il diritto commerciale d’oggi
    III.5 – maggio 2004

STUDÎ E COMMENTI

 

ANTONIO GIOVANNONI

La disciplina del deposito delle azioni tra innovazione e continuità

 

 

1.   Il testo novellato dell’art. 2370 cod. civ., conformemente all’art. 4, 6° comma , lettera b) della legge delega, muta radicalmente la disciplina del diritto di intervento in assemblea da parte del socio. In particolare tale articolo determina, in primo luogo, chi sia legittimato ad intervenire in assemblea (1), ossia i soci ai quali spetti il diritto di voto; e in secondo luogo, detta i nuovi criteri e le modalità per il deposito delle azioni.
     La nuova disciplina del diritto di intervento nell’assemblea per l’esercizio del voto non prevede più, quale regola generale, l’obbligo di deposito delle azioni, ovvero dell’attestazione rilasciata dagli enti di gestione dei titoli dematerializzati, nei cinque giorni antecedenti all’assemblea, obbligo introdotto ex art. 4 della legge n. 1745 del 1962. Ad ogni modo, secondo la riforma societaria è facoltà degli statuti sociali prevedere espressamente un termine per il deposito ed il divieto di restituzione delle azioni prima che l’assemblea abbia avuto luogo.
     Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio il termine previsto dallo statuto non può superare i due giorni antecedenti l’assemblea e, nel caso in cui il deposito abbia ad oggetto azioni dematerializzate, queste si intendono depositate mediante apposita comunicazione dell’intermediario che tiene i relativi conti.
     La relazione al decreto legislativo del 17 gennaio 2004, n. 6 evidenzia, sul punto, come le nuove disposizioni in tema di assemblea di società per azioni siano conformi alla tradizionale funzione del codice civile, qual è quella di dettare le linee guida del sistema, demandando, poi, al legislatore speciale la codificazione dei dettagli applicativi (2) .
     In particolare, la citata relazione riconosce l’avvenuta abrogazione dell’art. 4 della legge n. 1745 del 1962 (3), per la parte in cui prevedeva l’obbligo di deposito delle azioni cinque giorni prima dell’assemblea ed il relativo divieto di restituzione agli azionisti dei titoli depositati (4).
     La ratio economica sottesa alla innovazione normativa in commento, come anche chiarito dalla relazione, si traduce in realtà nel vantaggio, ancorché potenziale (essendo facoltà degli statuti prevedere il preventivo deposito ed il divieto di restituzione) degli investitori, soprattutto quelli istituzionali, di poter operare sul mercato, negoziando i titoli anche a ridosso dell’assemblea (5).
     La motivazione giuridica, posta a fondamento della scelta legislativa, afferisce l’effettiva tutela dei beni giuridici già protetti dall’art. 4 della legge 1745/1962, quali l’intervento e l’esercizio del diritto di voto in assemblea da parte di chi ne è legittimato. Infatti, detta tutela risulterebbe soddisfatta attraverso l’obbligo di annotazione sul libro dei soci di coloro che hanno depositato i titoli o hanno comunque partecipato all'assemblea (6).
     A tal proposito, va rilevato che parte della dottrina in passato identificava quale ratio dell’art. 2370 cod. civ. l’intenzione di evitare che nei giorni immediatamente a ridosso dell’assemblea, la partecipazione venisse alienata al solo fine di consentire l’intervento ad un acquirente interessato ad una certa deliberazione e non in generale alla vita della società (7). A tale impostazione dottrinaria, alla luce della riforma del diritto societario, si potrebbe eccepire che l’acquirente interessato si troverebbe verosimilmente nella condizione di avere degli interessi confliggenti rispetto alla delibera da approvare, per cui gli sarebbero applicabili i rimedi dettati ad hoc per questa fattispecie. Comunque, la questione andrebbe approfondita, ma non sembra questa la sede più appropriata per farlo.
     La nuova disciplina sembra risolvere, inoltre, il regime di invalidità delle delibere assembleari affette dal vizio di mancato deposito, considerate inesistenti da consolidata giurisprudenza (8). Oggi, invece, combinando l’art. 2370 ed il nuovo testo dell’art. 2377 cod. civ., appare ragionevole ritenere che la violazione di norme statutarie comporti la semplice annullabilità delle deliberazioni (9).

2.     Molteplici sono gli spazi applicativi lasciati aperti dalla riforma. Provando a tracciare un elenco delle possibili fattispecie avremmo:

A) Società che non fanno ricorso al capitale del rischio:
     A.1) nello statuto non è previsto obbligo alcuno in merito al deposito delle azioni:
          – non vi dovrebbero essere problemi applicativi, in quanto il titolare di un titolo nominativo sulla base di una serie di girate è legittimato ad intervenire in assemblea esibendo il titolo, di talchè lo stesso sarà poi iscritto nel libro soci; pertanto il titolo potrà circolare liberamente;
     A.2) nello statuto è previsto un termine ragionevole per il deposito preventivo delle azioni ed il relativo divieto di restituzione dei titoli:
          – anche in questo caso non vi dovrebbero essere problemi applicativi poiché la disciplina da adottare è quella previgente alla riforma;
     A.3) Nello statuto è previsto sia il termine ragionevole per il deposito preventivo delle azioni ma non il relativo divieto di restituzione dei titoli:
          – in tale caso si potrebbe prospettare l’ipotesi che il socio Alpha, che ha depositato le azioni nei termini statutari, alieni a Beta le proprie azioni, già ritirate, nelle more intercorrenti tra il deposito e l’assemblea. Di conseguenza sembrerebbe legittimato a partecipare all’assemblea l’alienante Alpha (10), “fotografato” al momento del deposito quale socio con diritto di voto, anche se non è del tutto illogico, tra l’altro, ritenere che colui il quale venda dei titoli in prossimità di un’assembla non abbia interesse alla vita sociale di quelle specifica società; mentre di converso Beta, nonostante la titolarità del titoli, non potrebbe esercitare i diritti relativi.
     A.4) Nello statuto è prevista un termine “lungo” per il deposito preventivo delle azioni ed il relativo divieto di restituzione dei titoli:
          – qualora dal dettato statutario risulti un termine eccessivamente penalizzante in termini di libera negoziazione dei titoli, la clausola statutaria in questione dovrebbe essere impugnata da parte di chi ne sia legittimato al fine di farne valere la nullità in quanto in contrasto con l’art. 2370 c.c. o, meglio, con la ratio giuridico-economica dello stesso, così come sopra individuata.

B) Società che fanno ricorso al capitale del rischio:
     B.1) Per le società che fanno ricorso al capitale del rischio valgono i rilievi effettuati sub A.1), A.2), A.3) in questo caso, però, il termine previsto non può essere superiore a due giorni.

     Dal contesto così come sopra delineato, in conclusione, si evince come il decreto di riforma abbia dato corretta applicazione alla legge delega, da un lato, prevedendo quale principio generale la libera circolazione dei titoli azionari attraverso una semplificazione delle procedure relative. Dall’altro, nella parte in cui si asserisce la facoltà di prevedere all’interno dello statuto i limiti circa il deposito delle azioni, vengono rispettate le esigenze di certezza e di buon funzionamento per quelle società dove principalmente rilevano le qualità personali dei singoli soci.

 

NOTE

(1) Cfr. Muscolo, in Le società, 2003, n. 8, p. 535: «la norma modificata non fa menzione invero del difetto del diritto di intervento in assemblea, che, per il combinato disposto degli artt. 2370 e 2352, spetta al socio (cui spetta il diritto di voto, n.d.a.) e, nei casi previsti, ai titolari di diritti reali sulle azioni, ai creditori pignoratizi, ai sequestratari o ai custodi delle azioni».

(2) In questi termini la Relazione «Per quanto concerne l'attuazione della lettera b), comma sesto, art. 4 della legge di delega, le nuove disposizioni sono ispirate ad un criterio che corrisponde alla tradizione del codice: quello cioè secondo cui esso definisce le linee generali e la cornice del sistema, rimanendo salva la funzione della legislazione speciale nel dettare i dettagli applicativi».

(3) Va peraltro rilevato che l’art. 4 della legge 1745/1962 aveva implicitamente abrogato il vecchio art. 2370 cod. civ., nella parte in cui consentiva l’intervento in assemblea, indipendentemente dal deposito dei titoli, agli azionisti già iscritti nel libro dei soci da almeno cinque giorni; cfr. Campobasso, Diritto Commerciale, Utet, Vol. 2, 4° edizione, p. 315, nota n. 2.

(4) In questi termini la Relazione «si è ritenuto opportuno rendere facoltativo tale obbligo di preventivo deposito e, in tal modo abrogando la diversa norma della legge 1745/1962, il divieto di ritiro dei titoli prima dell'assemblea».

(5) Sul punto parte della dottrina ritiene che nella realtà gli operatori economici tenderanno ad avvalersi della facoltà di inserire nello statuto l’obbligo di deposito delle azioni. In questi termini Salafia, in Le Società, 2003, n. 8, p. 1053: «Penso che gli statuti disporranno il deposito delle azioni, qualunque sia la loro forma giuridica, per la partecipazione dei titolari alle assemblee, perché si tratta di una modalità facile e non dispendiosa, che assicura in maniera congrua l'identificazione degli aventi diritto di intervenire in assemblea».

(6) Per la continuità tra vecchia e nuova disciplina, Tribunale Milano, 05-12-1985, secondo cui «Il deposito delle azioni per partecipare all'assemblea, in base all'art. 4, 1° comma, l. 29 dicembre 1962, n. 1745, va inteso come richiesta implicita o ex lege di annotazione nel libro dei soci ed impone alla società di rilevare dai titoli le generalità dei giratari e di aggiornare il libro soci entro trenta giorni dalla data di deposito dei titoli; pertanto, il mancato aggiornamento del libro dei soci da parte della società, obbligata per legge, non può risolversi in danno dell'azionista, che ha tempestivamente depositato le azioni al fine di partecipare alle operazioni di voto».

(7) Cfr. Restaino, in La riforma delle società, Tomo I, a cura di Michele Sandulli e Vittorio Santoro, sub art. 2370, p. 305, con i relativi rimandi bibliografici

(8) Corte d'Appello Roma, 14-03-1988, Tribunale Milano, 27-01-1986, Cass. civ., sez. I, 08-10-1979, n. 5197; contra Corte d'Appello Roma, 16-11-1999 secondo cui «L'obbligo di depositare le proprie azioni presso la sede sociale almeno cinque giorni prima dell'assemblea, posto dall'art. 4 comma 2 l. n. 1745 del 1962, a carico dei soci, non comporta la inesistenza della delibera assembleare cui abbia partecipato un socio che non abbia ottemperato all'onere di cui innanzi, atteso che tale inadempimento mette a rischio la sua partecipazione a causa del divieto di intervento che gli organi sociali possono esercitare. Di conseguenza, nel caso in cui tale divieto in concreto non si sia verificato e il socio abbia comunque partecipato all'assemblea, può essere (soltanto) annullata ex art. 2337 cod. civ. la delibera assembleare conseguente; sulla parte che intende impugnarla, incombe l'ordinario onere della prova non solo degli incombenti strumentali, ma anche dell'altrui titolarità del diritto».

(9) Più diffusamente in tema di invalidità delle delibere assembleari, Cfr. Conte, Osservazioni sul nuovo regime di disciplina delle invalidità delle deliberazioni assembleari, in Contratto e impresa, 2003, p. 645, e Galgano, Il nuovo diritto societario, in Trattato di diritto commerciale e diritto pubblico dell’economia, diretto da Galgano, Padova, 2003, p. 219.

(10) Cfr. Restaino, op. cit., p. 308.

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