obiettivo costituzionalmente rilevante.

   (9) Concetto peraltro «evanescente» osservava Biagi nella relazione al progetto di codice di commercio del 1941, come ricorda GRAZIANI, Società cooperativa e scopo mutualistico, in Riv. dir. comm., 1950, I, 277.

   (10) Per tutti OPPO, L’essenza della società cooperativa e gli studi recenti, in Riv. dir. civ., 1959, I, 369, il quale, al pari della maggioranza degli studiosi delle cooperative, svaluta il dato sociologico in favore di quello contrattuale e considera la mutualità quale rapporto associativo qualificato dalla c.d. «gestione di servizio».

   (11) Afferma G. FERRI, Le società, in Trattato Vassalli, Torino, 1971, 1049, che la mutualità «è un carattere dell’impresa, non un carattere dell’organizzazione sociale» ed incentra ogni distinzione sulla variabilità del capitale sociale e sulla commistione dell’elemento capitalistico con quello personale. Sul profilo della neutralità della causa contrattuale e sulla cooperativa «come metodo democratico di produrre», cfr. SIMONETTO, La cooperativa e lo scopo mutualistico, in Riv. soc., 1971, 245 ss.

   (12) COTTINO, Diritto commerciale, I, Padova, 1976, 357.

   (13) Per il raggiungimento di dimensioni aziendali ottimali, per l’ammodernamento tecnologico degli impianti, per la pubblicità dei prodotti e così via: cfr. GALGANO, Il nuovo diritto societario, in Trattato Galgano, Padova, 2003, 512.

   (14) Per le imprese italiane, salvo un ristretto numero di grandi aziende (quotate o non), la raccolta dei capitali al di fuori del canale della propria banca di fiducia è sempre problematica e lo diventerà sempre di più con l’adozione delle nuove regole fissare nel protocollo denominato “Basilea 2” destinate ad accentuare la prudenza delle banche nell’erogazione dei prestiti alla luce dei nuovi criteri di valutazione del rischio creditizio. Sui problemi finanziari delle industrie minori e sulle difficoltà di accesso al mercato del credito per la piccola e media impresa, si vedano le sempre attuali pagine introduttive dello studio di VITTORIA, I problemi giuridici dei consorzi fidi, Napoli, 1981.

   (15) La tecnica bancaria insegna che le imprese si indebitano, o dovrebbero indebitarsi, finché il costo degli oneri finanziari resta inferiore ai profitti derivanti dallo sviluppo dell’attività, tetto questo peraltro assai frequentemente superato considerato che i capitali impiegati per acquisire il patrimonio e per finanziare le operazioni rappresentano per lo più impegni verso terzi.

   (16) In argomento, cfr. AA.VV., La riforma della legislazione sulle cooperative. Atti del Convegno di studio sulla riforma delle società cooperative, Ancona, 10-11 marzo 1978, a cura di Bucci e Cerrai, Milano, 1979.

   (17) Per lo più, in passato, introdotte fuori tema in occasione di più vaste regolamentazioni del sistema tributario in genere: può ricordarsi, per esempio, la legge 19 marzo 1983, n. 72, nota come «Visentini bis», su cui, cfr. VERRUCOLI, Riforma frammentaria e riforma organica delle legislazione cooperativa (a proposito della legge «Visentini bis»), in Riv. coop., 1983, 9; BASSI, Visentini bis e società cooperative. La nuova disciplina dei limiti ai conferimenti e dei dividendi, in Rass. economica, 1983, 469 ss.; GROSSO, Note critiche sulla nuova «mini riforma» delle società cooperative, in Riv. soc., 1983, 132 ss. Negli anni ottanta ha inizio, e si protrarrà per tutto il ventennio dello scorso secolo, quella che è stata definita la stagione della «ricapitalizzazione»: BUONOCORE (nt. 1), 119 ss.

   (18) L’art. 13 del d.p.r. n. 601/1973 ha consentito l’adeguamento della remunerazione ai rendimenti di mercato ed ha inoltre previsto agevolazioni fiscali a favore dei soci; l’art. 12 della legge n. 904/1977 (come integrato e modificato dall’art. 6 d.l. n. 63/2002, convertito nella legge n. 112/2002) ha previsto la non imponibilità delle somme destinate alle riserve indivisibili. Il regime fiscale delle società cooperative, ed in particolare le esenzioni alle stesse riservate, ha quindi subito rilevanti modifiche con l’emanazione del d.l. n. 63 del 15.4.2002, convertito nella legge n. 112 del 15.6.2002. Il 6° comma dell’art. 223-duodecies, disp. trans., ha ora stabilito che le disposizioni fiscali di carattere agevolativo previste dalle leggi speciali si applicano soltanto alle cooperative a mutualità prevalente.

   (19) Fra i primi studi generali sulla riforma possono ricordarsi le Relazioni contenute negli Atti del Convegno di Courmayeur del 27/28 settembre 2002 (in particolare quelle di BASSI, La «filosofia» della riforma delle società cooperative, e di BONFANTE, La società cooperativa, raccolte nel volume La riforma del diritto societario, Milano, 2003, rispettivamente, a 271 ss. e 281 ss.) e negli Atti del Convegno di Padova-Abano Terme del 5/7 giugno 2003 (in particolare quella di BUONOCORE, La società cooperativa riformata: i profili della mutualità, in Le grandi opzioni della riforma del diritto e del processo societario, Padova, 2004, 51 ss.); v., ancora, gli Atti del convegno di Genova dell’8 marzo 2002, La riforma del diritto cooperativo, a cura di Graziano, Padova, 2002.

   (20) Per una applicazione della distinzione in materia di contabilità pubblica, cfr. la legge modificativa del bilancio dello Stato, 1° marzo 1964, n. 62, che introduce una classificazione di tipo economico tra spese correnti e di conto capitale. Analogamente, in tempi successivi, il d. lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 (poi riprodotto nel d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267) ed il decreto del Presidente della Repubblica applicativo 31 gennaio 1996, n. 194, nonché la legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002) e la legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003). In argomento, cfr., da ultimo, il decreto 1° dicembre 2003, n. 389, del Ministero dell’economia, pubblicato nella Gazz. uff. n. 28 del 4 febbraio 2004, che regola l’accesso al mercato dei capitali degli enti locali introducendo, in particolare, un monitoraggio del Tesoro sulle operazioni di finanza derivata. In merito agli interventi del Ministero la sentenza della Corte Costituzionale n. 376/2003 ha escluso che possano incidere sulle scelte autonome degli enti quanto alla provvista o all’impiego delle risorse legittimando l’azione di coordinamento esercitata dallo Stato entro i limiti strettamente necessari a contenere il costo dell’indebitamento e monitorare gli andamenti di finanza pubblica.

   (21) Gli articoli citati nel corso del lavoro, privi di altra indicazione, si riferiscono al codice civile.

   (22) Le immobilizzazioni a loro volta si distinguono in immateriali, materiali e finanziarie: art. 2424, attivo lett. B), I, II, III.

   (23) Per un’analisi nelle sue linee essenziali del rapporto investimento-fabbisogno finanziario, e della gamma di ipotesi del relativo divario, cfr. CAPALDO, Reddito, capitale e bilancio di esercizio. Una introduzione, Milano, 1998, 12 ss. Sul tema della composizione ottimale delle fonti di finanziamento delle imprese, v., fra gli studi più recenti, GIORGINO, La gestione finanziaria e le modalità di finanziamento dell’impresa, in AZZONE - BERTELÈ, L’impresa, Milano, 2003, 446 ss.

   (24) Un circolo virtuoso in tal senso è presente nella legislazione sull’ordinamento degli enti locali. La legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), nell’introdurre, all’art. 35, la disciplina delle emissioni obbligazionarie degli enti locali, ha previsto il divieto di finanziare spese che non fossero di investimento (testualmente: «È fatto divieto di emettere prestiti obbligazionari per finanziare spese di parte corrente ... Il prestito obbligazionario deve essere finalizzato ad investimenti»), disposizioni ribadite in sede di ordinamento finanziario e contabile degli enti locali (art. 44 del d. lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, riproposto come art. 202 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267, aventi la loro fonte nell’art. 119 della Costituzione così come modificato dalla legge di riforma costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3). In argomento, cfr. PITERÀ – VIGOTTI (a cura di), La riforma degli enti locali, Torino, 2002; BORGONOVI, Sistemi e principi aziendali per le amministrazioni pubbliche, Milano, 1996.

   (25) Denominata «Nuove norme in materia di società cooperative», pubblicata nel supplemento alla Gazzetta ufficiale del 7 febbraio 1992, n. 31, che, per quel che concerne in particolare le disposizioni in tema di soci sovventori ed azionisti di partecipazione – come anche chiarito dalla Relazione al d. lgs. n. 6 n. 6/2003 (§ 15, sub art. 2526) – è da ritenersi tuttora in vigore, ancorché vada letta alla luce dei nuovi spazi rimessi dalla riforma all’autonomia statutaria: cfr. LAMANDINI, La riforma della struttura finanziaria delle cooperative: azioni e ibridi verso la quotazione? in Gli statuti delle imprese cooperative dopo la riforma del diritto societario, a cura di Vella, Torino, 2004, 110; FAUCEGLIA, Luci e ombre nella nuova disciplina delle società cooperative, in Corr. giur., 2003, 1389, secondo il quale «l’introduzione degli strumenti finanziari ha finito per sostituire le azioni di sovvenzione e le azioni di partecipazione cooperativa».

   (26) Di qui l’elemento causale della mutualità altruistica o di sistema alimentata con gli utili derivanti dagli scambi con i terzi (artt. 11 e 12 della legge n. 59/1992): cfr. OPPO, Mutualità e lucratività, in Riv. dir. civ., 1992, II, 364 ss.; MARASÀ, Problemi in tema di finanziamento delle cooperative e di finanziamento della cooperazione nella l. n. 59 del 1992, in Contratti associativi e impresa, Padova, 1995, 48 ss. Per alcuni profili critici, v. COSTI, La riforma delle società cooperative: profili patrimoniali e finanziari, in Giur. comm., 1992, I, 935 ss.

   (27) Sempreché sussista la previsione statutaria di costituzione di fondi per lo sviluppo tecnologico o per la ristrutturazione o il potenziamento aziendale.

   (28) L’art. 5, 2° comma, della legge n. 92, riserva l’emissione di questa categoria di azioni alle società cooperative che abbiano adottato procedure di programmazione pluriennale finalizzate allo sviluppo o all’ammodernamento aziendale.

   (29) Cfr. BUTTARO (a cura di), Finanziamento e organizzazione della cooperativa nella legge n. 59 del 1992, Milano, 1998; RAGAZZINI, Nuove norme in materia di società cooperative. Commento alla legge 31 gennaio 1992, n. 59, Bologna, 2001. Oltre introdurre i soci sovventori e le azioni di partecipazione cooperativa, la riforma ha elevato i limiti massimi della partecipazione di ciascun socio ed i limiti massimi dei prestiti dei soci (cioè dei finanziamenti, per lo più a breve e medio termine, che la cooperativa riceve direttamente dai propri aderenti) ammessi a godere delle agevolazioni fiscali (art. 10 legge n. 59/1992), ed ha facoltizzato le cooperative ed i loro consorzi a «destinare una quota degli utili di esercizio ad aumento gratuito del capitale sottoscritto e versato» (art. 7, 1° comma, legge n. 59/1992). La materia della raccolta del risparmio presso i soci da parte delle società cooperative è fonte di delicati problemi in ordine, soprattutto, alla applicabilità della normativa pubblicistica concernente l’attività di raccolta del risparmio tra il pubblico: cfr. la delibera del Cicr 3 marzo 1994, confluita nelle Istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia 28 giugno 1995, ripresa dal provvedimento della Banca d’Italia 9 dicembre 1997 in attuazione dell’art. 11, 3° comma, della legge bancaria (d. lgs. 1° settembre 1993, n. 385). Sugli orientamenti (di quegli anni) delle autorità sopraintendenti al settore creditizio, cfr. ROCCHI, L’impresa cooperativa e i mercati finanziari, in Riv. coop., 1994, 79 ss. Sul nuovo testo dell’art. 11 t.u.b. (così come é stato riformulato dall’art. 9.2 del d. lgs. 6 febbraio 2004, n. 37), v. SALANITRO, Strumenti di investimento finanziario e sistemi di tutela dei risparmiatori, in Banca, borsa, tit. cred., 2004, I, p. .

   (30) La norma prevede espressamente l’applicabilità dell’art. 2548 dettato in tema di mutue assicuratrice alle società cooperative ed ai loro consorzi, con esclusione delle società e dei consorzi operanti nel settore dell’edilizia abitativa. Ulteriore esclusione è prevista dalla legislazione speciale per le banche di credito cooperativo, le banche popolari e le cooperative di assicurazione. La più attenta dottrina ha, peraltro, da subito, evidenziato come, nonostante il richiamo all’art. 2548, il socio sovventore – a differenza del sovventore di mutua assicuratrice che è un socio di capitale vero e proprio a tutti gli effetti – «è una specie di figura ibrida»: GALGANO (nt. 4), 36.

   (31) Il tasso di remunerazione dei soci sovventori non può comunque essere maggiorato in misura superiore al due per cento rispetto a quello stabilito per gli altri soci (art. 4, 6° comma, legge n. 59/1992).

   (32) La partecipazione dei soci attualmente ha, di regola, il tetto massimo di centomila euro (art. 2525, 2° comma).

   (33) Cfr. BASSI (nt. 1), 174 ss.; in senso contrario, BONFANTE (nt. 1), 421 ss. Al fine di evitare che i sovventori possano egemonizzare nella vita e nella gestione della cooperativa, i loro voti non possono mai superare un terzo di quelli spettanti a tutti i soci e, ove nominati amministratori, non potranno mai costituire la maggioranza del consiglio.

   (34) Ma nei fondi previsti dall’art. 4, 1° comma, della legge n. 59/1992. Conclusione, peraltro, non pacifica: per una sintesi del dibattito, cfr. G. F. CAMPOBASSO, Diritto commerciale. 2. Diritto delle società, V ed., Torino, 2002, 578, nt. 3.

   (35) Cfr. BIONE, Categorie di azioni e categorie di soci nelle società cooperative, in Studi in onore di Gastone Cottino, II, Padova, 1997, 1285 ss.

   (36) Alle riserve indivisibili è parificato il patrimonio netto: entrambi dovranno risultare dall’ultimo bilancio certificato e depositato presso il Ministero del lavoro.

   (37) In questo senso, per tutti, cfr. OPPO (nt. 26), 361, che, per converso, ritiene che i sovventori siano soci, in quanto, fra l’altro, chiamati tali dalla legge (non solo nella rubrica dell’art. 4 ma anche nel corpo della norma, a differenza, sia consentito sottolineare, di quanto avviene per i possessori di strumenti finanziari, denominati soci soltanto nella rubrica dell’art. 2526).

   (38) Art. 58, legge 23 dicembre 1998, n. 448, nel testo modificato dall’art. 36 del d. lgs. 4 agosto 1999, n. 342: su tali disposizioni, da ultimo, cfr. TATARANO (nt. 1), 334 ss. A livello di normativa secondaria, v. la Circolare della Banca d’Italia 21 aprile 1999, n. 229, in Suppl. Gazz. uff. n. 119 del 24 maggio 1999, in tema di raccolta del risparmio tra il pubblico da parte delle cooperative a mezzo di cambiali finanziarie e certificati di investimento.

   (39) Nel presupposto che il portatore del titolo presenti, alla data di esercizio del diritto di conversione, i requisiti per divenire socio cooperatore.

   (40) I limiti e i criteri di emissione sono fissati dal Comitato interministeriale credito e risparmio. Secondo l’art. 1 della delibera CICR 3 maggio 1999 l’ammontare delle obbligazioni che le società cooperative possono emettere, unitamente alla raccolta mediante cambiali finanziarie e certificati di investimento, non può eccedere il limite del capitale versato e delle riserve risultanti dall’ultimo bilancio approvato. La raccolta obbligazionaria è preclusa alle cooperative finanziarie di cui agli artt. 106 e 113 del testo unico bancario e consentita a quelle vigilate ex art. 107.
All’aumento della frequenza di emissione di titoli obbligazionari da parte delle cooperative si è accompagnata una crescente tendenza a richiedere il rating di questi titoli (di cui, come è noto, più è elevato il rischio più lo spread sarà elevato) sì da consentirne una migliore collocazione nel mercato. La delibera del CICR deve oggi intendersi superata dalle nuove regole in tema di emissione di titoli obbligazionari prevista dall’art. 2412, che innalzano i limiti al doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili.

   (41) Art. 2, lett. a), legge 3 ottobre 2001, n. 366. Ancorché passate esperienze segnalino che nel settore cooperativo le dimensioni ridotte delle imprese abbiano determinato una sostanziale propensione allo sviluppo con interventi diretti dei propri soci piuttosto che del mercato.

   (42) Per uno sguardo d’insieme, PAOLUCCI, La mutualità dopo la riforma, in Società, 2003, 399 ss.

   (43) Cfr. GENCO, La riforma delle società cooperative: prime osservazioni sulle nuove forme di finanziamento, in Atti del seminario della Cassa forense, Roma, 2003, 606.

   (44) Art. 5, 2° comma, lett. a) e lett. b).

   (45) Cfr. A. GAMBINO, Spunti di riflessione sulla riforma: l’autonomia societaria e la risposta legislativa alle esigenze di finanziamento dell’impresa, in Giur. comm., 2002, I, 641; TOMBARI, La nuova struttura finanziaria delle società di capitali: prime considerazioni, in Atti del seminario della Cassa forense, cit., 99 ss.; NOTARI, Le società azionarie, in AA.VV., Diritto delle società [Manuale breve], Milano, 20042, 125 ss.; GIANNELLI, Le società azionarie, ivi, 168 ss.; ASSOCIAZIONE PREITE, Il nuovo diritto delle società, a cura di Olivieri, Presti, Vella, Bologna, 2003, 97 ss.; SANTOSUOSSO, La riforma del diritto societario, Milano, 2003, 55 ss.; ABRIANI, La struttura finanziaria delle società di capitali nella prospettiva della riforma, in Riv. dir. comm., 2002, I, 134 ss.; PORTALE, I «finanziamenti» dei soci nelle società di capitali, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, p. 663 ss.; NOTARI, Azioni e strumenti finanziari: confini delle fattispecie e profili di disciplina, ivi, 542 ss.; PISANI MASSAMORMILE, Azioni ed altri strumenti finanziari partecipativi, in Riv. soc., 2003, 1268 ss.; SPOLIDORO, Conferimenti e strumenti partecipativi nella riforma delle società di capitali, in Dir. banc. merc. fin., 2003, 205 ss.; SALANITRO (nt. 29), .

   (46) Cfr. ANGELICI, La riforma delle società di capitali. Lezione I, Le parole d’ordine della riforma, Padova, 2003, 1 ss.

   (47) Quali gli organismi di gestione collettiva del risparmio e i fondi pensione; ma, v. in proposito i dubbi di GARZONI, Il governo dell’azienda cooperativa, Milano, 2003, 181 ss. In argomento, in generale, PREITE, Investitori istituzionali e riforma del diritto delle società per azioni, in Riv. soc., 1993, 492 ss. In proposito è da tempo auspicato un intervento riformatore che operi una distinzione tra i prodotti destinati direttamente ai risparmiatori e quelli creati per gli investitori istituzionali, considerate soprattutto le tempistiche previste per il collocamento di obbligazioni dall’art. 129 del testo unico bancario che attualmente non tiene conto della destinazione dei prodotti, penalizzando così il mercato che per definizione richiede tempi di decisione ed esecuzione molto stretti. Sul ruolo degli intermediari, v. LIBONATI, L’impresa e il mercato finanziario (cap. V del volume L’impresa e le società, Milano, 2004), 106 ss.

   (48) Ad avviso di chi scrive l’espressione «strumenti finanziari» assume nel linguaggio della riforma un significato specifico e non coincidente rispetto a quello di cui all’art. 1, 2° comma, del t.u.f. In argomento, cfr. MARANO, Mercati di capitali e strumenti finanziari nel nuovo diritto societario, in Riv. dir. priv., 2003, 755 ss.

   (49) Cfr. CORSI, La nuova s.p.a.: gli strumenti finanziari, in Giur. comm., 2003, I, 414 ss.

   (50) Per partecipativi intendendosi quegli strumenti finanziari per il quali non sia prevista una data per il rimborso, che viene a coincidere con quella della liquidazione della società: cfr. ENRIQUES, Spunti in tema di strumenti finanziari partecipativi e ibridi e di azioni correlate e riscattabili (con un caveat sulle trasformazioni elusive da s.r.l. a s.p.a.), in Atti del seminario della Cassa forense, cit., p. 108. Si tratta, peraltro, pur sempre di investitori destinati tendenzialmente ad essere liquidati prima degli azionisti (residual claimants). Per un articolato quadro, anche comparatistico, degli strumenti finanziari «partecipativi» emessi a fronte di «apporti», cfr. MIOLA, I singoli conferimenti, in Trattato Colombo-Portale, 1***, Torino, 2004, 259 ss.

   (51) Che costituisce una scelta di fondo della riforma, cfr. S. PESCATORE, L’impresa societaria a base capitalistica. Conferimenti e titoli azionari, in Manuale di diritto commerciale, IV ed., a cura di Buonocore, Torino, 2003, 262. Le potenzialità offerte dalla riforma al fine di dotare l’impresa di una efficiente struttura finanziaria dipenderanno naturalmente dalle capacità di utilizzo degli ambiti di autonomia statutaria mediante un equilibrato contemperamento fra le ampie possibilità di ricorso agli strumenti finanziari e la salvaguardia dei caratteri mutualistici della cooperativa, che presuppongono pur sempre, come si è detto, un’impresa efficiente e competitiva.

   (52) Il termine va inteso in senso lato, trattandosi, nel caso dei titoli di debito (per lo più rappresentativi di pretese di lunga durata), di procacciamento di capitali soltanto in senso economico.

   (53) Ove si legge, al punto 3 (Della disciplina dei conferimenti), § 4, che «si apre così un ampio spazio per l’autonomia statutaria per definire i diritti spettanti ai possessori dei suddetti strumenti finanziari, i quali potranno essere i più vari (corsivo mio) e comprendere pertanto anche il diritto di conversione in altri strumenti finanziari o in partecipazioni azionarie». L’introduzione del principio di atipicità costituisce uno dei cardini della riforma e discende dalla mutata filosofia del legislatore tesa al riconoscimento di una più ampia autonomia statutaria ed alla massima valorizzazione del mercato: per alcuni profili critici v. WEIGMANN, Luci ed ombre del nuovo diritto azionario, in Società, 2003, 277, secondo il quale «l’emissione di strumenti finanziari insoliti può agevolare nel breve periodo il reperimento di risorse ma nel lungo lo appesantisce in quanto crea una stratificazione di diritti troppo onerosa e complicata».

   (54) In argomento, cfr., COSTI, Il mercato mobiliare. Introduzione, in Manuale di diritto commerciale, a cura di Buonocore, cit., 741 ss. Le regole dettate dal d. lgs. n. 58/1998 troveranno applicazione ogni qual volta l’emissione di strumenti finanziari costituisca sollecitazione all’investimento o sia destinata alla quotazione in un mercato regolamentato.

   (55) Art. 2, 1° comma, lett. c) e lett. d) della legge n. 366/2001.

   (56) È noto come le imprese straniere dispongano di possibilità di finanziarsi secondo articolate tecniche che determinano minori costi rispetto ai sistemi di finanziamento propri delle imprese italiane, la cui struttura finanziaria rappresenta un’anomalia contrassegnata da un debito bancario significativamente elevato. Può in proposito richiamarsi l’esperienza belga (e francese) sulle parts bénéficiaires, titoli che non rappresentano una frazione del capitale e consentono «la remunerazione per apporti ... non consentiti dalla II direttiva Cee»; così CINCOTTI, L’esperienza delle parts bénéficiaires belghe e gli strumenti finanziari partecipativi di cui all’art. 2346 cod. civ., in Banca, borsa, tit. cred., 2004, I, p. .

   (57) Cfr. l’art. 2348, 2° comma, che rimette all’autonomia statutaria la possibilità di determinare liberamente il contenuto delle azioni delle varie categorie, anche, nei limiti del divieto del patto leonino, postergate nella incidenza delle perdite, come pure di emettere azioni correlate (art. 2350, 2° comma) ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore (tracking shares), con diritto di voto condizionato (art. 2351, 2° comma), riscattabili (art. 2437-sexies), sicché i soci possono venirsi a trovare in posizioni differenti rispetto all’alea dell’attività.

   (58) ANGELICI (nt. 46), 61, il quale nel collocare gli strumenti finanziari nel sistema delle società per azioni così conclude: «Ne risulta una sorta di continuum tra azioni e altri strumenti di investimento, il quale ... trova la sua logica di demarcazione nella partecipazione al capitale oppure ad altri momenti dell’attività finanziaria della società», (ivi, 66). In questo senso, v. OPPO, Patto sociale, patti collaterali e qualità di socio nella società per azioni riformata, in Riv. dir. civ., 2004, II, 66 ss. Per la negazione di ogni possibilità di accostamento tra le azioni di risparmio (regolate in chiave di rapporto societario) e gli strumenti «ibridi» di finanziamento, cfr. PORTALE, Tra «Deregulation» e crisi del diritto azionario comunitario, in La riforma delle società quotate, Milano, 1998, 373 ss. Sulla natura di fattispecie «residuale» degli strumenti finanziaria, v. LAMANDINI, Autonomia negoziale e vincoli di sistema nella emissione di strumenti finanziari da parte delle società per azioni e delle cooperative per azioni, in Banca, borsa, tit. cred., 2003, I, p. 532.

   (59) Sul divieto di imputazione a capitale, v. la Rel. min. che conferma il divieto di emettere «azioni di industria», sulle quali, nel vigore del codice di commercio e nella esperienza franco-belga (titoli «hors du capital»), cfr. PORTALE, I conferimenti in natura «atipici» nella S.p.A., Milano, 1974, 22 ss., ed ora, ID., Profili di conferimenti in natura nel nuovo diritto italiano delle società di capitali, in Corr. giur., 2003, 1665. L’apporto, destinato ad accrescere l’attivo del bilancio, a fronte del quale viene emesso lo strumento finanziario, andrà ad incrementare, quale contropartita da iscrivere nel passivo, il patrimonio (netto) o, qualora redimibile, sarà destinato ad essere contabilizzato tra i debiti. Si veda in proposito il Principio contabile internazionale n. 32 che classifica gli strumenti finanziari come patrimonio netto o come passività: rispettivamente «quando l’emittente non abbia un’obbligazione contrattuale ad eseguire distribuzioni di patrimonio netto», «quando il possessore abbia diritto di chiedere all’emittente il rimborso dell’apporto»: così MAFFEI ALBERTI, Considerazioni introduttive alla Tavola rotonda sul Finanziamento dell’impresa societaria, in Le grandi opzioni della riforma, cit., 247. Nel primo caso ci troviamo, cioè, di fronte a riserve la cui disciplina discende dal contratto di emissione degli strumenti finanziari specifici: cfr. FORTUNATO, Riflessioni generali, in occasione della Tavola rotonda appena ricordata, 271; di riserva «targata» a favore dei possessori di strumenti finanziari, secondo NOTARI, Azioni (nt. 45), 547. Efficacemente osserva SALAFIA, Titoli di partecipazione e titoli di debito, in Società, 2004, 282, come la partecipazione dei titolari degli strumenti finanziari alla vita sociale ed i relativi diritti, anche amministrativi «non dipendono dalla loro comprensione nella compagine sociale ma derivano da una concessione fatta dalla società e non direttamente dalla loro natura intrinseca». In questo senso già D’ALESSANDRO, Società per azioni: le linee generali della riforma, in La riforma del diritto societario, cit., 34, che si è chiesto se gli strumenti finanziari rappresentano un rapporto contrattuale con la società emittente o un vincolo interno intercorrente direttamente con la compagine sociale.

   (60) A differenza delle azioni a voto limitato e delle obbligazioni.

   (61) Intesi come prestazioni sinallagmatiche dovute alla società in cambio dell’emissione degli strumenti finanziari: così NOTARI, Azioni (nt. 45), 546.

   (62) Di qui l’agevole considerazione che siffatti apporti, cioè di opera o servizi, difficilmente potranno interessare, quantomeno nella generalità, le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, costituendo sicuramente soluzione a non piccoli problemi (risolti per lo più in passato mediante ricorso ai patti parasociali, alle prestazioni accessorie, a specifici contratti di opera o di appalto) per le società a ristretta base azionaria.

   (63) Le opere e i servizi, pur arricchendo il patrimonio sociale, non possono invero essere capitalizzati, trattandosi di apporti (fra cui possono ricomprendersi, oltre alle prestazioni d’opera o servizi, anche, per esempio, gli obblighi di non fare, il consenso all’uso del nome ecc.) non iscrivibili all’attivo. Sulla valutazione degli apporti sottesi agli strumenti finanziari, cfr. ZOPPINI, Le azioni correlate, gli strumenti finanziari e la nuova disciplina sulla circolazione e sui vincoli delle azioni, in Atti del seminario della Cassa forense, cit., 93. Differente è l’impianto normativo della s.r.l., alla quale come è noto non sono applicabili i vincoli comunitari, che consente, in linea generale, l’imputazione a capitale di ogni elemento suscettibile di valutazione economica (art. 2464, 2° e 7° comma) purché accompagnato dalla contemporanea prestazione di una polizza di assicurazione o di una fideiussione bancaria che ne garantisca gli eventuali inadempimenti del socio conferente. La s.r.l., peraltro, non può emettere strumenti finanziari a fronte delle opere e dei servizi apportati, ma soltanto riconoscere al conferente una proporzionale partecipazione al capitale sociale. Per quanto concerne i titoli del debito il novellato art. 2483 ne consente la sottoscrizione unicamente da parte di investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale. Del tutto marginale, come si vedrà nel prosieguo del discorso, è il ruolo degli strumenti finanziari in quella che è stata definita la «cooperativa s.r.l.».

   (64) Sostanzialmente assimilabili agli strumenti finanziari ove ne sia previsto il rimborso, con conseguente imputazione dei relativi apporti non già a patrimonio netto ma tra le voci di debito. Sul processo di avvicinamento tra azioni e obbligazioni, v. SPOLIDORO, Capitale sociale, in Enc. dir., IV agg., Milano, 2000, 200 ss.

   (65) Sotto il profilo della partecipazione al rischio dell’attività sociale, e quindi della sopportazione delle perdite, gli strumenti finanziari (che condizionano i tempi e l’entità del rimborso del capitale all’andamento economico della società) e le obbligazioni possono in parte essere accomunati alla luce del nuovo art. 2411 che consente la subordinazione del diritto alla restituzione del capitale e degli interessi propri degli obbligazionisti alla soddisfazione dei diritti di altri creditori della società (obbligazioni cioè ad alto rischio, subordinate ed irredimibili già proprie delle società bancarie), così assottigliando «la linea di confine tra capitale di rischio e capitale di credito» (Relaz. § 7).

   (66) Che possono anche attribuire il diritto di sottoscrivere azioni ad un prezzo predeterminato: le c.d. stock option, offerte agli amministratori e ai dirigenti della società.

   (67) Sulla voice, nella riforma, cfr. ANGELICI (nt. 46), 91 ss.

   (68) Alle possibilità di manifestazione dei diritti amministrativi di cui al richiamato 5° comma dell’art. 2351, aggiungasi il voto nell’assemblea speciale di portatori di strumenti finanziari (limitatamente a quelli che conferiscono diritti amministrativi: art. 2376).

   (69) Disciplina questa applicabile alle cooperative dato l’ampio richiamo alle regole della società per azioni operato dal 1° comma dell’art. 2526, di guisa che la cooperativa potrà emettere strumenti finanziari rappresentativi di apporti imputati a patrimonio destinato ad uno specifico affare.

   (70) A differenza dell’organica normativa, pur flessibile e negoziabile da parte dell’autonomia privata, dettata per le azioni e le obbligazioni.

   (71) Ben undici articoli menzionano nel capo I del titolo VI dedicato alle società cooperative gli strumenti finanziari. In argomento, cfr. COSTI, I profili patrimoniali del nuovo diritto della cooperazione, in AA.VV., Il nuovo diritto societario fra società aperte e società private, a cura di Benazzo, Patriarca, Presti, Milano, 2003, 219 ss.; GENCO, La struttura finanziaria, in AA.VV., La riforma delle società cooperative, a cura di Genco, Milano, 2003, 57 ss.; LAMANDINI, sub artt. 2526-2541, in Commentario Marchetti-Presti, in corso di pubblicazione per i tipi di Giuffrè; PACIELLO, Le società cooperative, in AA.VV., Diritto delle società [Manuale breve], cit., 462 ss.; CAPO, Strumenti finanziari e società cooperative, in Riv. giur. sarda, 2004, ; CUSA, Strumenti finanziari e soci finanziatori nelle cooperative, in Riv. coop., 2003, 19 ss.; TONELLI, sub art. 2526, in Commentario Sandulli-Santoro, Torino, 2003, 90 ss.; SCHIRÒ, sub art. 2526, in Commentario Lo Cascio, Milano, 2003, 81 ss.; BARTALENA, Le nuove tipologie di strumenti finanziari, in Banca borsa, tit. cred., 2004, I, p. .; DI CECCO, Il capitale e le altre forme di finanziamento, in Le cooperative prima e dopo la riforma, cit., 449 ss.; V. FARINA, Società cooperative: capitale sociale, quote, azioni e strumenti finanziari, in Riv. not., 2003, 1108 ss.; ALLEVA, La riforma del diritto cooperativo italiano, in Contr. e impr., 2003, 244 ss. Fra gli studi immediatamente antecedenti alla riforma, cfr. COSTI, Mutualità, innovazione e mercato: quale ruolo per il capitale nello sviluppo dell’impresa cooperativa, in Riv. coop., 2000, 162 ss.; LAMANDINI, La riforma della struttura finanziaria delle società cooperative?: qualche spunto per il legislatore delegato, in Giur. comm., 2002, I, 358 ss.

   (7)2 Sulle origini e sull’evoluzione delle cooperative a responsabilità illimitata di cui all’ormai abrogato art. 2513 c.c., cfr. RACUGNO, La responsabilità dei soci nelle cooperative, Milano, 1983.

   (73) Art. 5, 2° comma, lett. b), legge n. 366/2001. Sia gli uni che gli altri dotati di diritti patrimoniali (necessari) e amministrativi (eventuali).

   (74) Con la finalità di potenziare il fattore capitale indipendente dagli scopi perseguiti dai partecipanti ed offrire nuove opportunità di investimento ai finanziatori, in tal senso disattendendo il d. lgs. n. 6/2003 l’art. 5 della legge n. 366/2001 che prevedeva la possibilità di emissione di strumenti finanziari unicamente per le società cooperative «diverse» da quelle costituzionalmente riconosciute, cioè a mutualità non prevalente. Sulla omogeneità causale delle cooperative, cfr. PIRAS, Rapporto mutualistico e poteri dei soci, in Gli statuti delle imprese cooperative, cit., 50.

   (75) Nelle quali, peraltro – ed è questa l’unica peculiarità in materia che caratterizza la mutualità prevalente – lo statuto deve prevedere il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi (art. 2514, 1° comma, lett. b).

   (76) Cioè di quegli strumenti finanziari che trovano la loro fonte direttamente nella legge.

   (77) Così superando i caratteri di specialità degli strumenti finanziari introdotti dalla riforma del ‘92 e sancendo al tempo stesso il riconoscimento di un principio di pari opportunità di finanziamento delle imprese societarie che prescinde dalle finalità perseguite e determina «un collegamento perfettamente simmetrico delle società mutualistiche ai tipi di società lucrative assunti come riferimento»: cfr. GENCO (nt. 43), 606, con conseguente speculare applicazione, ad avviso di chi scrive, del principio secondo cui, non potendo i titoli emessi a fronte di conferimenti di opere o servizi incorporare una partecipazione sociale, neppure l’incorporazione potrà avvenire a fronte di apporti di per sé capitalizzabili ma finalizzati all’emissione di strumenti finanziari, in quanto il legislatore non ha rimesso, né poteva rimettere, all’autonomia delle parti la scelta di imputare o meno a capitale gli apporti di rischio dei finanziatori in funzione del tipo di apporto (cfr. COSTI, Autonomia statutaria e nuove modalità di finanziamento delle imprese cooperative, in Gli statuti delle imprese cooperative, cit., 41): come spesso accade nell’interpretazione delle norme, il caso estremo (gli apporti di opere o servizi) costituisce un punto di osservazione privilegiato per verificare il sistema, inteso come «sistema interno», cioè per norme: cfr. GORLA, L’interpretazione del diritto, Milano, 1941 (rist. 2003), 64 ss. Sui limiti di applicabilità alle cooperative delle norme sugli strumenti finanziari dettate in tema di s.p.a., v. BARTALENA, sub art. 2519, in Commentario Marchetti-Presti, cit., .

   (78) Che deve tenere conto delle esigenze di tutela dei diversi interessi coinvolti: art. 2, lett. d) della legge n. 266/2001, che detta i «principi generali » della riforma espressamente richiamati per le società cooperative (cfr. l’esordio dell’art. 5 della medesima legge), principi generali che sono destinati a costituire un criterio interpretativo della disciplina vigente.

   (79) Sul significato della contrapposizione tra liberismo e dirigismo nel passaggio dalle norme di condotta alle norme di organizzazione, cfr. LIBERTINI, Scelte fondamentali di politica legislativa e indicazioni di principio nella riforma del diritto societario. Primi appunti, in Atti del seminario della Cassa forense, cit., 60.

   (80) Compresi quanti interessati alle sorti della società, definiti genericamente stakeholders, sul rafforzamento della cui tutela, v., ora, in generale, l’adozione, intervenuta il 21 maggio 2003, dell’Action Plan (pubblicato nel sito www.ipsoa.it/lesocietà) da parte della Commissione CE ai fini della modernizzazione del diritto societario e del rafforzamento della corporate governance all’interno dell’Unione europea.

   (81) Sulla necessità che la corsa verso tutti i possibili strumenti di capitalizzazione non comporti il completo sacrificio «dei concetti-base sui quali si reggono le specificità cooperative» (gestione di servizio, scambio mutualistico, ristorni, porta aperta, vantaggio cooperativo), v. BUONOCORE (nt. 1), 19.

   (82) Sulla figura del socio cooperatore, in generale, cfr. BUONOCORE (nt. 1), 211 ss. Il legislatore a dire il vero utilizza indifferentemente il termine «socio» e «socio cooperatore», né può trarsi alcuno spunto differenziale di disciplina in proposito considerato che la riferibilità della causa mutualistica caratterizza sempre il socio in quanto tale, ed è così presente sia nelle norme che menzionano il socio senza ulteriori aggettivazioni [(per esempio, le norme sul numero dei soci (art. 2522), sui requisiti di ammissione (art. 2527), sull’esclusione (art. 2533), sulla morte (art. 2534), sui ristorni (2545-sexies)], sia in quelle che operano un riferimento espresso al socio cooperatore [per esempio, le norme sulla trasferibilità della quota (art. 2530), sul recesso (2532), sul creditore particolare (art. 2537), sul diritto di voto (2538)].

   (83) Così BASSI, L’impresa societaria con scopo mutualistico in Manuale di diritto commerciale, a cura di Buonocore, cit., 449.

   (84) E non con la corresponsione di interessi fissi, che prescindano dai risultati dell’impresa: così BASSI (nt. 83), 449.

   (85) In questo caso, nelle cooperative a mutualità prevalente, gli strumenti finanziari debbono essere remunerati nei limiti di cui all’art. 2514, lett. b).

   (86) Per un confronto fra la prima parte della rubrica e il testo dell’articolo, v. PRESTI, Disciplina delle società cooperative, in Riv. soc., 2002, 1520; ID., Gli strumenti finanziari delle società cooperative, § 5, in Studi in onore di Vincenzo Buonocore, in corso di pubblicazione.

   (87) O anche «sottoscrittori». Parimenti neppure la Relazione ministeriale denomina «soci» i possessori di strumenti finanziari.

   (88) Il limite del terzo dei voti è riferito non al complesso dei voti spettanti a tutti i soci, come previsto per i sovventori (art. 4, 2° comma, legge n. 59/1992), ma a quelli presenti o rappresentati in ciascuna assemblea; si tratta cioè di una limitazione variabile diretta ad evitare la prevalenza dei voti dei finanziatori in caso di assenteismo dei cooperatori.

   (89) Cfr. ZOPPINI, La nuova struttura finanziaria delle società cooperative, in Atti del seminario della Cassa forense, cit., 574.

   (90) Cfr. ASSOCIAZIONE PREITE (nt. 45), 312.

   (91) Ai quali è preclusa, al pari dei soci, sia o meno la cooperativa a mutualità prevalente, ogni possibilità di accedere a quella quota del patrimonio netto costituita della riserve indivisibili: in questo senso il 2° comma dell’art. 2526 e il 2° comma, lett. a), dell’art. 5 della legge delega, in un’ottica di valorizzazione delle finalità solidaristiche delle cooperative, ma pur sempre evolvendo significativamente il principio dell’assoluto divieto di distribuzione delle riserve sancito dalla lett. b) dell’art. 26 della legge Basevi con la possibilità di creazione di riserve divisibili.

   (92) Le norme invero che pongono limiti alla remunerazione del capitale dei soci non trovano applicazione nei confronti degli investitori.

   (93) In questo senso l’art. 5, 2° comma, lett. e) della legge n. 366/2001, che consente deroghe alla regola generale del voto capitario «in considerazione ... della natura del socio finanziatore», nel rispetto naturalmente del vincolo di minoranza imposto per ciascuna assemblea (art. 2526, 2° comma, in fine).

   (94) Si tratta, come è noto, di strutture che traggono origine dal rilievo che fin dalla legge Basevi (n. 1577/1947) l’ordinamento ha intesto riconoscere alle associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo legittimato a costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, fondi che possano essere gestiti senza scopo di lucro anche da società per azioni o da associazioni: v. l’art. 11, legge n. 59/1992, ed in particolare, il 4° comma.

   (95) Dedotti, cioè, il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti.

   (96) GENCO (nt. 43), 616. Cfr. anche l’art. 5, 2° comma, lett. a) della legge 366/2001, che valorizza la «salvaguardia degli scopi mutualistici».

   (97) Cfr. BASSI, Le società cooperative, in La riforma del diritto societario, a cura di Buonocore, Torino, 2003, 259, che esclude che il finanziatore con diritto di voto possa assumere la qualifica di socio. Deve in proposito ricordarsi che l’art. 64 del Reg. CE n. 1435 del 22 luglio 2003 (in GUCE L 207 del 18 agosto 2003), relativo allo statuto della società cooperativa europea (SCE) consente l’emissione «di titoli diversi dalle quote ... » la cui acquisizione «non conferisce la qualità di socio». La materia ha già costituito oggetto di ampio dibattito: cfr. LAMANDINI, sub artt. 2526-2541 (nt. 71), , che ritiene che la cooperativa possa emettere strumenti finanziari a fronte di apporti da imputare a capitale e distingue così la posta “capitale soci finanziatori” rispetto alla voce “capitale soci cooperatori”; TONELLI (nt. 71), 90 ss., secondo la cui tesi gli «strumenti finanziari ... rappresentano la partecipazione alla società al pari delle azioni emesse a fronte del conferimento del socio cooperatore»; PACIELLO (nt. 71), 463, il quale ritiene che i sottoscrittori di strumenti finanziari dotati di diritti amministrativi vanno considerati soci; secondo PRESTI, Gli strumenti (nt. 86), , gli apporti a fronte di strumenti finanziari possono essere imputati a capitale e attribuire la qualità di socio; così, parimenti, BARTALENA (nt. 77), . Ma, v. COSTI (nt. 77), 41, che dubita sulla imputabilità a capitale degli apporti di rischio dei soci finanziatori, con la conseguenza – ad avviso di chi scrive – che gli strumenti finanziari, ancorché partecipativi, restano estranei al capitale sociale e non fanno conseguire la qualità di socio ai loro titolari.

   (98) Cfr. BUONOCORE (nt. 19), 67, che insiste sul rilievo dello «scambio mutualistico», considerato alla stregua del dna della cooperazione, e sulla ricongiunzione causale tra il contratto associativo e le singole successive operazioni di scambio e di utenza, che danno ragione della partecipazione del socio alla cooperativa. Per un completo quadro dottrinario-giurisprudenziale in tema di rapporto di società, rapporto di scambio e mutualità , cfr. TATARANO (nt. 1), p. 65 ss., ove, fra l’altro (262 ss. e 267 ss.), sono esposte in dettaglio le tesi della dottrina che, con riferimento sia ai sovventori che ai titolari di partecipazione cooperativa, valorizzando l’interesse non mutualistico che li caratterizza e li contrappone ai soci, ne hanno messo in dubbio la natura di conferimento di capitale dei relativi apporti, distinti, in quanto dettati da un fine speculativo, da quelli dei cooperatori caratterizzati dall’intento mutualistico (ivi, anche, naturalmente, la dottrina contraria) «nell’ambito di una concezione unitaria della cooperazione dal punto di vista della sua irrinunciabile funzione sociale»: BASSI, Il percorso della riforma: tra sogni e incubi, in La riforma del diritto societario per le cooperative, a cura di Rizzi, Milano, 2003, 296.

   (99) Alle cui regole di formazione sono assoggettati.

   (100) Cfr., in generale, G. F. CAMPOBASSO (nt. 34), 7 ss., e, con riferimento specifico alle cooperative, BUONOCORE, (nt. 1), 293. Sul nesso di corrispondenza biunivoca fissato inderogabilmente, ex lege, anche nelle cooperative, fra il capitale sociale ed i conferimenti dei soci, cfr. COSTI (nt. 77), 41. Circa il rilievo dell’imputazione dell’apporto a capitale in ordine all’applicazione del relativo regime organizzativo, v. GIANNELLI (nt. 45), 169.

   (101) Sulle diverse modalità di provvista del capitale di rischio, v., in generale, SPADA, Diritto commerciale, I, Parte generale, Padova, 2004, 99 ss.

   (102) Sul significato del richiamo, cfr. COSTI (nt. 77), 39; per un ampliamento della nozione di «strumenti finanziari» nella cooperativa, cfr. LAMANDINI (nt. 25), 110.

   (103) Relaz., § 15, sub art. 2526, che opera un rinvio ad hoc che va oltre quello generale dell’art. 2519, non sottoposto cioè «al filtro del giudizio di compatibilità»: cfr. PRESTI, Gli strumenti (nt. 86), §4.

   (104) Che, più in generale, la presenza di diritti patrimoniali ed amministrativi non sia sufficiente per l’acquisizione della qualità di socio si evince, incidentalmente, dal 2° comma dell’art. 2349, che distingue gli strumenti finanziari dalle azioni, le quali ultime soltanto comportano in caso di emissione il corrispondente aumento del capitale sociale (cfr. la chiusura del 1° comma dell’art. 2349). Per una valorizzazione, in generale, dei diritti amministrativi nella qualificazione della partecipazione sociale, ma pur sempre nella considerazione che il capitale sociale ne costituisce il referente minimo, v. G. FERRI jr., Finanziamento dell’impresa e partecipazione sociale, in Riv. dir. comm., 2002, I, 125.

   (105) Esemplificativamente di finanziamento o di associazione in partecipazione, o forse anche di tipo associativo, ma non sociale (in questo senso, in generale, OPPO (nt. 58), 63), in quanto «gli effetti del negozio non possono che essere rispondenti alla funzione causale che il negozio stesso assolve», così, seppure in un differente contesto, PALERMO, Ammissibilità e disciplina del negozio di destinazione, in AA.VV., Destinazione di beni allo scopo, Milano, 2003, 253.

   (106) Sul principio, in generale, cfr. Cass., 12 luglio 2002, n. 10144, in Giur comm., 2004, I, 39, con nota di MENTI.
107 In applicazione della regola di cui al 3° comma dell’art. 2377 del testo modificato dalla riforma.

   (108) Come è noto è stata negata, fra l’altro, la legittimazione al creditore pignoratizio pur con diritto di voto, come anche all’usufruttuario: per un esame della dottrina e della giurisprudenza in proposito, cfr., ora, MARANO, Vigilanza governativa e controllo giudiziario sulle società cooperative, in Giur. comm., 2004, I, 35, che propende, peraltro, per un’interpretazione lata in punto di legittimazione.

   (109) Sulla possibilità che agli strumenti partecipativi possono essere attribuiti dall’autonomia statutaria il diritto di impugnativa delle delibere assembleari e di denuncia di gravi irregolarità, cfr. MIOLA (nt. 50), 284.

   (110) Cfr. DI CECCO, La governance delle società cooperative: l’assemblea, in La riforma delle società cooperative, cit., 137.

   (111) In passato la regola operava per singoli rami di attività: art. 23, D.l. C.p.S. n. 1577/1947.

   (112) Per una prima analisi in proposito , cfr. PRESTI, Gli strumenti (nt. 86), § 5.

   (113) Rispettivamente art. 2376, art. 2447-octies, art. 2415 e art. 146, d. lgs. n. 58/1988.

   (114) Cfr. GROSSO, Categorie di azioni, assemblee speciali, strumenti finanziari non azionari: le novità della riforma, in Società, 2003, 311. L’attribuzione o meno del diritto di voto non incide, come si è visto, sulla distinzione fra strumenti finanziari e azioni, qualificabili queste in funzione dell’imputazione formale a capitale, indipendentemente dai diritti attribuiti.

   (115) Per una qualifica autonoma degli strumenti finanziari che conferiscono diritti amministrativi cfr. SPOLIDORO (nt. 45), 205 ss.

   (116) Ciò che non è possibile nella s.p.a. – considerato il principio plutocratico che governa il diritto di voto, che non può subire interferenze ad opera dei portatori di strumenti finanziari, pena il sovvertimento dei meccanismi che disciplinano il controllo (art. 2359) – ha potuto trovare attuazione nelle cooperative dove la regola del voto capitario impedisce egemonizzazioni di sorta.

   (117) Con la riforma il diritto di intervento all’assemblea è normativamente collegato all’esercizio del diritto di voto: mancando il secondo, viene meno anche il primo. Sulle diverse posizioni della dottrina ante riforma, v. G. F. CAMPOBASSO (nt. 34), 336 ss., il quale concludeva per l’insussistenza di un rapporto di strumentalità fra intervento e voto.

   (118) Lett. d) art. 2, legge n. 366/2001.

   (119) In senso contrario, cfr. CORSI (nt. 5), 169.

   (120) Sulla progressiva dislocazione della competenza a decidere sulla acquisizione di mezzi finanziari dall’assemblea all’organo gestorio, cfr., in generale, DE ACUTIS, Il finanziamento dell’impresa societaria: i principali tratti caratterizzanti e gli «altri strumenti finanziari partecipativi», in Le grandi opzioni della riforma, cit., 260 ss.

   (121) Contro una gestione «a rubinetto» degli strumenti finanziari, cfr. GENCO (nt. 43), 612.

   (122) Per esempio sul dibattito originato dall’ex art. 2480, 3° comma (attualmente art. 2471, 3° comma) in tema di espropriazione della quota nelle s.r.l. (... la società presenta un altro acquirente ...), cfr. RACUGNO, Sulla competenza a presentare “un altro acquirente” nella espropriazione di quota di società a responsabilità limitata, in Giur. comm., 1981, II, 913 ss.

   (123) In quest’ordine di idee, in generale, cfr. MIOLA (nt. 50), 278. Sul punto v. COSTI (nt. 77), 42, che ritiene che al consiglio possa essere rimessa anche la competenza ad emettere titoli di rischio «nel rispetto delle caratteristiche definite dallo statuto».

   (124) In argomento, cfr. ANGELICI (nt. 46), 66 ss.

   (125) Che neppure è da ritenersi intaccabile per quanto concerne le riserve divisibili dalla regola contenuta nel primo comma dell’art. 2514, lett. d). La norma, alla luce del differente trattamento che il legislatore della riforma ha operato tra soci ed investitori anche nelle cooperative a mutualità prevalente, va intesa nel senso che la devoluzione ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, in caso di scioglimento della società, non ricomprende le riserve divisibili già maturate in favore dei possessori di strumenti finanziari. Analoga interpretazione deve necessariamente operarsi per l’art. 2545-undecies, pena la vanificazione del diritto alla titolarità del patrimonio degli investitori e, nelle cooperative non a mutualità prevalente, degli stessi soci. In senso conforme, GENCO (nt. 43), 614. D’altronde il 2° comma dell’art. 223-quinquiesdecies disp. trans., consente di dedurre l’esistenza nel sistema del principio secondo cui l’obbligo inderogabile di devoluzione delle riserve indivisibili concerne unicamente quelle accantonate ai sensi dell’art. 2545-ter, primo comma, dal 1° gennaio 2004, rimarcando l’eccezionalità dei meccanismi devolutivi in favore dei fondi mutualistici.

   (126) Si tratta, è stato osservato, di una limitazione prevalente sul diritto dei finanziatori, limitazione che costoro conoscono e possono pertanto porre alla base della decisione di investimento: in termini, GENCO (nt. 43), 613.

   (127) Cfr. LAMANDINI (nt. 58), 537.

   (128) Per evitare facili elusioni a questa regola si renderà necessario monitorare attraverso particolari clausole statutarie la legge di circolazione di questi titoli (infra, § 12).

   (129) Per i precedenti, cfr. l’art. 7, legge n. 59/1992 (rivalutazione gratuita del capitale); art. 3, 2° comma, lett. b), legge n. 142/2001 (capitalizzazione del ristorno corrisposto ai soci lavoratori); art. 6, 2° comma, d. l. n. 63/2002, conv. in legge n. 112/2002 (riconoscimento fiscale del ristorno capitalizzato): fattispecie tutte di remunerazione dei soci mediante imputazioni a capitale.

   (130) Di qui la possibilità che gli strumenti possono anche essere dematerializzati. Sugli scambi organizzati di strumenti finanziari, cfr. l’art. 78, d. lgs. n. 58/1998 e la delibera Consob n. 14035 del 17 aprile 2003.

   (131) Cfr. LAMANDINI (nt. 25), 112, che sottolinea, peraltro, la necessità che venga rispettata la direttiva 2001/34/CE del 28 maggio 2001 e si tratti, in particolare, di strumenti sufficientemente diffusi che consentano la formazione di un mercato regolare, anche al di fuori di quelli regolamentati. Sul rapporto economie di scala e tradizione cooperativa, cfr. ZAMAGNI, Su talune considerazioni di persistenza dell’impresa cooperativa in un’economia di mercato, in Riv. coop., 1994, 27 ss.

   (132) In argomento, per i profili giuridici, DI RIENZO, I criteri di gestione nelle società cooperative, Milano, 2000; tra i più recenti contributi di economia aziendale, v. F. COLOMBO, Contabilità e bilanci nelle cooperative, Milano, 2000.
133 Per tutti, cfr. BUONOCORE, Commento breve al decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6, in Giur. comm., suppl. al n. 4/03, 44, e la Relazione al d. lgs. n. 6/2003 (§ 15).

   (134) Limiti che «furono imposti per impedire che le persone fornite di capitali, facendosi soci, profittino di vantaggi che si vollero elargire soltanto alle classi più umili per favorire la cooperazione»: VIVANTE, Trattato di diritto commerciale, V ed., II, Milano, 1929, 382.

   (135) In proposito non va sottovalutata la circostanza che gli strumenti finanziari emettibili dalle società per azioni potrebbero essere intrasferibili («e, se ammessa, la legge di circolazione»: art. 2346, 6° comma), mentre quelli delle società cooperative dovrebbero soltanto poter subire limiti alla circolazione («eventuali condizioni cui è sottoposto il loro trasferimento»: art. 2526, 2° comma), o, comunque, essere caratterizzati da intrasferibilità soltanto per un tempo limitato: sul punto, cfr. CUSA (nt. 71), 22.

   (136) Quali, per esempio, gli strumenti emessi a fronte di opere e servizi in relazione ai quali non è indifferente il soggetto tenuto alla prestazione, strumenti questi di cui è difficile immaginare una negoziabilità.

   (137) Di soggetti cioè il cui ruolo è esclusivamente quello di apportare capitali di rischio o di credito per lo svolgimento dell’attività dell’impresa, conseguendo la connessa remunerazione.

   (138) Cfr. l’art. 224, 2° comma, del codice di commercio, la cui ratio è stata espressamente ricondotta alla finalità di conservare alla cooperativa il suo carattere originario (ASCARELLI, Appunti di diritto commerciale. Società e associazioni commerciali, III ed., Roma, 1936, 335), di guisa che il consenso è stato ritenuto necessario per ogni tipo di trasferimento sia inter vivos che mortis causa (SOPRANO, Trattato teorico-pratico delle società commerciali, II, Torino, 1934, 772). Attualmente la materia è disciplinata dall’art. 2530, secondo cui le quote o le azioni dei soci cooperatori non possano essere cedute con effetto verso la società se la cessione non è autorizzata dagli amministratori, che conferma la regola contenuta nel codice del ‘42 ma al tempo stesso introduce concrete possibilità di smobilizzo della partecipazione come precisato al 5° comma della norma richiamata che riconosce al socio «una pretesa che può essere fatta valere in termini reali e non obbligatori innanzi l’autorità giudiziaria» (Rel. al d. lgs. n. 6/2003, § 15, sub art. 2530).

   (139) Che potrebbe anche sottoporre la circolazione alla disciplina di diritto comune della cessione del contratto: cfr. MIOLA (nt. 50), 295.

   (140) CAPO (nt. 71), Sui limiti dell’autonomia negoziale quando il titolo creato dalle parti é destinato ai terzi, v. SALANITRO (nt. 29), .

   (141) Sia amministrativi che patrimoniali: quanto ai primi (che rivestono un significativo rilievo in quanto coloro che offrono risorse finanziarie hanno un preciso interesse al buon funzionamento dell’organizzazione poiché da esso dipende l’efficiente gestione dell’impresa e, quindi, la loro remunerazione), come si è detto, non possono superare più di un terzo dei voti spettanti all’insieme dei soci presenti ovvero rappresentati in ciascuna assemblea generale; quanto ai secondi, i privilegi previsti nella ripartizione degli utili e nel rimborso del capitale non si estendono alle riserve indivisibili.

   (142) A questi soltanto si applica l’art. 2437 in tema di recesso, quale strumento che consente l’exodus, anche parziale – come è possibile per gli apporti atomizzabili – a chi, fornito di un ruolo lato sensu gestionale, non condivida le scelte organizzative della maggioranza. Il recesso da un lato, non può essere inteso in senso tradizionale considerato che gli strumenti partecipativi sono «ibridi di quasi-capitale», dall’altro, deve necessariamente concernere strumenti finanziari emessi a fronte di apporti a titolo di capitale di rischio: in questo senso COSTI (nt. 77), 40. Né avrebbe senso, non essendo i portatori di strumenti finanziari soci, che trovino applicazione le norme speciali sul recesso riservate ai cooperatori, che, come l’esperienza statutaria insegna, hanno la loro genesi nell’unitario rapporto mutualistico. Sulle incertezze che caratterizzano il 3° comma dell’art. 2526, cfr. CAPO (nt. 71),.

   (143) Che costituisce, come si è detto, non un tipo a sé, ma soltanto uno dei due possibili moduli attuativi della comune causa mutualistica: cfr. BONFANTE (nt. 19), 283 ss., ed è caratterizzata, oltre che da un tetto massimo di remunerazione dei soci e dei possessori di strumenti finanziari, dal divieto di distribuzione, durante la vita sociale, delle riserve fra i soci cooperatori e dall’obbligo di devoluzione del patrimonio (dedotto il capitale e i dividendi) ai fondi mutualistici: al di là di questi limiti gli strumenti finanziari si presentano unitariamente nei due modelli di cooperativa.

   (144) D.M. 26 settembre 2003, in Gazz uff. n. 231 del 4 ottobre 2003.

   (145) Cfr. l’art. 26, lett. a) del richiamato D.l.C.p.S. n. 1577/1947.

   (146) Cfr., per esempio, l’art. 12, lett. b) della legge 17 febbraio 1971, n. 127, che, nel disciplinare i prestiti dei soci, ne subordina l’esenzione dall’imposta di ricchezza mobile alla condizione, fra l’altro, che gli interessi corrisposti non superino il saggio degli interessi legali: sulla novella di quegli anni, cfr. BUONOCORE, La nuova legge sulle società cooperative, in Rass. economica, 1971, 973 ss.; RACUGNO, La riforma delle società cooperative. Note alla legge 17 febbraio 1971, n. 127, in Riv. soc., 1972, 859 ss.

   (147) I cui statuti devono prevedere il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all’interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, incrementato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato.

   (148) Che accompagna sovente, ma non necessariamente, gli strumenti finanziati partecipativi, non escludendosi che tali diritti possano caratterizzare anche investimenti di capitale di debito.

   (149) Con l’evidente finalità di evitare distorsioni al principio del voto capitario e posizioni di potere individuale del socio cooperatore incompatibili con la causa mutualistica.

   (150) Che in ogni caso ai possessori di strumenti finanziari non può essere attribuito il diritto di eleggerne più di un terzo. In termini analoghi l’art. 2544 nei sistemi di amministrazione dualistico e monistico, ancorché in proposito emerga una dissonanza con la riserva di cui all’art. 2409-novies, 3° comma, in punto di potere di nomina dei componenti del consiglio di gestione, che secondo questa norma compete al consiglio di sorveglianza, mentre l’art. 2544 continua ad attribuirlo, anche nel sistema dualistico, direttamente ai possessori di strumenti finanziari all’interno dell’assemblea generale. Sul ruolo non operativo degli amministratori eletti dai possessori di strumenti finanziari nel sistema monistico, v. il 3° comma dell’art. 2544.

   (151) Il 4° comma della norma prevede infatti che gli strumenti finanziari siano liberamente trasferibili, valorizzando così quel rapporto fra le imprese mutualistiche ed i mercanti che costituisce una finalità centrale e qualificante della riforma (art. 5, 2° comma, lett. b), legge 3 ottobre 2001, n. 366).

   (152) La possibilità che l’atto costitutivo preveda l’applicazione alle cooperative delle norme sulla s.r.l., in quanto compatibili, presuppone un numero di soci cooperatori inferiori a venti ovvero un attivo dello stato patrimoniale non superiore a un milione di euro (art. 2519, 2° comma); l’obbligatorietà del modello s.r.l. concerne unicamente le cooperative costituite da almeno tre soci persone fisiche (art. 2522, 2° comma), ma inferiore a nove, (v. anche l’art. 111-septies delle disposizioni di attuazione che dispone che le piccole cooperative di cui alla legge 7 agosto 1997, n. 266, si trasformino in società cooperative a responsabilità limitata). Problematica appare l’applicabilità alle cooperative s.r.l. della disposizione in tema di finanziamenti soci (art. 2467) dettata in sede di s.r.l. considerato che nella sostanza economica gli stessi costituiscono parte del capitale proprio (Relaz. al d. lgs. n. 6/2003, § 11). Costituendo i possessori di strumenti finanziari privi di diritti di amministrazione «una collettività necessariamente organizzata» troverà applicazione l’art. 2541: cfr. LAMANDINI, sub artt. 2526-2541 (nt. 71), . Sugli strumenti finanziari della cooperativa s.r.l., v. BARTALENA (nt. 71), . .

   (153) Per una sostanziale parificazione delle due categorie, cfr. TONELLI (nt. 71), 94, nt. 19.

   (154) Intesi come diritti patrimoniali collegati ai risultati dell’attività economica, non quindi posizioni di mero credito a differenza dei titoli di debito di cui all’art. 2483.

   (155) Cfr. ASSOCIAZIONE PREITE (nt. 45), 313.

   (156) Sul punto, ampiamente, PRESTI, Gli strumenti (nt. 86), § 3, secondo il quale, peraltro, le cooperative s.r.l. «possono emettere solo titoli di debito e questi, comunque, devono essere privi di diritti amministrativi». Circa la facoltà anche per le cooperative s.r.l. di emettere obbligazioni, cfr. BARTALENA (nt. 71), . .

   (157) Per tale intendendosi non il regime di responsabilità (essendo ormai tutte le cooperative a responsabilità limitata), ma il tipo sociale di riferimento inteso come l’insieme delle regole che disciplinano il rapporto sociale: cfr. PRESTI, Gli strumenti (nt. 86), § 2, nt. 3. Sulla compatibilità, in generale, delle norme della s.r.l., v. BONFANTE, La compatibilità e/o l’applicabilità delle norme in materia di s.p.a. e s.r.l. alle società cooperative, in Gli statuti delle imprese cooperative, cit., 134 ss.

   (158) I quali, come precisa il 2° comma in esame, rispondono, in caso di circolazione, della solvenza della società nei confronti degli acquirenti.

   (159) Destinati al mercato primario ma con possibilità di successiva circolazione su quello secondario, ferma l’applicabilità della chiusura del 2° comma dell’art. 2483 che parifica gli investitori professionali ai soci della società, considerata la ristrettezza della compagine sociale della cooperative s.r.l. con ogni connessa possibilità di diretta attenzione alla salute dell’impresa.

   (160) Il titolo di debito è invero una promessa di pagamento di somme di danaro a fronte di una provvista di capitale di credito in favore dell’emittente: cfr. SPADA, L’emissione di titoli di debito nella «nuova» società a responsabilità limitata, in Riv. soc., 2003, 803.

   (161) Cfr. LAMANDINI, sub artt. 2526-2541 (nt. 71), , ove l’A. esamina fra l’altro le conseguenze connesse al mancato pagamento degli interessi.

 

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